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14 giugno 2014

CLEARSTREAM, LA SCATOLA NERA DEL SIGNORAGGIO BANCARIO (1° Parte)



C'è qualcosa che non quadra con le banche. Solo tra il 2008 e il 2010 le banche nella zona EU hanno ottenuto 1600 miliardi di euro di salvataggi. Nel 2012 le banche spagnole hanno ricevuto dal solo fondo europeo salva-stati (MES) 60 miliardi di euro. Negli ultimi cinque anni lo stato irlandese ha pagato 160 miliardi di euro per il salvataggio delle banche private irlandesi. E che dire del pacchetto Obama”, cioè degli 800 miliardi di dollari che furono usati nel 2009 nei soli Stati Uniti per il salvataggio delle banche che avevano fatto cattive mosse finanziarie? Attualmente Ernst & Young stima che la cifra complessiva che non è più recuperabile dagli assetti delle banche EU sia di 949 miliardi di Euro. Quindi ancora salvataggi fenomenali saranno necessari. Fiumi di parole su questo argomento, ma moltissimi hanno trattato questo tema dimenticandosi purtroppo di chiarire qual è il ruolo in tutto questo di Clearstream, la scatola nera delle banche, una centrale di comensazione interbancaria con funzione anche notarile.
Di Lorenzo Acerra
Voci Dalla Strada
Grazie allo strumento Clearstream, le operazioni delle banche generano attivi in nero ed esentasse nei paradisi fiscali a vantaggio d'ignoti. Se uno inizia a vedere questo, diventerà chiaro al prossimo salvataggio prospettato dagli economisti e dagli stati che quella banca privata sull'orlo del fallimento ha anche fatto sparire in nero una somma equivalente o maggiore del valore dei suoi debiti. Ce ne occupiamo qui con pochi esempi. Clearstream serve alle banche per infarcire di marcio i bilanci presentati alle assemblee degli azionisti, mentre allo stesso tempo si generano da qualche parte attivi in nero ed esentasse nei paradisi fiscali. Gli economisti di solito hanno due cose in comune. Si dimenticano di parlare di Clearstream e condividono una fondata fiducia che lo stato non farà fallire le banche, quindi che i bilanci bancari marci (quelli truccati, quelli che restano in visione al pubblico) saranno sanati dalla mano amica dello stato.


Tra il 2001 e il 2007, dalle inchieste giudiziarie francesi Clearstream-1 e Clearstream-2, risultò che un'entità sovranazionale e sovrabancaria che si chiama Clearstream mantiene conti riservati a favore di potenti che si nascondono dietro le banche, conti sui quali compare il controvalore in attivo di praticamente tutti i debiti contratti dagli stati con l'emissione monetaria (Ivan du Roy 16.01.2012). Clearstream è il portale “notarile” non accessibile al fisco, all'uomo qualunque e ai controlli statali dove s'incontrano massa monetaria da signoraggio, denaro sporco, denaro in nero, movimentazioni di denaro esentasse, Borse ed economie del mondo. Il capitale totale depositato in attivo dai clienti Clearstream era di circa 80.000 miliardi di euro nel 2002. Proprio questo attivo sarà l'oggetto della nostra presentazione.

L'Italia con i suoi 2.100 miliardi di debito occupa il terzo gradino del podio a livello mondiale per quanto riguarda i debiti di stato, incalzata da vicino da Francia, Germania e Gran Bretagna. E riuscite forse a trovarmi una grossa multinazionale che non sia indebitata? (vedi IBM, General Electric, Ford, etc.). Ma chi è, diceva Benigni in uno spettacolo del 1995, che può dichiarare come credito tutta questa massa monetaria? E perché non lo fa? Ha tutto questo credito e si nasconde? Lo vorrei proprio conoscere (vedi al minuto 0:54, Tutto-BENIGNI 1995-96,https://www.youtube.com/watch?v=jPZiOxatDvw). Ebbene finalmente ora lo andiamo a conoscere.

Un'entità sovranazionale e sovrabancaria che si chiama Clearstream ha permesso nel 2013 ad Unicredit, in linea con quello che succede ogni anno, d'imboscare in nero a favore d'ignoti 501 miliardi di euro, protetti dal segreto bancario in Lussemburgo. Questi 501 miliardi di euro sono frutto della creazione di denaro di corso legale. Creazione di denaro che la BCE le ha permesso di rivendicare, secondo delle convenzioni ben note. Unicredit rivendica questi miliardi esentasse su Clearstream e non davanti ai suoi azionisti (https://www.youtube.com/watch?v=jGd8Ub2Hhk0).

Protagonisti di questo racconto saranno l'inchiesta di Denis Robert su Clearstream e quindi i tabulati postati alle commissioni d'inchiesta dalle tre “gole prodonde”: i due informatici della prima ora di Clearstream, ovvero Ernest Backes e Régis Hempel, oltre che il consulente di Arthur Andersen impegnata nella certificazione di Clearstream, ovvero Florian Bourges. Vedremo i conti di UNICREDIT accreditati presso Clearstream e vedremo a cosa corrispondono le movimentazioni di denaro su questi conti. Già sui primissimi tabulati dei clienti Clearstream, quelli del 1995, la Banca di Roma (Unicredit Banca di Roma, che poi confluirà nel novembre 2010 in Unicredit) aveva otto conti non pubblicati (cioè i conti nascosti Nr. 22459, 28660, 29063, 29114, 29149, 29203, 29343, 35092) e undici conti pubblicabili (i conti Nr. 30228, 31776, 33049, 34819, 70267, 72775, 74616, 74730, 76198, 77909, 11096), quasi tutti che compaiono nell'elenco con rating A01.

Nell'aprile 2006, durante il ciclone giudiziario francese, Clearstream indicava al giornale Le Monde di disporre di 5.542 conti aperti, di cui 3.239 non pubblicati. Sull'elenco a nostra disposizione compaiono 4.146 conti, di cui 2.215 non pubblicati, la discrezione verso il cliente è importante, vedi: elastic.org/~fche/mirrors/www.jya.com/clearstream.xls). Vedremo a cosa corrispondono le movimentazioni di denaro su questi conti anche grazie all'elenco allargato dei clienti Clearstream e consorelle (Monti Titoli, Iberclear, DTCC, etc.) risalente al 2001, rilasciato fornito dalla terza gola profonda dietro l'inchiesta di Denis Robert, cioè Florian Bourges (38,838 Clearstream international counterparties, including Bernard L. Madoff, Jul 2004 - WikiLeaks ).
In questa prima parte ci occuperemo inizialmente solo di Unicredit banca, giusto per mantenere le cose semplici. Ma ulteriori approfondimenti sono già pronti e verranno presentati in un seguito dell'articolo.

Elenco dei conti utili Unicredit relativamente a Clearstream (Bourges, 2004):

type (ICP-Nr.) Number Partecipant Name Location
3 688 UNICREDIT BANCA MOBILIARE
6 21687 UNICREDITO (S) BANK SA LUGANO
6 22125 Unicredito Italiano/CR It/>Proprietà MILANO
6 82290 Unicredito Italiano SPA SINGAP.BR. SINGAPORE
6 93162 Unicredito Italiano/ITL SEC MILANO
6 97115 Unicredito Italiano SPA. LONDON
7 66406 Unicredito Italiano SPA SINGAPORE
7 66424 Unicredito Italiano SPA MILANO
7 93162 Unicredito Italiano/ITL SEC MILANO
7 97193 Unicredito Italiano SPA LUXEMBOURG
10 2008 Unicredito Italiano-Conto Proprietà MILANO
10 3131 UNICREDIT Banca Mobiliare SPA Cologno Monzese
10 3135 Unicredito Italiano SPA Cologno Monzese
10 60045 Unicredito Italiano SPA SETTLM. ACC Cologno Monzese
10 60053 UNICREDITO EX CR TRIESTE CLIENT ACC ---
10 60098 UNICREDITO ITALIANO MILANO
10 60303 e 60304 UNICREDITO ITALIANO MILANO
10 60135 UNICREDITO ITALIANO SPA Cologno Monzese

Premessa su Clearstream: C'è qualcosa che non quadra con le banche. Solo tra il 2008 e il 2010 le banche nella zona EU hanno ottenuto 1600 miliardi di euro di salvataggi. Nel 2012 le banche spagnole hanno ricevuto dal solo fondo europeo salva-stati (MES) 60 miliardi di euro. Negli ultimi cinque anni lo stato irlandese ha pagato 160 miliardi di euro per il salvataggio delle banche private irlandesi. E che dire del pacchetto Obama”, cioè degli 800 miliardi di dollari che furono usati nel 2009 nei soli Stati Uniti per il salvataggio delle banche che avevano fatto cattive mosse finanziarie?Attualmente Ernst & Young stima che la cifra complessiva che non è più recuperabile dagli assetti delle banche EU sia di 949 miliardi di Euro. Quindi ancora salvataggi fenomenali saranno necessari. Fiumi di parole su questo argomento, ma moltissimi hanno trattato questo tema dimenticandosi purtroppo di chiarire qual è il ruolo in tutto questo di Clearstream, la scatola nera delle banche, una centrale di comensazione interbancaria con funzione anche notarile. Grazie allo strumento Clearstream, le operazioni delle banche generano attivi in nero ed esentasse nei paradisi fiscali a vantaggio d'ignoti. Se uno inizia a vedere questo, diventerà chiaro al prossimo salvataggio prospettato dagli economisti e dagli stati che quella banca privata sull'orlo del fallimento ha anche fatto sparire in nero una somma equivalente o maggiore del valore dei suoi debiti. Ce ne occupiamo qui con pochi esempi. Clearstream serve alle banche per infarcire di marcio i bilanci presentati alle assemblee degli azionisti, mentre allo stesso tempo si generano da qualche parte attivi in nero ed esentasse nei paradisi fiscali. Gli economisti di solito hanno due cose in comune. Si dimenticano di parlare di Clearstream e condividono una fondata fiducia che lo stato non farà fallire le banche, quindi che i bilanci bancari marci (quelli truccati, quelli che restano in visione al pubblico) saranno sanati dalla mano amica dello stato.

Nel 1996 Denis Robert riunì otto magistrati anticorruzione tra cui in Italia Gherardo Colombo per lanciare l'appello di Ginevra. Quando si comprese che la battaglia contro i crimini finanziari metteva in discussione l'esistenza stessa della Clearstream International, rimase in piedi su questo fronte uno solo di questi giuristi, Renaud Van Ruymbeke, cui si unì la giudice Eva Joly. Nel 2009 l'Islanda in rivolta contro i poteri finanziari chiamò la giudice Joly per la redazione di un rapporto di 2000 pagine per indirizzare quel processo decisionale di affrancatura da un debito ingiusto. In Francia invece l'auspicio di Robert affinché si capisse cosa fosse Clearstream venne dirottato su un'inchiesta che doveva stabilire se Sarkozy avesse o meno anche lui un conto su Clearstream (vedi processo Clearstream-2), come risultava da una patacca fabbricata ad-hoc da un signore dei servizi segreti che ora vedremo. Ciò servì anche per logorare e discreditare l'ultimo di questi magistrati che aveva continuato la battaglia contro la mondializzazione finanziaria, Renaud Van Ruymbeke, che nel 2008 dichiarò:
“Si galleggia sull'ipocrisia. Quello che si dice e quello che s'intende fare sono due cose ben separate”
L'appianamento interbancario muove il mondo. Avveniva dietro le quinte già molti secoli fa, dando ai suoi protagonisti dei vantaggi notevoli (Storia della Moneta a Prestito (Sistema Debito) | Anticorpi.info). Oggi molti dettagli della faccenda diventano ufficiali grazie a due procedimenti giudiziari avuti luogo in Francia sulla scia dei libri inchiesta di Denis Robert. È una cosa che accade dietro le quinte, con conti nascosti affiancati a conti visibili, con movimenti di denaro che comunque non sono né consultabili dal pubblico né tantomeno interpretabili, a meno che non si abbia avuto la possibilità di familiarizzare con il sistema informatico in uso.

