Riforma pensioni (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
I TELEGIORNALI DI PULCINELLA
La manipolazione dell'opinione pubblica nei Tg italiani

di Antonella Randazzo per www.disinformazione.it - 19 febbraio 2007
Autrice del libro: "DITTATURE: LA STORIA OCCULTA"

I giornalisti dei nostri telegiornali sono diventati presentatori e pubblicitari. Altre competenze, ben diverse dall'informazione obiettiva e "sul campo". I servizi giornalistici sembrano creati ad arte per mostrare alcune cose e nasconderne altre. In un paese in cui sempre meno persone leggono i giornali, l'informazione televisiva rappresenta per la maggior parte della popolazione l'unica fonte d'informazione. Molte di queste persone credono che i telegiornali li informino su ciò che accade nel mondo, e si troverebbero increduli di fronte al solo pensiero che i Tg possano essere utilizzati per manipolare le loro opinioni. Eppure ciò appare sempre più evidente, dall'omissione di elementi indispensabili per capire i fatti, dall'alterazione di alcune notizie e dall'assenza di altre.

L'opinione pubblica è fondamentale per la stabilità di un sistema, e nel nostro sistema viene formata attraverso il bombardamento mediatico. Per mantenere la stabilità, nell'attuale assetto politico-economico, occorre che l'opinione pubblica sia piegata a ciò che è funzionale al sistema e non apprenda alcune verità. Ciò rende il potere mediatico notevolmente importante. Il controllo da parte del potere avviene oggi all'interno delle nostre case, attraverso la Tv. La manipolazione dell'informazione è sempre più sistematica, progettata per essere efficace e per rimanere nascosta agli occhi dei cittadini. Le agenzie internazionali (americane, europee o giapponesi) che forniscono le informazioni, sono supportate da agenzie di propaganda, soprattutto americane, che pianificano non soltanto cosa rendere noto ma soprattutto "come" dare informazione. La quantità di notizie viene sfoltita e ridotta al 5/10% del totale.

La verifica delle fonti e l'utilizzo del senso critico sono ormai capacità atrofizzate dall'assumere passivamente il punto di vista delle poche agenzie che informano centinaia di paesi, come la Adnkronos e l'Ansa. Considerando come assolute alcune fonti e ignorandone altre, l'informazione è già alterata in origine, derivando da un unico punto di vista, che nel contesto appare oggettivo. Di tanto in tanto, nei nostri Tg, appare qualche debole critica, ad esempio contro il governo statunitense. Si tratta delle cosiddette “fessure controllate”, cioè critiche fatte ad oc per generare fiducia nel Tg, ma che risultano vaghe e discordanti.

Alcune notizie assumono nei Tg un certo rilievo, soprattutto quelle che evocano emozioni. Suscitare associazioni emotive e commozione è diventato uno degli scopi principali dei Tg. I fatti di cronaca, specie se si tratta di delitti contro bambini, si prestano a questo scopo, e quindi talvolta occupano uno spazio ampio dei telegiornali. Si tratta di un modo per distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti assai più importanti per la vita dei cittadini. In altre parole, vengono amplificate notizie (di solito di cronaca o relative ad uno specifico problema) che non mettono in pericolo il sistema, per evitare di trattare altri argomenti "scottanti" e pericolosi per l'assetto che i politici hanno il compito di proteggere. Ad esempio, siamo stati indotti a parlare a lungo dei Pacs (una legge che sarebbe stato ovvio approvare senza tanti problemi), mentre si occultavano, tra le altre cose, le spese ingenti per la "difesa". Nessun telegiornale ha detto che parte del Tfr dei lavoratori andrà per spese belliche.

In questi ultimi tempi, un altro argomento, che viene utilizzato dai Tg per dirottare l'attenzione su fatti non pericolosi per il sistema, è quello dei malati gravi che chiedono l'eutanasia. Invece di approvare una legge che ponga fine al problema, il nostro sistema utilizza questi casi disperati (ieri quello di Welby, oggi quello di Nuvoli), per riempire spazi e suscitare angoscia e commozione. Si stimola la parte emotiva dei telespettatori, per coinvolgere in una questione umana drammatica, senza far capire che il potere di risolvere il problema è nelle mani proprio di chi sta strumentalizzando cinicamente il fatto.
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ecc.
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http://www.disinformazione.it/manipolazione_opinione.htm
 

