Macroeconomia Usa-Europa strategie di investimento

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Grazie alla robusta economia nazionale, la congiuntura
nei paesi industrializzati mostra ancora una tendenza
rialzista, nonostante la mancanza di impulsi
dai paesi emergenti. Solo la Grecia si trova di nuovo
di fronte a una grave recessione.
Grecia, anomalia nell'Eurozona
L'accordo sulle trattative per un terzo programma di aiuti
per la Grecia non è stato la fine della crisi del debito e ancora
meno un punto di svolta per l'economia greca. Anzi,
a causa dei continui controlli del traffico dei capitali e
dell'incertezza politica sempre elevata, la fiducia nell'economia
greca è crollata a un minimo record. Una nuova
grave recessione è imminente. Come previsto, il resto
dell'Eurozona si mostra indifferente. All'inizio del secondo
semestre, le imprese valutano le previsioni ottimistiche
come in primavera, nonostante la più debole crescita della
domanda dai paesi emergenti. La ripresa sul mercato del
lavoro e dell'economia nazionale si sta diffondendo. Guidata
dalla forte dinamica di recupero in Spagna, per il
2015 continuiamo a prevedere una crescita del PIL nell'Eurozona
dell'1.4% dopo lo 0.9% nell'anno precedente.
Disomogenea fiducia delle imprese svizzere
Il forte franco rappresenta sempre una grande sfida per le
esportazioni svizzere. Ultimamente gli indicatori anticipatori
sono stati incerti. Il calo degli ordinativi non segnala
alcuna rapida ripresa nell'industria. Ma soprattutto a causa
della migliore situazione dell'Eurozona, rispetto allo shock
valutario del 2011, si dovrebbero evitare forti tagli nell'industria
e nell'economia globale. I dati del commercio
estero fanno pensare almeno per il secondo trimestre di
nuovo a un positivo contributo alla crescita. Anche il turismo
ha registrato nel primo semestre solo minime perdite
di fatturato, grazie a più ospiti svizzeri e turisti asiatici. Per
quest'anno continuiamo a prevedere una crescita invariata
del PIL dell'1.1%.
Gli Stati Uniti si avvicinano ulteriormente al primo
aumento dei tassi
Nel secondo trimestre, l'economia USA è riuscita ad accelerare
di nuovo dopo la debolezza all'inizio dell'anno. Di
conseguenza, anche la previsione congiunturale della Fed
durante la sua riunione di luglio è stata un po' più positiva.
A causa degli effetti negativi del forte USD e del basso
prezzo del petrolio sull'industria, la Fed non è però del
tutto convinta su quando iniziare la normalizzazione dei
tassi. I prossimi dati congiunturali saranno determinanti.
Soprattutto i forti dati del mercato del lavoro e salariali lasciano
spazio a un primo aumento dei tassi durante la
prossima riunione a settembre. Noi prevediamo tuttavia
che la Banca centrale statunitense aspetterà ancora fino a
dicembre.


m
 
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I fattori di rischio Grecia, Cina e i prossimi aumenti
dei tassi negli Stati Uniti sono per lo più rimossi dal
mercato – probabilmente a torto. Continuiamo a raccomandare
una leggera sottoponderazione nelle
azioni.
Finora i mercati azionari europei hanno ottenuto una solida
performance annuale. Ma con fortissime oscillazioni.
Attualmente, gli indici più importanti della Germania e
della Francia registrano un aumento del 15% circa. Solo
durante l'inasprimento della crisi della Grecia i mercati
azionari sono scesi temporaneamente. I problemi riguardanti
l'economia e il bilancio statale della Grecia non sono
però stati risolti, ma solo posticipati. Tuttavia, sui mercati
europei domina la spensieratezza. L'andamento dei corsi
delle azioni USA è più pacato. L'economia è solida, ma
senza aspettative di una forte accelerazione. I profitti
aziendali al di fuori del settore dell'energia aumentano
solo lievemente. Inoltre, la Fed dovrebbe aumentare i tassi
ancora quest'anno. Il mercato azionario si mostra quindi
prudente con una performance annuale solo leggermente
positiva .
I rischi rimangono elevati
A nostro avviso la prudenza è ancora opportuna, fino a
quando non vi sarà più chiarezza sul primo aumento dei
tassi della Fed. I dati del mercato del lavoro delle prossime
settimane dovrebbero fornire informazioni a questo riguardo.
E infine la nostra prudenza si basa anche sul fatto
che non sappiamo se gli sforzi della Cina per stabilizzare il
mercato azionario otterranno l'effetto desiderato e fino a
che punto le attuali perdite di corso freneranno l'economia
reale. Non si può escludere che questi fattori di rischio si
indeboliscano, sostenendo ancora bene le azioni. Ma a nostro
parere i rischi superano attualmente il potenziale di
rendimento.
 
