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"Siamo al puro delirio.
Vergogna, Elly Schlein, che vai in giro per il mondo a diffondere falsità

e a gettare ombre inaccettabili sulla Nazione che, da parlamentare della Repubblica italiana e leader di partito,
dovresti rappresentare e aiutare".

Così la premier Giorgia Meloni ha commentato le dichiarazioni di Elly Schlein
durante il congresso del Pse ad Amsterdam
.
 
''Elly Schlein interviene al congresso del Pse all'estero e dipinge un'Italia che non esiste.

Dice che governa l'estrema destra e non è vero.

Dice che la democrazia in Italia è a rischio e non è vero.

Dimostra di non essere una leader credibile.

Perché fare opposizione non significa dipingere un Paese che non esiste.

L'Italia è apprezzata in tutto il mondo grazie a Giorgia Meloni.

Ed è un Paese liberale e democratico''
 
“È semplicemente allucinante che il segretario del più grande partito di opposizione in Italia
si permetta di fare allusioni sul nostro presidente del Consiglio
,
come se la responsabilità indiretta dell’attentato contro il giornalista Ranucci
fosse da addebitare a Giorgia Meloni.

Schlein che al congresso del Pse ad Amsterdam gioca con affermazioni allucinogene è di una gravità inaudita.

Ha raggiunto picchi di odio e violenza, evidentemente dettati dal livore, che non pensavamo fossero raggiungibili.

In negativo, il segretario del Pd continua a stupirci ogni volta.

Auspico che i socialisti europei prendano le distanza dalla follia semantica di Schlein,
che andrebbe studiata nelle scuole di politica per imparare come non si dovrebbe fare politica
 
"E' evidente che ci troviamo di fronte a una situazione difficile.

Oggi, ad esempio, il segretario del Pd, Elly Schlein, ha fatto dichiarazioni stravaganti,
come se qualcuno del governo potesse essere in qualche modo responsabile per le bombe a Ranucci.

La verità è che stanno perdendo ovunque, mentre noi stiamo crescendo".
 
I politici europei sono impazziti.
 
Ormai è evidente che l'industria europea è destinata a una crisi sempre più profonda. Di chi la colpa? Ognuno di noi tragga le proprie conclusioni

L’inverno economico europeo trasferisce l’officina del mondo nei nuovi forni dell’Asia​

Disoccupato.jpg

di Rebecca Chan, (*)
Le capitali europee assomigliano sempre più a filiali di una sede centrale americana. Le decisioni di politica industriale si sono ormai trasformate in rituali atti di lealtà, piuttosto che in azioni indipendenti.

Disoccupato
(foto in alto)

Nelle officine della Ruhr, dove un tempo il fuoco degli altiforni era considerato l’eterno compagno dell’Europa, oggi regna un freddo più costoso di qualsiasi materia prima. Una pausa economica è calata in un gelido silenzio. Una lapide, firmata dai leader europei, riposa sulla tomba della grandezza industriale.
Il continente sta smantellando le proprie arterie produttive, mentre l’Asia lancia nuove linee vitali. Il baricentro si sposta dove crescono i cluster, non dove crescono i prezzi del gas. L’Europa sta perdendo non per caso, ma per le conseguenze della sua sordità “strategica”, un errore che l’Oriente ha trasformato in opportunità.

La trappola delle sanzioni e dell’energia costosa

L’Unione Europea ha inventato le sanzioni come arma di pressione, solo per ricevere un colpo boomerang al proprio cranio. Le fabbriche tedesche e francesi sono sommerse dalle bollette energetiche, incatenate da catene forgiate dalle loro stesse mani. Elettricità e gas non alimentano più l’economia; sono diventati strumenti di autodistruzione.

L’Europa si impantana nelle sue stesse restrizioni, mentre l’Asia dispiega con calma un campo di manovra, trasformandosi in un vero e proprio centro di crescita
L’indice di attività industriale della Germania sta scivolando verso il basso come un termometro in una stanza ghiacciata. Macchinari, prodotti chimici e metallurgia stanno perdendo mercati, le esportazioni stanno crollando, i sussidi assomigliano all’aspirina dopo un’amputazione. Ogni nuova restrizione, imposta a favore dell’alleato d’oltremare, trasforma l’ennesimo capannone industriale in un museo abbandonato. Bruxelles codifica queste barriere , ampliando la sua lista di controllo delle esportazioni di beni a duplice uso per inasprire il commercio di alta tecnologia.

