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GETTARE LA CHIAVE

Ancora zombie e più sono giovani più sono efferati.

Uno di 19 anni punta nella notte malsana di Rozzano un trentenne uscito dal suo turno di commesso in un supermercato,
gli ruba due auricolari da 20 euro, lo accoltella e sparisce.

Lo ritrovano alla stazione di Alessandria e confessa: “Che ne sapevo io che era morto”.

Il padre lo ha messo su un treno per farlo fuggire in Francia
e la brava gente di Rozzano, paese della vittima, fa le fiaccolate: “Giustizia per Manuel”.

Ma giustizia di che, se hanno già trovato la formula assolutoria?

L'assassino ha precedenti per rapina e violenze e questo ne fa una vittima a sua volta, “ha problemi mentali”.

Ogni volta che qualcuno scanna a casaccio, è perché non ci sta con la testa, dunque non è responsabile.


 
Dice lo zombie assassino a quelli della Polfer: “Mi sa che ho fatto una cazzata”,
con la voce bofonchiante, insopportabile, che hanno i trapper, voce da hinterland balordo,
da domeniche di disperazione dei reietti che sciamano nella metropoli a lenire l'angoscia e, se gli capita, razziare e devastare.


Zombie, sempre zombie, che non riesci a contarli:

mettiamoci pure le vittime di se stesse, della loro catatonia mentale
come quella diciottenne che arriva da Torino a Milano per dormire da un amico che non si fa trovare
e allora accetta ospitalità dal primo che incontra ossia un marocchino senza fissa dimora
che la porta in una casa occupata e la violenta.

Quella va alla clinica Mangiagalli per denunciare, per vedere se è rimasta incinta.

Che ci fai con gli zombi di quindici vent'anni?
Ci ragioni?
Gli fai vedere la pubblicità progresso?
Li rinchiudi?
Li porti dal prete sociale che alle volte è un perverso pure lui, bene che vada un affarista?


La mutazione antropologica del Paese
sembra non conoscere tregua e si spinge sempre più in basso.

 
L'assassino del povero Manuel ha ucciso senza ragione, come gli altri, e il padre cercava di farlo sparire.

“Ha problemi, non voleva”, ma, come gli altri zombie,
esce nella notte con un coltello “perché dovevo scaricarmi un po”.


Rozzano dei vampiri e delle prede, ma dove ormai è diverso? Non voleva uccidere? Non sa perché ha ucciso?

Questi li portano a san Vittore ancora sporchi di sangue e si stupiscono, “ma come? Non torno a casa mia?”.

E chiedono se arrivano le televisioni, se li invitano a qualche programma.

Nessuna coscienza, nessuna mente.

Ricordate quelli delle sfide estreme su youtube, estreme per chi li incrociava,
come quella madre col bambino di 5 anni falciati a Casal Palocco
da un bolide a centoquaranta all'ora in un vialetto col limite dei trenta, limite da biciclo?

Andavano sui social a dire: seguiteci, che facciamo i soldi e gli sponsor arrivavano a frotte, del tutto amorali.

Finché non ci è scappato il morto, un infante, ma nessuno ha avuto una parola di rimorso.

“Ci pensano le nostre famiglie, che sono ricche, a tirarci fuori dai guai”.

Un essere normale, di umanità normale, se ammazza un bambino di 5 anni non ci dorme la notte, si suicida,

ma esiste ancora la normalità in un mondo di zombie?

Non è solo una questione di zeitgest,
certo il pensiero unico del profitto,
del fare soldi per fare soldi non importa come, anzi meglio se in modo criminale,
pesa, la vanità demenziale pesa,
ma diremmo che a questo punto si è andati oltre;

che, specie sotto i venti anni, si muovono quasi tutti se non tutti come in una nuvola stordente e mefitica.



Il Covid? Il vaccino? La totale mancanza di cultura?

 
Questi ormai sono nove su dieci totalmente analfabeti,
incapaci di decifrare un testo scritto in un italiano piano, elementare.

Si esprimono con grugniti, latrati, bestemmie,
non conoscono la differenza fra uccidere e morire,
ma sono bravissimi e bravissime ad atteggiarsi,
a conformarsi all'estetica troiesca dettata dalla televisione.

Tu li riconosci ancora questi italiani che un po' trucidano e un po' sfilano con i lumini,
che celebrano i morti ammazzati con gli applausi,
chiamano le televisioni, si mettono in prima fila come in un corteo medievale, lugubre, ma recitato?


“Vogliamo giustizia” è il grido nazionale, ma a non volerla sono i primi che la invocano
e che subito trovano mille alibi, mille consolazioni:
è malato, è psicotico, è stato abusato da piccolo, la colpa è di tutti, nessuno tocchi Caino.


Se nessuno deve toccare Caino,
Caino si sente libero di accopparne degli altri
ed è esattamente quello che accade.


 
Anche il sacro migrante arrestato per avere violentato e messo incinta una bambina di 10 anni,
migrante come lui, ha imparato il vittimismo all'italiana:

mentre lo portavano via urlava “sono richiedente asilo, non mi potete toccare, rassisti”.


Quale giustizia è possibile, è auspicabile se uno così nel giro di poche ore viene rimandato libero di infierire su altre prede?

Se a me che lo racconto arrivano messaggi minacciosi che mi invitano a farmi gli affari miei, che la buttano in politica?

Se gli stessi giudici, non di rado donne, oscenamente teorizzano la scriminante del “non sapeva che qui le donne non si possono stuprare”?

E questa sarebbe la cultura, la contaminazione di cui abbiamo bisogno, come da trent'anni ci sentiamo ripetere?


Ho chiesto a diversi amici artisti se si ritrovano in questa Italia geneticamente modificata e la risposta è stata unanime:

faccio sempre più fatica,
non è più il Paese dove sono cresciuto,
di cui mi fidavo e in cui mi riconoscevo,
è una terra di ferocia sconosciuta e incomprensibile.
 
Per dire non più dettata dal risentimento o da una tradizione presociale, mafiosa
o da suggestioni terroristiche o romantiche,

ma un posto dove uno zombie di 20 anni
ammazza per due cuffiette da bancarella
e dice, come il messicano di Trinità:

mi è cascato davanti, avrà avuto un infarto, io gli ho dato solo qualche coltellata.


Dicono questi amici artisti:

non me la sento più di raccontarli questi italiani,
non li capisco, sono alieni,
non mi soccorre né la rabbia né l'ironia.

La brava gente di Rozzano sfila con le fiaccole e chiede giustizia,

ma non troppa, più che altro schizoide,
a Rozzano due sono le scuole di pensiero,
una dice “l'assassino lasciatelo a noi che sappiamo come fare giustizia”,

l'altra dice “Nessuno tocchi Caino”.
 
E il sindaco:

“Basta con la criminalizzazione di Rozzano, qui non c'è solo delinquenza”.


“Ti ammazzo, io sono di Rozzano” ringhia il rapper Fedez,
con dietro i compari da curva, quando vuole farsi giustizia da sè.
 
Il verde che piace a loro.


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