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Focus: data di inizio per l'aumento dei tassi
statunitensi sempre incerta
Nelle ultime settimane le aspettative sui tassi statunitensi
erano molto volatili. La probabilità riflessa nei mercati a termine
per un aumento dei tassi a settembre ha oscillato dal
20% a oltre il 50%. Attualmente le aspettative sui tassi sono
state di nuovo frenate e sono diminuite a meno del 30%. Il
verbale della riunione di luglio della Federal Reserve non contiene
infatti alcuna chiara indicazione di un aumento dei tassi
a settembre. La maggioranza del Comitato del mercato
aperto aveva visto avvicinarsi l'inversione dei tassi a luglio.
Dall'ultima riunione della banca centrale, la situazione di partenza
è tuttavia molto cambiata: le aspettative inflazionistiche
in aumento da un basso livello dall'inizio dell'anno sono diminuite
di nuovo nettamente (cfr. grafico). Ciò dipende soprattutto
dalla flessione dei prezzi del petrolio, che è cominciata
quasi contemporaneamente. Abbiamo quindi rivisto leggermente
al ribasso la nostra previsione sull'inflazione per quest'anno.
Ma anche le crescenti preoccupazioni per la crescita
della Cina e quindi anche per l'economia mondiale dovrebbero
aver contribuito al calo delle aspettative inflazionistiche.
Il verbale della riunione mostra che le ottimistiche prospettive
di crescita e inflazionistiche della Fed venivamo messe in discussione
già a luglio da alcuni banchieri centrali. Con il successivo
calo delle aspettative inflazionistiche e la sorprendente
svalutazione dello yuan, l'incertezza della Fed è sicuramente
ancora aumentata.
La probabilità che la Banca centrale statunitense effettui l'aumento
dei tassi solo a dicembre è perciò nettamente aumentata.
Questo è anche il nostro scenario di base. In considerazione
dei rischi emersi recentemente, la Fed dovrebbe attendere
fino a quando avrà a disposizione più dati su crescita e
inflazione negli Stati Uniti e sul rallentamento della congiuntura
in Cina. Non prevediamo tuttavia un forte ritardo dell'aumento
dei tassi. Ultimamente i prezzi al consumo per luglio
sono rimasti dietro alle aspettative e hanno dimostrato ancora
una volta che l'inflazione è attualmente moderata. Ulteriori
aumenti dell'occupazione nei prossimi mesi dovrebbero però
suscitare più fiducia che i salari e i prezzi aumenteranno di
nuovo in misura maggiore. La fiducia delle imprese nel settore
dei servizi è infatti molto ottimistica, il che in genere in passato
è coinciso con un aumento dei posti di lavoro. La Fed ha più
volte sottolineato che la dinamica del mercato del lavoro è
determinante per la previsione sull’inflazione. Nei prossimi
mesi, con ulteriori miglioramenti sul mercato del lavoro prevediamo
una graduale ripresa delle aspettative inflazionistiche
straordinariamente basse.
Anche in relazione al rallentamento congiunturale in Cina attualmente
non vediamo alcun motivo per rivedere la nostra
attuale previsione sui tassi statunitensi. Non c'è alcuna indicazione
che la crescita economica della Cina nei prossimi mesi si
troverà di fronte a un chiaro rallentamento. I dati ufficiali mostrano
che l'indebolimento della crescita ha un andamento
sempre controllato. Il governo cinese ha inoltre ancora sufficiente
margine di manovra per attenuare il rallentamento congiunturale
con ulteriori misure di stimolo a favore della crescita.
E non da ultimo, il commercio estero e lo scambio di
merci con la Cina per gli Stati Uniti sono molto meno importanti
della congiuntura interna.
Ciononostante la nostra previsione per dicembre è soggetta
ad alcune incertezze. A dicembre, la valutazione della situazione
ha luogo una settimana prima di Natale e quindi forse
in un momento sfavorevole per i banchieri centrali. Anche un
aumento dei tassi a settembre non è ancora escluso, se nelle
prossime settimane i dati congiunturali dovessero sorprendere
positivamente. E infine è possibile anche un rinvio al prossimo
anno dell'aumento dei tassi. Il mercato per i Fed Funds Futures
attribuisce comunque a questo scenario una probabilità di un
terzo. A nostro avviso, attualmente un aumento dei tassi a
dicembre è tuttavia l'esito più probabile.
 
