STEFANIA CRAXI: quell'arte di far politica

FORTEBRACCIO

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Oggi la grande finanza ha il monopolio in diversi settori della vita civile e dell’economia: ci troviamo in un sistema dove quegli stessi attori (visto anche l’art. 105 di Maastricht) hanno subordinato i tre poteri di Montesquieu alla logica del denaro e del guadagno. Le sembra un sistema a “misura di cittadino”?

Veramente mi sta parlando delle stesse sette finanziarie che, mentre in Italia infuriava la bufera politica, navigavano a largo delle cose britanniche e decidevano la privatizzazione all’italiana, ovvero la svendita del patrimonio di Stato a prezzi d’incanto. La differenza tra prima e seconda repubblica sta nel fatto che mentre nella prima la politica era forte e governava il sistema economico, nella seconda gli affari fanno la politica, con un grave vulnus per i cittadini.

Il presidente del Consiglio Romano Prodi, come tutti sanno, ha forti legami con la Goldman Sachs, così come lo stesso Draghi: questa comunanza di interessi in che modo può influenzare la politica di questi personaggi?

Bisogna vedere dove e in che modo queste forze nazionali ed internazionali sono state dietro la rivoluzione del 1992-1994. E’ evidente che in questo fragile sistema politico contano più i banchieri dei politici e per quanto si faccia retorica sulla casta, le caste che oggi occupano il Paese sono ben altre. Il Paese è finito nelle mani delle lobbies finanziarie e bancarie che stanno dietro Prodi, dove un banchiere come Bazzoli conta di più di tanti leader di partito.

A suo giudizio, la grande finanza internazionale ha interesse a smantellare la struttura dello stato sociale ed assistenziale? La cessione delle prerogative statali ai privati, quali effetti negativi – prima che positivi – può avere sui cittadini, nell’odierna economia di mercato?

La libertà di mercato e la concorrenza sono dei fattori sani, tuttavia non possiamo avere stati disarmati e ci sono questioni come l’energia o le comunicazioni che non si possono completamente delegare ai privati. Lo Stato deve servire da regolatore, dare regole e griglie che consentono di crescere, non creare ingiustizie, e lo dico non essendo una statalista. La grande finanza non è mai stata sicuramente filantropica, questa pensa ai suoi affari, ma ci deve essere un potere politico in grado di non essere governato dalla grande finanza. La politica sarebbe l’arte nobile di governare i paesi e migliorare la vita dei cittadini, non dimentichiamocelo!.

In questi giorni stiamo assistendo a inchieste e condanne giudiziarie nel mondo della politica che stanno facendo tornare l’Italia indietro di 15 anni: all’epoca, però, vi fu un trattamento diverso, in particolar modo nei confronti di suo padre, a cui la Camera non avrebbe certamente tributato un applauso dopo dichiarazioni come quelle di Mastella. Cosa ne pensa di tutto questo?

Si tratta di due cose diverse: Craxi in quel momento non fece una chiamata di correo, ma chiese a tutti i dirigenti della prima repubblica la responsabilità di dare una fine politica alla prima repubblica stessa. Seguì un vile silenzio che decretò la sua fine politica ma anche la fine della politica con la “P” maiuscola in Italia. Quella stessa responsabilità che chiese Craxi al sistema politico continua oggi a non essere assunta, perché credo che di fronte alla gravità dell’arresto della moglie del Guardasigilli, la magistratura avrebbe dovuto porsi la responsabilità di informare Prodi di un atto che infierisce un altro colpo all’immagine internazionale dell’Italia e avrebbero dovuto valutare politicamente la questione. Se Prodi non è stato avvisato vuol dire che non governa più nulla e che parte della magistratura è irresponsabile; tutto ovviamente in spregio degli interessi dell’Italia e degli italiani. Poi la questione della signora Mastella è un’altra: le accuse non sono certo tali da arrestarla, però devo fare due riflessioni: la prima è che Mastella si è impiccato con la stessa corda da lui fabbricata perché, distruggendo l’impianto della riforma Castelli, ha messo interamente il potere in mano alla AMM. La seconda è che non credo che gli italiani siano preoccupati per le raccomandazioni fatte in materia di sanità; i cittadini italiani sono a ragione preoccupati di una sanità che non funziona, perché per avere una mammografia è necessario attendere 6 mesi o 1 anno e trovo assolutamente intollerabile in un paese civile che in tema di salute degli individui e delle famiglie si faccia differenza tra ricchi e poveri. Il resto è un po’ politichese. Poi c’è la questione piuttosto strana circa la tempistica dei provvedimenti giudiziari e dei soggetti colpiti: in questi mesi, guarda caso, il senatore Dini, che sollevava dubbi sulla tenuta del governo, ha avuto la moglie condannata. I senatori che sollevavano altrettanti dubbi sono stati intimiditi per mezzo delle intercettazioni; Mastella, che di fronte al referendum minacciava la crisi di governo, è stato costretto a dimettersi per l’arresto della moglie. Il sospetto di una mano che usa la giustizia come clava della lotta politica resta”.

