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Chissà cosa direbbero oggi personaggi di culto della nostra storia cinematografica
come Renzo Montagnani, Lando Buzzanca, Ugo Tognazzi, o l'immarcescibile Chirurgo Sassaroli (Adolfo Celi),
leggendo l'articolo firmato da Gabriella Grasso e comparso su Vogue Italia pochi giorni fa.

Non lo so, ma lo voglio immaginare.


Senza parole, probabilmente rivolgerebbero le loro preghiere oltre tevere, verso Papa Ciccio, chiedendogli cosa sia successo.


Lui, di bianco vestito nel bel mezzo dello scisma in corso, affacciandosi come in occasione dell'Angelus,
gli risponderebbe: "Fratelli, c'é troppa frociaggine", acclamato dalla folla dei fedeli.


Battute tragicomiche a parte,
quando di tragicomico ci sono solo le lotte vetero femministe da decerebrati con titolo accademico ad honorem,
l'articolo in questione fa riflettere.


In un potpourri di memoria murgiana,
la Grasso ci propone il requiem dell'eterosessualità
con quel linguaggio delicato tipico di chi vuol farti sentire colpevole per ciò che sei,
con una miscelanza di parole tra loro incompatibili come "progressista", "patriarcato", "diversity" e "inclusività"
che insieme sembrano comporre una melodia tra il grottesco e il folle.


Leit motiv dell'articolo sembra essere un'idea e un'idea soltanto:

distruggere il maschile così com’è,

sostituendolo con una nuova versione più apprezzata dalle femministe 2.0.


Tra testimonianze di associazioni, testimonianze di singoli, e parole di filosofi,
si scopre che esisterebbero tante altre versioni di maschio etero
che nulla hanno a che vedere con gli stereotipi vetusti, grezzi e trogloditi di cui in capo a questo editoriale.


Il nuovo etero deve essere queer,
piangere come non ci fosse un domani per qualsiasi cazzo,
possibilmente chiacchierone, ma molto chiacchierone, meglio se pettegolo,
guardarsi dentro, molto dentro, magari da dietro e confrontarsi, confrontarsi tanto,
preferibilmente con una donna perché è nella donna che risiedono la via, la verità e la vita.
 
Ahahahahahahahaha

Basta con l'uomo che sa controllare le sue emozioni senza lasciarsi travolgere,
l'uomo razionale, quello che va dritto al punto per risolvere il problema
senza farsi neanche una sega mentale (come una donna),
perché, come riporta sempre lo stesso "capolavoro" di articolo del benealtrismo,
Mica Macho sul libro Cosa Vuol Dire Fare L'Uomo?
scrive

"Il maschile, così come viene raccontato, non è sostenibile e anzi, molto spesso è anche doloroso":


questa è la legge, questa è la LORO verità.
 
Tutto ciò premesso,
andando oltre le considerazioni sull'articolo della Grasso che mettiamo da parte,
esiste un mondo composto da imbecilli
che ha fatto della demenza culturale statunitense
una ragion politica da importare in Europa e nella nostra Italia
,

lo stesso mondo che chiama Montanelli pedofilo,
che vuole censurare Shakespear,
e che considera Via Col Vento un film razzista.

Un mondo che odia la nostra lingua (che vuole dire odiare la nostra cultura),
e preferisce gli asterischi.

Un mondo che mal sopporta la naturalità delle cose
perché in cerca di una rivoluzione anticulturare che basa il suo essere sul nulla,
e proprio per questo attecchisce nel nichilismo dominante.


Dal canto mio, dico solo una cosa cosa:
siete arrivate tardi, care le mie fighe di legno e non trombanti.

Sapete perché?

Un'antico detto siciliano,
molto più antico delle vostre lotte
che vogliono solo infrocire culturalmente le nuove generazioni, dice:

"in casa comanda il maschio, solo quando la femmina non c'é".


Meditate gente, meditate.
 
VERGOGNOSO.