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 Le esportazioni della Cina

La situazione dell'economia cinese è sempre il tema dominante
sui mercati azionari globali. I nuovi dati sulla fiducia del
Regno di Mezzo hanno penalizzato di nuovo i prezzi azionari.
L'indice dei responsabili degli acquisti per l'industria manifatturiera,
rilevato dall'Istituto nazionale di statistica, è sceso
sotto l'importante livello psicologico di 50. Ciò non significa
che la produzione industriale stia diminuendo. Ma conferma
il quadro di una dinamica di crescita in rallentamento. È difficile
valutare quale effetto questo abbia sul mercato del lavoro,
poiché mancano i rispettivi dati o la loro qualità è discutibile.
Il tasso di disoccupazione ufficiale non viene considerato dai
mercati. Da molti anni è insolitamente stabile. Inoltre, il numero
enorme dei lavoratori migranti non viene calcolati nella
statistica. La prossima settimana, il sondaggio di Manpower
sull'occupazione potrebbe mostrare fino a che punto sta peggiorando
la dinamica del mercato del lavoro. In primo piano
vi sono però soprattutto i dati delle esportazioni. In agosto, il
calo sorprendentemente forte dell'8% su base annua aveva
aumentato improvvisamente le preoccupazioni per la crescita
della Cina. Le previsioni per la prossima settimana sono solo
di poco migliori. Nei sondaggi tra le imprese cinesi, la componente
degli ordini di esportazione era di nuovo in calo. Vi sono
inoltre indicazioni negative dalla vicina Corea del Sud.
I mercati azionari dovrebbero quindi rimanere vulnerabili alle
flessioni anche la prossima settimana. Tuttavia, le esportazioni
nominali non forniscono alcun chiaro segnale sull'entità
dell'indebolimento della crescita. La flessione delle esportazioni
nominali dipende soprattutto dall'effetto prezzi. In base
al volume, le esportazioni della Cina e della Corea del Sud
sono ancora aumentate anche ultimamente. Negli ultimi 12
mesi, lo yuan ponderato su base commerciale ha registrato
un aumento del 10% a causa dello stretto legame con l'USD,
nonostante la recente svalutazione. Ciò ha costretto gli esportatori
cinesi a ridurre i prezzi.
La dinamica di crescita nei paesi emergenti si sta indebolendo
chiaramente, soprattutto anche nei paesi esportatori di materie
prime. In Cina, i dati congiunturali disponibili
continuano tuttavia a non mostrare alcun forte rallentamento
della crescita. E le nazioni industrializzate sono sempre
in condizioni relativamente buone. La fiducia delle imprese
nell'Eurozona è migliorata anche nel turbolento mese di agosto.
Tuttavia, durante la riunione di settembre di questa settimana
la BCE ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita e
di inflazione. La minore crescita dei paesi emergenti ha un effetto
negativo. E i rischi ribassisti continuano a essere predominanti.
Secondo la BCE è tuttavia troppo presto per valutare
se le recenti turbolenze influiscano negativamente in modo
duraturo sulle previsioni sull'inflazione a medio termine. Di
conseguenza la BCE è pronta ad aumentare risp. a prolungare
il programma di acquisti di obbligazioni – probabilmente oltre
il 2016. Tuttavia, ancora non si sta discutendo di questo.
Negli Stati Uniti, l'indice dei responsabili degli acquisti per l'industria
manifatturiera è diminuito da 52.7 a 51.1 a causa della
peggiore valutazione sulla situazione degli ordinativi. Ciò dovrebbe
essere dovuto principalmente alla flessione del prezzo
del petrolio, il che mette di nuovo sotto pressione il settore
dell'energia USA. Inoltre, l'USD ponderato su base commerciale
si è di nuovo rivalutato – a causa dell'indebolimento delle
valute dei paesi emergenti. Ciononostante, l'economia USA è
su un solido percorso di crescita. Diversamente dall'industria
manifatturiera, nel più grande settore dei servizi la fiducia
delle imprese è sempre positiva. Le prospettive per il mercato
del lavoro e il consumo privato sono quindi sempre intatte.
Ciononostante, con ogni probabilità la Fed non dovrebbe ancora
aumentare i tassi a settembre. Solo a dicembre prevediamo
un aumento dei tassi di riferimento – a condizione che
in quel periodo la volatilità sui mercati finanziari non sia più
elevata e che il rallentamento della crescita della Cina proceda
veramente in modo controllato. L'attuale flessione della componente
degli ordinativi dell'indice dei responsabili degli acquisti
mette inoltre in dubbio la continuazione della ripresa
dell'industria USA. Solo da poco l'attività industriale mostra di
nuovo una tendenza rialzista dopo il rallentamento nel primo
semestre. E infine la pressione sui prezzi e sui salari è sempre
bassa e non mette fretta alla Banca centrale.
In Svizzera, la prossima settimana è previsto il tasso di disoccupazione.
Nonostante gli ostacoli congiunturali, saranno
creati ancora nuovi posti di lavoro. Nel primo semestre, tuttavia,
solo nel settore dei servizi. Nel corso dell'anno, il tasso di
disoccupazione è aumentato leggermente dal 3.2% al 3.3%.
Alla fine dell'anno dovrebbe aumentare al 3.4%.
 