Nel maggio 2000 André Lussi, dichiarava all'assemblea generale di Clearstream International, in qualità di direttore generale, un volume di transazioni annuali effettutate per i propri clienti di novemila milioni di miliardi di euro (9.000.000.000.000.000.000 €). Oltre a Clearstream (fondata nel 1970) che è gestita da azionisti privati tedeschi, in Europa abbiamo Euroclear (fondata nel 1968 da J.P. Morgan) con azionisti di maggioranza francesi/belgi, Swift (che movimenta otto volte meno denaro di Clearstream), posseduta da anglo-americani. Tutta gente per bene... privati, non nazioni.

I più informati diranno subito che la diffusione generalizzata di tutta questa massa di debito ha le sue radici nel fatto che l'operazione di prestito di massa monetaria non genera un attivo per nessuno. La massa monetaria creata dal nulla viene messa al passivo. Persino dalla stessa banca di servizio che la presta. Il principio filosofico che la creazione di denaro dal nulla non abbia paternità è bellissimo, ma lascia aperta la domanda di dovc finisca il capitale iniziale, che indubbiamente viene ripagato alla banca.
Chi ha preso in prestito non solo ripagherà gli interessi, ma (proprio quello che vogliamo approfondire) anche il capitale iniziale. Il capitale iniziale verrà ripagato alla banca e andrà ad appianare la voce al passivo che la banca “artificialmente” si è auto-assegnata al momento della creazione dal nulla della massa monetaria. Dico “artificialmente” perché la banca non ha distrutto quella somma di denaro né all'emissione e nemmeno al suo rientro.

Quindi la messa al passivo è un artificio contabile. Di fatto, al momento della cessione di quella somma prestata, la banca non ha fatto altro che una creazione dal nulla, e al momento della riscossione quella massa continua ad esistere. Ma non compare nel bilancio della banca. Il cliente quello che l'ha avuto l'ha anche ridato. Ma pure la banca si lamenta che quel denaro non lo ha, nemmeno quando rientra! E chi lo ha distrutto allora? Nessuno!! Quel denaro scompare in una zona d'ombra. L'artificio contabile permette a qualcuno di far ricomparire quel denaro “in nero” da qualche altra parte, possibilmente alle Cayman, sicuramente o su Clearstream o su Euroclear.

I principi di contabilità bancaria accettati dal mondo accademico e dal mondo reale fanno quasi pensare ad una disintegrazione di quel denaro.
La contabilità dice una cosa del tutto artificiale: dice che il prestito è stato uno smacco subito dalla banca al momento della cessione al cliente e dice che il maltolto poi verrà recuperato con la restituzione. Perciò ci sarebbe un nulla di fatto. Il nulla di fatto è sicuro: consultate i registri contabili delle banche accreditate come per esempio Unicredit! Dobbiamo allora iniziare a notare che la Banca è sia una banca di emissione che una banca di servizio, cioè quella che controlla la restituzione del prestito. Evidentemente il registro contabile si riferisce solo alla banca di servizio.

Quando diciamo che la Banca Centrale Europea (BCE) ha creato novemila miliardi di euro in un anno, in realtà ci stiamo riferendo all'insieme dei suoi soci, che sono istituti bancari privati. Allora uno va a controllare l'insieme di queste banche di servizio e i 9.000 miliardi di euro non li trova all'attivo, bensì al passivo. Nessuno si fa domande sulla natura di questo passivo e così la restituzione dei 9.000 miliardi di euro (per comodità diciamo che avviene tutta insieme due anni dopo) farà sparire in una zona d'ombra, complice la contabilità artificiale, questo capitale rientrato due anni dopo che prima era stato emesso dal nulla e dato in prestito dalle banche di servizio.
La banca di emissione ha un conto su Clearstream, la voce al passivo subito dalla banca di servizio corrisponde al passaggio di denaro da quest'ultima all'entità invisibile che ha il conto su Clearstream. Perciò per la banca di servizio la massa monetaria che viene restituita contribuisce solo ad un nulla di fatto. Un nulla di fatto può essere spiegato da questo oppure dal fatto che il denaro debba venir distrutto.

Questo piccolo “bug” che oggetto della nostra descrizione è stato incastonato nei principi di scrittura bancaria ed è alla base di un castello di carta contabile che consente di celare il fatto che la massa monetaria creata dal nulla appaia all'attivo dei soci privati della banca centrale, proprietari di un conto su Clearstream!
Si sa, gli istituti bancari accreditati presso la BCE come soci fondatori si spartiscono le fette di creazione di somme di denaro create dal nulla, che al momento del prestito vengono dichiarate nei bilanci contabili delle banche come una perdita. La cosa che era stata piazzata in una zona d'ombra e che tale era rimasta finora era il ruolo di Clearstream ed Euroclear nell'appropriazione della creazione di denaro di corso legale da parte di enti privati.

Vediamo cosa accade con un'operazione che ci è davanti agli occhi quotidianamente: il cliente si reca in banca a fare un deposito. La clonazione di denaro per “deposito” è ben poca cosa rispetto alla creazione di denaro dal nulla per “prestito”. Però conferma l'esistenza di un “bug” della contabilità. Il cliente consegna all'impiegato trecento euro a scopo “deposito” sul proprio conto corrente. Dal punto di vista del cliente c'è un nulla di fatto: infatti esso viene privato di quella somma in contanti ma beneficia della stessa somma clonata sul suo conto corrente. E dal punto di vista della Banca? Ora esistono trecento euro in contanti e trecento euro clonati. Per sancire un “nulla di fatto” la banca avrebbe bisogno di distruggere quei trecento euro in contanti. Oppure dovrebbe generare una voce di debito di trecento euro, cioè di una voce contabile al passivo, per poter incassare quel contante senza distruggerlo. Questa è la strada che la banca decide di intraprendere. Ma la banca si è dimenticata di dire chi è il beneficiario di quei trecento euro di cui si deve privare per avere un nulla di fatto.
La banca dichiara di non aver beneficiato da quel denaro in contanti eppure non li ha distrutti? Evidentemente li ha ceduti a qualcuno. In nero. Non li ha ceduti allo stato per esempio.

Le banche piccole non possono creare denaro dal nulla e darlo in prestito come fanno le grosse. Semplicemente la spartizione di questa facoltà le ha lasciate fuori dal grosso della torta. Ma possono creare denaro per clonazione ogni volta che nuovi clienti contribuiscono alla loro “raccolta”.
Siccome annualmente la produzione di euro dal nulla con questo sistema è dell'ordine di novemila miliardi, di cui circa mille sono la quota relativa all'economia italiana (Unicredit 500 miliardi, Banca Intesa 344 miliardi, Carige 25 miliardi, etc..), non stiamo parlando di bruscolini!
Abbiamo visto che il denaro è stato emesso dal nulla istantaneamente alla richiesta di prestito. Quando il cliente ha guadagnato e può restituirlo, si materializza uno stock di denaro virtuale senza paternità, che non risulta all'attivo nei bilanci degli istituti di credito. A questo punto se ne può disporre in nero, a piacere ed extracontabilmente. In particolare viene contabilizzato sui circuiti dei conti del denaro virtuale nelle centrali di “Clearing” (in Europa sono tre: Clearstream, Euroclear e Swift).

Ovviamente posso dire di conoscere Clearstream, quindi il covo dell'uomo invisibile, solo perché ho iniziato a leggere l'opera investigativa di Denis Robert su Clearstream, sul mondo dei bilanci in nero e delle movimentazioni in nero delle banche. L'indagine su Clearstream ha raccolto sul sentiero tre “gole profonde” di rilievo ed è stata integrata da Marco Saba che l'ha rilanciata nel 2014 andando all'attacco dei consigli di amministrazione di tre banche: Carige, Intesa e Unicredit.

Nel periodo aprile-maggio 2014 Marco Saba ha avuto mandato d'intervenire alle loro assemblee per contestare questo artificio amministrativo chiedendo risposta scritta. Al momento della creazione di massa monetaria per un prestito l'istituto segna la voce al passivo, perché in uscita, ma omette di iscrivere all'attivo il denaro, facendo si che il rientro del capitale dato in prestito, metta a disposizione nella cassa denaro in nero.
Nel momento dell'emissione di massa monetaria la personalità nascosta dell'istituto bancario (quella su Clearstream) diventa creditrice della somma creata dalla personalità dell'istituto che è sotto gli occhi di tutti. Questa personalità nascosta non si può nemmeno più chiamare “banca”, perché quel denaro accreditatole non risulta più nei forzieri della banca di facciata. La Banca Intesa, per esempio, ha riportato per l'esercizio relativo al 2013 un bilancio negativo che preoccupa i suoi azionisti, un deficit dell'ordine di di 4.8 miliardi di euro, ma la sua seconda personalità, in base alla creazione di denaro prodotta in quell'anno, ha avuto l'onore di poter recapitare 344 miliardi di euro sugli acconti di appianamento internazionale che non sono sotto gli occhi di tutti.
Nel corso dei suoi interventi del 2014 presso Carige, Intesa e Unicredit Saba ha ottenuto rispettivamente come risposta: (1.) ci faccia causa. (2.) la legge ce lo permette (3.) silenzio (che comunque non è una querela).

Querela che invece fu portata una quarantina di volte contro Denis Robert quando astrattamente e con qualche singolo indizio diceva davanti ai giudici che questo bacino sommerso e privo di trasparenza che è Clearstream è stato usato per sostenere il malaffare, i soprusi e la manipolazione, nonché il possibile riciclo di denaro sporco. Vorrei riassumere per il pubblico le informazioni acquisite man mano che mi documento. Prendendo coscienza delle cose che succedono a livello dell'entità “Clearstream”, ci si rende conto immediatamente che le banche hanno il potere di controllarsi tra di loro, al di sopra degli stati.

Clearstream rappresenta lo spazio accettato da tutti i giocatori di grosso calibro dove atterra il denaro in nero acquisito per emissione monetaria. Quando uno capisce Clearstream il mistero contabile del sistema della moneta anti-materia trova una soluzione quando uno capisce Clearstream. L'istituto bancario delegato alla creazione di denaro da parte della BCE non poteva così tanto facilmente incassare l'attivo del denaro creato dal nulla davanti agli occhi di tutti, perché ente privato.
Se lo avesse incassato contabilmente, innanzitutto gli si sarebbe arrivata la richiesta di pagare le tasse su quello. Se lo avesse incassato contabilmente, tutti avrebbero obiettato che non ha proprio senso consentire a dei privati d'incassare il “valore nominale” delle banconote che sono accettate dai “sudditi”. La nostra “sudditanza” in questo sistema assurdo è coperta da due veli. Uno si chiama Clearstream. L'altro l'abbiamo già visto, vorrebbe indurci a pensare che la creazione di denaro dal nulla non abbia assolutamente paternità. Che è subito smentito: la Banca infatti effettua un prestito di denaro che le crea un buco di bilancio nonostante quella massa monetaria prima non esistesse affatto e nonostante la restituzione di quella somma non metta la banca nell'obbligo di distruggere questo capitale che non è all'attivo di nessuno sui libri contabili.