Nel 2025 subiremo una nuova mavrova fatta di lacrime e sangue.

Per cosa ? Per chi ?

Per aiutare dei naziucraini, a scapito del nostro interesse primario. IL TURISMO.

da Meloni 1,7 mlrd di € per le armi nel 2025​


Una cifra in aumento rispetto agli aiuti degli scorsi anni,
che ammontavano a circa 1,2 miliardi ogni dodici mesi.
 
Continua la telenovela ambientale di Milano.........

Dopo l’abbattimento di oltre 20 alberi nel Giardino Scaldasole di Milano, alberi tutti sani e rigogliosi, i cui tronchi mozzati sono ancora a terra ammassati su quella che fino al 3 luglio 2024 era una piccola oasi verde nel cuore della città, nessuno ha ancora dato risposte, anzi… tutti rimbalzano la palla da un ente all’altro e il mistero si infittisce.
Come Vi avevamo raccontato,
l'assessore all'Ambiente, Elena Grandi, aveva negato lo scempio
sostenendo che "sono stati tagliati solo 3 alberi, dei quali 2 vecchi ailanti pericolanti e malati e a meno di 3 metri dalle case".

Tuttavia i video e le foto sono più eloquenti di qualsiasi parola.

Nel piccolo paradiso del Giardino di Scaldasole sono stati abbattuti circa la metà degli alberi,
ovvero tre castagni, due melograni, tre aceri di cui due bordeaux e uno verde, un nocciolo,
piante di bambù, mandorli, querce, lecci, nespolo e lecci.

Questi alberi rappresentavano anche la casa per una famiglia di scoiattoli
che si era appena insediata lì
e che è stata sfrattata oltre che di piccoli nidi di uccellini.

Abbiamo chiesto informazioni ad ARPA Lombardia
per ottenere il misterioso report che parlerebbe di inquinamento del sottosuolo
tale da rendere necessaria la bonifica del piccolo fazzoletto di prato di via Scaldasole
e dunque l’abbattimento improvviso di tutti gli alberi che su esso, in 15 anni, era cresciuti.

Tuttavia, la Presidenza dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente,
guidata dal Presidente Lucia Lo Palo, che non vuole comparire,
si è dichiarata come soggetto non corretto per la nostra richiesta,
indicando il loro Direttore Generale come corretto interlocutore,
ma rifiutandosi di inoltrare la richiesta a lui e di indicarci il nome!

Una totale chiusura.
Come se i due facessero parte di organizzazioni diverse, non comunicanti fra loro:
"Dovete scrivere voi al nostro Direttore Generale, noi non giriamo la vostra mail".

Alla segreteria di ARPA Lombardia ha risposto la Sig.ra Raffaella,
la quale ci ha spiegato che “ARPA non ha autorizzato nessun taglio di alberi,
ARPA viene coinvolta, laddove ci sono procedure di bonifica, da enti terzi competenti.
Se volete un riscontro dovete chiedere a loro.
Il report di ARPA non c'entra, non è una cosa da cui poi è scaturito l'abbattimento degli alberi,
è proprio il contrario. Si è mosso il Comune in questo caso."



Noi abbiamo insistito per poter parlare con la Presidente Lo Palo,
tuttavia ci è stato risposto che quest'ultima,
"in quanto rappresentante istituzionale di ARPA, non si occupa della comunicazione tecnico scientifica.
Dovete contattare la responsabile dell’ufficio stampa di Arpa Lombardia, Annarita Zarone,
la quale eventualmente vi darà un riscontro.
La Presidente non è tenuta a dare questo tipo di riscontro perché, ripeto,
si occupa della comunicazione politico istituzionale.
La competenza tecnico scientifica eventualmente anche di queste cose è del Direttore Generale del suo ufficio stampa
”.

Tuttavia la mail che ci è stata fornita è la stessa della Presidente Lo Palo,
dalla quale non abbiamo ricevuto risposta

e la Sig.a Raffaella non ci ha voluto dare il nome e la mail del Direttore Generale,
al quale le nostre richieste non sono state girate.