tontolina

Forumer storico
Il crollo da Shanghai: e poi?
Maurizio Blondet
28/02/2007
Nel 1929, la grande crisi fu innescata dal fallimento di una piccola, sconosciuta banca austriaca.
Oggi comincia dalla Borsa di Shanghai.
Non importa molto, da qualche parte deve cominciare.
Ancora una volta, la globalizzazione (c'era, di fatto, anche negli anni '20) porta allo stesso esito: un crack che si estende al mondo intero, che i poteri forti speculativi hanno voluto senza confini.
Inutile cercare di capire cosa ha prodotto il rovesciamento: la Borsa di Shanghai era salita del 130 % nell'ultimo anno, un «trionfo» pari a quello di Wall Street nel 1929, in salita fino al fatale settembre nero.
Entrambi i «trionfi» indicano un mercato spinto dalla speculazione pura, la cui correzione è inevitabile.
Gli speculatori, leoni quando le cose vanno bene, sono conigli quando le cose vanno male: la loro coscienza sporca (e i debiti che hanno contratto per speculare) li obbliga a vendere alla minima «voce» di allarme.
Il mercato di Shanghai è salito ancora dell'1,4 % lunedì; martedì è crollato di un abissale 8,9 %.
«Non ci sono fatti concreti che giustificano il crollo», dicono gli operatori locali.
In Occidente si tende ad attribuire lo slittamento ad Alan Greenspan: il grande vecchio ex-capo della Federal Reserve, durante una conferenza ad Hong Kong, aveva alluso alla probabilità che l'economia USA entrasse in recessione prima della fine dell'anno.
Cina ed USA sono legati dalla globalizzazione alla stessa catena: il grande creditore (Pechino) s'è legato a filo doppio al massimo debitore mondiale, Washington.
La rovina dell'uno sarà la rovina dell'altro.
Peggio: gli interessi dei due sono in contrasto.

Gli USA hanno interesse ad una drammatica svalutazione del dollaro, che ridurrebbe di altrettanto il suo debito e renderebbe più costose le merci cinesi ai consumatori USA; la Cina ha bisogno che il dollaro, di cui ha immagazzinato riserve spropositate, non cali troppo per i motivi opposti.
Il maggior mercato delle sue merci è infatti l'America.



Questo contrasto rende improbabile una gestione concertata della crisi.
Le borse sono tutte in calo, a cominciare da quelle asiatiche per finire con le europee.
E il calo continua.
In USA, il Dow Jones ha perso 540 punti nel momento più basso, alla fine della giornata era ancora sotto di 400 punti.
Ma la verità è rivelata dai volumi: 2,3 milioni di dollari di azioni sono salite, contro 2,3 «miliardi» di dollari che sono calate.

Insomma, come nel '29, tutti vendono e pochissimi comprano.
Il 99 % del volume azionario è in calo.
Questo pone in una situazione tragica gli anziani americani vicini alla pensione, la classe d'età più affollata della storia, i «baby boomer» nati dall'esplosione della natalità nel dopoguerra (1945). Tutte le speranze di avere una buona pensione di costoro risiedevano nel rialzo perenne della Borsa: i loro risparmi sono investiti nei fondi pensionistici (gli stessi che ci propongono ora governo Prodi e sindacati) che piazzano in azioni il capitale loro affidato.
Ora i «baby boomer» cominciano a ritirarsi dal lavoro.
Se prima «risparmiavano» (o accantonavano) per la vecchiaia, oggi e nei prossimi anni cominceranno a vendere il loro portafoglio di azioni.
Il problema è: chi le comprerà?
Le giovani generazioni sono meno numerose e meno benestanti (grazie ancora alla globalizzazione, che ha trasferito i posti di lavoro in Cina) dei «baby boomer», hanno meno soldi da «investire» in azioni.
Come ogni merce la cui offerta supera la domanda, le azioni caleranno, e il calo sarà storico, di lunga durata, e reso ineluttabile dalla demografia.
Inutile dire che lo stesso fenomeno investe l'Italia, in crisi demografica avanzata.

Gli anzianotti dormivano su una ricchezza di carta, che ora però devono trasformare in liquido.
Ovviamente, ogni «baby boomer» spera di strappare il maggior valore nominale dalla sua ricchezza di carta: ora che le borse calano, a milioni saranno indotti ad anticipare le vendite, prima che lo facciano gli altri e le loro azioni calino ancora.



Sta per instaurarsi lo stesso circolo vizioso del '29, quando tutti vendevano e nessuno comprava?
In ogni caso, si è instaurata una mentalità di massa «difensiva», che è il contrario dello slancio fiducioso che provoca i «trionfi» e i rialzi e le «riprese» economiche.
Del resto l'economia USA è già in recessione.
Il Dipartimento del Commercio ha comunicato che solo a gennaio, gli ordinativi per beni durevoli sono calati del 7,8 %.
Le case sono calate quasi dell'1 %.
Il clima sociale in USA sta cambiando, le migliaia di posti di lavoro perduti verso la Cina, il decennale calo delle paghe in termini reali, ora lo sgonfiarsi della bolla immobiliare, hanno intaccato la dissennata fiducia americana.
Lo dimostrano vari fatti, fra cui questo: nonostante le guerre e l'instabilità crescente in Medio Oriente, il prezzo del petrolio cala.
Alcuni economisti prendono il coraggio di scrivere che il sistema di «mercato sociale» europeo, con le sue previdenze sociali, è forse meglio del liberismo sfrenato all'americana: temono l'esplosione della società e cercano affannosamente i rimedi nel passato che prima disprezzavano.
Ma un New Deal non è probabile.
Gli Stati repubblicani e quelli democratici, coi loro elettorati, sono sempre più radicalizzati nelle rispettive posizioni.
Il clima sociale e politico diventa sempre più aspro.
L'infondata fiducia americana è la conseguenza diretta della sventata crisi degli anni '90.
La borsa salì allora per tre fattori fondamentali e intrecciati: tecnologia, dis-inflazione e demografia.
Il boom di internet e il boom delle telecom crearono domanda aggiuntiva e frenetica per merci fisiche (computer, telefonini, gadget elettronici) e per software e servizi correlati.
Siccome tutto ciò veniva e viene fatto in Asia, i consumatori ebbero il profitto di prezzi calanti, e i capitalisti la pacchia di profitti crescenti, ovviamente Made in Taiwan.
In ogni caso, il boom creò posti di lavoro strapagati ai livelli alti, e i meno fortunati lavoratori dipendenti avevano la «ricchezza» crescente delle loro azioni nei fondi-pensione, e il «valore crescente» delle loro case.
Quando scoppiò la bolla tecnologica, la Federal Reserve di Greenspan scongiurò il collasso iniettando enormi liquidità nel sistema: ciò evitò la bancarotta dei privati e delle imprese (non del tutto: i fallimenti Enron e WorldCom sono stati i più titanici della storia).
A coprire il trucco ci fu la «irrazionale esuberanza» delle Borse.