Abbiamo visto che è attualmente in uso un sistema che determina una scissione tra realtà e contabilità. La somma restituita non comparirà alla voce "liquidità generata" del rendiconto finanziario dell'istituto di credito, scomparendo perciò in una zona d'ombra. Ora dobbiamo solo chiarire come l'anti-materia di questo sistema contabile, materializzandosi sui conti associati a Clearstream, sia a tutti gli effetti pronta ed operativa per razziare le economie mondiali.

Iniziamo con una piccola incursione in un piccolo esempio. Nel 2008 la Banca centrale dell'Iran aveva un capitale all'attivo sul conto di Citibank su Clearstream di New York di 2.8 miliardi di dollari. Già da tempo Clearstream si era impegnata a rispettare l'embargo contro l'Iran. C'erano leggi americane che sanzionavano lo transizioni e gli spostamenti di denaro della Banca centrale dell'Iran, giustificate da accuse di un atto di terrorismo dell'Iran contro il Libano nel 1983 e dal fatto che secondo loro la banca centrale dell'Iran, cioè il governo dell'Iran, aveva appoggiato il programma iraniano per arrivare alla bomba atomica. Clearstream però sottobanco aveva accettato la richiesta della Banca Centrale dell'Iran di trasferire questa somma su un conto esistente in Europa che molto più difficilmente si sarebbe potuto far risalire alla banca iraniana. Le indagini hanno rivelato tutte le email scambiate tra un dipendente della Clearstream il suo supervisor e il direttore generale. Il denaro è stato trasferito a nome della Banca Centrale d'Iran su un conto di una banca commerciale europea che era nascosto, “buried one layer deeper in the custodian chain”.

La notizia interessante in questa vicenda secondo me è che la banca centrale dell'Iran è una delle poche banche centrali non sono compartecipate e possedute da privati, bensì di proprietà del governo nazionale. Già nel 2007 aveva all'attivo sui conti di Clearstream titoli equivalenti a centinaia di miliardi di dollari.
Ora la notizia secondo me è che la massa monetaria creata dagli istituti di credito italiani finisce al passivo per lo stato e per altri enti che ne prendono in prestito, ma è all'attivo dei privati che hanno conti su Clearstream e che beneficiano della spartizione della creazione dal nulla di denaro emesso come prestito (http://www.nixonpeabody.com/files/167262_Export_Controls_Alert_31JAN2014.pdf).
Un'altra notizia è che esiste in Asia una piattaforma di compensazione interbancaria, che si chiama Asian Clearing Union (ACU, nata nel 1974), con quartier generale a Tehran, Iran. Gheddafi dalla Libia, proprio nei mesi prima di essere detronato e ucciso dai ribelli finanziati dai poteri occidentali, aveva pianificato di realizzare una simile camera di compensazione interbancaria che riconoscesse le banche centrali sovrane degli stati africani.

Siccome in ogni momento Clearstream interagisce con i mercati e i beni di servizio, così come con i buoni del tesoro, tutto il valore in nero che è entrato in Clearstream (spesso in nero) è anche spendibile, spendibile in ogni momento e sui cinque continenti. Magari per finanziare neo-nazisti in Ucraina, oppositori di Gheddafi, ribelli in Siria, corrotti d'accordo con l'informazione deformata, la politica di sudditanza delle democrazie, le speculazioni, etc..
Le banche private proprietarie della Banca d'Italia hanno su Clearstream ed Euroclear numerosi conti, alcuni nascosti, tutti gli altri non controllati. Queste banche ogni anno creano denaro dal nulla per un valore di 1.000 miliardi di euro. Chi prende in prestito queste somme registra giustamente un nulla di fatto: prima ha ricevuto e poi ha dovuto restituire. La cosa che però non quadra per niente e che anche le banche registrano, sul loro versante, un nulla di fatto. Per il momento vi do' appuntamento al secondo appuntamento di questo articolo in cui evidenzieremo tanti fatti interessanti su Clearstream.

Per il momento veramente ci premeva sottolineare che le banche svolgono attività d'intermediazione finanziaria solo marginalmente, mentre la loro attività principale consiste nella creazione di denaro ex novo che - ad oggi - non risulta contabilizzata a bilancio.

La Banca Intesa, per esempio, ha riportato per l'esercizio relativo al 2013 un bilancio negativo che preoccupa i suoi azionisti, un deficit dell'ordine di di 4.8 miliardi di euro.
Ebbene i 344 miliardi di euro che sono la creazione di denaro prodotta in quell'anno da Banca Intesa sono finiti sui conti di appianamento internazionale europei (Clearstream e Euroclear) che non sono sotto gli occhi di tutti.
Nel momento dell'emissione di massa monetaria la personalità nascosta dell'istituto bancario (quella su Clearstream) diventa creditrice della somma creata dalla personalità dell'istituto che è sotto gli occhi di tutti. Questa personalità nascosta non si può nemmeno più chiamare “banca”, perché quel denaro accreditatole non risulta più nei forzieri della banca di facciata.
Grazie a Clearstream il fondo in nero viene riciclato, cioè una volta presente su Clearstream viene accettato dalla comunità internazionale.

A margine di questa nostra piccola fatica, ricordo alle persone di buona volontà che una commissione d'inchiesta parlamentare avrebbe gli stessi poteri di un organo giudiziario. E ricordo che usando lo strumento giudiziario o l'inchiesta parlamentare si potrà vedere cosa è stato movimentato sui conti CLEARSTREAM e EUROCLEAR di Banca d'Italia e delle Banche socie della Banca D'Italia, la maggiore delle quali per esempio è Unicredit. Banche che con lo strumento “Clearstream” si muovono al di sopra degli stati!

type (ICP-Nr.) Number Partecipant Name Location
6 90240 BANCA D'ITALIA ROMA
7 61228 BANCA D'ITALIA MILANO
7 66098 BANCA D'ITALIA CA ROMA
10 1003 Banca D'Italia-Conto Proprietà ROMA
10 1004 BANCA D'ITALIA-FPC MILANO
10 61003 Banca D'Italia - Conto Terzi ROMA
10 61004 Banca D'Italia-FPC TERZI MILANO

Spunti di riflessione ulteriore (fino alla prossima puntata), in linea con questo articolo, sono i video sul pressing di Saba alle assemblee dei soci di Unicredit, Banca Intesa e Banca Carige (Rendita monetaria e democrazia: UNICREDIT: intervento di Saba all'assemblea azionisti di risparmio
Rendita monetaria e democrazia: UniCredit: la mega sòla da 500 miliardi...) e un intervento su Clearstream a Canale Italia (2006),https://www.youtube.com/watch?v=Yxs_e0OpOi8.
Sul falso in bilancio (Marra 2013): https://www.youtube.com/watch?v=jGd8Ub2Hhk0
 
terrorismo, Turchia, USA, vicino oriente
Perché gli USA temono il South Stream?

giugno 14, 2014 2 commenti

Pjotr Iskenderov Strategic Culture Foundation 13/06/2014
L’occidente continua a minacciare i partner della Russia nel gasdotto South Stream. Seguendo il governo bulgaro, la Serbia ha annunciato che i lavori saranno sospesi. Entrambi i Paesi hanno citato la posizione della Commissione europea. Ma il commissario UE dell’energia Gunther Oettinger si rifiuta di discutere la costruzione di South Stream nell’ambito di una consultazione con la Russia, principale azionista del progetto… Mentre il primo ministro bulgaro Plamen Oresharskij spiega che la sospensione dei lavori sul South Stream con la richiesta della Commissione europea e la necessità di “ulteriori consultazioni con Bruxelles”, la vicepremier e ministra dell’Energia serbo Zorana Mihajlovic ha tentato di incolpare la rivale storica del suo Paese nei Balcani, Sofia. Tuttavia, non ha evitato speculazioni politiche. “Fin quando i negoziati tra Bulgaria e Bruxelles e tra UE e Russia termineranno, resteremo inattivi. O finché la Russia non cambia posizione. In ogni caso i lavori nel nostro Paese saranno ritardati”. Ma la ministra serba non ha menzionato che “la posizione della Russia” sul South Stream risale ai primi mesi del 2008 nell’ambito degli accordi intergovernativi russo-serbi nella cooperazione energetica. Gli obblighi delle parti sul South Stream furono l’argomento principale di tali documenti, successivamente ratificati dal Parlamento della Serbia e confermati dai successivi governi nazionali. Inoltre l’accordo intergovernativo sulla cooperazione energetica, un accordo in cui Gazprom Neft acquista una partecipazione di controllo del monopolio petrolifero della Serbia Naftna Industrija Srbije (NIS) per 400 milioni di euro e discute di 500 milioni di euro d’investimento. Non sorprende che il primo ministro serbo Aleksandar Vucic abbia dovuto correggere la sua ministra; ha dichiarato che il governo serbo non ha deciso la sospensione del progetto South Stream. L’accordo russo-bulgaro per la partecipazione della Bulgaria al South Stream e la creazione di una società mista a tal fine, è stato ratificato dal parlamento bulgaro nel luglio 2008. E nel maggio 2009 a Mosca le aziende del gas di Russia, Italia, Bulgaria, Serbia e Grecia firmarono un documento sulla costruzione del gasdotto South Stream. Nell’agosto 2009 tale documento fu integrato da un protocollo firmato dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan sul transito del gasdotto South Stream nelle acque territoriali turche. Non molto tempo dopo, la società francese Electricité de France entrò nel progetto. Tale serie di eventi testimonia l’infondatezza di una presunta incompatibilità tra il progetto South Stream e gli interessi nazionali di Bulgaria e Serbia, o pratiche legali internazionali comparse solo ora. E anche la Commissione europea sapeva delle disposizioni degli accordi del 2008. Dobbiamo cercare altrove i motivi degli inaspettati discorsi antirussi di Sofia e riecheggiati a Belgrado.
Il fatto che il primo ministro Plamen Oresharskij abbia fatto tale dichiarazione sul South Stream, dopo un incontro con tre rappresentanti degli Stati Uniti guidati dal senatore John McCain, non è sfuggito all’attenzione del pubblico bulgaro. McCain non s’è nemmeno preso la briga di nascondere le richieste degli statunitensi a Sofia e altri partner della Russia: “Sappiamo che ci sono alcuni problemi riguardanti il gasdotto South Stream… ovviamente vogliamo ridurre al massimo il coinvolgimento russo”. Secondo le informazioni disponibili, Washington ha deciso di infliggere un nuovo duro colpo a South Stream, alla cui costruzione partecipano imprese tedesche e francesi, dopo aver ricevuto notizie allarmanti da Baku. Una fonte della società azera SOCAR ha indicato che la società francese Total e quella tedesca E.ON potrebbero vendere le loro azioni del progetto per la costruzione della Pipeline Trans-Adriatica (TAP): “Il complesso tedesco E.ON ha già annunciato l’intenzione di vendere la sua partecipazione al TAP. La francese Total ha anche annunciato l’intenzione di vendere la sua quota del progetto”. Considerando che TAP era destinata a sostituire il fallito Nabucco, che Unione europea e Stati Uniti sostenevano attivamente, ha reso comprensibile il panico a Washington e Bruxelles. C’è una cosa che innervosisce gli statunitensi, ed collegata al cambio della situazione del mercato mondiale dell’energia. Il rapporto recentemente pubblicato dall’International Energy Agency, World Energy Investment Outlook 2014, prevede un crollo della “rivoluzione dello shale” negli Stati Uniti e soprattutto l’aumento della dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni di gas quando la capacità di esportazione di Arabia Saudita e Iran sarà diminuita. In tale situazione, Washington ha deciso che sia necessario ed urgente prendere il controllo delle principali rotte commerciali energetiche che collegano Russia ed Europa. E Washington vede nel ricatto della Russia, di cui Bruxelles, Sofia e Belgrado sono strumenti, il mezzo adatto per servire i propri interessi.
La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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Venerdi 13 – Il figlio di David Rockefeller, ucciso a New York in un incidente aereo. Sacrificio rituale o lotta interna agli Illuminati?