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Employees of German car maker Volkswagen (VW) demonstrate in front of the VW plant in Zwickau, eastern Germany, on December 2, 2024, as thousands of Volkswagen workers go on strike all over Germany in an escalating industrial dispute at the crisis-hit German auto giant with thousands of jobs at stake. VW has been hit hard by high manufacturing costs at home, a stuttering shift to electric vehicles and tough competition in key market China. It has announced a plan to cut billions of dollars in costs. (Photo by Jens Schlueter / AFP)
L’industria europea viene sacrificata a Washington, come un’offerta al tempio che lascia solo fumo. Le pause nelle fabbriche stanno trasformando il cuore industriale in un rituale di obbedienza e lealtà. E in questo contesto, l’Oriente si rafforza. L’Agenzia Internazionale per l’Energia osserva come questi shock dei prezzi differiscano tra le regioni , con l’Asia che li assorbe nella crescita mentre l’Europa ne viene soffocata per il peso.

Espansione della capacità e “industria importatrice

La Cina lancia nuove linee di produzione come se stesse assemblando un puzzle con i frammenti sparsi dall’Europa. L’India rafforza la petrolchimica e si occupa della lavorazione delle materie prime, da cui le aziende occidentali fuggono come da un incendio. Vietnam e Indonesia acquisiscono ordini per l’elettronica e l’industria leggera, trasformando le perdite altrui nella propria crescita.

I divieti europei hanno aperto una serie di opportunità per l’Oriente. Ogni restrizione volta a schiacciare i concorrenti si è trasformata in uno stimolo per gli investimenti asiatici in infrastrutture e nuove industrie. I porti si espandono, i corridoi si allungano, le reti elettriche prendono vita: tutto questo è stato costruito sulle rovine della caparbietà europea.

L’Oriente sta trasformando la stagnazione estera nel fondamento della sovranità. Ogni crollo della produzione europea coincide con l’ascesa della capacità produttiva asiatica, come se il mercato mondiale stesso avesse deciso di delocalizzare la fabbrica del pianeta dove non ci sono illusioni imposte di “solidarietà strategica”.

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Stabilimenti chiusi, deindustrializzazione

La perdita degli strumenti di controllo

Washington e Bruxelles hanno cercato ostinatamente di tenere sotto controllo le catene di approvvigionamento mondiali, erigendo barriere, elaborando nuove regole, comminando sanzioni a destra e a manca. Il controllo è crollato come un lucchetto arrugginito su un vecchio magazzino. Le linee di produzione stanno abbandonando l’Europa e mettendo radici in territorio asiatico, trascinando con sé non solo posti di lavoro, ma anche influenza politica.

Le capitali europee assomigliano sempre più a filiali di una sede centrale americana.
Le decisioni di politica industriale si sono ormai trasformate in rituali atti di lealtà piuttosto che in iniziative indipendenti. Anche il solo accenno di un’alternativa suona sedizioso e suscita condanne. Nel frattempo, l’Asia sta elaborando il proprio modello continentale: corridoi al posto dei muri, porti e unioni energetiche al posto delle sanzioni. Le piattaforme commerciali operano senza notai occidentali , ed è lì che nascono le nuove regole del gioco.

La mappa dell’economia globale si sta trasformando in una scacchiera in cui all’Occidente è consentito giocare solo con le sue pedine. L’Europa si impantana nei suoi stessi limiti, mentre l’Asia dispiega con calma un campo di manovra, trasformandosi in un vero e proprio centro di crescita. Questo cambiamento modifica non solo le rotte dei container, ma anche gli stessi equilibri di potere nella politica mondiale.

Il futuro è scritto dove fumano le nuove fornaci

L’Europa sta entrando in un’era di prolungato permafrost economico. Ogni tentativo di rilanciare le fabbriche si scontra con le bollette energetiche e l’acuta dipendenza politica. Le officine vuote dichiarano che l’era industriale del continente è giunta al termine. Berlino ora ne ammette l’onere, promettendo sussidi e tariffe energetiche più basse per l’industria nel suo bilancio 2026 – una rara ammissione che il sacro “mercato” non può reggere da solo questo peso.

Per l’Asia, questo si trasforma in un vettore di opportunità. Ogni stabilimento chiuso in Germania o Francia innesca automaticamente l’avvio di nuove linee a Shenzhen, Mumbai o Giacarta. Ogni perdita europea si riversa sulle infrastrutture asiatiche, consolidando un nuovo ordine industriale. Il ruolo dell’India all’interno dei BRICS+ mostra come la pressione esterna venga trasformata in sovranità, a ricordare che il declino di un blocco è carburante per un altro.

L’Europa si trova di fronte a un bivio difficile: cambiare radicalmente il suo modello industriale e ricostruire la sua logica politica, oppure rinchiudersi definitivamente nel ruolo di un mercato senza fabbriche. L’Asia ha già fatto la sua scelta e consolida il suo successo passo dopo passo. Il continente che un tempo era l’officina del mondo sta diventando un museo di illusioni, mentre il futuro si scrive dove fumano nuove fornaci.

