SOGNO UN MONDO SENZA ODIO E PREGIUDIZI, UN POSTO DOVE TUTTI SI AMANO E SI RISPETTANO. E TU? -

Tutti zitti. Silenzio.


Prosegue anche a dicembre la contrazione del credito alle imprese in Italia. Un disastro epocale. Nel silenzio totale dei media.

In 12 mesi 47 miliardi in meno al lordo dei crediti ceduti e cartolarizzati, 33 al netto.

La parola d'ordine delle #banche è una sola: derisking. pic.twitter.com/KC2r9rL8l5

— Ora Basta (@giuslit) February 3, 2020

Ci siamo permessi di estrarre due grafici sull’andamento dal 2015 del credito concesso alle imprese, al lordo delle cartolarizzazioni verso terzi.

Grafico e dati si commentano da soli. Vediamo prima i cinque anni



Ed ora l’andamento degli ultimi 12 mesi



47 miliardi in meno di credito concesso alle imprese nell’arco di 12 mesi, pari a circa un 8%.

Si tratta di una cifra fortissima che, da un lato, viene indicare lo stato di crisi dell’economia,
dall’altro mostra come sia praticamente inutili l’ampliamento del credito alle aziende alle condizioni attuali.

Abbiamo la concorrenza di due fenomeni:

  • Da un lato abbiamo un’economia che non tira, quindi aziende che non richiedono Maggiore credito, anche quando ne avrebbero le caratteristiche.
  • Dall’altro abbiamo un sistema creditizio che, sempre più avvolto da regole restrittive, fatica comunque dare il credito a chi effettivamente ne avrebbe bisogno.
Una spirale da cui è molto difficile intravvedere un’uscita, anche perche il rallentamento economico è autoalimentante:

meno credito, meno crescita

meno crescita, condizioni economiche peggiori
.

Ci vorrebbe una politica economica e fiscale fortemente espansiva.

Ma nessuno ha il coraggio di farla, e anzi il Green New Deal segnerà l’ennesima restrizione dei consumi a danno delle aziende.
 
L’imbecillità non è a senso unico.

Cioè non è una prerogativa esclusiva di chi non usa il buon senso e reagisce alla paura del contagio bollando ogni asiatico in circolazione con il marchio dell’untore.

Questa epidemia non da virus ma da pregiudizio inestirpabile colpisce e domina incontrastata
anche in quel mondo di intellettuali, politici ed ecclesiastici politicamente corretti
che non sanno e vogliono distinguere tra timore popolare e razzismo e cavalcano questa loro ignoranza
usandola come strumento di aggressione nei confronti dei propri avversari in vista delle prossime elezioni amministrative di fine primavera.


È difficile stabilire se il massimo livello di imbecillità venga raggiunto da chi viene accusato di razzismo sanitario
o da chi muove questa accusa verso coloro i quali non condividono le idee ed i principi
del globalismo multietnico e multiculturale e chiedono misure efficaci per contenere l’epidemia di coronavirus.


Non c’è buon senso considerare necessario ed indispensabile mettere in quarantena alla Cecchignola gli italiani fatti rientrare da Wuhan
e contestare a colpi di accuse di razzismo e sovranismo quei governatori delle regioni settentrionali che propongono di mettere in quarantena
gli studenti - di qualsiasi nazionalità - che rientrano in questo periodo dalle vacanze passate in Cina.


Secondo costoro la quarantena per gli italiani è legittima e non ha alcun tratto di odiosa discriminazione.

Al contrario, la quarantena per i ragazzi cinesi rientranti dalla Cina non solo è allarmistica ma anche discriminatoria e razzista.


Le due diverse quarantene dimostrano che l’imbecillità è un virus incontenibile.

E produce odio indiscriminato che mina alle radici la società nazionale!
 
Ultima modifica:
Dal bollettino medico emerge che le condizioni dei due turisti cinesi, marito e moglie che avevano alloggiato all'hotel Palatino, si sono aggravate.