Posted on giugno 15, 2014 by luniversovibra
Richard Rockefeller, figlio del miliardario americano David Rockefeller, è morto Venerdì 13 Giugno, quando il suo aereo privato si è schiantato poco fuori New York City.
Un portavoce della famiglia ha detto che nessun altro era sull’aereo che si è schiantato contro gli alberi in un quartiere vicino a Westchester County Airport.
Giovedi, il 64enne si trovava con suo padre David nella tenuta di famiglia per celebrare il 99° compleanno del banchiere, ha detto il portavoce della famiglia Fraser Seitel.
Richard stava pilotando il monomotore Piper Meridian quando è andato giù circa 10 minuti dopo il decollo da Westchester County Airport a Purchase, 37 km a nord di New York City.
“È una terribile tragedia”, ha detto Seitel. “La famiglia è sotto shock. Richard era un membro meraviglioso e amato della famiglia. Era un pilota esperto. Era un medico, ed è terribilmente triste.”
“C’erano condizioni di nebbia fuori.” ha dichiarato Peter Scherrer, direttore dell’aeroporto, in una conferenza stampa. “Queste sono condizioni estreme per l’aeroporto.”
Richard era un pronipote del petroliere John D. Rockefeller, che ha contribuito a fondare la Standard Oil nel 1870.
La FAA e la National Transportation Safety Board, stanno studiando l’incidente.
Richard Rockefeller dies in air New York plane crash - CNN.com
Rockefeller Killed in
 
Moneta a Prestito (Sistema Debito)


di L. Acerra


Gli scavi archeologici di Sir Leonard Wooley (1920) misero in luce l'esistenza di un antico sistema di transazioni e pagamenti tra mercanti basato sulle tavolette d'argilla. L'importanza di questo fenomeno tra l'altro e' preannunciato dalla posizione di rilievo che ha nell'antico codice di leggi Hammurabi (3° sec. a.C)all'articolo 7, il divieto per i mercanti non autorizzati di creare ricevute di argilla che entrano nella massa monetaria circolante.

Cerchiamo di capire cosa significa “mercanti non autorizzati”. In occasione delle grandi fiere tra i mercanti sumeri (1) fu creato un sistema interno di pagamenti che aveva l'obiettivo di generare un volume di commercio enorme con uno spostamento minimo di preziosi o monete. In particolare, si costituì un banco della fiera, che assegnava in prestito somme di valuta d'argilla ai mercanti che ne facevano richiesta.


Le tavolette in argilla erano promesse di pagamento che perdevano in larga parte la natura di riscossione dalla fonte di emissione e garantivano piuttosto il fluire di cifre di denaro da un acconto ad un altro. All'inizio e alla fine delle fiere dei mercanti, ognuno portava il suo ‘libro contabile’ su cui comparivano tutte le lettere di pagamento in entrata o in uscita.


L'obiettivo era quello di cancellare voci attive e passive di tutti per quanto possibile, spostando cifre tra i vari depositi dei partecipanti. Con questo metodo i mercanti erano al riparo da furti del mezzo monetario, perché il pezzo d'argilla era valido solo in questo contesto estremamente controllato. Come fa notare anche Mei Kohn (1999), alla fine di tutto il processo di appianamento, molto poco rimaneva da essere saldato in contanti, e comunque in un clima di fiducia verso il banco di fiera, l'appianamento con preziosi poteva essere rimandato nel tempo. L'importante era la partecipazione al “gioco”.


La massa monetaria in argilla era creabile solo dal banco di fiera. Per mantenere una tale massa monetaria in argilla i mercanti dovevano pagare un interesse nei confronti dell'ufficio di emissione. Nonostante ciò e nonostante il banco di fiera non garantisse in modo automatico la rimborsabilità in 'preziosi' di tali tavolette d'argilla, la tentazione ad accettare il sistema stava nel privilegio immenso di entrare a far parte del business. Per la prima volta nella storia dunque si verificava che chi riceveva una massa monetaria in uso, lo faceva riconoscendo a chi emetteva il diritto di creare massa monetaria nel momento del prestito e dunque di poterci fare sopra una cresta. La massa monetaria d'argilla del banco di fiera consentiva a persone che si consideravano privilegiate di svolgere la funzione di scambio senza dover movimentare (con grande rischio) i “preziosi”, che erano estremamente costosi da usare come mezzo di scambio. Pero' si doveva accettare il diritto di quei qualcuno al di sopra dell'economia reale di creare e prestare la moneta virtuale ufficiale.


Più che un 'aggio del signore', ai tempi dei babilonesi era una cresta del banco di fiera. Non si volevano usare preziosi o monete per il flusso di scambi tra pezzi grossi della economia (i mercanti). Il banco di fiera si faceva carico di regolare gli appianamenti dei partecipanti nel breve e nel lungo termine.


L'arricchimento dei mercanti beneficiari di queste emissioni di moneta-prestito era garantita dal continuo svolgersi dei loro affari di grossisti e quindi dall'interfacciarsi dei mercanti con l'intera società e collettività. Dunque chi era proprietario di queste tavolette d'argilla era ben felice di tenerle senza convertirle in "preziosi", che avevano sia il prezzo della custodia che quello del trasporto.


Il sistema basato sull'appianamento di acconti e di assegni è incredibilmente efficiente oggi nel minimizzare la necessità di transazioni 'in contanti', ma abbiamo prove che lo fosse già nel XV secolo: tra il 1456 e il 1459, una banca a Genova ricevette dall'estero 160.000 lire in ricevute (lettere di credito) e il 92.5% di tale quantità fu saldata con spostamenti sui conti correnti interni, e solo il restante 7.5% fu pagato in contanti (Spufford, 1986). All'epoca dei babilonesi le ricevute in argilla erano un sistema di appianamento equiparabile ad assegni bancari in cui uno non sente mai la necessita' di spostare preziosi.


In breve i creatori del banco di fiera e i loro associati diventarono così potenti che al re-sacerdote non restava che assegnare loro un posto al proprio fianco in veste di custodi delle ricchezze del Tempio. Pensate al controllo a distanza che questa elite di mercanti aveva sulla produzione e distribuzione di armi, oppure sugli accordi tra grossisti di beni di prima necessità, e vedrete immediatamente che il loro potere era superiore a quello del regnante.


Questa confraternita di banchieri internazionali aveva un particolare interesse affinché i regni che cadevano sotto la sua influenza trasformassero il loro sistema monetario in uno basato su argento e oro.
Come è possibile ciò, direte voi, visto che i grandi commerci dei mercanti si basavano proprio sul principio di minimizzare i pagamenti con monete metalliche?
Il dilemma è solo apparente. I mercanti dell'elite vollero tenere per se le conoscenze delle tecniche di appianamento bancarie e di emissione di lettere di credito. Infatti avendone capito le potenzialità e la potenza, pianificavano di trarre vantaggi personali da questo meccanismo.
D'altro canto vennero proposti come strumenti di scambio oro e argento, ben sapendo che l'uso di questo tipo di contanti non era né facile né economico. Il sistema dei metalli preziosi come base monetaria, dietro l'apparenza di logicità, costituiva invece uno strumento di instabilità economica.


L'adozione di questo sistema monetario basato su oro e argento costrinse i governanti di tutto il mondo ad una corsa affannosa all'approvvigionamento di metalli preziosi, che già nel VI secolo a.C. viene testimoniata dall'agitazione con la quale Xenofonte chiede al governo di Atene di acquistare 10.000 schiavi, da dare in affitto ai proprietari delle miniere di Laureion, dove però sembra che il filone di argento si fosse già da tempo avviato all'esaurimento.
Le numerose tavolette in argilla che sono state ritrovate in Atene pochi anni dopo mostrano che l'esportazione di argento ad Oriente stava man mano causando nella città-stato greca dei vuoti di contanti che venivano con successo riempiti dalle ricevute in argilla create dai banchieri e accreditate sui loro acconti e su quelli dei loro più utili agenti greci.


Il potere economico che si è attribuito a un'alleanza di potenti banchieri babilonesi iniziò appena possibile a costituire delle filiali sulla costa della Grecia e nelle piccole isole del Mediterraneo. Individui che "scrivevano in aramaico", emissari dell'elite di mercanti internazionali, raggiunsero le coste e le isole della Grecia mescolandosi tra i mercanti o i rifugiati provenienti dalla Siria e da Aram dopo le sconfitte inflitte dagli Assiri. Questi emissari avevano straordinarie capacità di procurarsi qualsiasi oggetto o somma di denaro,. Dietro di essi compariva sempre il mercante di schiavi. Alcuni greci presto capirono che era nel loro interesse personale fare affari con essi, persino se ciò significava accettare il sistema di denaro dei mercanti orientali. La loro ricchezza era sostenuta dalla loro abilità di ottenere qualsiasi risorsa fosse richiesta, grazie alle loro connessioni internazionali. E in breve tempo questi uomini avevano iniziato a trattare anche nella terra ospitante mediante oro, argento e ricevute in tavolette di argilla create da loro stessi come mezzo di scambio.


L'isola di Delo, sebbene praticamente improduttiva e senza speciali vantaggi, divenne molto ricca; un potente centro di commercio e di attività bancaria, e soprattutto un centro d'intenso commercio di schiavi. Lo straordinario commercio all'ingrosso a Delo non avrebbe potuto essere originato da nient'altro se non l'accettazione dei prestiti del Tempio da parte di quei forestieri-banchieri. Tali persone erano competenti cambia-valute, nati e formati tra le braccia dei maestri di sofisticazione finanziaria delle città di Babilonia, Aram, Fenicia, etc.


Il Professor Rostovtsev riferisce di un acquisto di grano a Delo da parte di un certo Sinotes di Isticea (una città del regno che era in Macedonia) nel quale egli osserva che l'acquisto fu effettuato con denaro anticipato da un banchiere di Rodi. Ciò suggerisce che le operazioni bancarie di Rodi erano interconnesse con quelle di Delo e che le riserve di argento del tempio di Apollo a Delo funzionavano anche come riserve per gli emissari di Rodi. Delo, la cui santità era rispettatissima, avrebbe costituito un deposito di metalli preziosi molto più sicuro rispetto a Rodi. Oskar Seyffert nel Dictionary of Classical Antiquities scrive: "Delfi, Delo, Efeso e Samo erano usate correntemente come banche per prestiti e depositi, sia da individui che da governi".


