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E allora i numeri.

Il primo dato cristallizzato nella Nadef è quello dell’andamento stimato della crescita del Pil.

Dello 0,8 per cento nel 2023; dell’1,2 per cento nel 2024; dell’1 per cento nel 2025 e nel 2026.

Con le “locomotive d’Europa” – a cominciare dalla Germania – in frenata, quando non in recessione,
non ci si può aspettare di meglio dallo sforzo produttivo del nostro Paese.


A stare con i piedi in terra, c’è da ritenere fin troppo ottimistica la previsione di crescita per il prossimo anno.

Già, perché se la guerra russo-ucraina continuasse – cosa molto probabile – e, a cagione di essa,
il tasso d’inflazione permanesse nella Eurozona a livelli prossimi al limite della sostenibilità,
le cose per i Paesi dell’Ue peggiorerebbero notevolmente.

Il dato resta comunque un fondamentale indicatore per gli indirizzi di politica economica.

Atteso che il sistema produttivo italiano è fortemente condizionato dagli andamenti della bilancia commerciale,
è di tutta evidenza che un calo delle esportazioni debba essere compensato da una significativa ripresa del mercato interno.

Perché ciò avvenga è necessaria una rivalutazione del potere d’acquisto dei salari.

Bene, dunque, la decisione strategica assunta dal Governo
di rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale e la prosecuzione del lavoro sulla delega fiscale
che porterà a una riduzione della tassazione a partire dagli scaglioni di reddito più bassi.

Opportuna anche la decisione di prorogare al 31 dicembre 2023
“la garanzia statale fino all’80 per cento per l’acquisto della prima casa
delle giovani coppie di età inferiore a 36 anni con Isee non superiore a 40 mila euro annui”.

C’è un’emergenza abitativa che incide pesantemente nel determinare il calo demografico.

La differenza sostanziale che corre tra un’impostazione di sinistra e una di destra
nell’individuazione di politiche finalizzate alla mitigazione degli effetti dell’autunno demografico
sul futuro della nazione e della sua economia, sta nella scelta

(della sinistra) di agevolare l’ingresso in massa di stranieri nel nostro territorio
attraverso l’accoglienza illimitata degli immigrati clandestini

contro la linea (della destra) che privilegia tutte le misure funzionali
all’incremento della genitorialità nell’ambito delle famiglie italiane.

Aiutare i giovani a risolvere il problema primario della casa
va esattamente nella direzione indicata dalla cultura politica della destra.
 
Anche la conferma delle decontribuzioni
e degli interventi a favore delle famiglie con figli, introdotte quest’anno,
seguono i medesimi indirizzi strategici.

Spazio poi ai fondi per garantire il rinnovo dei contratti di lavoro nella Pubblica amministrazione,
con particolare riguardo al comparto della Sanità,
e per sostenere gli investimenti pubblici, a cominciare da quelli collegati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)
e alla costruzione delle opere infrastrutturali.

Questi, dunque, i punti chiave che segneranno la prossima Legge di bilancio.

Si sarebbe potuto fare di più? E come?

La coperta per quest’anno è cortissima.

Già tenendo conto delle poche misure che saranno prese,
nello scenario programmatico il deficit sale nel 2023 dal 4,3 per cento al 5,3 per cento.

Un punto in più dovuto al costo dei Superbonus edilizi
introdotti dai precedenti governi.


Ciò significa che le somme disponibili per la manovra 2024 saranno intorno ai 20 miliardi di euro, di cui 14 in deficit.

Ciò porterà a un assestamento del rapporto debito/Pil – per il 2024 – al 140,1 per cento.
 
Riguardo al tasso di disoccupazione, si stima il 7,3 per cento nel 2024,
in calo rispetto alla previsione del 7,6 per cento relativa al 2023.

Questi dati ci dicono che siamo lontani dalle pretese dell’Unione europea
di tenere il deficit italiano entro il parametro del 3 per cento, fissato nell’ambito del Patto di stabilità che,
peraltro, resta ancora sospeso per il 2023.

