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Qualcosa di simile, nella stessa seduta, è successo durante la discussione sul costo dell’opera.

I magistrati hanno espresso il dubbio che esso superi del 50% il costo del progetto originario.

Fosse così, in base alle normative europee sarebbe necessario fare una nuova gara d’appalto internazionale,
cancellando quella vinta nel 2005, durante il terzo governo Berlusconi, dal consorzio Eurolink, capeggiato da Impregilo (oggi Webuild).

Significherebbe azzerare la tabella di marcia.

Ma si tratta, appunto, di un dubbio,
di un’ipotesi avanzata dai magistrati.

Ossia, ancora una volta, di una loro opinione,
non di un fatto accertato.
 
Chi avrebbe potuto dare risposte dettagliate su questo aspetto non erano i tecnici ministeriali convocati all’adunanza,
bensì i rappresentanti della concessionaria per la realizzazione dell’opera, la Società Stretto di Messina.

Non lo hanno fatto, è stato spiegato,
perché questa non era stata ammessa a partecipare al confronto.


Una notevole «anomalia organizzativa», a maggior ragione perché la società è interamente controllata dallo Stato
(il 55% del capitale fa capo al ministero dell’Economia, il 37% all’Anas, il resto a Rete Ferroviaria Italiana e alle due Regioni interessate).


In quella stessa seduta i funzionari ministeriali hanno notato altre “irritualità”.

Come le critiche del magistrato che, anziché porre domande,
ha fatto l’arringa contro un’opera «mastodontica» i cui costi ricadrebbero sui «nostri figli».



Elementi che dipingono una Corte diversa da un organismo imparziale
e rispettoso dei poteri del legislatore,
interessato solo a valutare i «profili strettamente giuridici» della vicenda,
come essa stessa si è descritta nei suoi comunicati.

Una tesi che la Corte, peraltro, potrebbe confermare facilmente,
cancellando ogni dubbio sul proprio operato,
se solo rendesse pubblica la registrazione di quell’adunanza,
anziché tenerla chiusa in un cassetto.
 
Il risultato di tutto quanto sta accadendo, non può essere che questo :

Sondaggio Youtrend,​

Meloni guadagna 5 punti in 3 mesi:​

il dato che fa esplodere M5s e sinistra.​

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C'è sempre "una prima volta".

Per non saper né leggere e né scrivere. E neanche parlare,
Mohammed Kalandar è assessore allo sport (in quota Partito socialista) a Molenbeek, comune di Bruxelles,
Esercita, dunque, una responsabilità pubblica, in uno dei quartieri più difficili della capitale belga.
E lo fa senza esprimersi nelle due lingue richieste per lavorare nel regno del Belgio: francese e nederlandese.

“Non si capisce niente di quello che dice, e probabilmente neanche lui capisce il testo che gli è stato scritto”,
ha commentato un assessore comunale ad Anderlecht, in un’intervista alla Derniere Heure (DH).
In riferimento al video, l’esponente del Mouvement riformateur (Mr), il partito liberale francofono,
aveva scritto qualche ora prima un post su Facebook:

“Non ho alcuna intenzione di prendere in giro questa persona.
Sono sicura che stia facendo del suo meglio per integrarsi in Belgio e imparare una delle nostre lingue nazionali.
Il problema, tuttavia, è un assessore di un comune di Bruxelles che non parla nessuna lingua nazionale”.

“Come può qualcuno ricoprire cariche politiche, rappresentare i cittadini e gestire i servizi comunali
senza saper comunicare né in francese né in olandese?
I requisiti linguistici minimi dovrebbero essere inclusi nella legislazione:
quando si rappresenta un comune di Bruxelles, mi sembra ovvio che si debba parlare fluentemente almeno una lingua nazionale.

Non capisco come si possa accettare un simile incarico sapendo benissimo di non avere le competenze linguistiche necessarie.
Perché farlo? Per il titolo? Per lo stipendio? O per altro ?
Francamente qualcuno dovrebbe spiegarmi come questo signore possa comunicare con i servizi,
le istituzioni e, soprattutto, con i cittadini che dovrebbe servire”.
 