Tale flusso di 'credito' e metalli preziosi a Delo permise alla piccola isola di rimpiazzare parzialmente Atene come nuovo centro da cui il "controllo monetario internazionale" e i suoi emissari arrivarono per controllare le finanze di quell'area di Mediterraneo.


I cambiavalute, che costituivano la base di questa piramide di profitto, erano chiamati nell'antica Grecia trapezitae, perché si servivano di un banchetto a quattro gambe detto tetra peza.
Seffert scrive:
"I trapezitae sedevano ai loro banchetti nelle piazze del mercato, il centro di tutte le transazioni di affari. Essi ricevevano denaro in deposito per custodirlo, facevano da cambia-valuta e prestavano anche il denaro. I banchieri tenevano un accurato resoconto delle ricchezze da loro gestite. Se una persona faceva un pagamento ad un'altra che anch'essa aveva un deposito alla stessa banca, il banchiere semplicemente trasferiva la somma in questione da un acconto ad un altro. Questo tipo di business era di solito in mano a forestieri che avevano acquisito la residenza".​
Il prof. Humphrey Michell (The Economics of Ancient Greece, p334) scrive che fu Fidone, il progressista Re di Argo, che per primo permise, nel 680 B.C., l'introduzione del sistema monetario del tipo babilonese, basato sulle valute in oro e in argento. 'Progressista' naturalmente significava un re pronto a dare ascolto alle lusinghe del "controllo monetario internazionale" e dei suoi emissari, e che desse loro carta bianca in cambio dell'appoggio ottenuto per la sua ascesa al trono.


Il prof. Ure, in Tyranny of Athens, mostra che l'ascesa alla tirannia di Pisistrato fu strettamente correlata con l'argento proveniente dalle miniere della Tracia ed egli sottolinea che può difficilmente essere considerata una coincidenza che la cacciata dei discendenti del tiranno Pisistrato (510 a.C.) avvenne quasi immediatamente dopo aver perso le miniere della regione della Tracia, rifornimento monetario molto importante. Il che equivale a dire che se si dissolveva la fonte di metalli preziosi sui quali si fondava il potere del locale banchiere, il regnante che egli aveva promosso diventava obsoleto e inutile e poteva essere buttato via come uno straccio vecchio. Lo stesso accadde per i tiranni Trasibulo a Mileto, Ortagora a Sicione, Cipselo a Corinto, Procle a Epidauro, Teagene a Megara, Panezio a Leontini, Cleandro a Gela, Falaride ad Agrigento, e così via.


Vediamo un altro esempio d'interazione tra potere politico e mercanti. Creso, figlio primogenito del re Aliatte di Lidia (610-561 a.C.). Sapendo delle ambizioni del padre di conquistare la Caria, Creso si accinse a chiedere un prestito per imbastire l'azione militare. Nicola di Damasco scrive:
"Con questo suo proposito in mente si recò da Sadiatte, il più ricco mercante della Lidia. Costui, occupato nelle sue abluzioni mattutine, prima fece aspettare un Creso impaziente alla porta. Poi gli accordò di entrare, ma ciò fu solo per comunicargli che rifiutava di concedergli il denaro: "Se devo prestare denaro a tutti i figli di Aliatte," egli gridò, "non ce ne sarebbe abbastanza". Respinto, Creso si recò ad Efeso. Lì un amico di origine Ionica, Pamfeas, dopo aver saputo della ragione della sua visita, ottenne una somma di mille stateri d'oro da suo padre, Teocaride, che era in possesso di una considerevole fortuna, che egli si affrettò a portare al principe che ne aveva bisogno. Grazie a questi aiuti finanziari, Creso, rifornitosi di truppe, fu il primo a unirsi all'esercito del padre, di cui riguadagnò il favore, e che lo ebbe come alleato nella spedizione che avrebbe conquistato la Caria. Creso più tardi si vendicò di Sadiatte, che lo aveva cacciato via, confiscandogli l'intero suo tesoro".


L'episodio illustra un chiaro esempio dello sforzo dell'elite dei mercanti di controllare la successione politica. Infatti la vera ragione del rifiuto del prestito a Creso, era che il potente mercante Sadiatte si era già impegnato ad appoggiare Pantaleone, fratellastro di Creso, che era visto chiaramente come più adatto, condiscendente e "non tutto d'un pezzo" rispetto al determinato Creso.


Sebbene la condotta oltraggiosa di Sadiatte nei confronti di Creso suggerisca che il banchiere considerasse la sua posizione inviolabile, quest'ultimo preferiva scegliersi i regnanti che con meno probabilità avrebbero creato problemi. La sua rude arroganza nel far aspettare a lungo Creso alla porta, per poi riceverlo e rifiutargli senza mezzi termini il prestito di denaro richiesto, sicuramente costituì uno stimolo che portò Creso a voler capire di più sul raggiro del sistema del denaro basato sulle misure di metalli preziosi. Un imbroglio questo che permetteva alla gente della peggior specie (come Sadiatte) di beffarsi dell'autorità del re.


I risultati della sua indagine sicuramente lo portarono a capire che, affinché il suo status di regnante avesse davvero un senso, sopra ogni altra cosa era necessario che l'emissione di massa monetaria fosse rimossa dal controllo di persone private, e ciò lo indusse ad effettuare una riforma monetaria nel suo regno.


Allora, l'elite internazionale dei banchieri diede rifornimenti di soldati mercenari e il meglio delle armi a Ciro. Creso li aveva offesi, non solo sottraendo il loro tesoro tenuto dall'emissario Sadiatte, ma anche eliminando i conii dei mercanti e facendo tornare al regnante il suo potere essenziale, cioè il controllo dell'emissione monetaria. Bisognava fare di questa vicenda un esempio che potesse funzionare da deterrente di simili azioni da parte di altri principi, e per operare fu scelto l'ambizioso Ciro, che non era altro che un insignificante principe persiano. La ferocia dell'annientamento da parte di Ciro dello sventurato Creso, che fu scuoiato vivo, senza dubbio fu effettuata allo scopo di ricordare ad altri re che mentre il loro potere era nazionale, c'era un altro potere internazionale, al di sopra e oltre quello di un qualsiasi regnante locale.


Dopo la totale umiliazione di Creso, avendo Ciro dato prova della sua sollecitudine nel promuovere i piani dei suoi sostenitori finanziari, il passo successivo fu la conquista relativamente facile di Babilonia, che fu organizzata per lui 14 anni dopo. Ciro fu da allora in poi nominato Il Grande. Il giovane principe di Anzan nella Susiana divenne il regnante di un impero esteso dal Caucaso all'Oceano indiano, dal Mediterraneo all'Asia centrale. Egli restaurò e allargò i poteri dei Guardiani del Tempio di Babilonia, come testimoniano le inusuali circostanze dei sacerdoti del Tempio che osannano l'invasore e che ricevono privilegi e speciali concessioni da lui.


Della stessa pasta erano i tiranni che erano saliti al trono nel 7° secolo a.C., come re Fidone di Argo, che abbiamo già detto e che appena insediatosi inventò la prima moneta di argento ad Egina, e ritirò dalla circolazione le precedenti sbarre di ferro che erano servite come denaro.


In questo modo, nel giro di poco tempo i banchieri internazionali si sarebbero insediati in tutte le città-stato greche e di lì sarebbero stati in grado di finanziare l'opposizione a qualunque potere, interno o esterno, che sperava di distruggere o anche ritirare le forme di finanziamento da quei poteri di cui organizzavano la distruzione.


Quei 'banchieri riconosciuti', avendo la facoltà di regolare i volumi di valuta e di emettere il denaro, potevano letteralmente ridere in faccia ai re e a qualsiasi altro potere politico. È stato un banchiere, il famoso Amschel Rothschild (primo della lunga dinastia dei banchieri Rothschild), a proferire la seguente famosa frase: "Lasciatemi emettere e controllare il denaro di una nazione, e mi sarà indifferente chi vada ad occupare la funzione di scrivere le leggi".


La scoperta della pietra filosofale dell'economia (appianamento delle transizioni tramite un sistema pre-bancario) e il suo uso a vantaggio strettamente privato permise dunque ad un'elite di mercanti-banchieri di usurpare al regnante il potere essenziale del Tempio: cioè la creazione e la distribuzione dell'unità di scambio, il che originariamente era il potere del loro Dio di garantire il benessere e il buon vivere, nello stato, dei suoi abitanti.


Le sventurate masse dell'Antico Oriente non immaginavano neppure lontanamente che il regnante che essi vedevano era tutt'altro che un essere divino sulla Terra, e che si trattava invece di un burattino manipolato dalle forze segrete esercitate dall'elite dei banchieri che cospiravano per diventare i controllori privati della invisibile emissione di denaro.


Dei nuovi tiranni della Grecia, tra il 650 e il 500 a.C , il Professor Heichelheim scrisse: "Questi tiranni erano per lo più membri della nobiltà essi stessi, che avevano guadagnato tale titolo usando le nuove possibilità politiche ed economiche del loro tempo per rovesciare i loro stessi pari e soggiogare temporaneamente la città-stato".
La possibilità di armare eserciti non veniva negata ai tiranni condiscendenti con l'elite che manipolava la vita finanziaria delle nazioni.


Alessandro Magno istituì molte nuove zecche, ognuna posta sotto il controllo di ricchi mercanti-banchieri, e questi sicuramente lo ricompensarono non facendogli mancare armi ed eserciti.


In corrispondenza di questo periodo storico, che aveva visto la transizione delle città-stato greche al sistema monetario basato sui metalli preziosi, con una resistenza più straordinaria del solito di Sparta con le leggi di Licurgo (che magari vedremo in un altro articolo), alcuni storici segnalano anche la "singolare iniziativa" nel V secolo a Clazomene (nel Golfo di Smirne): una piccola crisi era scoppiata perché il debito di 20 talenti di argento contratto per pagare delle truppe mercenarie aveva imposto per molti anni l'incombenza del pagamento di 4 talenti di interessi annui, senza che i clazomenei fossero riusciti ad ammortizzare tale debito. I regnanti pensarono allora di emettere 'denaro rappresentativo' in ferro del valore nominale totale di 20 talenti, che i cittadini furono obbligati a prendere in cambio delle monete di argento. L'argento così ottenuto fu usato per estinguere immediatamente il debito, e ne avanzò per essi una rendita annua di 4 talenti, precedentemente assorbita dal pagamento degli interessi sul debito, che fu usata per risarcire in pochi anni il denaro rappresentativo emesso.


Il passaggio dal sistema monetario basato su argento e oro a quello delle ricevute-denaro create dai banchieri è stata una costante nella storia dell'umanità.


Un esempio per tutti, quello del Regno di Napoli nel XVI secolo, a dimostrazione dell'instabilità intrinseca del sistema monetario basato sull'argento; a dimostrazione del fatto che, dopo la sua introduzione, una crescente carenza di metalli preziosi fosse un pericolo continuo per uno stato, e del fatto che il passaggio alla legalizzazione delle ricevute dei banchieri è una tappa obbligata in seguito alle inevitabili crisi di liquidità.