"Nelle ultime ore hanno avuto un aggravamento delle condizioni cliniche a causa di una insufficienza respiratoria", hanno riferito i medici, come riporta Agi.
Questo tipo di decorso, aggiungono, "è segnalato nei casi fino ad ora riportati in letteratura".

Dato il peggioramento, i due coniugi cinesi sono stati dotati di un supporto per respirare.

Ora si trovano nel reparto di terapia intensiva, "monitorati in maniera continuativa e sono sottoposti a tutte le cure, anche farmacologiche del caso, compresi farmaci antivirali sperimentali".
"Le attuali condizioni cliniche sono quindi compromesse ma stazionarie- si apprende dal bollettino-per cui i medici che li hanno in cura si riservano la prognosi".
 
I media mondiali danno molto risalto alle reazioni che gli Stati manifestano in merito al contagio da coronavirus;
i più consci Paesi del Pianeta reagiscono a tale calamità vietando voli provenienti dalla Cina ed adottando “misure complementari”.

Sempre con maggiore accortezza Stati, città, aeroporti e porti utilizzano sistemi di sicurezza sanitaria controllando e bloccando i propri “spazi”.

Così, Australia, Nuova Zelanda, Europa, Russia, Stati Uniti, sud America, Giappone, Corea nord e Sud, solo per citarne alcuni, chiudono ogni tipo di “pertugio” alla Cina.

Tuttavia ad oggi non risulta ben chiaro, da nessun canale d’informazione africano o extra, se i Governi africani (sahariani e sub sahariani)
stiano adottato iniziative di screening sanitario mirate ed omogenee al resto del mondo.

Alcuni Stati tra cui Botswana, Etiopia, Nigeria, Liberia, Capo Verde, Mozambico, Congo che soffre di continue epidemie di ebola,
non vietano voli in arrivo dalla Cina, ma adottano misure solo a livello misurazione termica dei passeggeri.

Ricordo che le relazioni tra Cina e continente africano vanno lette nel contesto di un “processo di sintesi storica”,
che ha favorito gli aspetti economici ed in particolare commerciali. I rapporti storici della Cina con l’Africa hanno portato ad una “rivoluzione geografica
che ha condotto gli attori economici ed i capitali cinesi a superare le motivazioni legate all’affinità ideologica e politica, dirigendosi verso un comune “pragmatismo economico”.

Da decenni la Cina e l’Africa hanno suggellato la loro unione; il crescente aumento delle esigenze “levantine” in termini di energia e materie prime,
unite alla “compulsione” irrefrenabile di affermarsi come “potenza” sulla scena mondiale, sono diventate la forza motrice essenziale della politica cinese nei confronti dell’Africa.

La Cina percepisce il continente africano come un serbatoio di “energia e di materie prime”.
Il rapporto che molti Stati africani hanno con Pechino assume sempre più una fisionomia di “dipendenza”;
la Cina è un partner commerciale ideale che, nonostante il potere economico, non impone condizionamenti ne politici ne di “fede” ai suoi interlocutori africani
ed in molti casi mette a loro disposizione persino un sostegno diplomatico.

Inoltre le intense relazioni economiche cino-africane devono essere inserite anche nel contesto più generale delle dinamiche commerciali sud-sud,
infatti nel corso dell’ultimo ventennio, che ha visto contrarre il commercio mondiale, questo legame ha permesso di fronteggiare questa crisi economica sostenendo,
con detto “mercato”, una ripresa globale. Questo vincolo economico-commerciale ha dimostrato, oltre la forte resistenza economica del “Sud”,
coadiuvato dal ruolo strategico dell’African Development Bank Group (Afdb), anche il rafforzamento della Cina che è assurta a seconda potenza economica mondiale.

Le imprese cinesi hanno quindi un ruolo di incommensurabile rilevanza nell’economia africana;
molte aree geografiche soprattutto nel centro–nord-oriente africano e nell’area sub-sahariana sono state acquistate da aziende cinesi,
che hanno creato delle enormi enclave dove operano con metodologie proprie e producono ogni tipo di bene e servizi, facendo fronte ad esigenze nazionali.