Purtuttavia, non è possibile fare diversamente
perché è l’interferenza dei fattori esogeni non controllabili,
originati dalla fase congiunturale mondiale, a impedirlo.

Prima o poi anche a Bruxelles dovranno comprendere che qualsiasi obiettivo l’Unione si porrà,
perché venga centrato efficacemente dovrà essere sostenibile.

In passato, abbiamo pagato sulla nostra pelle lo scotto di politiche scellerate – e autolesioniste –
messe in campo in nome dell’austerity.

Errare è umano, perseverare è diabolico.

Lo tengano bene a mente i “cervelloni” a Bruxelles.

E TENIAMOLO BENE A MENTE NOI, QUANDO ANDREMO A VOTARE.
 
Fatta la Nadef, adesso si dovrà scendere nel dettaglio dei singoli capitoli di spesa del Bilancio.

Tutto bene, dunque? Non proprio.

Una piccola delusione il Governo Meloni non ce l’ha fatta mancare.

Nel programmare le risorse disponibili,
il documento previsionale apposta 2 miliardi di euro alla voce “spending review”,
cioè alla revisione della spesa pubblica.

Francamente, sarebbe stato auspicabile attendersi qualcosa di più.

L’opposizione andrà a nozze,
ai fini della bagarre da scatenare nelle aule parlamentari e sui media,
con un taglio della spesa improduttiva tanto striminzito.

C’è una burocrazia costosa che tiene per la collottola l’imprenditoria nostrana.

Un colpo d’accetta secco su questo specifico capitolo
sarebbe stato molto salutare per la credibilità del Governo.


Evidentemente, Giorgia Meloni non se l’è sentita di spalancare quella porta.

Forse per la preoccupazione che sarebbero venuti fuori, tutti insieme,
troppi scheletri da gestire con l’approssimarsi della notte di Halloween.
 
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Riguardo al tasso di disoccupazione, si stima il 7,3 per cento nel 2024,
in calo rispetto alla previsione del 7,6 per cento relativa al 2023.

Questi dati ci dicono che siamo lontani dalle pretese dell’Unione europea
di tenere il deficit italiano entro il parametro del 3 per cento, fissato nell’ambito del Patto di stabilità che,
peraltro, resta ancora sospeso per il 2023.

Purtuttavia, non è possibile fare diversamente
perché è l’interferenza dei fattori esogeni non controllabili,
originati dalla fase congiunturale mondiale, a impedirlo.

Prima o poi anche a Bruxelles dovranno comprendere che qualsiasi obiettivo l’Unione si porrà,
perché venga centrato efficacemente dovrà essere sostenibile.

In passato, abbiamo pagato sulla nostra pelle lo scotto di politiche scellerate – e autolesioniste –
messe in campo in nome dell’austerity.


Errare è umano, perseverare è diabolico.

Lo tengano bene a mente i “cervelloni” a Bruxelles.

E TENIAMOLO BENE A MENTE NOI, QUANDO ANDREMO A VOTARE.
quindi da una parte la BCE strozza il privato alzando i tassi con lo scopo di ridurre i consumi. Con i tassi al 4% di quanto ridurranno i consumi?? 10/12/30 miliardi???
dall'altro dalla pandemia in poi si permette ai governi di alzare il deficit per sostenere la crescita....
Più povertà privata controbilanciata da più spesa pubblica = prezzi che restano alti.

In Italia con circa 600 miliardi di nuovo debito fatto in 4 anni siamo col PIL poco sopra l'anno 2019.
Quindi 600 miliardi di aiuti ( molti dati senza senso ) han prodotto una maggiore ricchezza pari a 0.
Abbiamo visto aziende decuplicare gli utili grazie alla scusa dell'inflazione, degli aiuti, dei contributi a fondo perduto, abbiamo visto milionari sistemare casa grazie al 110% e ancora lamentarsi che serve più aiuto statale.
 
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