Nel Regno di Napoli, all'epoca di Filippo II di Spagna (1543-1598), c'era un'enorme fuoriuscita di fondi, sia a beneficio del Regno Papale (grazie agli istituti religiosi operanti nel Regno di Napoli), sia a beneficio di Fiorentini e Genovesi (cioè i banchieri che operavano nel Regno e inviavano i profitti alle loro terre natìe). Un'altra causa di fuoriuscita di argento era che il Regno dipendeva dall'importazione della maggior parte delle materie prime e prodotti industriali (Serra, 1994). Per ultimo, ma certo non in importanza, la madre-patria spagnola operava un ulteriore prosciugamento sul budget del Regno di Napoli, soprattutto per le guerre che finanziava senza sosta (più di 2 milioni di ducati delle finanze del regno furono inviate all'estero tra il settembre 1564 e il febbraio 1569 come pagamenti per gli eserciti, in munizioni, vitti e stipendi) (De Rosa 1987).


Queste fuoriuscite impoverivano la circolazione monetaria del Regno, che era basata sul ducato d'argento e quindi essenzialmente denaro metallico.


Come rimedio per la carenza di moneta il governo era spesso obbligato ad importare argento per coniare monete. Riscontriamo comunicazioni con carattere di estrema urgenza, come nel 1556, quando il Fiduciario della Zecca, Gio. Batt. Ravaschiero, viene spronato dal viceré a procedere “quanto prima possibile, dato l'urgente bisogno di pagare i mercanti che avevano fatto dei prestiti alla Corte" (Archivio Generale de Simanca, Visitas de Italia, fascio 348, fasc.n.7). Per inciso, indovinate un po' chi erano i Ravaschiero? Essi erano i potenti banchieri di Genova aventi una filiale in quel tempo anche a Napoli !! Cioè la zecca era sotto il controllo del banchiere privato.


Nuovi fondi erano necessari per sostenere le guerre spagnole contro olandesi e turchi e, poiché in una situazione di cattivi raccolti non era possibile incrementare il carico fiscale, terre demaniali e fortezze del Regno (come quelle di Montecorvino e Olevano nel Principato citra), dovevano essere vendute (Palermo 1846). Quando ciò non era possibile, il governo era una volta ancora obbligato a chiedere a mercanti e banchieri nuovi prestiti e, in vista dell'urgenza, ad accettare di pagare interessi fino al 15%. (Camera della Sommaria, 1576).


Nel luglio 1582, il viceré dovette riconoscere che il denaro circolante nel Regno era scarso e impose nuovamente il divieto di esportare denaro d'argento, sotto pena di severe sanzioni (Vario 1772). Eppure i provvedimenti ebbero scarso effetto, anche quando il viceré stabilì la pena di morte per coloro che effettuavano tale contrabbando. Due anni dopo, nel 1584, era chiaro che la scarsità di moneta stava compromettendo il commercio e l'economia.
Il viceré tentò un altro approccio per ottenere una certa quantità di denaro circolante. Il 27 ottobre 1594 fu stipulato un accordo con il banchiere Antonio Belmosto, che garantì il trasferimento entro 2 anni al regno di Napoli di 1 milione di scudi (in moneta sonante e in lingotti di argento), in cambio di certi benefici finanziari (De Rosa 1987).


A peggiorare e complicare il disastro economico ci furono gli errori commessi in materia monetaria: il rapporto tra valore intrinseco della moneta napoletana e valore nominale fu mantenuto alto, in un tempo in cui le altre nazioni vicine, tutti gli stati europei tra cui la Sicilia, avevano ridotto il contenuto di argento nelle loro monete (Turbolo 1626). I sovrani del Regno di Napoli, involontariamente e forse mal consigliati, avevano creato una situazione in cui era vantaggioso esportare metalli preziosi, sia in monete che in lingotti, perché il ducato aveva un valore maggiore delle valute straniere.


Assaliti dalla necessità di fornire denaro per il commercio e non potendo più continuare ad acquistare metalli preziosi da inviare alla zecca, intorno al 1570 il governo iniziò a permettere la circolazione dei certificati di credito, "fedi di credito", emesse dai Monte di Pietà che erano stati istituiti a Napoli nel 1539, autorizzando le casse dello stato ad accettarli come pagamenti delle tasse e per altri pagamenti. Poco tempo dopo, nel 1597, Girolamo Ramusio riferisce che “nel Regno di Napoli ci sono ora lettere di credito per il valore di mezzo milione di monete d'oro, che appartengono a gentlemen napoletani ed altre persone che cercano titoli nobiliari e cariche, offrendo molto denaro, alcuni di essi per acquistare tali riconoscimenti nobiliari, altri per non perderli. Questi desideri e ambizioni sono molto utili al Re, perché Sua Maestà vende il titolo di principe a 20.000 scudi, di duca a 15.000, di marchese a 10.000, e di conte a 5.000…”. (Relazioni, 1992).


Certificati di credito non erano nuovi nel Regno di Napoli. Ora però le fedi non solo erano prova di depositi (allo stesso modo dei depositi notarili), non solo esse venivano emesse come prestiti, ma soprattutto esse erano trasferibili per girata, così che esse diventavano il mezzo di scambio del popolo.


Concedendo ad un certo numero di istituzioni lo status di banche, il governo aveva raggiunto due scopi:
1) quello di rimpiazzare parte della moneta metallica del regno (che era diventata sempre più costosa a causa della necessità di importare argento) con denaro a prezzo zero per il re;
2) quello di assicurare per il regnante dei prestatori, poiché tali banche potevano dare prestiti al governo e alla città di Napoli a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato.


Per dare a tali istituti di prestito un'autorevolezza maggiore, i regnanti gradualmente trasferirono nelle loro casse i fondi del Regno.
Un altro vantaggio era che le banche, per le transazioni tra i loro clienti, semplicemente registravano e trasferivano le cifre su acconti, cioè vigeva l'appianamento dei crediti per intermediazione bancaria (venne adottato il sistema bancario del registro a partita doppia).


Entro l'inizio del 17° secolo si era innestata una tendenza sempre maggiore contro i pagamenti in contanti, come sottolinea Marc'Antonio De Santis, "mentre in passato i banchieri consideravano un affronto il non pagare tutti quelli che si presentavano per monetizzare le ricevute”, le banche ora consideravano un grande affronto il fatto che qualcuno si presentasse da loro e domandasse di essere pagato in contanti, per lettere di credito fino a 200 scudi” (De Santis 1997).


Pietro Colletta descriverà, nel capitolo IX della Storia del Reame di Napoli (edita da G. Capponi, 1834), le vicende disastrose tra il 1791 e il 1799, quando i Napoletani scoprirono a loro spese che il volume di fedi di credito superava di gran lunga i depositi di tali istituti di credito (massa monetaria creata dunque moltiplicando riserve):
"I pubblici officii, i privati, la stessa casa del re, depositavano al banco il proprio danaro, là tenuto sicuro perché guardato o guarentito. Una carta detta fede di credito, accertava il deposito. Le fedi circolavano come danaro, nulla perdevano al cambio, guadagnavano ai tempi delle maggiori fiere del regno per il comodo e la sicurezza di portare in un foglio somme grandissime.
Milioni di ducati stavano in quelle casse. I pagamenti dei legati e molto danaro del regno si facevano per carte di banco. Il credito le sosteneva: ma il loro abuso fu svelato: le fedi già soperchiavano di decine e decine di milioni la moneta. (..) I depositari, traendo in folla ed a furia i loro crediti, fecero vóte le casse; e, trattenuti gli ultimi pagamenti, fu distrutto il prestigio della fedeltà. Essendo grande il danno perché infinite le relazioni coi banchi, divenne unanime nella popolazione il grido e lo spavento contro i reali. Il governo svergognò e punì molti uffiziali di banco per frodi vere o apposte. E non però migliorando le condizioni, e vedendo le polizze rifiutate nel commercio, comandò che valessero nelle private contrattazioni antiche o presenti: così, offendendo e nuocendo alle ragioni dell'universale.
Nacque allora nei fogli di cambio la indicazione di moneta fuori banco, la quale regge ancora, e forse, scordata la origine (perciò ne parlo) starà in eterno" (Colletta 1834).​
Colletta intende dire che l'emissione di banconote da parte di privati aveva senso fin tanto che erano promesse di qualcosa, l'oro, ma oggi ci si dimentica di questa origine del denaro, di questa promessa del controvalore (eventualmente tenuta in deposito dall'emettitore), e si consente ai privati di creare masse monetarie senza contropartita o deposito alcuno, e con danno per la popolazione.


L'obiettivo era raggiunto.


Il passaggio da questi metalli preziosi al pagamento con ricevute non era né casuale né una novità. Era già avvenuto nell'antica Mesopotamia e avverrà inevitabilmente in ogni altra parte del mondo ed in ogni epoca come conseguenza delle distorsioni e stress enormi che venivano procurati naturalmente e artificialmente alle popolazioni che se ne servivano.


Era proprio per questo motivo che l'elite internazionale di mercanti-banchieri teneva tanto che fosse introdotto il sistema monetario basato sull'argento. Si contava di poter usare il suo potere destabilizzante a proprio vantaggio più e più volte nel corso della storia. Di lì il passo era breve a che i governi delle nazioni fossero costretti a far nascere la massa monetaria di interi popoli come debito verso una classe privilegiata di banchieri internazionali.


Le Banche Centrali
Storicamente si fa risalire il “baco” della creazione delle Banche centrali alla Bank of England. Essa inizierà a creare banconote, a dare prestiti, e in breve ad esercitare il solito vecchio abuso: la creazione del mezzo di pagamento, gravato di un interesse, a vantaggio di una banca privata che non aveva in deposito tutto il valore delle ricevute.


William III ed i suoi successori non s'interesseranno più della natura matematica o dell'origine dei prestiti fatti dai "banchieri riconosciuti".


La storia della civiltà, da questo punto di vista, ha visto silenziosamente sconfitti quasi tutti i 'grandi.' Anche per Napoleone fu impossibile resistere alla pressione dei poteri addetti all'emissione di denaro.

Nell'aprile del 1800 il grande generale francese permise l'istituzione della National Bank of France, una banca privata che emetteva banconote dal nulla, o meglio dal privilegio concessogli di moltiplicare riserve.


Non avrebbe Napoleone potuto decidere di far emettere il denaro dallo Stato stesso invece che da banchieri privati? La risposta la troviamo nelle sue contingenti necessità militari. Essendo un gruppo interconnesso di potenti mercanti-banchieri di diversi stati divenuti fedeli tra di loro, essi avevano guadagnato una posizione tale da poter negare, a coloro che meno rendevano loro omaggio e privilegi, sia approvvigionamenti di monete che delle armi del tempo. Un generale di un esercito si muoveva in quello che era un terreno ideale per l'affermarsi dei banchieri, la necessità di diventare forte militarmente lo obbligava a dover chiedere il loro appoggio.


Lo sapeva Napoleone cosa stava facendo istituendo (nel 1800) tra i suoi sudditi un sistema economico dove l'emissione di denaro era impacchettata e regalata ai banchieri emissari dell'elite internazionale?
Si, lo sapeva. La questione dell'emissione del denaro da parte di questi tizi non era a lui ignota, come testimoniano alcuni passaggi nelle sue Memorie:
"Quando una nazione dipende dal denaro di banchieri privati, sono questi e non i leader di governo a controllare la situazione, poiché la mano che dà sta sopra quella che prende. Il denaro non ha fazione, i finanzieri non hanno né patriottismo né decenza; il loro unico scopo è il guadagno".
Sta di fatto che egli permise ad "alcuni sostenitori del colpo di stato del 18 brumaio di fondare la National Banque of France, a cui venne concesso il monopolio privato dell'emissione di banconote francesi (Ferguson 2001).