Tutto ciò ha creato aree geografiche cinesi in Africa, dove si parla solo cinese e si vive “alla cinese” e dove lavorano in parallelo con la Madre Patria.

Tracciato, brevemente, il quadro dei rapporti tra Cina e Africa, ci viene detto che il Virus cinese identificato come coronavirus,
ha una notevole virulenza manifestata non tanto dal numero dei decessi e dei contaminati comunicati ufficialmente dal governo cinese, ma suscettibili di forti dubbi,
ma per l’enorme mobilitazione e reazione che sta avendo l’organizzazione sanitaria cinese con la costruzione, in tempi impensabili, di strutture ospedaliere (lazzaretti) isolate e notevolmente capienti.

Al momento la diffusione del coronavirus nei Paesi in grado di affrontare un’emergenza sanitaria così complessa,
non crea un particolare allarme sociale a causa di una certa garanzia di “controllo, reazione e contenimento”, che detti Stati possono offrire,
ma nell’ipotesi di contaminazione in Africa che cosa potrebbe accadere?

Secondo il Center for Strategic International Studies (Csis) di Washington, se si verificasse il contagio, visti i flussi incontrollati in Africa della popolazione cinese,
uno scenario del genere sarebbe “il preludio a una pandemia”.



Per il momento l’idea che il coronavirus possa “sbarcare” in Africa è un’ipotesi, ma è molto temuta, anche ai massimi livelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

Non risultano, ad oggi, casi di coronavirus registrati in Africa (ma chi può dirlo visto il caos della situazione socio-sanitaria),
ma la preoccupazione è forte, perché se si verificassero casi in alcuni paesi africani in cui i mezzi di sicurezza sanitaria sono limitati o assenti,
grandi focolai epidemici potrebbero esplodere e potrebbero essere esportati in Europa anche tramite la migrazione incontrollata clandestina e non.

J. Stephen Morrison, vicepresidente e direttore del Global Health Policy Center,
ha affermato che:
“un’espansione in Africa dell’epidemia darebbe una scala di rischio completamente nuova al fenomeno epidemico”.
 
Chi valuta il pericolo e chi straparla a sproposito dimostrando una netta incompetenza ed ignoranza.
Notare che la richiesta non discrimina i "bambini cinesi" ma è rivolta a "chiunque torni dalla Cina".


Nella lettera si chiede di integrare la circolare del dicastero sulle misure per gli studenti :

"prevedendo un ulteriore elemento di tutela verso i bambini che frequentano i servizi educativi per l'infanzia e gli studenti soggetti ad obbligo scolastico,
prevedendo, in via del tutto precauzionale, un periodo di 14 giorni prima del rientro a scuola da parte degli studenti, di qualsiasi nazionalità, italiani compresi,
giunti in Italia dalle aree affette della Cina".




Una richiesta che ha già sollevato polemiche.
A partire dalla presa di posizione di Marco Di Maio, deputato di Italia Viva, che considera "ripugnante che si facciano speculazioni politiche sfruttando le legittime preoccupazioni delle persone".
Il parlamentare sottolinea quindi che "chi ha ruoli istituzionali dovrebbe contribuire, più di tutti gli altri, ad abbassare il livello d'allarme e non ad alzarlo fino a questi livelli di discriminazione".
 
Il disegno mondiale di trasformazione neoliberista, avviato in maniera furtiva ma inesorabile nei lontani anni “60 dall’élite anglosionista, è un progetto globale.

Tale progetto non mira solamente a cambiare i modi di produzione, a finanziarizzare l’economia reale,
a sbilanciare i rapporti di forza nella distribuzione della ricchezza prodotta dalle nazioni a vantaggio delle fasce più abbienti,
ma ambisce a cambiare l’uomo, il suo modo di pensare, di socializzare, di vivere, perfino il suo modo di relazionarsi con il trascendente.

La rivoluzione neoliberista, a cui Milton Friedman e sodali hanno fornito la base teorica, ha quindi anche la velleità di creare l’homo novus, l’uomo nuovo,
aspirazione che condivide con tutte le altre terribili rivoluzioni che hanno funestato quello che Eric Hobsbawm definiva “ il secolo breve”.