Il processo costitutivo della prossima legge elettorale pare stia andando in una direzione sempre più tesa a rafforzare il bipolarismo, ed i maligni dicono che tale andamento sia funzionale al mantenimento delle poltrone ottenute da molti esponenti politici, molti dei quali coinvolti – più o meno direttamente – in faccende giudiziarie. Condivide queste affermazioni?

Credo che se guardiamo alle grandi democrazie occidentali vediamo che queste sono governate da sistemi bipolari. Nel 1992 è stato distrutto un sistema politico senza pensare a cosa ricostruire dopo di quello. Serve sicuramente una grande riforma che abbracci l’ambito istituzionale, sociale e morale; Craxi lo disse dal 1979 indicandone anche i temi: un diverso carico di lavoro tra la Camera ed il Senato, un freno alla politicizzazione della magistratura, la possibilità di chi governa di prendere decisioni, sia esso il presidente della Repubblica o quello del Consiglio. Questa semplificazione è oramai inevitabile e credo sia assolutamente fondamentale lavorare per un risorgimento morale, che tocchi tutti i campi della vita sociale, politica ed economica. Non parlo di moralismo, ma di altro: non vorrei una terza repubblica, ma una repubblica vera.

Nella maggior parte dei paesi europei si assiste ad un frequente ricambio di uomini all’interno dei maggiori partiti, in particolar modo a seguito di elezioni perse, ed elementi giovanili hanno molto più spazio che in Italia: come si spiega, invece, l’assenza di un processo analogo qui da noi?

All’inizio degli anni ’90 sono stati distrutti i partiti che erano artefici di due importanti operazioni: in primo luogo quella di selezionare la classe dirigente, ed in secondo luogo quella di consentire a tanti “figli di nessuno” di allearsi e diventare poi “padri di qualcuno”, ossia mobilità sociale. Era un’occasione per gente che non veniva da una storia di censo di elevarsi socialmente, così come accadde per la mia famiglia. È stato distrutto il sistema democratico dei partiti, lo scontro anche duro, la sfida che fra questi aveva luogo e che rendeva possibile la creazione ed il ricambio di una classe dirigente. Ora ne abbiamo una nominata da potenti di turno, senza differenze tra destra e sinistra. Tutto ciò comporta immobilismo, poltronismo e nessun ricambio; ovviamente spetta anche ai giovani farsi avanti. Craxi dall’esilio diceva: “Un vero rinnovamento vuol dire idee nuove, linguaggi nuovi, uomini nuovi”. Ci troviamo di fronte, invece, una seconda repubblica composta da uomini vecchi e non sempre migliori.

A fine settembre 2006 lei ha proposto l’Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui rapporti fra cooperative, partiti politici e amministrazioni locali; nelle sue intenzioni, cosa avrebbe potuto e dovuto indagare e a che punto sono i lavori in commissione in vista di una sua istituzione?

Doveva indagare del rapporto perverso tra sistema delle coop rosse e partito dei Ds, un sistema che crea nelle maggiori regioni del centro Italia un potere politico inamovibile da 60 anni e una commistione tale da impedire lo sviluppo della libera concorrenza. Se si pensa che in una regione come l’Emilia Romagna il 72% della distribuzione è in mano alle cooperative capiamo bene la dimensione del problema! La lega delle cooperative è il maggior finanziatore del presidente di quella regione, guarda caso. A che punto è la proposta? I lavori stanno al punto che la proposta non è ancora arrivata in commissione; mi sembra di aver detto tutto!.


di Jacopo Barbarito
 

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