Nel 1806 Napoleone dirà: "La Banque National non appartiene solo ai suoi azionisti; appartiene anche allo stato che le ha concesso il privilegio di creare denaro" (Crouzet 1999). Se l'elite dei banchieri avesse avuto la possibilità di rispondergli pubblicamente avrebbe gridato: "E noi ti abbiamo concesso il privilegio di diventare Napoleone I" (il 2 dicembre 1804 egli assume su proposta del senato la corona di Imperatore).
A questo punto l'imperatore, in questo dialogo semi-segreto con i banchieri, avrebbe concluso ribadendo con fermezza: "L'Etat c'est moi" (lo Stato sono io), cioè sono io come regnante a dover garantire al mio popolo la sorgente del mezzo di scambio, la moneta, e non voi!".


Ma con i creatori del denaro dal nulla Napoleone dovette convivere. Non gli fu possibile resistere alle pressioni e dunque creare una realtà che non concedesse anche in Francia il monopolio privato dell'emissione di denaro ai banchieri internazionali.


Egli comunque pretese di acquisire delle quote della Banca Nazionale (Koerner 1995), e ciò gli fu consentito anche perché portava sempre nuove riserve d'oro alla Banca stessa. Infatti nel 1803, Napoleone vendette il territorio ad ovest del Mississippi al terzo presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson, per 3 milioni di dollari in oro ("Louisiana Purchase"). Successivamente avrebbe cercato di svuotare le Banche degli stati conquistati (a volte senza successo, come testimonia il famoso l'episodio in cui scoprì che le camere di sicurezza della Bank of Amsterdam erano assolutamente vuote).
L'ombra dei banchieri internazionali fu su di lui durante tutto il periodo dell'impero (durante cui costruì e armò eserciti con somme ingenti di denaro), finanche nel 1815 quando, dopo il ritorno dall'isola d'Elba, fu un prestito della Eubard Banking House di Parigi che permise l'equipaggiamento dell'esercito napoleonico dei "100 giorni".


Goethe scrive: "La storia di Napoleone produce in me un'impressione come quella procuratami dalla lettura dell'Apocalisse nella Bibbia. Tutti noi abbiamo la sensazione che ci deve essere qualcosa di più in essa, ma non abbiamo idea di cosa sia."
Quel qualcosa così mirabilmente intuito e descritto da Goethe, e che la gran parte delle popolazioni e degli storici non sono riusciti a vedere: l'esistenza di forze internazionali molto ricche che dietro le quinte possono dare poteri enormi a regnanti ambiziosi e a favore di guerre (da Ciro il Grande ad Alessandro il Grande, a Cesare, etc. etc., vedi capitolo II), e che in cambio chiedono solo di poter controllare l'emissione di denaro.


A quel tempo c'era la dinastia dei Rothschild, banchieri internazionali, di cui Carmack (1998) scrive: "Mayer Rothschild aveva cinque figli: il primo, Amschel, rimase nella città natale Francoforte, il secondo Salomon fu spedito a Vienna, il terzo Nathan fu mandato a Londra, il quarto, Karl, si recò a Napoli, il quinto, Jakob, andò a Parigi." (v. correlati)


Le banche dei Rothschild, cooperando all'interno della famiglia e utilizzando le tecniche di riserva frazionale bancaria, diventano incredibilmente ricche, tanto che lo scrittore Ignatius Balla nel 1913 stimerà che la loro ricchezza personale ammonti ad oltre due miliardi di dollari (di allora). Già nel 1818 il segretario del principe austriaco Metternich, scrivendo dei Rothschild, affermava che "essi sono le persone più ricche d'Europa", e in effetti già allora avevano quasi completamente assunto il controllo azionario della Banca centrale d'Inghilterra. Con essi erano indebitati la Prussia, l'Austria e la Russia, avendo accettato grosse somme per armare gli eserciti contro Napoleone. Fu il giovane Nathan Rothschild (il volto dell'elite dei banchieri a Londra) a far pervenire al Duca di Wellington l'oro necessario per organizzare l'attacco di Waterloo!
Aveva ragione Napoleone, scrivendo che di queste persone non ci si poteva fidare. L'imperatore aveva, è vero, messo alcuni suoi parenti nel Consiglio della Banca di Francia, ma non aveva potuto impedire che, contemporaneamente a lui, i Rothschild finanziassero anche i suoi nemici.


In generale, coloro tra i sovrani ai quali poteva sembrare che le loro azioni e piani più sordidi fossero finalizzati al semplice gioco dell'imperialismo o del dominio di uno contro l'altro, non si rendevano conto che per il vertice della piramide di potere tutto ciò fosse funzionale al progredire del controllo monetario internazionale.


David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan bank, ha spiegato nel 1991 al Congresso di Baden Baden: “Siamo riconoscenti al Washington Post, al New York Times, al Time Magazine ed altre eccezionali riviste i cui direttori hanno partecipato alle nostre riunioni ed hanno rispettato le loro promesse di mantenere la discrezione per quasi 40 anni (sul piano "neo-liberale" di bypassare la volontà delle singole nazioni, ideando e finanziando istituti quali FMI e WTO, N.d.A.). Non ci sarebbe stato possibile sviluppare tale piano per il mondo se fossimo stati esposti alle luci dei riflettori dei mass-media e della pubblicità durante questi anni” (Bilderberger Meeting, giugno 1991).


E aggiungeva:
“Il mondo è pronto a marciare verso un governo mondiale. La sovranità sovra-nazionale di un'elite di controllo di banchieri internazionali è sicuramente molto più auspicabile della auto-determinazione nazionale praticata nei secoli scorsi”.
Più volte nella storia della civiltà, erano fioriti (quasi istantaneamente e dal nulla) potenti mercanti-banchieri, nonostante un generale stato di assenza di contanti; a Londra, Amsterdam, Venezia, Firenze, persino nell'antica Atene e nelle città-stato dei Sumeri.


L'attività dei mercanti-banchieri di Londra nel XVIII secolo sarà così descritta da Jevons: "Una piccola stanza fa da ufficio, ricevute di prestiti e debiti ammontanti in media a 20 milioni di sterline al giorno sono liquidati dagli operatori senza l'uso di un sola moneta o banconota. E di ciò il pubblico non sa nulla, si usa questo meccanismo tenendolo in assoluta segretezza". Ignoto alle masse era soprattutto il fatto che grazie a questo tipo di appianamento dei pagamenti e grazie alla confidenza del pubblico nel denaro-cambiale bancario, tali istituti venissero messi nella condizione di moltiplicare riserve.

Parte dell'articolo è tratto dal saggio The Babylonian Woe, di David Astle
Link al documento (lingua inglese)
https://archive.org/details/TheBabylonianWoeByDavidAstle

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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio ha condiviso un link.

7 ore fahttps://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#

"QUALSIASI COSA DICIATE IN QUEST'AULA, LA GENTE LA' FUORI NON VUOLE GLI STATI UNITI D'EUROPA, VOGLIONO UN'EUROPA DI STATI SOVRANI CHE LAVORANO E NEGOZIANO INSIEME"

"QUAL E' LA SUA OPINIONE DEL PREMIER RENZI?"

"SU RENZI, L'UNICA COSA CHE ...MI SENTO DI DIRE E' CHE E' STATO INDICATO DA MARIO MONTI, E' STATA UNA CRUDELTA' POLITICA DEI BUROCRATI DI BRUXELLES PER IL VOSTRO PAESE: AVER NOMINATO QUEST'UOMO A CAPO DEL VOSTRO GOVERNO E' QUANTO DI PIU' CRUDELE E STRAORDINARIO ABBIA MAI VISTO"

https://www.youtube.com/watch?v=4Fv0iZzNYf0 Altro...



La Gabbia - Esclusiva, parla Nigel Farage (11/06/2014)

Martina Proietti ha intervistato in esclusiva Nigel Farage, leader dell'UKIP.

 
Quattro Cavalieri, la CIA e l’espresso della coca colombiana
giugno 16, 2014 Lascia un commento