Ma il nome si sa, è Fabio Cambielli, e le mail sono standard.

Dunque in ARPA si stanno nascondendo dietro a un dito e non comunicano fra loro.

Com’è possibile che una Presidente non comunichi con il Direttore Generale?

Problemi organizzativi in ARPA?

Giriamo la richiesta al Dr Cambielli.

E richiediamo un interpello in Consiglio Comunale.
 
Tira la corda...alè
tira la corda..........

Lin Jian ha accusato la Nato di aver esagerato nella dichiarazione sulle tensioni nella regione Asia-Pacifico;
di aver prodotto un documento “intriso di mentalità da Guerra Fredda e di retorica bellicosa,
pieno di pregiudizi, diffamazioni e provocazioni”
.

Secondo l’analisi del portavoce cinese, questa formulazione risente del fatto che,
nel suo 75mo anniversario della fondazione,
la Nato ha bisogno di giustificare la sua esistenza “esaltando la sua unità e la sua gloria,
dipingendosi come organizzazione dedita alla pace”.

Invece, ha continuato il portavoce, “è un residuo della Guerra freddo
, un prodotto della contrapposizione tra i blocchi”.


E ha ricordato come,

“col pretesto di evitare catastrofi umanitarie,
ha bombardato la Jugoslavia per 78 giorni”
.

O ha segnalato

“le tragiche situazioni in Afghanistan e Libia
“,

le quali “dimostrano che dove la Nato estende la sua mano nera, si producono instabilità e caos“.


“La cosiddetta ‘sicurezza’ della NATO viene ottenuta a spese della sicurezza di altri paesi:
molte delle ansie di sicurezza che la Nato vende sono autoindotte,
e il ‘successo’ e la ‘forza’ della Nato rappresentano un grande pericolo per il mondo.
Mantenere la sua esistenza creando nemici immaginari
e espandendo il proprio potere è una tattica abituale della Nato.
La sua errata percezione sistematica della Cina,
il suo denigrare la politica interna ed estera della Cina, ne è un esempio”.
 
Ma, soprattutto, a Pechino interessa molto come la Nato
si stia saldando con gli alleati asiatici degli Usa, Giappone e Corea del Sud in particolare,
i cui leader partecipano ormai in pianta stabile ai summit e sono anche a Washington in questi giorni.

L’espansione della Nato nell’Asia-Pacifico,
il rafforzamento dei legami militari con i paesi vicini alla Cina
e con gli alleati degli Stati uniti per attuare la strategia indo-pacifica americana,
danneggiano gli interessi della Cina e minano la pace e la stabilità nella regione Asia-Pacifico,
suscitando dubbi e opposizione tra i paesi della regione”, ha affermato Lin Jian.

Lin Jian ha quindi concluso ribadendo che

" la Cina esorta la Nato ad abbandonare la mentalità della Guerra Fredda,
la contrapposizione tra blocchi e il gioco a somma zero,
a correggere la sua errata percezione della Cina,
a smettere di interferire negli affari interni della Cina,
a smettere di diffamare la Cina e
a smettere di interferire nelle relazioni sino-europee.

La Cina non permetterà che l’Europa sia destabilizzata e poi si tenti di destabilizzare l’Asia-Pacifico”.

ASKANEWS
 
Auspico. Spero. Mi piacerebbe.
Che accadesse ad uno di loro.

«Violenza della telecamera sui più fragili e disperati».

Così Christian Raimo assessore alla cultura di Roma

definisce il metodo Cicalone,
lo youtuber romano che riprende i furti delle borseggiatrici in metropolitana.

Ecco, ora immaginate un ragazzo sulla banchina della metro. Un po’ affaticato.
Con l’umore che non può essere certo a mille dato che sta andando in ospedale per sottoporsi alle cure oncologiche.

E ora, immaginate un gruppo di delinquenti che lo accerchia, lo spintona e lo trascina.