Ma oggi non ci sono telefonini-miracolo, non tecnologie di consumo da vendere ai gonzi; il lancio di Microsoft Vista non ha suscitato i soliti (stupidi) entusiasmi per il «nuovo»; i prezzi delle case (su cui gli americani hanno acceso ipoteche, per continuare a spendere) sono calati e il calo durerà.
La sola prospettiva «rosea» viene dall'apparato militare industriale, il solo boom prevedibile è quello delle guerre di Bush.
Non si vede il miracolo che ci farà uscire dal crack.
E allora?

Bisogna fare i complimenti agli economisti francesi di Europe 2020, che hanno previsto la recessione globale per aprile: persino loro hanno ecceduto in ottimismo, la recessione comincia a marzo.
Anzi la crisi sistemica globale.
Ossia, secondo Europe 2020, il convergere di molteplici fatti negativi che colpiscono le basi stesse dell'economia globale, e si rafforzano negativamente l'un l'altro.
Questi sono: l'accelerazione dei fallimenti delle società finanziarie speculative (e 2020 ne prevede una al giorno per aprile).
L'aumento spettacolare degli immobili sequestrati perchè i loro proprietari, che li abitano, non possono più pagare i ratei dei mutui: 10 milioni di americani sono gettati sulla strada.
Di conseguenza, crollo dei prezzi immobiliari.
«Guerra» commerciale fra Cina e USA, con l'imposizione di dazi punitivi sulle merci cinesi:
se avverrà, sarà l'innesco del «gelo» degli scambi commerciali globali, esattamente come accadde dopo il 1929.
Vendite e svendite di dollari da parte della Cina e degli asiatici.
Caduta brutale del dollaro su euro, yen e yuan; caduta conseguente della sterlina.
Uno dei fatti previsti, il rovesciamento del «carry trade» (indebitarsi in yen a basso tasso per investire in monete ad alto tasso) sta già verificandosi, accelerato dal rialzo dello yen.
E sullo sfondo, le guerre che Bush sta perdendo, e l'incognita della guerra che vuol fare, contro l'Iran.


Che deve fare ciascuno di noi?
Impossibile dirlo, perché ogni situazione è unica, e gli eventi sono ancora in movimento.
Certo è che è meglio non avere debiti, o chiuderli: tenersi lontano dalle Borse; avere 20-30 mila euro in cassetta di sicurezza.
Chi può, compri oro in piccoli pezzi: è calato anche quello, con il crollo di Shanghai, e già questo dice molto.
Ma l'oro non è un investimento speculativo, è il rifugio estremo.

Maurizio Blondet

http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1800&parametro=
 

tontolina

Forumer storico
tontolina ha scritto:
http://www.nigrizia.it/doc.asp?id=9047&IDCategoria=127


Economia
05/01/2007


Il volo delle lobby delle armi
Luciano Bertozzi


Una legge Finanziaria 2007 positiva per l’industria militare. Saranno utilizzati anche i soldi del Tfr per finanziare la Difesa.



E’ stato costituito un apposito Fondo per le esigenze di investimento per la difesa, nell’ambito del ministero della difesa, con uno stanziamento di 1.700 milioni di euro per il 2007, di 1.550 per il 2008 e di 1.200 milioni per il 2009. Il Fondo realizzerà programmi di investimento pluriennali per la difesa nazionale, per un totale di 4.450 milioni nel triennio 2007-2009. Dal 2010 ulteriori stanziamenti saranno stabiliti dalle successive leggi finanziarie.

Sempre nell’ambito del predetto Ministero è stato introdotto un Fondo per esigenze di mantenimento della difesa, con la dotazione di 350 milioni di euro nel 2007 e 450 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per un totale di 1.250 milioni nel triennio 2007-2009. In particolare il Fondo finanzierà interventi di sostituzione,ripristino, manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali infrastrutture ed equipaggiamenti, anche in funzione delle operazioni internazionali di pace.

E’ previsto anche il rifinanziamento di investimenti nel settore aerospaziale, elettronico e per la produzione del caccia Eurofighter, da realizzare in base ad una coproduzione fra aziende italiane, inglesi, tedesche e spagnole. Per il biennio 2007-08 lo stanziamento è pari a 520 milioni di euro e di 310 milioni per gli anni successivi.
Nel disegno di legge è contenuto anche il fondo per le missioni militari all’estero con una dotazione di un miliardo per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

Inoltre, una parte del trattamento di fine rapporto (tfr) che i lavoratori dipendenti delle aziende private con più di 49 addetti non destineranno alla previdenza complementare sarà dirottato ad un nuovo fondo statale che finanzierà anche un Fondo per le spese di funzionamento della Difesa, per un ammontare di 160 milioni nel 2007, di 350 milioni nel 2008 e di 200 milioni nel 2009.
Anche lo stanziamento per le navi FREMM, non è stato toccato, nonostante si tratti di circa 2 miliardi di euro, scaglionati fra il 2007 ed il 2010 compreso.

E’ previsto anche un fondo di 25 milioni di euro per bonificare i poligoni militari e le navi, per la tutela del mare e del territorio ed un altro fondo di 15 milioni per interventi sanitari a favore dei militari italiani all’estero e delle popolazioni civili dove sono presenti missioni internazionali.
A fronte a tutti questi soldi per le armi non c’è nessuno stanziamento per la riconversione produttiva dal militare al civile; gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo sono elevati a circa 650 milioni per ciascuno degli anni 2007,2008 e 2009, misura peraltro insufficiente ed il Fondo per lo sminamento umanitario è stato di poco ridotto rispetto alla misura 2006 (circa 2,2 milioni di euro annui, dimezzato rispetto allo stanziamento di qualche anno fa).Allo stesso modo l’Esecutivo non ha tenuto fede agli impegni presi in sede di G-8 sul Fondo globale per la lotta all’Aids, alla TBC ed alla malaria.

L’Esecutivo Prodi ha ceduto alla lobby delle armi ed ha autorizzato un rilevante programma di investimenti. Anche se in parte, sono rifinanziamenti di programmi già decisi in precedenza, tutto ciò appare ancor più grave, ove si consideri che il Governo Berlusconi era stato costretto ad operare, suo malgrado, delle riduzioni.

Il Governo si è mostrato poco sensibile alle richieste di parte del suo elettorato e di decine di parlamentari della Maggioranza che hanno chiesto un drastico taglio delle spese militari, per dirottarle verso quelle sociali, di aumentare i fondi della cooperazione e di stanziare risorse per la riconversione produttiva verso il settore civile. Nel corso del travagliato iter parlamentare la finanziaria, sugli investimenti militari, ha subito tagli minimi, mentre ad esempio sono stati ridotti i fondi per la ricerca e la scuola.
Allo stesso modo l’Esecutivo non ha ancora dato attuazione al programma elettorale dell’Unione che ha previsto la diminuzione delle spese militari.

ieri ho conosciuto un metalmeccanico
che, parlando del TFR, mi ha informato che i sindacati vanno nelle fabbriche ed informano gli operai sulla destinazione del TFR da parte dell'INPS


a loro dire
i denari saranno investiti in progetti di recupero delle Belle Arti


si possono raccontare così tante bugie?

SINDACATI BUGIARDONI ED IMBROGLIONI o solo INCAPACI?
 

tontolina

Forumer storico
C'è un pezzo qui che racconta come il lavoro oggi più pagato in assoluto in rapporto all'età e all'esperienza non è quello del banchiere, trader o gestore, ma dello Specialista del Debito Strutturato, cioè la gente che costruisce al computer i prodotti strutturati del debito da riciclare e rivendere sui mercati.

Il motivo per cui il debito oggi aumenta sempre al ritmo del 10-15% annuo a tutti i livelli, aziendale e del consumatore e immobiliare è che viene "strutturato" attraverso formule matematiche che consentono a fondi, fondi pensione, hedge.. che non conoscono mininamente chi sia l'azienda o il tizio che deve pagare le rate di comprare un "prodotto" matematico con un certo rating e profilo di rischio calcolato su base statistica

Questo è affascinante ed utile, ma anche un fenomeno interamente nuovo che data da metà anni '90 ed è esploso dal 2002 in particolare e pochi capiscono anche perchè se prendi un mano un libro sui "Prodotti Strutturati" non ne capisci niente a meno di non avere un master in statistica e finanza e poi anche il tempo di studiarlo

Il risultato di questa ingegneria finanziaria è fenomenale perchè mentre il debito esplode i tassi di interesse sono scesi ai minimi del dopoguerra e dato che la cosa continua da cinque anni ci si è abituati ormai a considerarla normale

In borsa si reagisce oggi solo a queste variazioni percentuali mensili o annuali o trimestrali di reddito, consumi, Pil, utili, fatturato: "...ehi.. gli utili sono saliti del 20% per Unicredito !.. il PIL cresce del 2.5% quest'anno.. le vendite di case ieri in america +4% i pessimisti sono stati smentiti...".