Dean Henderson 10 giugno 2014
Nel 1984, con il vicepresidente George Bush a capo della National Narcotics Border Inderdiction Service (NNBIS), i funzionari statunitensi ignorarono le ripetute occasioni per arrestare Pablo Escobar e Jorge Ochoa, al centro del Cartello di Medellin. I due erano occupati ad inviare cocaina in Costa Rica, presso il ranch dell’agente della CIA John Hull. Fuggirono dalla Colombia dopo aver ordinato l’assassinio del ministro della giustizia colombiana Rodrigo Lara Bonilla e trovarono rifugio nel Panama del dipendente della CIA Noriega, lo stesso anno il padrino dei contras del Nicaragua e autore del colpo di Stato contro Mossadegh, Vernon Walters, s’incontrava segretamente con il presidente colombiano Julio Turbay per lanciare la base militare top-secret statunitense sull’isola colombiana di San Andres. L’isola caraibica divenne subito importante per la rotta del narcotraffico di cocaina del cartello colombiano. Con l’avvio del NAFTA, il Messico di Salinas divenne il principale punto di transito della cocaina, dalla Colombia agli Stati Uniti. La prima fase del nuovo accordo di libero scambio delle Americhe venne attuata con il nome di Plan Colombia. Il Piano comprendeva una grande componente energetica, che aiutò i Quattro Cavalieri (Exxon Mobil, Chevron Texaco, BP Amoco e Royal Dutch/Shell) a sfruttare le vaste imprese petrolifere e petrolchimiche in Colombia, detenendo il monopolio sulle risorse energetiche del Paese. Nel 1980 Shell acquistò le operazioni colombiane di Occidental Petroleum e Tenneco. Exxon Mobil possiede le grandi miniere di carbone del Paese, mentre BP Amoco recentemente vi ha scoperto enormi giacimenti di petrolio. [1]
Il Plan Colombia comprende anche una componente militare, camuffata da eradicazione della droga, ma che è in realtà una campagna controinsurrezionale contro i due potenti eserciti guerriglieri di sinistra che combattono la narco-oligarchia colombiana da oltre 40 anni. La sinistra colombiana entrò in clandestinità dopo l’assassinio del leader popolare Jorge Eliecer Gaitan, alla Conferenza Inter-Americana di Bogotà del 1948. Si formarono due eserciti guerriglieri, FARC-(Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e ELN (Esercito di Liberazione Nazionale). Entrambe storicamente attaccarono le installazioni dei Quattro cavalieri. Gasdotti dell’Occidental furono danneggiati, dirigenti di Chevron Texaco rapiti e impianti della BP Amoco distrutti. Le FARC guidare da Manuel Marulanda controllano una parte enorme del territorio nel sud-ovest della Colombia, vicino Popayan. L’ottanta per cento degli 1,3 miliardi di dollari del Plan Colombia riguarda l’acquisto di armi e l’assunzione di consiglieri militari. Più di 400 consiglieri statunitensi addestrano 12500 colombiani delle Forze Speciali in 34 basi militari statunitensi in Colombia. Dispositivi di spionaggio high-tech e radar furono inviati in Colombia, con 80 elicotteri Huey e Blackhawk. Il piano consente la guerra chimica contro i contadini colombiani con l’irrorazione aerea di glicerin-fosfato sulle colture di coca. L’irrorazione uccide il bestiame dei poveri contadini, molti dei quali soffrono di malattie sconosciute.[2] Mentre la propaganda statunitense dipinge i guerriglieri come narcotrafficanti, in realtà sono oligarchia e militari colombiani a dirigere saldamente il narcotraffico nel Paese. Multinazionali statunitensi, banche internazionali e CIA li aiutano.
La maggior parte dei presidenti colombiani fu comprata dai cartelli della droga. Chi non veniva comprato non rimaneva in carica per molto. Ciò fu il destino del presidente Verhilio Barco, che nei primi anni ’90, insieme ai suoi colleghi peruviano e boliviano, ebbe l’audacia di chiedere al presidente Bush d’impedire a Exxon, Chevron e RD/Shell d’inviare acetone etilico in Sud America, poiché queste sostanze chimiche sono usate nella produzione di cocaina. Il senatore Harry Reid (D-NV) invitò Bush a fare lo stesso. Bush si rifiutò e la presidenza Barco fu di breve durata e arrivò un un leader colombiano più flessibile. Nel 1994 il nuovo presidente Ernesto Samper accettò 6 miliardi di dollari dal cartello di Cali per la sua campagna. Il suo manager era il colonnello Fernando Botero-Zea, in seguito divenuto suo segretario alla Difesa. Botero-Zea fu il contatto principale della CIA nelle Forze Armate colombiane. Ricevette finanziamenti dal Cartello di Cali che depositò in un conto bancario della Barclay a Bogotà. Botero-Zea ebbe anche conto corrente alla Barclay di New York, che l’US DEA indagò. Ma il colonnello aveva i contatti giusti. Il suo avvocato era Stuart Abrams, che impedì qualsiasi indagine significativa sull’Iran/Contra. [3] Buon amico di Samper, Jaime Michelson Uribe fondò il consorzio Grancolombia, un canale importante per il narcotraffico. Nel 1997 gli Stati Uniti de-certificarono la Colombia come partner affidabile nella guerra alla droga, mentre il presidente Clinton minacciò di bandire Samper dagli Stati Uniti. Samper rispose dicendo che non avrebbe più collaborato con gli Stati Uniti sulla droga. Inoltre, minacciò di diffondere la lista delle multinazionali statunitensi coinvolte nel narcotraffico colombiano. [4] Clinton fece rapidamente marcia indietro. Samper non menzionò più la lista.
Le mega-banche statunitensi vanno notate. Quando l’esecutivo della Chase Manhattan John Marcilla portò le prove del riciclaggio di narcocapitali nella controllata colombiana della Chase, Banco de Comercio, ai suoi capi di New York, fu licenziato. David Edwards ebbe la stessa risposta quando portò l’argomento ai suoi superiori della Citibank. I Quattro Cavalieri mostrarono gratitudine per il silenzio di Samper, pompando investimenti record in Colombia ed esortando Clinton a non imporre sanzioni al Paese. Chevron Texaco, BP Amoco, l’Occidental kuwaitiana, Bechtel e Halliburton di Lawrence Eagleburger delle Industries Dresser, guidarono la carica per arraffare le risorse colombiane. [5] Nel 1998, mentre Clinton era occupato a lodare il successore di Samper, Andres Pastrana, per i suoi sforzi nella guerra alla droga, il capo dell’aeronautica della Colombia fu costretto a dimettersi dopo che su un jet fu scoperto un carico di 600 chili di cocaina, quando atterrò a Ft. Lauderdale, in Florida, lo Stato del governatore Jeb Bush. Il generale non fu arrestato o multato né dal governo colombiano né dagli Stati Uniti. [6] Gli alleati degli Stati Uniti nella guerra alla droga nei vicino Venezuela pre-Chavez erano ugualmente corruttibili. Nel 1996 un gran giurì di Miami incriminò l’ex-capo di un’unità anti-droga sponsorizzata dalla CIA nel Paese, per contrabbando di 22 tonnellate di cocaina negli Stati Uniti. Il generale Ramon Guillén guidava un’unità della Guardia Nazionale del Venezuela a Caracas, finanziata dalla CIA. I funzionari di polizia statunitensi dissero che la CIA approvava le spedizioni di Guillen. Il capo della stazione CIA in Venezuela fu costretto a dimettersi quando Guillen fu preso. Il capo della stazione DEA di Caracas, Annabelle Grimm, disse a 60 minutes che aveva respinto una richiesta della CIA d’inviare cocaina a Miami nell’ambito di una operazione per molestare il Cartello di Medellin del boss Pablo Escobar. Quando Grimm rifiutò, la CIA spedì comunque la coca. [7]
I militari colombiani dipendono dal narcotraffico, così come i paramilitari che gli oligarchi colombiani e i boss della droga utilizzano per attaccare la sinistra colombiana. I paramilitari di destra diffondo il loro terrorismo di Stato nell’ambito delle Unità di Autodifesa della Colombia, difatti, squadroni della morte il cui record di massacri di civili, sindacalisti e attivisti per i diritti umani è tra i peggiori al mondo. I maggiori signori della droga colombiani erano Pablo Escobar, Jorge e Fabio Ochoa, Gonzalo Rodriguez Gacha, Fidel Castano, Carlos Lehder e Victor Carranza, che collettivamente guidavano i cartelli di Medellin e Cali, i principali sponsor dei paramilitari della Columbia. I sicari furono addestrati da mercenari inglesi e israeliani, spesso torturando contadini nelle haciendas del cartello. [8] Carlos Lehder era un nazista dichiarato che creò il famigerato MAS (Morte ai rapitori), il più brutale degli squadroni della morte. Lehder era un socio di Robert Vesco. Fidel Castano è il principale finanziatore dei paramilitari di Cordoba. L’hacienda di Castano era un campo di addestramento dei terroristi che compivano spedizioni nella regione di Uraba di Pablo Escobar e Gonzalo Rodriguez Gacha, una campagna terroristica contro gli abitanti senza tetto della baraccopoli. Una campagna simile fu svolta a Cali dai paramilitari di Cali Linda (Bella Cali). I narco-paramilitari collaborano con la polizia colombiana e le unità militari. I paramilitari legati alle oligarchie della droga compirono i massacri di Trujillo e Cali. In entrambi i casi polizia locale e unità militari, così come l’élite dell’esercito, il battaglione del Palazzo Buga, furono coinvolti nelle atrocità. A Putamayo la polizia anti-narcotici controlla e protegge i paramilitari che commisero numerosi massacri. Nel 1995 il governo e i gruppi per i diritti umani colombiani pubblicarono un rapporto citando il colonnello dell’esercito Antonio Uruena quale capo dei paramilitari che uccisero più di 100 civili in casi legati alla droga, nel 1988-1991. [9]
Le confessioni dell’ex-maggiore dell’esercito Oscar Echandia, a Puerto Boyaca nei primi anni ’80, illuminano il rapporto intimo tra i cartelli della cocaina, esercito colombiano e Big Oil. Echandia descrisse come ai paramilitari fu ordinato di uccidere i sostenitori del Partito Liberale centrista. Disse che l’alleanza tra paramilitari e narcotrafficanti fu costituita nel 1983-1984, citando l’insorgenza di strette relazioni tra Rodriguez Gacha e il colonnello Plazas Vega, comandante della Scuola di Cavalleria dell’Esercito. Questo quando Vernon Walters sistemava l’affare San Andres. Echandia disse che mercenari inglesi e israeliani apparvero a Puerto Boyaca nel 1989 accompagnati da agenti segreti dell’F-2 e militari dell’esercito colombiani. Disse che il sostegno finanziario per l’addestramento dei paramilitari proveniva da ricchi allevatori e dai Quattro Cavalieri. [10] Con il Plan Colombia gli Stati Uniti riforniranno ampiamente di armi il corrotto esercito colombiano. Nel gennaio 2002, il presidente Andres Pastrana, forse sentendo che l’attuazione del Plan Colombia avrebbe dato alle sue truppe il tanto atteso vantaggio militare su FARC ed ELN, che misero in difficoltà l’esercito colombiano in numerose occasioni, annunciò un ultimatum di 48 ore alle FARC per evacuare la sua roccaforte nel sud-ovest della Colombia. Le FARC semplicemente si riposizionarono, aumentando le attività nelle principali città della Colombia, rapirono deputati di destra colombiani e tentarono di assassinare il candidato presidenziale Uribe, che prometteva di spazzare via i ribelli, se eletto. Il 7 agosto 2002, il duro Uribe giurò in una cerimonia sotto alta sicurezza a Bogotà, quando colpi di mortaio uccisero 14 persone. Con i ribelli all’attacco e il Plan Colombia che ingrana, la guerra totale in Colombia sembra inevitabile. Gettando benzina sul fuoco, nel 2007 i media colombiani scoprirono le prove che collegavano il governo Uribe ai paramilitari nello scandalo noto come Paragate.
Note:
[1] “A New Rush into Latin America”. New York Times. 4-11-93. Sec.3. p.1
[2] “The Geo-Strategy of Plan Colombia” Manuel Tamayo. Covert Action Quarterly. Winter 2001. p.40
[3] “US Has Obtained Barclay’s Records in Colombia Probe” Glenn Simpson Wall Street Journal. 2-26-96
[4] “Sampras Podria Frenar Programmes de Cooperacion”. AFP. Prensa Libre. Guatemala City. 3-8-97
[5] “Foreign Funds Buoy Foreign Leader”. Thomas T. Vogel Jr. Wall Street Journal. 8-20-96. p.A6
[6] Evening Edition. National Public Radio. 11-10-98
[7] “Former CIA Ally Faces Drug Charges”. Wall Street Journal. 11-22-96. p.A12
[8] Colombia: The Genocidal Democracy. Javier Giraldo S.J. Common Courage Press. Monroe. 1996. p.88
[9] “Troops in Panama Aim for Drug Runners”. Douglas Farah. Washington Post. 2-15-95
[10] Giraldo. p.90
Dean Henderson è autore di Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf: Four Horsemen, Eight Families & Their Global Intelligence, Narcotics & Terror Network, The Grateful Unrich: Revolution in 50 Countries, Das Kartell der Federal Reserve, Stickin’ it to the Matrix & The Federal Reserve Cartel. Potete seguirlo su Left Hook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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GOVERNO ORBAN CHIUDE IL PIU' GRANDE MERCATO CINESE DI MERCI CONTRAFFATTE DELL'UNGHERIA E CACCIA VIA CHI LE VENDEVAmartedì 17 giugno 2014
Dopo molti rimandi ha chiuso definitivamente il mercato cinese di Budapest, nel cuore dell’VIII distretto. Era sorto nel 1997 nei pressi di Kõbánya út sui terreni affittati dalle ferrovie dello stato (la MÁV), lungo i binari che portavano alla prima stazione di Pest, quella di Józsefváros, ancora esistente ma non è più in funzione, sostituita da Nyugati e Keleti. Sono servite alcune settimane e circa 80 agenti di Polizia per procedere all’evacuazione di questa “istituzione” del quartiere più multietnico di
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Benvenuti a Clusone, a due passi da Corleone.

 

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