Poi questi lo riempiono di botte per rubargli lo zaino
in cui non sanno essere contenuti tutti i referti medici degli ultimi mesi.

Purtroppo questa storia terribile non va immaginata ma va raccontata.

Perché tutto ciò, per quanto possa essere un caso crudele, è quello che è accaduto a Mattia.



Il ragazzo, appena 30enne, combatte da tempo con un brutto male
e lo scorso mercoledì si stava recando in ospedale per continuare il suo percorso terapeutico.

Arrivato alla stazione Termini attorno alle 9.30, in piena mattinata,
è stato preso di mira dai soliti noti che terrorizzano i passeggeri dei mezzi pubblici.

Un colpo secco alle spalle per farlo capitolare a terra e poi la mattanza per recuperare il bottino.

Fra la paura e l’indifferenza dei passanti.

Alla fine, il giovane è arrivato all’Umberto I ma, invece che recarsi nel consueto ambulatorio,
si è dovuto far medicare le ferite rimediate in metropolitana.
 
La storia di Mattia, resa pubblica dall’associazione pendolari TrasportiAmo,
è solo una delle tante che ogni giorno si verificano a Roma, Milano e in qualsiasi altra città italiana.

Checché ne dicano Gualtieri, Sala e compagni nel disperato tentativo di difendere il loro operato,
i cittadini hanno sempre più paura a utilizzare autobus e metro.

È cosa nota che le forze dell’ordine, per una banale questione di mancanza di organico,
non riescano a gestire il fenomeno dilagante di borseggiatrici e affini.


Ma è altrettanto cosa nota che l’Italia sia quel Paese in cui chiunque provi a dare una mano,
viene presto preso di mira e sommerso dalle critiche.

È un po’ quello che è successo allo youtuber Cicalone,
impegnato con i suoi video a denunciare quanto accade sui treni e sulle banchine della Capitale.

Telecamera alla mano, l’omone si fa spazio fra una mano lesta e un gruppo di violenti,
sventando rapine e documentando quanto accade nell’indifferenza generale.

I suoi video spopolano sui social, tanto che nelle ultime settimane Cicalone è stato ospite in alcuni programmi tv.


Apriti cielo, guai a toccare le borseggiatrici.
Inspiegabile feticcio della sinistra, la tutela delle ladre rom è diventata una battaglia di principio.

E così è partita la campagna contro lo youtuber.

In prima linea la Cgil e il già citato attivista rosso Christian Raimo.

Scrive, l’ex candidato di Avs, trombato dagli elettori, in un articolo:

«L’accanimento contro il presunto delinquente è quello di una spedizione.
I rom diventano un bersaglio ovvio e seriale».

Perché, povero delinquente, neanche più rubare in pace è concesso.

Non fosse che poi, puntualissimo, arriva un altro classico dell’eloquio radical chic:

«È chiaro che la denuncia di Cicalone è così fenomenica da diventare non solo qualunquista, ma razzista, classista, e sessista».


Insomma, prima di denunciare un borseggio sui social, per non incappare nelle suddette accuse,
bisognerà accertarsi delle generalità del ladro.

In questo quadro surreale,
la violenza subita da Mattia e da tanti altri passeggeri passa in secondo piano.

La realtà è ribaltata
e il dito puntato contro la telecamera, piuttosto che verso chi delinque.
 
Non bastasse Raimo, anche la Cgil ha pensato bene di denunciare il fenomeno Cicalone.

In una lettera indirizzata al prefetto di Roma, Lamberto Giannini, l’associazione ha espresso

«preoccupazione per le azioni dello youtuber» definendo il suo modus operandi «inammissibile».


La Cgil conclude spiegando di essere convinta che

«la sicurezza delle persone passi
per la promozione di tutti quei valori
che rendono una società più inclusiva e includente».



Evidentemente, anche con chi ruba.

Perché il borseggiatore sembra essere diventato un lavoro
e, in quanto tale, meritevole di rappresentanza sindacale.
 

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