FOMC Minutes: l’inflazione è ancora la preoccupazione predominante. Il rischio di nuove strette monetarie spaventa i mercati
La Federal Reserve ha consegnato anche questa sera un messaggio non molto diverso rispetto a quello già reso noto al mercato nelle ultime comunicazioni del 2006, puntando ancora una volta il dito contro l’allarme inflazione. A questa preoccupazione si è aggiunto però un nuovo timore, che si riferisce alla possibilità di un rallentamento dell’economia a stelle e strisce maggiore del previsto.
E’ questo in estrema sintesi il messaggio che emerge questa sera dalla lettura dei verbali del FOMC, relativi all’ultima riunione della Banca Centrale americana del 12 dicembre. Anche in quest’ultima occasione, ricalcando la posizione già espressa nei tre precedenti meeting, la Fed aveva deciso di mantenere invariato il costo del denaro al 5,25%, livello cui si era giunti prima di agosto in seguito a ben 17 rialzi consecutivi del costo del denaro.
Una decisione questa che peraltro non era stata presa all’unanimità, visto che il presidente della Fed di Richmond, Jeffrey Lacher, si era espresso in favore di un nuovo rialzo dei tassi di interesse, necessario per frenare le pressioni inflazionistiche.
Ed è proprio quest’ultimo tema che ha rappresentato il fulcro centrale intorno ai quali si è sviluppata la discussione dell’ultima riunione del Board, secondo quanto si evince dai verbali diffusi questa sera. Almeno su questo fronte i vari membri della Banca Centrale americana si sono trovati d’accordo nel riconoscere che l’inflazione rappresenta ancora la preoccupazione predominante. Il timore principale è che le pressioni inflazionistiche possano non frenare come sperato, e di conseguenza la dinamica dei prezzi al consumo potrebbe non restituire il previsto rallentamento, cui la stessa Fed aveva fatto affidamento nel corso degli ultimi interventi.
In un primo momento si era pensato che l’attuale livello dei tassi di interesse, fermi da alcuni mesi al 5,25%, avrebbe potuto contribuire non solo al rallentamento dell’inflazione ma anche al sostegno della crescita americana.
Anche in merito a quest’ultima però vengono ora avanzati maggiori dubbi rispetto a quanto accaduto fino ad ora, visto che alcuni membri del FOMC vedono aumentati i rischi di un rallentamento dell’espansione economia, sebbene al contempo si continui a prevedere che che la stessa proceda con un ritmo di crescita vicino o poco sotto al tasso ritenuto sostenibile nel lungo termine.
Dai verbali emerge inoltre che i recenti indicatori economici hanno mostrato dei segnali contrastanti, nonostante siano giunte alcune notizie confortanti in merito ad una possibile stabilizzazione del settore immobiliare che sarebbe già avviata.
Resta però lo spettro dell’inflazione che potrebbe anche costringere la Fed a ricorrere a nuove strette monetarie, al fine di contenere i rischi al rialzo della dinamica dei prezzi. Un’indicazione che ha spiazzato e non poco la maggior parte degli esperti e degli analisti, che non solo avevano escluso nuovi incrementi del costo del denaro, ma addirittura iniziavano già a guardare da alcune settimana alla possibilità di un taglio dello stesso nel corso dei primi mesi del 2007.
In questa direzione si spiega dunque la brusca frenata registrata dai listini azionari nelle ultime due ore di contrattazioni, nel corso delle quali il mercato ha interamente azzerato il vantaggio iniziale, scivolando persino in territorio negativo, salvo poi recuperare alcune posizioni nel finale.