Partiamo dalla notizia falsa.
È vera una cosa: il business delle spedizioni commerciali
che porta in cima all'Everest centinaia di alpinisti-turisti
(affare prezioso per il Nepal e per le stesse spedizioni)
da anni ha convinto il governo di Katmandu a ripulire la montagna
da valanghe di escrementi (ciascuno, letteralmente, deve riportare in patria i propri)
e poi da tonnellate di spazzatura accumulata, con l'aggiunta, da quest'anno,
di una squadra di soldati e alpinisti nepalesi incaricati dal ministero del Turismo
di portar via alcune salme congelate che si incrociano sul percorso della cosiddetta via normale.
Sinora ne hanno asportati cinque, e va spiegato che l'operazione è difficile e costosa:
i cadaveri sono cristallizzati in posizioni scomode e pesano molto per via del ghiaccio.
La maggioranza è oltre quota settemila.
È possibile e probabile che tuttavia non ne portino a valle molti di più, sempre quelli:
il celebre «stivali verdi» (ormai usato come punto geografico) o la «Bella addormentata»,
insomma i più evidenti e scoraggianti, niente a che vedere con gli oltre 300 scalatori
che a partire dagli anni Venti del Novecento sono rimasti sepolti nel ghiaccio o nei crepacci.
È vero che il riscaldamento globale (che c'è, ma da secoli) talvolta rende visibili nuovi corpi e rifiuti,
come succede anche con vecchi reperti e armi della Grande Guerra sulle nostre Alpi:
ma è anche vero il contrario, ossia che soltanto ciò che è stato coperto dal manto ghiacciato può riaffiorare nel tempo:
coperto da manti nevosi e da ghiacciai, quindi, che frattanto gli erano cresciuti intorno.
È un ragionamento banale ma che vale anche per il nostro Monte bianco:
la cupola di neve e ghiaccio che ne sovrasta la sommità, se non ci fosse,
ne abbasserebbe la sommità di ben 14 metri; ogni tanto la cima si abbassa (nel 2021 era 4.805 metri)
e ogni tanto si alza (pare che sia tornata a 4.808, quest'anno).