Tutto questo, per quanto terribile, ha una logica inoppugnabile.

Infatti, se l’unica regola è che non ci siano regole, affinché l’invisibile mano del libero mercato allochi al meglio le risorse,
dando così la giusta remunerazione a tutto ed a tutti, è necessario che tale visione permei anche le società in tutti i loro gangli, anche quelli più reconditi.

Non deve essere tralasciato nulla.

Il controllo che prima si esercitava sul lavoratore, una volta varcato il cancello della fabbrica, ora viene esteso a tutta la sua vita.

Ed ecco che scaturisce l’esigenza di creare l’homo novus, l’homo oeconomicus, razionale, che pensa solamente al proprio particulare,
che aborrisce la solidarietà e che vede lo stato come il nemico da abbattere.

L’ homo oeconomicus, manco a dirlo, ha un padre nobile: il filosofo Thomas Hobbes.

Il filosofo nel lontano 1600 descrisse nel “De Cive” lo stato di natura dell’uomo, che ben si riporta al novello homo oeconomicus:
“nasce come fungo dalla terra, di notte al buio e già adulto”, senza alcun legame con i suoi simili.

Tale trasformazione, rectius involuzione, viene effettuata cambiando la società ed i suoi valori di riferimento,
facendo salvo però questo unico principio ispiratore: la democrazia è il libero mercato, per contro il libero mercato è la forma di democrazia più elevata.

Secondo questo sillogismo, una società che adotta il libero mercato, il free trade, è democratica “ipso facto”, anche se essa è una dittatura.

Fulgido esempio è il Cile di Pinochet.

Ai tempi di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher questo orribile individuo, Pinochet, era ritenuto un campione della democrazia sud americana,
anche se gli oppositori cileni scomparivano nel nulla dopo terribili torture.

Ovviamente, il cambiamento neoliberista è avvenuto in maniera e tempi differenti, a seconda della latitudine e longitudine dei paesi interessati
e soprattutto a seconda di quanta “democrazia” era necessaria somministrare ai relativi popoli.

Gli africani, i sudamericani e gli indocinesi hanno avuto bisogno di dosi massicce di democrazia.

Da noi, invece, la società è diventata liquida, una non società.

E’ stato ucciso Dio, sono scomparsi anche i padri e al di sopra di tutto, in uno stato di anomia, si è posta la libertà al consumo ed al godimento senza limiti.

Al cittadino è stato sostituito il consumatore, una monade dallo shopping compulsivo.

Precarizzato il lavoro, precarizzata la società.

La precarizzazione del lavoro comporta salari e stipendi più bassi, ma anche più disoccupazione.

Ovviamente nella società neoliberista, del latte e del miele, i disoccupati non esistono più, essi sono individui in cerca di migliori opportunità occupazionali.

I licenziati diventano imprenditori di se stessi, tante minuscole partite IVA.

Il successo per essi è un obbligo perentorio e, se non arride, diventa una colpa inemendabile,
per cui è giusto che scompaiano nell’oblio così come i senza tetto, fantasmi che popolano le nostre città.

Benevento.
Qui l’ingegneria sociale neoliberista ha prodotto un risultato impensabile solamente qualche decennio addietro: una città di vecchi ed economicamente desertificata.

E pensare che Benevento negli anni “70 aveva il record di natalità!

Questo il meccanismo: il lavoro non c’è, dovendosi contenere l’inflazione, e quando c’è è precario.
Con la precarietà non è possibile alcun progetto di vita comune e quindi i nostri giovani non mettono su famiglia e non procreano più.

Quelli che ci sono si accingono a lasciare il Sannio, anzi l’Italia in cerca di un futuro migliore.

Ad alimentare questo stato di cose non è esagerato dire che contribuiscono anche i messaggi veicolati dal circo mediatico, del tutto funzionali al pensiero neoliberista.

Ma perché mai pensare a costituire una famiglia, con tutto il carico di responsabilità che comporta,
quando puoi vivere come un eterno Peter Pan, andare a passare il fine settimana ad Ibiza con 30 euro o a Londra con 60?