Ma in sottofondo ci sono grandezze che accumulano nel tempo, come il debito o il prezzo degli immobili e a forza di percentuali annuali un bel giorno ti svegli e noti che il il debito delle famiglie è raddoppiato dal 2001 ed è oggi di 2.000 miliardi in Inghilterra e 9.000 miliardi in America e 700 miliardi in Spagna

Come mai le agenzie di rating non fanno niente e accettano che tutto questo debito sia considerato innocuo ? Perchè se lo ritrovano come prodotti strutturati sul mercato e il mercato li compra

Ma con il declino dei prezzi degli immobili iniziato in America e il primo crac nel settore dei mutui per i poveri si è aperta la prima crepa e puoi vendere short le agenzie di rating Moody's [MCO] and McGraw-Hill [MHP] che ha Standard & Poor's

http://www.cobraf.com/forumf/cool_r_show.asp?topic_id=0&reply_id=76823
 

tontolina

Forumer storico
Il Tfr non decolla nelle piccole aziende
http://money.it.msn.com/lavoro_e_previdenza/tfr/articolo.aspx?cp-documentid=1529133

Più della metà dei dipendenti delle piccole aziende, quelle cioè con meno di 50 lavoratori, non ha fiducia nei fondi pensioni. Secondo un monitoraggio effettuato da Gfk Eurisko per conto di Assogestioni il 58% degli intervistati trova ancora più interessante la prospettiva di lasciare il trattamento di fine rapporto in azienda


Miaeconomia
26 febbraio 2007
Il 58% dei dipendenti in aziende con meno di 50 occupati trova molto interessante la prospettiva di lasciare il trattamento di fine rapporto che deve ancora maturare in azienda. E solo il 24% di essi pensa di optare per un fondo pensione chiuso di categoria o un fondo pensione aperto. È quanto emerge dal monitoraggio effettuato da Gfk Eurisko per conto di Assogestioni all'inizio del primo semestre del 2007. Anche nei grandi gruppi, sebbene la percentuale risulti più smorzata, la tendenza non sembra molto diversa: se è vero che nelle aziende con più di 50 dipendenti il 42% di essi pensa a un fondo chiuso o aperto, un altro corposo 39% considera l'opzione Tfr in azienda. A questo si aggiunge il fatto che oltre sette persone su dieci, nonostante gli allarmi lanciati sul dimagrimento dell'assegno pensionistico per le generazioni più giovani, non pensa affatto ad altre soluzioni integrative. Non convincono quindi i fondi come strumento per costruirsi non solo un assegno che corrisponderà alla vecchia liquidazione, ma anche una rendita mensile per integrare la "vecchia" pensione. Per le piccole aziende il risultato, in parte, può essere spiegato con la possibilità di ritirare integralmente nel momento dell'uscita dal lavoro il Tfr. Mentre per tutti gli altri la legge obbliga a lasciare almeno il 50% sotto forma di rendita. Per Guido Cammarano, presidente di Assogestioni, il problema è che "i lavoratori non sono stati preparati a questa nuova realtà e questo ha fatto emergere un atteggiamento di circospezione se non di paura". Secondo Assogestioni ci sarebbe dunque un problema informativo amplificato "dall'anticipo della riforma deciso dal governo". Dalla ricerca dell'Eurisko emerge anche che i lavoratori considerano la propria azienda e il sindacato come il luogo ideale per chiedere consigli sul da farsi.
 

tontolina

Forumer storico
Verso una rottamazione dei PiPotti
di Antonio Lucenti
17-05-07


La dottoressa Manuela Visintin , nella sua veste di responsabile della Divisione Assicurativa e Fondi Pensione di Banca MB spa è impegnata intensamente e particolarmente in questo periodo , in ragione della scadenza sempre più vicina del 30 giugno, spartiacque per la decisione di attribuzione del TFR , nell’opera di aggiornamento e formazione sull’argomento.

L--Dottoressa Visintin, sappiamo che la COVIP(*) sta ancora valutando le credenziali per autorizzare alcuni fondi pensione
Senza entrare nel particolare dei soggetti, qual è la sua opinione su questa attesa ?

VDagli incontri avuti con gli operatori, mi sembra di rilevare che, in alcuni casi, soprattutto per i fondi aperti, si tratti di richieste di modifiche formali, che bloccano solo temporaneamente l'autorizzazione e comunque non richiederebbero la rivisitazione dei prodotti.
In altri casi, soprattutto per quanto riguarda i PIP(**) o FIP si tratta di richieste di modifiche sostanziali, che riguardano la struttura dei costi ed implicano una rivisitazione del prodotto da parte delle Compagnie.
L--Purtroppo questa situazione, nota ai professionali del settore, è molto meno nota ai destinatari di queste 'forme previdenziali'. E non è certo favorevole ai lavoratori che si trovano sospesi tra il non sapere neppure che le cose stanno così , ed il non sapere cosa succederà del loro impegno già preso.

L--Dottoressa Visintin , viene richiesto dalla normativa che ogni fondo, negoziale o aperto che sia, provveda a fornire un comparto con garanzie.
Tale richiesta nasce naturale e legittima dalla base dei lavoratori della fascia più restìa ad assumere il rischio dell'investimento mobiliare.
Alcuni fondi dichiarano nel proprio sito di aver attivato adeguato bando di concorso per la nomina di un gestore dedicato, con scadenza il 30 giugno. Pur senza indicare, neppure in via preliminare, quali possano essere le caratteristiche di tali garanzie.
Nello stesso giorno scade la possibilità di scelta del lavoratore assunto prima del 31 dicembre 2006, il quale, di fatto e praticamente , non potrà fruire di tale eventuale opzione.
Ci vuol fare un quadro della situazione?
Si arriverà forse ad uno dei tanti slittamenti dei termini all'italiana ?