I giornalai hanno mosso le acque. un uragano nel......vuoto cosmico.

"Il cattivo gusto, per fortuna,

non è ancora tipizzato nel codice penale altrimenti,

altro che ampliamento delle carceri"


"C’è una piccola Italia, sempre la stessa, che si indigna per un canto del Ventennio
come se stesse per ripartire la Marcia su Roma.

Poi c’è la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 16153 del 2024
ricorda una cosa ovvia ma volutamente dimenticata:

il diritto penale non punisce la nostalgia, bensì il pericolo concreto per l’ordine democratico".
 
"Non basta un braccio teso, un coro da dopocena,
o una mostra di fotografie e di oggetti per evocare l’articolo 1 della legge Scelba.

Serve qualcosa di più serio: una riorganizzazione, un programma, una struttura che persegua finalità antidemocratiche.

In mancanza di questo, siamo nel campo delle opinioni, non dei delitti.

La Cassazione, infatti, con linguaggio sobrio e giuridicamente cristallino,
ha detto ciò che il buon senso avrebbe dovuto suggerire da tempo:
non ogni gesto o richiamo al fascismo è reato
,
ma solo quello che assume concreta idoneità a riorganizzare il disciolto partito
o a diffondere pubblicamente l’ideologia eversiva.

Fuori da questo perimetro, si rientra nell’art. 21 della Costituzione:

libertà di manifestazione del pensiero, anche se scomodo, antipatico o impopolare"
 
"Eppure, nel paese delle indignazioni a orologeria,
ogni volta che parte un coro nostalgico in un luogo privato,
si invocano manette, scioglimenti, censure e anatemi televisivi.

Nel caso di Parma, i canti nostalgici sarebbero risuonati all’interno di una sezione di Fratelli d’Italia,
cioè in uno spazio privato, associativo, riservato a tesserati e simpatizzanti.
Giuridicamente, quel luogo non è “pubblico” né “aperto al pubblico”
:

è una riunione privata ai sensi dell’art. 18 Cost., tutelata come libertà associativa".

"Non esiste offesa collettiva, non c’è propaganda, non c’è istigazione.

Esiste, al più, e solo per alcuni, una stonatura di gusto.

Ma il cattivo gusto, per fortuna, non è ancora tipizzato nel codice penale
altrimenti, altro che ampliamento delle carceri.

L’errore è quindi confondere una certa porzione del sentimento pubblico, spesso strumentale con il diritto penale.
La Costituzione vieta la riorganizzazione del partito fascista
, non la sua rievocazione in un contesto privato".
 
"Punisce chi mina la democrazia, non chi canta una canzone.

E se il rischio di una nuova marcia su Roma si riduce a quattro ragazzi con una birra in mano
e un telefono acceso su TikTok, allora la Repubblica non ha bisogno di nuove leggi, ma solo di un po’ di serenità storica.

In un Paese serio, il diritto distingue tra gesto e intenzione, tra reato e folclore, tra minaccia e memoria.

Cantare “Faccetta nera” in una sezione privata può essere considerato inopportuno,
ma non è reato
, né offesa alla democrazia.

Punirlo significherebbe tradire proprio quella libertà che la Costituzione volle garantire a chiunque, anche ai vinti della storia".
 
Anthony Williams, il 32enne incriminato per l’attacco a colpi di coltello
avvenuto sabato sera su un treno passeggeri in Gran Bretagna, nel Cambridgeshire,
è sospettato di coinvolgimento in altri tre precedenti tentativi di accoltellamento.

Lo ha reso noto la polizia.

L’uomo, indicato come uno squilibrato. Finora era stato accusato di un altro attacco con il coltello,
denunciato nella metropolitana di Londra poche ore prima dell’aggressione sul treno.


Prima di compiere l’attentato al treno di Huntingdon,
Anthony Williams avrebbe aggredito e accoltellato due persone nelle 24 ore precedenti.

Perché non era già dietro le sbarre?

Quello che è successo è un fallimento catastrofico delle forze dell’ordine.


La Gran Bretagna è distrutta.
 

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