FONSAI: CHIESTO PROCESSO FIGLIO EX MINISTRO CANCELLIERI (di Andrea Gianni) (ANSA) - Rischia di finire a processo Piergiorgio Peluso, figlio dell'ex ministro Annamaria Cancellieri, accusato di concorso in bancarotta in relazione al fallimento di Imco, una delle holding della famiglia Ligresti, ai tempi soci di Fonsai. Il pm di Milano Luigi Orsi ha chiesto infatti il rinvio a giudizio del manager,
attuale direttore finanziario di Telecom, indagato in qualità di ex amministratore delegato di Unicredit Corporate Banking. La data dell'udienza preliminare davanti al gup verrà fissata nei prossimi giorni.
Piergiorgio Peluso di Unicredit
Oltre a Peluso, sono 12 le persone coinvolte nell'inchiesta della Procura di Milano, condotta dalla Guardia di finanza, con al centro il
crac di Imco, dichiarata fallita dal Tribunale di Milano il 13 giugno 2012 assieme alla controllante Sinergia. Era finita sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti anche un'operazione sulla cosiddetta area Cerba, oltre 600 mila metri quadrati all'interno del Parco sud in via Ripamonti a Milano, sulla quale era in programma la costruzione del Centro Europeo di Ricerca Medica Avanzata.
Peluso, secondo le accuse, quando era dirigente di Unicredit Corporate Banking sarebbe stato tra gli artefici di un'operazione di ristrutturazione del debito di Sinergia, la holding del gruppo immobiliare della galassia Ligresti, che si è rivelata "letale" per la controllata Imco e che avrebbe privilegiato Unicredit. Come si legge nell'avviso di chiusura indagini, gli ex consiglieri e sindaci indagati, in concorso con
il figlio dell'ex ministro Cancellieri, avrebbero dissipato "il patrimonio di Imco spa con un'operazione, preparata nei mesi antecedenti e perfezionata il 5 agosto 2010, in virtù della quale" la società, tra le altre cose, "si accollava la quota di un finanziamento già concesso dalla banca Ge Capital alla controllante Sinergia per 20 milioni di euro".
La vicenda ha origine dal salvataggio di Sinergia, indebitata inizialmente con
Bipop Carire, alla quale sono successivamente subentrati
Unicredit con 88,5 milioni e
Ge Capitale per 20 milioni, per un totale di 108,5 milioni. La ristrutturazione del debito della capofila, però, secondo la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori della Gdf, sarebbe avvenuta tramite un trasferimento dei 108,5 milioni di euro di debito bancario sulle "spalle, non robuste, della controllata Imco", nell'interesse degli istituti di credito, in primo luogo Unicredit, e poi Ge Capital.
Al termine dell'operazione Imco, secondo il pm, avrebbe assunto "il rilevante debito già in capo alla controllante Sinergia" e si "indebitava verso i medesimi creditori", concedeva "garanzia sui propri beni e specialmente l'area cosiddetta Cerba", giustificando "il versamento alla controllante con l'acquisto di un cespite (Tenuta Cesarina) privo di valore commerciale".
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