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La prossima settimana sarà soprattutto all'insegna della riunione
della Banca centrale statunitense. Con le turbolenze
della Cina è diminuita la probabilità che giovedì prossimo la
Fed dopo nove anni di politica dei tassi zero aumenti i tassi di
riferimento. I mercati a termine attribuiscono attualmente a
questo scenario una probabilità del 30%. Le previsioni possono
però oscillare ancora notevolmente nei prossimi giorni,
poiché il calendario dei dati è stracolmo, anche in Cina. Le
preoccupazioni per la crescita del Regno di Mezzo sono attualmente
un fattore importante nella decisione sull'aumento
dei tassi. Negli ultimi giorni è un po' diminuita l'incertezza sui
mercati finanziari, dovuta alle notizie negative in Cina. Le
esportazioni cinesi sono state di nuovo in calo. Ma attualmente
i corsi azionari a Shanghai e a Shenzhen non sono più
in caduta libera. E il Ministero delle Finanze ha inoltre annunciato
una politica fiscale da lui stesso chiamata «più incisiva».
Questa domenica seguono i dati di agosto sulla dinamica annuale
della produzione industriale, dei fatturati delle vendite
al dettaglio e degli investimenti in impianti. Si prevede una
leggera ripresa. Tuttavia, con il calo della fiducia delle imprese
in Cina vediamo anche rischi ribassisti per i dati di domenica.
In caso di sorprese negative, i mercati azionari globali dovrebbero
essere di nuovo coinvolti.
Anche negli USA stessi prima della riunione della Banca centrale
saranno pubblicati ancora alcuni indicatori congiunturali.
Probabilmente si delineerà di nuovo il solito quadro: il consumo
trae profitto dalla robusta dinamica nel settore dei servizi,
mentre il settore dell'energia viene penalizzato dal basso
prezzo del petrolio e l'inflazione di base registra una tendenza
sempre laterale.
La decisione della Fed sarà presa da una maggioranza molto
scarsa. Non si può escludere un aumento dei tassi la prossima
settimana. La maggioranza degli analisti lo prevede addirittura,
a differenza dei mercati a termine. Noi tuttavia prevediamo
che indipendentemente da come saranno i dati congiunturali
nei prossimi giorni, la Fed rimanderà ancora la normalizzazione
dei tassi. La maggioranza dei membri del FOMC
dovrebbe voler attendere fino a quando vi sarà la certezza che
il governo cinese riuscirà veramente a stabilizzare la congiuntura
nei prossimi mesi. E anche la continua controversia sul
bilancio nel Congresso USA potrebbe indurre la Fed a non reagire
ancora la prossima settimana. Per il nuovo anno fiscale
che inizia il 1° ottobre non è previsto ancora alcun piano di
finanziamento. Alcuni parlamentari minacciano di nuovo uno
«shutdown» come nel 2013. Due anni fa, la parziale chiusura
delle attività amministrative statali è stato uno dei motivi per
cui la Fed ha rinviato di alcuni mesi il «tapering» degli acquisti
di obbligazioni.
Anche in Svizzera e in Giappone sono previste
riunioni delle Banche centrali. Attualmente non ci si aspetta
tuttavia alcuna modifica dell'attuale politica monetaria. In
Giappone, i dati congiunturali sono stati ancora disomogenei.
L'inflazione è ancora lontana dall'obiettivo del 2%, che deve
essere raggiunto entro la metà del 2016. Di recente, la misura
inflazionistica preferita dalla Banca centrale (prezzi al consumo
senza alimentari) è scesa a zero. E anche senza la componente
dell'energia, l'inflazione ammonta al momento solo
allo 0.6%. Nei prossimi mesi, un aumento degli acquisti di obbligazioni
rimane quindi sempre all'ordine del giorno. La decisione
della Bank of Japan potrebbe arrivare di nuovo in un
momento inatteso, come già nell'autunno scorso. La Banca
centrale dovrebbe tuttavia attendere le nuove previsioni di
crescita e inflazionistiche semestrali, che sono previste durante
la sua riunione di ottobre.
La scorsa settimana, la BCE ha rivisto leggermente al ribasso
le sue previsioni di crescita per il 2015 – a causa dei rischi dei
paesi emergenti. Nel frattempo, l'ufficio di statistica dell'UE
ha tuttavia rivisto leggermente al rialzo i dati del PIL degli ultimi
trimestri. Pertanto, per le nostre previsioni di crescita
dell'1.4% per il corrente anno vi sono addirittura rischi al rialzo