V--Effettivamente la Riforma prevede che il lavoratore assunto entro il 31 dicembre 2006, operi, entro il 30 giugno, una scelta in merito alla destinazione del suo TFR.
L'idea e' quella di lasciare ai lavoratori dipendenti sei mesi di tempo per decidere la destinazione del proprio TFR ed in un certo senso del proprio 'futuro previdenziale'.
Tuttavia, poiche' non tutti i fondi negoziali hanno già selezionato il gestore della loro linea garantita e quindi non possono comunicare al lavoratore le relative caratteristiche (solo garanzia del capitale ? anche garanzia di rendimento minimo ? chi gestisce i soldi ? etc.) di fatto c'e' chi puo' scegliere a 'carte scoperte' per sei mesi, comparando l'offerta del fondo negoziale rispetto ad altre forme pensionistiche complementari presenti sul mercato e chi invece -paradossalmente- si potrebbe trovare solo all'ultimo momento a poter decidere avendo una quadro completo di tutte le opportunità possibili.
L--Per questi rimane tuttavia la possibilità, che personalmente credo sarà molto frequentata, di scegliere temporaneamente di lasciare il proprio maturando presso il datore di lavoro, rimandando la scelta definitiva ad un momento successivo di maggior chiarezza. (***.).
In pratica, uno slittamento ufficioso ed individuale del termine

L--Dottoressa Visintin, si è parlato , e si parla sempre più, dei PIP ( Piano Individuale Previdenziale).
Vengono indicati come strumenti costosi ben oltre le proprie virtù.
Personalmente ne conosco uno che sul primo versamento si prende fino all'80% di spese ed applica commissioni di gestione del 5%, e tuttavia con le spese non finisce qui.
Sono nella lente della Covip: se ne farà una rottamazione?

V--La COVIP si e' sempre posta l'obiettivo, sin dalla fase di start up, cui ho partecipato, di tutelare fortemente l'aderente.
Esempio di tale obiettivo e' il regolamento tipo per i fondi pensione aperti -ancora attuale- che e' stato predisposto 'agli albori' per gli operatori e non lasciava spazio ad una struttura commissionale cosiddetta a preconto(****).
Pertanto suppongo che non ne verrà fatta una rottamazione ma verra' rigorosamente controllata la struttura dei costi. Del resto l'Art. 14, comma 6 del D.lgs. n. 252/2005 che disciplina appunto le regole della Riforma, dichiara -in modo esplicito- che le forme pensionistiche non possono contenere clausole che di fatto limitino la cosiddetta portabilità, cioe' il diritto -da parte dell'aderente- di trasferire la propria posizione individuale da un fondo ad un altro.
Mi auguro che operatori aggressivi non raccolgano piu' adesioni su strumenti che -sostanzialmente- per come appunto e' impostata la struttura dei costi, penalizzano fortemente la libertà di scelte dell'aderente sancita dalla Riforma.


L--Dottoressa Visintin , dalla sua completa e profonda preparazione tecnica , che proviene dalla esperienza maturata sia in COVIP, che in àmbiti privati , i miei lettori si aspettano un paragone dei tre strumenti disponibli ai lavoratori: fondi negoziali, fondi aperti, pip di nuova generazione.
I fondi negoziali sono le forme pensionistiche -che assumono la forma giuridica di associazioni- che raggruppano solo categorie omogenee e ben identificate di lavoratori dipendenti. Trovano la loro origine nei contratti collettivi nazionali di lavoro e sono frutto di contrattazione svolta dai rappresentati dei datori di lavoro e lavoratori (sindacati).
I fondi aperti sono forme pensionistiche istituite da SIM, Banche, Compagnie di Assicurazioni o SGR cui la norma richiede requisiti patrimoniali di un certo livello.
Possono raccogliere:
adesioni collettive: sostanzialmente di lavoratori appartenenti ad un'azienda, gruppo di aziende o anche categori contrattuale;
adesioni individuali: di lavoratori autonomi, liberi professionisti o dipendenti, e quindi del singolo individuo che decide -ad esempio- di versare il proprio TFR.
I PIP sono invece forme pensionistiche -polizze vita- istituite dalle assicurazioni, che possono raccogliere adesioni individuali di lavoratori dipendenti, autonomi e liberi professionisti.
PIP di nuova generazione ... se intendiamo quelli autorizzati da COVIP, ancora non abbiamo uno spaccato chiaro, in quanto pochi sono quelli autorizzati.
A mio avviso ci sarà un periodo di transizione in cui sullo scenario competitivo avremo un gruppo di PIP quasi copie di fondi pensione aperti in termini di costi, linee di investimento e garanzie offerte e un altro non piu' con struttura a preconto, ma con delle commissioni di ingresso che potrebbero comunque essere considerate alte.
Finito questo periodo di transizione essi tenderanno ad omologarsi ai fondi pensione aperti, anche perche' il cliente sarà sempre piu' informato e consapevole dei relativi costi e monitorerà in modo costante il valore della propria posizione individuale.
Mi spingerei a dire che forse spariranno dal mercato, in quanto non avrà senso per le Compagnie di assicurazione 'mantenere' due tipologie di prodotti con analoga funzione e regole.
In pratica venendo meno l'appeal 'costo/redditività' probabilmente verrà meno il senso della loro esistenza.
L-- Insomma, scriveremo sulla lapide 'chi ha dato ha dato, chi ha avuto, ha avuto'...ancora una volta.