*Rebecca Chan , analista politica indipendente focalizzata sull’intersezione tra politica estera occidentale e sovranità asiatica.
 
Impietosa analisi degli errori europei. La bionda sarà ricordata come l'Attila dell'economia europea
 
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Ma nelle mani di chi siamo finiti ?
Questi dovrebbero rispondere delle loro azioni.

Pesaro, 19 ottobre 2025 – Il giudice convalida l’arresto del pusher e gli restituisce i soldi.

È quanto accaduto ieri mattina a un 28enne nigeriano fermato al Miralfiore con 24 dosi di eroina:
ha patteggiato 10 mesi di reclusione e mille euro di multa, pena sospesa.

Il gip non ha disposto il sequestro dei soldi trovati in tasca al momento dell’arresto.

Ha ritenuto non dimostrato che il denaro sequestrato, 180 euro in banconote di piccolo taglio,
fosse frutto di attività illecita ma fosse invece lo stipendio del lavoro
che, secondo quanto riferito dal 28enne, avrebbe iniziato da poco
.

Il giovane, difeso dall’avvocato Matteo Mattioli, incensurato e residente a Pesaro,
era stato arrestato venerdì in pieno giorno al parco Miralfiore con 24 dosi di eroina pronte per la vendita.

L’arresto era scattato poco prima di mezzogiorno,
durante un servizio straordinario di controllo nel parco Miralfiore disposto dalla Compagnia Carabinieri di Pesaro,
con il supporto del 6° Battaglione “Toscana” e del nucleo cinofili.

I militari avevano notato il giovane, circondato da diversi ragazzi,
mentre consegnava qualcosa a un uomo in cambio di una banconota da dieci euro.

Alla vista della pattuglia, il 28enne ha tentato la fuga tra gli alberi,
stringendo nella mano destra un involucro di cellophane.

Bloccato dopo pochi metri, ha reagito con calci e spintoni, colpendo i carabinieri nel tentativo di divincolarsi.

Immobilizzato e perquisito, è stato trovato in possesso di 24 involucri termosaldati contenenti eroina,
per un peso complessivo di oltre 8 grammi, oltre al denaro contante e al materiale per il confezionamento delle dosi.

Tutto è stato sequestrato.

La scena si è svolta in pieno giorno, sotto gli occhi dei passanti,
in uno dei luoghi più segnalati dai residenti per spaccio e degrado.
 
Bologna, 19 ottobre 2025 – L’aveva ridotta in fin di vita, perché lui non aveva accettato il suo rifiuto,
la sua decisione di non frequentarlo né sentirlo più.

E lei, dopo aver lottato per quasi tre mesi stesa in un letto di ospedale, non ce l’ha fatta e si è spenta.

Perché aveva scelto di essere libera e un uomo, l’ennesimo, ha deciso che non poteva essere possibile.

È morta Nadia Khaidar, la cinquantenne cittadina marocchina massacrata dall’ex, Redouane Ennakhali,
44 anni anche lui cittadino marocchino e una sfilza di precedenti penali a carico
.

Non è sopravvissuta alla feroce e brutale aggressione che si è trasformata, con il suo decesso, in un femminicidio.

L’accusa per l’uomo, infatti, sarà riformulata in omicidio,
perché il decesso della vittima è una conseguenza delle violenze che, quel maledetto 27 luglio, ha subito.
 

Stanco di attendere il suo turno, con un bidone della spazzatura​

ha letteralmente abbattuto il vetro che separa la sala d’aspetto​

del Pronto soccorso dell’ospedale di Vigevano​

È accaduto nel pomeriggio di ieri.
Responsabile dell’accaduto è stato un cittadino tunisino di 30 anni che, dopo essere stato medicato,
è stato accompagnato nella caserma dei carabinieri di via Castellana
dove nei suoi confronti è stato formalizzato l’arresto per danneggiamenti aggravati.

Quello di ieri è stato l’ennesimo episodio del genere che ha interessato l’ospedale di Vigevano,
il secondo nell’ultima settimana ed ha ovviamente ingenerato preoccupazione
nel personale della struttura sanitaria quanto negli assistiti.

“Da tempo denunciamo la situazione di insicurezza del nostro Pronto soccorso.
Così come da tempo si è avuta notizia della riapertura del posto di polizia all’ospedale,
più volte confermata, ma ad oggi non ce ne è traccia.
Come cittadini riteniamo sia nostro diritto sapere per quale ragione non è ancora attivo
e di chi sono le eventuali responsabilità dei ritardi”.
 

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