m
 
azionario

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mercati azionari si sono lentamente abituati ai dati
moderati della Cina. Tuttavia, le prospettive di crescita
cinesi rimangono un fattore d'incertezza. Anche
la titubanza della Fed rappresenta un fattore negativo.
Paesi emergenti sotto pressione
Non solo in Cina i segnali indicano un rallentamento della
crescita. Anche sugli altri paesi emergenti soffiano forti
venti contrari. Il rischio di contagio a causa del calo della
dinamica di crescita cinese pregiudica la fiducia degli investitori.
Inoltre, i bassi prezzi delle materie prime penalizzano
quei paesi emergenti che raggiungono un'elevata
quota delle loro esportazioni grazie alle materie prime. A
differenza dei paesi industrializzati, gli indici azionari dei
paesi emergenti si muovono già da oltre tre anni lateralmente
e sono stati ancora nettamente penalizzati dalle
turbolenze in Cina . Anche se i mercati si sono
temporaneamente abituati ai deludenti dati della Cina,
l'incertezza può ricomparire in qualsiasi momento.
USA con aumenti dei tassi in ritardo
L'aumento dei tassi di riferimento negli Stati Uniti dovrebbe
essere sopportabile per l'economia reale. L'economia
ha avuto uno sviluppo molto positivo. Negli ultimi cinque
anni sono stati creati 12 milioni di posti di lavoro. La
reazione dei mercati finanziari agli aumenti dei tassi rappresenta
però sempre un fattore di rischio per gli azionisti.
Gli aumenti dei tassi non hanno penalizzato di per sé i mercati
in passato, soprattutto se si verificavano nella fase iniziale
del ciclo congiunturale ed erano espressione di un
miglioramento delle prospettive di crescita. Dopo anni di
buona situazione reddituale, l'attuale ciclo degli utili delle
aziende statunitensi non dovrebbe tuttavia migliorare ulteriormente
. Gli aumenti dei tassi e dell'USD
potrebbero inoltre rendere più difficile l'incremento dei
margini di utile.
Le possibili reazioni negative del mercato agli aumenti dei
tassi USA e l'incertezza sul modello di crescita cinese ci inducono
ancora a sottoponderare la quota azionaria. Le
nuove elezioni in Grecia non sono attualmente al centro
dell'attenzione del mercato, ma hanno sempre il potenziale
di penalizzare nuovamente la fiducia e contribuiscono
anch'esse al nostro prudente atteggiamento nei confronti
delle azioni.
SMI influenzato dall'andamento globale
Quest'anno, dopo l'eliminazione del corso minimo
dell'euro a gennaio, le turbolenze cinesi sono già la seconda
causa di forti oscillazioni sul mercato azionario svizzero.
Alle incertezze globali il mercato svizzero non può
sottrarsi nonostante il suo carattere difensivo, il che non
sorprende data l'elevata quota di fatturato che le aziende
SMI realizzano all'estero. Rimaniamo prudenti
anche per quanto riguarda le azioni svizzere.
 