L--Dottoressa Visintin , c'è dovizia di "letteratura" relativamente al periodo contribuzione alla previdenza integrativa.
C'è grande enfatizzazione delle agevolazioni fiscali , acuta attenzione alle spese applicate.
Ma poco, pochissimo si legge sui tassi di conversione, e sulle tabelle che saranno utilizzate per il calcolo della rendita che spetterà al pensionato.
E' previsto che il pensionando possa scegliere la società assicuratrice alla quale affidare il montante
( patrimonio accantonato) per avere materialmente l'erogazione della pensione. Come effettuare la scelta?
Spunta qua e là, timidamente, che saranno applicate le tabelle attuariali vigenti all'atto dell'erogazione, senza approfondire più di così.
Vuole illuminare per noi questo lato, che è rimasto finora piuttosto in ombra?

V--Effettivamente si tratta di un argomento non trattato in modo approfondito e forse avere la pretesa di illuminare non sarebbe onesto.
A mio avviso tale apparente superficialità e' dovuta al fatto che si rischierebbe di parlare di qualcosa che e' un mondo in evoluzione o forse un mosaico in costruzione.
In particolare molto probabilmente si potrà scegliere la Compagnia cui affidare l'erogazione della rendita.
Il fondo pensione stesso potrebbe disdire la convenzione con la Compagnia di assicurazione prescelta e identificarne un'altra.
La speranza di vita continua ad allungarsi e in Italia non esiste un 'mercato consolidato delle rendite' che probabilmente si svilupperà e quindi le Compagnie lanceranno dei prodotti diversi a quelli attualmente presenti sul mercato.




In buona sostanza, a mio avviso, l'aspetto su cui e' bene concentrarsi, riflettere ed agire e' il fatto che il sistema pubblico ridurrà sempre piu' le prestazioni pensionistiche e quindi va creato un cosiddetto secondo pilastro previdenziale attraverso la previdenza complementare collettiva, attuata attraverso:
- il conferimento del TFR,
- il versamento -se possibile- del datore di lavoro,
- il versamento del lavoratore,
alla forma pensionistica complementare .
Ed un terzo pilastro, attuabile attraverso un ulteriore contributo al fondo pensione fino a saturazione del plafond fiscale (*****) o magari attraverso 'l'acquisto' oggi di 'una rendita minima futura garantita' . Soluzione attuabile attraverso la sottoscrizione di una polizza di rendita, che non offre dei vantaggi fiscali ma consente di 'comprare' le tabella attuariali(******) vigenti e quindi appunto di acquistare una rendita futura garantita.

LDottoressa Visintin la ringrazio anche a nome di tutti i miei lettori per la sua disponibilità e la sua preziosa chiarezza, augurandomi di poterne disporre anche in futuro.

Antonio Lucenti
[email protected]

(*) COVIP : COmmissione di VIgilanza sui fondi Pensione
(**)PIP : Piano Individuale di Previdenza
(***)da: http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1532&Itemid=44
'73 domande e risposte su TFR pensione integrativa e la loro interazione'
49)Lasciando il TFR in azienda cosa cambia rispetto al pregresso ?
Niente, sostanzialmente
50)Lasciando il TFR in azienda con più di 50 dipendenti, passa in disponibilità dell'INPS nel fondo Tesoreria dello Stato, dedicato: al cambio di posto di lavoro viene consegnato al lavoratore?

(****) modalità commissionale che concentra il pagamento dei caricamenti nel primo o nei primi anni di contribuzione, riducendo, spesso drasticamente, la somma dell'investimento iniziale
(*****) a tutt'oggi il plafond fiscale deducibile è di 5164,67 euri
(******) tabelle numeriche di coefficienti relativi alle attese di durata della vita, che vengono periodicamente aggiornate ai nuovi parametri
http://www.soldionline.it/a.pic1?EL=7c99b917d21aeb77c1256de9003dcacb
 

tontolina

Forumer storico
Bacchettate/Ferrero fa autogol sul Tfr: “meglio lasciarlo in azienda”. Meglio per chi?
Mercoledí 23.05.2007 17:16
Clamoroso autogol del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero che stamattina, parlando al Forum della PA in corso a Roma, ha consigliato di “Lasciare il Tfr in azienda e non investirlo nei fondi pensione”. I lavoratori, ha ricordato il ministro, “non si fidano dei diversi fondi perché in questi anni hanno sentito di troppi fallimenti. Visto che la pensione è una cosa seria dove si investono risorse per anni nessuno vuole arrivare dopo 30-40 anni, quando è più debole, ad avere delle sorprese”.