Perché essere padre, quando puoi essere per sempre figlio?

L’importante è spendere, avere rapporti affettivi fugaci, tanti, ma sempre all’insegna della massima irresponsabilità.

Questa visone sociale distopica, contro la quale noi tutti dovremmo insorgere,
viene addirittura ritenuta auspicabile e meravigliosa dal pensiero mainstream e dai sacerdoti del politicamente corretto.

Il free trade, altro elemento portante del turbocapitalismo, ha determinato in Benevento l’edificazione di megacentri commerciali.

Al loro interno delle agorà virtuali, fatte di aria condizionata e di false quinte in carta pesta,
cercano di sostituire quelli che erano i veri centri di aggregazione, le piazze e gli incroci del centro storico.

Il risultato è stato che il centro storico di Benevento è morto. Hanno chiuso i cinema, i teatri e sono andati via gli artigiani ed i commercianti.

Anche il franchising ha fatto la sua parte.

Da qualche settimana ha aperto nella zona alta della città un Mc Donald’s.

I primi risultati si stanno vedendo. Molti degli esercizi commerciali limitrofi registrano un netto calo degli avventori.
Andrà sicuramente a finire come nel centro storico. Uno resta, tutti gli altri scompaiono.

Si potrebbe dire che questo è il bello del libero mercato: solo i migliori ce la fanno.

Ma in questo messaggio darwinista c’è un atroce inganno:
anche se il mio amico Ubaldo vende con simpatia il panino fatto con i grani antichi e farcito con la carne dei vitelli marchigiani allevati nel Sannio
ed allo stesso prezzo del panino confezionato da Mc Donald’s, non potrà tuttavia mai pagarsi la pubblicità di Bastianich, che ogni sera va in onda ineluttabilmente su tutte le principali emittenti.

Ubaldo vende un magnifico panino, Mc Donald’s uno stile di vita che non ci è mai appartenuto.

Trovo tutto questo orribile.

Ma anche così si crea l’homo oeconomicus, somministrandogli del cibo che non ha storia e che non ha un territorio di riferimento,
ma che puoi mangiare, eguale a se stesso, a Benevento come a Hong Kong.
 
Mi domando sempre. Perchè ? Perchè non c'è un po' di senno.

Non avevano nemmeno cominciato: la tragedia si è consumata in fase di preparazione.

La “scalata” del Canale della Fiamma, sulla Ovest del Grignone, si è conclusa nel più tragico dei modi,
ancor prima di inziare, per un 27enne di fuori provincia, recuperato senza vita con non poca fatica
dei tecnici del soccorso alpino portati in quota dall'elisoccorso di Como.

Il giovane avrebbe messo un piede in fallo e, complice il ghiaccio liscissimo, sarebbe inesorabilmente scivolato a valle,
ancor prima di avviare le procedure per legarsi, con i due amici che, con lui, avrebbero dovuto affrontare
l'impegnativa escursione invernale lungo un Canale battezzato da Lorenzo Festorazzi “della Fiamma”
proprio per via della caratteristica torre rocciosa posta nella parte finale dove c'è il tiro più tipico della via.
 
Dalla parte opposta, questo mi esce con un vento di circa 40 nodi. Sale in zucca ? ZERO

Anche sul Lago si sono registrati problemi dovuti al vento: nel pomeriggio uno sportivo impegnato in un'uscita con il surf
è stato soccorso a Mandello, non essendo più in grado di tornare a riva autonomamente.

L'intervento è scattato poco dopo le 15.30, coinvolgendo anche personale sanitario con un'ambulanza e un'automedica
che si sono portati il porticciolo del paese, congiuntamente ad una squadra di pompieri da terra.

La vela è stata invece raggiunta direttamente "via acqua" dalla pilotina del 115: gli operatori hanno recuperato "il naufrago", accompagnandolo poi a riva.
Per lui - 40 anni - non si sono resi necessari accertamenti medici, pur rinfreddolito per la permanenza in ammollo.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto