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La democrazia UE.


Travaglio oggi imperdibile.

Lo famo strano
di di Marco Travaglio

Se non l’avessimo sperimentata per 14 anni a suon di governi tecnici e trame quirinalizie, oggi dovremmo piangere per la post-democrazia che dilaga in Europa. Ma continua a raccontarsi e a raccontarci la fiaba della democrazia che combatte l’autocrazia dei Putin e dei Trump. Un bel mattino la baronessa Von der Leyen si sveglia e annuncia un piano da 800 miliardi per riarmare non l’Europa (che non è uno Stato e non ha un esercito: solo una Commissione senza poteri in politica estera), ma i 27 Stati membri, esonerandoli dai vincoli che impediscono di spendere in welfare, sanità e scuola, ma non in armi per fare la guerra a non si sa bene chi. Il tutto all’insaputa dei 27 Stati, che non le hanno mai chiesto il piano. Decenza vorrebbe che ne discutessero i 27 Parlamenti, ma non si può. Il nostro, per dire, non ha la più pallida idea di cosa pensi il governo: legge sui giornali che la Meloni ha telefonato a tizio e caio e litiga col vicepremier Salvini e il ministro Giorgetti, i quali litigano col vicepremier Tajani. Per evitare brutte sorprese, la Von der Bomben taglia fuori anche il Parlamento europeo, presieduto da una simpatica signora maltese, tale Metsola, che non fiata per non disturbare. Però il piano Eurobomb piace parecchio a una tizia estone, una certa Kallas, “alta rappresentante della politica estera” di un’Europa senza politica estera, perché la madre, la nonna e la bisnonna furono deportate in Urss 84 anni fa e lei se l’è legata al dito.
A quel punto salta su Macron, che non riesce a governare la Francia e sforna governi bimestrali nati morti, ma s’è fissato di dirigere l’Europa: le annuncia che verrà presto invasa da Putin non si sa bene perché; le offre prêt-à-porter il suo “ombrello atomico” (290 testate contro le 7 mila russe) che però la Costituzione riserva alla sola Francia; e vaneggia di truppe europee da spedire in Ucraina per fare il peacekeeping in un Paese tuttora in guerra, anche perché lui è in prima fila a sabotare i negoziati; ma si guarda bene dall’interessarne il Parlamento, dove lo odiano sia la destra sia la sinistra. Completa il quadro l’aspirante cancelliere tedesco Merz, uscito primo dalle elezioni, che vuol cambiare la Costituzione per aumentare il debito e finanziare il riarmo, ma il Parlamento uscito dalle elezioni non gli garantisce i due terzi, quindi riconvoca quello vecchio. Tanto vale tutto. In Romania, frattanto, a furia di annullare elezioni e arrestare Georgescu per evitare che vinca, il candidato anti-Nato e anti-Ue è balzato nei sondaggi al 45%. Quindi bisognerà annullare anche le prossime elezioni, o arrestarlo di nuovo, o votare a oltranza finché perde, o varare una legge elettorale che fa vincere chi arriva ultimo. Che s’ha da fare per salvare la democrazia dall’autocrazia.
 
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Sempre peggio
Non ho capito

Aumenta il prezzo di che?
Della benzina e del gasolio?
 
Come siamo caduti in basso.

È la magistratura, e non la politica,
a poter decidere se una nave carica di migranti/clandestini può entrare in un porto italiano.

È questo il principio che ieri i giudici della Cassazione mettono nero su bianco,
con una sentenza destinata a rendere incandescente lo scontro tra governo e giudici sul tema della giustizia.

Le Sezioni unite, il massimo organo della Cassazione,
condannano il governo italiano a risarcire uno dei 177 migranti che nell'agosto 2018
vennero trattenuti per alcuni giorni alla base della motonave Diciotti della Guardia Costiera,
che li aveva soccorsi al largo di Lampedusa.
 
Per condannare il governo a risarcire i profughi della Diciotti,
la Cassazione deve sconfessare sia il tribunale di Roma,
che nello stesso caso in primo grado aveva stabilito la insindacabilità delle scelte del governo,
che la Corte d'appello di Roma che aveva escluso una colpa del governo
«alla luce delle concrete modalità con cui si è realizzato il fatto,
nonché della complessità e della non univocità della normativa di riferimento».

Oltretutto, avevano scritto i giudici d'appello,
mancava qualunque prova del danno sofferto dai profughi per la prolungata permanenza a bordo.

Ora la Cassazione azzera quella decisione, con una sentenza che - con toni singolarmente veementi -
rivendica il diritto della magistratura a giudicare la politica e il governo:

«Il giudice è per statuto costituzionale garante della legalità,
e quindi non arretra là dove gli spazi della discrezionalità politica siano circoscritti
da vincoli posti da norme che segnano i confini o indirizzano l'esercizio dell'azione di governo.
La giustiziabilità dell'atto dipende dalla regolamentazione sostanziale del potere».
 

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