Ci sentiamo d’accordo su una cosa, la pensione è una cosa seria. Allora se ne parli seriamente e senza demagogia, per favore. Grazie ad una legislazione attenta e che ha fatto tesoro di esperienze estere negative, dai casi britannici e statunitensi sino all’ultimo episodio in Grecia emerso poche settimane fa, gli assicurati italiani saranno i meglio protetti al mondo. Semmai la tutela, come ha più volte ricordato il governatore di Banca d’Italia, Mario Draghi, dovrà essere affiancata da una maggiore concorrenza che consenta agli iscritti di poter realmente scegliere tra prodotti competitivi sia sotto il profilo dei costi sia sotto quello delle performance.

Sulla convenienza, oltre che necessità, di passare dal Tfr ai fondi pensione non dovrebbero tuttavia esservi dubbi: non solo per motivi “banalmente” demografici che renderanno impossibile invertire il processo di passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo e l’ulteriore riduzione dei coefficienti di rivalutazione, con l’effetto di ridurre a non più del 40%-45% dell’ultima retribuzione l’assegno di chi andrà in pensione tra una trentina d’anni.

Ma anche perché il flusso di Tfr, stimabile in un 6%-7% della retribuzione annua lorda, sommato all’attuale contribuzione media ai fondi negoziali (nel 2005 attorno al 2,4%, all’incirca equamente ripartito tra contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori), consentirebbe di alzare di un 10% che è unanimemente giudicato la soglia minima per alzare, insieme alle rivalutazioni legate alla maggiore capacità di gestione dei gestori di fondi pensione, di un 20% circa l’assegno pensionistico.

Il Tfr non rende nulla se non l’inflazione o poco più (e in caso di inflazione “feroce” non riesce neppure a mantenere intatto il valore reale dei contributi versati), l’Inpsa non ha alcuna capacità di gestione non avendo in questi anni sviluppato alcun know-how in tal senso. A parte forse compiacere qualche piccolo imprenditore e semplificare la vita al suo rappresentante sindacale, come pensa di ottenere il signor ministro fornendo simili “interpretazioni” dei fatti?

http://canali.libero.it/affaritaliani/Rubriche/texcolumn/texferrero2305.html
 

tontolina

Forumer storico
MOOOLTO CONDIVISIBILE


Arriviamo al dunque…TFR, che fare?
Posted by HyperTrader as Risparmio Gestito




Giugno…..mese di scelte. Mese di TFR….
Avete 30 giorni per decidere cosa fare della vostra liquidazione. Alla vostra porta stanno bussando un po’ tutti con promesse di pingue ricchezza.
Alla radio la “calda” voce del messia Doris vi invita a contattare il Family banker per farvi dare consigli su come investire il TFR, alla tv vi martellano ogni 30 secondi, sui giornali tutti a darvi consigli…. tutte queste “sirene” che, però, non pensano a voi e alle vostre esigenze. Dite la verità, vi sentite come novelli Fantozzi alla vigilia delle elezioni quando, deciso a fare la scelta migliore, si chiuse in casa ad ascoltare tutte le tribune elettorali…..finendo, solo, per aumentare la sua confusione.
Io, da ignorante, mi sono letto un po’ di cose ho fatto un po’ di valutazioni e sono giunto ad una conclusione: conviene, per il momento, lasciare tutto come sta.
Alla conclusione ci sono arrivato per esclusione.
Se fossi un lavoratore non lascerei mai i MIEI soldi in mano al sindacato che, dati alla mano, è culo e camicia con lo Stato e domani non avrebbe remore, in cambio di favori, a far confluire il fondo di categoria nella gestione INPS….
A maggior ragione non lascerei i MIEI soldi in pasto all’INPS che si è dimostrata nel tempo la pilluzza dell’acqua santa….tutti ci hanno messo le mani per risolvere problemi “contingenti”.
Cosa rimane?
I fondi pensione privati e il datore di lavoro.
I fondi pensione non danno, ad oggi, le dovute garanzie e, soprattutto, chi li deve controllare non è in grado di farlo. Sicuramente saranno buoni per il futuro ma devono esserci ben altre garanzie per investirci la “liquidazione”. Certo che se dovessi decidere fra un FIP o il fondo di categoria non avrei dubbi….. Fip per tutta la vita, almeno sono soldi che non mi toccherà nessuno.
Ad oggi la scelta, secondo me, più logica rimane quella di lasciare il TFR in azienda, anche perché questo non mi preclude, domani, di scegliere un’altra strada.
Nel complesso solo una cosa è fondamentale: scegliete. Non fate il tacito assenso (scelgo di non scegliere) perché in quel caso andrà o al fondo di categoria o alla fondo pensione gestito dall’INPS.
Un vantaggio tangibile è nella tassazione…. il TFR, a scadenza, avrà una tassazione separata (ad oggi circa il 23%), mentre con i fondi pensione la tassazione oscillerà dal 9% al 15%. Ma sarà un beneficio visibile fra molti anni, non oggi.
Piuttosto, visto che oggi TUTTI i lavoratori possono portare in deduzione i FIP, verificate se vi conviene togliere le vecchie polizzette con la detraibilità al 19% e optare per un fondo pensione con un beneficio fiscale di, circa, il 23%.
Il gap previdenziale c’è ed è alto….pensarci è bene ma non ci si deve mettere “tutto”, sennò con che soldi ci arriviamo ai fatidici 65 anni?????
Con affetto, il vostro adorabile promotore di quartiere.
Dott.Moretti
 

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