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La Banca centrale statunitense non ha ancora aumentato i
tassi di riferimento. Per il momento mantiene ancora la politica
dei tassi zero. La Presidentessa della Fed, Janet Yellen, ha
tuttavia confermato che a seguito della robusta congiuntura
statunitense è ancora prevedibile un aumento dei tassi nel
corso di quest'anno. Per questo le rimangono ancora due
scadenze: le riunioni del FOMC di ottobre e di dicembre. Continuiamo
a prevedere un aumento dei tassi fra tre mesi. Ciò
dà alla Fed più tempo per giudicare se il forte calo delle aspettative
inflazionistiche è solo temporaneo e anche per vedere
come procederà l'economia della Cina. Le nuove previsioni
sugli interessi leggermente più basse dei banchieri centrali
confermano che i tassi di riferimento devono essere incrementati
come sempre solo lentamente. Per il 2016 si attende
attualmente un aumento dei tassi di 100 punti base, cioè 25
per trimestre. E il tasso atteso a lungo termine è stato abbassato
dal 3.75% al 3.5%.
La decisione della banca centrale di aspettare ancora non ha
dato ai mercati azionari statunitensi nessuna spinta. Il potenziale
di ribasso sulle borse internazionali rimane alto anche
nei prossimi giorni e settimane – non solo perché continuano
le congetture sulla politica monetaria statunitense. In Grecia,
dove gli enormi problemi economici sono sempre irrisolti, si
terranno domenica le elezioni parlamentari .
Ma soprattutto il rallentamento della crescita in Cina continua
a essere al centro dell'attenzione del mercato. Come mostrano
gli ultimi dati, la congiuntura cinese si è indebolita anche
in agosto. La produzione industriale e gli investimenti in
impianti sono rimasti di nuovo inferiori alle attese. Solo l'aumento
della crescita del fatturato nominale nel commercio al
dettaglio ha portato una nota positiva. Tuttavia, per l'attuale
terzo trimestre si delinea una crescita del PIL di poco inferiore
al 7% rispetto all'anno precedente. Pertanto non è an
chiaro se il governo riuscirà a raggiungere l'obiettivo di crescita
per il 2015. I negativi dati congiunturali della Cina possono
quindi determinare di nuovo in ogni momento forti reazioni
del mercato, p.es. la prossima settimana quando è previsto
l'indice dei responsabili degli acquisti di Caixin. In agosto,
il calo sorprendentemente forte della fiducia delle imprese
nell'industria manifatturiera ha contribuito in maniera
decisiva all'improvviso aumento delle preoccupazioni per la
crescita. Ora la maggior parte degli analisti si aspetta per settembre
un lieve aumento dell'indice da 47.3 a 47.6. Sono
favorevoli a un lieve miglioramento della fiducia delle imprese
l'allentamento della politica monetaria e fiscale nonché
la stabilizzazione delle borse cinesi – i corsi azionari non sono
più in caduta libera. Come sempre le stime degli analisti per
l'indice dei responsabili degli acquisti sono molto incerte, poiché
per il mese corrente praticamente non sono previsti altri
dati congiunturali, che possono essere consultati come indicazione.



.............buon week.............
 
Ultima modifica:
................??????????????????????????????

L'intensità della correzione non dovrebbe sorprendere
nessuno. Dopo sei anni di corsa ai record –ancora pochi
mesi fa alcuni indici facevano registrare massimi di lunga
durata o addirittura storici – i mercati cominciano a chiedersi
se tutta questa positività non sia ormai abbastanza.
Del resto, osservando con maggiore obiettività, le quotazioni
elevate sui mercati non riflettevano in alcun modo il
contesto macro-economico reale dell'economia mondiale
né la labile situazione politico-finanziaria. Persa nella
nebbia della politica monetaria, questa circostanza è
rimasta invisibile per lungo tempo. Ora che la nebbia
inizia a diradarsi, i mercati si dimostrano piuttosto spaventati
e cercano nuovo sostegno. Difficile dire con certezza
dove lo troveranno. Il clima è infatti troppo negativo
e la visuale non ancora sufficientemente chiara


m
 
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Durante la sua riunione di settembre, la Banca centrale statunitense
Fed aveva mantenuto la sua politica dei tassi zero
a seguito dei dati congiunturali più deboli e dell'incertezza
sugli effetti delle turbolenze sui mercati finanziari. Alla fine
dell'ultima settimana, anche gli importanti dati del mercato
del lavoro sono stati deludenti per il secondo mese consecutivo.
Sebbene a nostro parere la ripresa congiunturale già
molto avanzata negli Stati Uniti sia sempre su un percorso
sicuro, le aspettative
di un primo aumento dei tassi della Fed si sono ulteriormente
allontanate. Sul mercato finanziario si prevede nel
frattempo per lo più un inizio della normalizzazione dei tassi
solo a marzo dell'anno prossimo. Assieme alle aspettative
inflazionistiche sempre basse, questo ha frenato anche i tassi
del mercato dei capitali europei. Il rendimento dei titoli decennali
della Confederazione è di nuovo sceso verso il minimo
record. I dati statunitensi previsti per la prossima settimana
dovrebbero mostrare di nuovo un quadro misto. I
fatturati della vendita al dettaglio dovrebbero aumentare
moderatamente, mentre per la produzione industriale è
prevista una flessione. Il forte USD e il basso prezzo del petrolio
continuano a penalizzare la dinamica industriale. I dati
sui prezzi al consumo statunitensi per settembre dovrebbero
inoltre confermare la debole pressione inflazionistica. L'inflazione
di base si trova sempre in una tendenza laterale.
La bassa pressione inflazionistica a livello mondiale induce
altre banche centrali ad adottare addirittura una politica
monetaria ancora più accomodante. Alla fine di settembre i
tassi in India e in Norvegia sono stati abbassati. Questa settimana,
la Banca centrale giapponese non ha ancora aumentato
il suo programma di acquisto di titoli. La stentata ripresa
e la ricaduta del tasso d'inflazione nel settore negativo rendono
però probabile un nuovo allentamento della politica
monetaria nei prossimi mesi.
Nel corso di questa settimana, i mercati azionari, ultimamente
molto sensibili alle oscillazioni, si sono ripresi dopo il deludente
rapporto sul mercato del lavoro negli Stati Uniti. Evidentemente
la prospettiva di un inizio ritardato della normalizzazione
dei tassi negli Stati Uniti ha reso gli investitori di
nuovo più fiduciosi nei confronti delle azioni. Anche la situazione
nelle borse cinesi sembra migliorare leggermente,
nonostante i dati congiunturali cinesi sempre deboli. La
prossima settimana sono previsti i dati commerciali cinesi per
settembre. Le esportazioni e le importazioni nominali dovrebbero
mostrare di nuovo un forte calo rispetto all'anno
precedente. Oltre a una stabilizzazione dei corsi azionari è
diminuita l'agitazione per la svalutazione dello yuan cinese
dopo la variazione del meccanismo di fissazione per il tasso
di cambio ufficiale. Rispetto all'USD lo yuan è addirittura di
nuovo leggermente aumentato, supportato dagli interventi
sul mercato delle divise della Banca centrale cinese. Le riserve
valutarie sono ancora nettamente diminuite a causa degli
acquisti di yuan a settembre. L'entità degli interventi è tuttavia
sensibilmente diminuita rispetto ad agosto. E con oltre
USD 3.5 bilioni il livello delle riserve valutarie cinesi rimane
molto elevato.
Anche l'industria europea non è risparmiata dal calo della
domanda dei paesi emergenti. I dati tedeschi dell'industria e
delle esportazioni per agosto sono stati sorprendentemente
deboli. La flessione, che dovrebbe riflettersi la prossima settimana
anche nella produzione industriale europea, è stata
tuttavia eccessiva a causa della situazione delle ferie estive.
Inoltre, gli indici dei responsabili degli acquisti europei rimangono
a livelli solidi, nonostante una leggera correzione.
Grazie alla tendenza rialzista della domanda interna, i dati
finora disponibili per l'Eurozona per il terzo trimestre segna
lano una velocità di ripresa di forza simile a quella del primo
semestre.
La ripresa della domanda dell'Eurozona rimane un decisivo
fattore di supporto per la stabilizzazione della congiuntura
svizzera, che risente sempre dello shock per il tasso di cambio.
Ciò è stato confermato questa settimana dal forte calo
dei pernottamenti dei turisti europei in agosto e anche
dall'ulteriore moderato aumento del tasso di disoccupazione
destagionalizzato a settembre.
 
......................................in ritardo.....

Nell'ultima riunione di settembre, la Banca centrale USA, Fed
ha di nuovo rinviato l'inizio della normalizzazione dei tassi. Giovedì
prossimo è in programma la prossima valutazione della
situazione politico-monetaria della BCE. Attualmente non si
può pensare a un aumento dei tassi da parte della BCE. Anzi:
sulla scia delle recenti turbolenze sui mercati finanziari la BCE
ha ripetutamente sottolineato di essere intenzionata ad adottare
ulteriori misure di allentamento, se la raggiungibilità del
suo obiettivo inflazionistico a medio termine di circa il 2% dovesse
essere a rischio. L'attuale programma di acquisti di obbligazioni
offrirebbe sufficiente flessibilità per quanto riguarda
modifiche di volume, composizione e durata.
E poiché l'indice preferito dalla BCE per le aspettative inflazionistiche
nell'Eurozona, le previsioni a 5 anni basate sui prezzi
di mercato per il tasso d'inflazione fra 5 anni , è di nuovo
nettamente diminuito da luglio, le voci di un aumento degli
acquisti di obbligazioni da parte della BCE sono aumentate. Attualmente,
sulla base dei tassi del mercato a termine, un primo
aumento dei tassi della BCE viene indicato dai mercati finanziari
addirittura solo per la fine del 2018.
Il protocollo dell'ultima riunione della BCE faceva intravedere
tuttavia crescenti dubbi dei banchieri centrali sulla rilevanza
delle aspettative inflazionistiche 5Y5Y. Infatti, la correlazione
tra movimenti del prezzo del petrolio a breve termine e le
aspettative inflazionistiche a medio termine è notevolmente
aumentata negli ultimi tempi . In teoria, la temporanea
volatilità del prezzo del petrolio non dovrebbe avere
alcun effetto significativo sulle aspettative inflazionistiche a 5
anni. Per contro, se il prezzo del petrolio scendesse in maniera
duratura a un livello più basso, come probabilmente nel corso
dell'ultimo anno a causa dell'aumento dell'offerta dagli Stati
Uniti e dal contemporaneo calo della dinamica della domanda
dai paesi emergenti, questo potrebbe influenzare le prospettive
per il percorso inflazionistico. La direzione non è comunque
chiara. La flessione della domanda dai paesi emergenti e
dai paesi esportatori di materie prime in generale può frenare
da un lato la crescita delle esportazioni dell'industria europea.
Dall'altro lato, il calo dei prezzi delle materie prime per i consumatori
in Europa significa un effetto molto positivo per il potere
d'acquisto. I risparmi sui costi delle materie prime possono
essere utilizzati per altri scopi di consumo.
Nelle recenti previsioni inflazionistiche della Banca nazionale
svizzera e della Banca centrale svedese Riksbank, i banchieri
centrali indicano una leggera prevalenza dell'effetto positivo.
Dopo l'ulteriore calo del prezzo del petrolio, la BNS ha diminuito
le sue previsioni inflazionistiche per quest'anno, ma allo
stesso tempo ha leggermente aumentato le aspettative a medio
termine. L'effetto del potere d'acquisto determinerà quindi
in futuro complessivamente un aumento leggermente più forte
dei prezzi al consumo. L'ultimo aggiornamento delle previsioni
della BCE mostra invece una leggera revisione ribassista della
previsione inflazionistica a medio termine, mentre l'effetto frenante
sui prezzi, dovuto a un calo della dinamica delle esportazioni,
è stato un po' più importante.
Ciò non è però sufficiente per giustificare già ulteriori misure.
Di conseguenza, nell'ultima valutazione della situazione della
BCE non c'è stata ancora alcuna discussione su un aumento
del programma di acquisto. Il membro del Direttorio della BCE,
Benoît Coeuré, ha ripetuto questa settimana che è ancora
troppo presto per poter giudicare se l'aumento dei rischi ribassisti
esterni penalizzi veramente le prospettive per l'Eurozona.
I dati industriali per agosto sono stati deludenti. Ma la fiducia
delle imprese e soprattutto la fiducia dei consumatori si mostrano
finora resistenti e non indicano un rallentamento della
dinamica del PIL nel secondo semestre. Ciò si riflette anche
nelle previsioni sui prezzi di vendita delle aziende dei servizi europee,
meno dipendenti dai prezzi delle materie prime. Queste
aziende prevedono che nei prossimi mesi, a causa del miglioramento
della congiuntura interna, potranno aumentare addirittura
i loro prezzi un po' di più.
Di conseguenza, nel nostro scenario di base non vediamo alcun
motivo per un nuovo intervento della BCE. Soprattutto poiché
non prevediamo alcun effetto stimolante duraturo tramite
ulteriori acquisti di titoli. Se tuttavia gli indicatori congiunturali
dovessero peggiorare sensibilmente anche nell'Eurozona o se
le prospettive per le esportazioni peggiorassero a causa di una
forte rivalutazione dell'euro, nel Consiglio della BCE si dovrebbe
formare una maggioranza a favore di un aumento degli
acquisti di obbligazioni.
Ultimamente il prezzo del petrolio è fortemente correlato
con le aspettative inflazionistiche a medio termine



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