Fleursdumal
फूल की बुराई
L'incompiuta del Cerro Torre 30-11-2005 www.repubblica.it
Metà della letteratura e della pubblicistica di montagna manco esisterebbe, non ci fossero le grandi querelle alpinistiche a tener viva l'attenzione. Non è una novità, basta scorrere le bibliografie per confermarlo, a cominciare dalla salita di Whymper al Cervino, anno 1865. Alan Lyall, dieci anni fa, a centotrenta dalla conquista, ci ha scritto in Gran Bretagna un tomo grosso come un'enciclopedia. The first descent of the Matterhorn, il titolo, perché in quel caso era stata la discesa il teatro della discordia, con quattro dei compagni del capocordata che scivolano, volano nel vuoto, la corda che si tende e si spezza, la morte.
La polemica nasce all'interno dell'Alpine Club - e delle altre associazioni alpinistiche europee - e presto deborda, entra in tribunale, si accusa Whymper di aver tagliato la corda, poi viene assolto. Ma non da tutti.
E a zigzag nella storia dell'alpinismo, tornano alla mente vicende tormentate e mai chiuse. La tragedia del Pilone centrale del Freney nel luglio 1961, per dirne un'altra che vide protagonisti Walter Bonatti e Pierre Mazeaud. Quattro morti, anche qui, in una bufera che dura tre giorni, Bonatti accusato in Italia di essere causa della scomparsa degli amici, in Francia insignito della Legion d'onore per il coraggio dimostrato. O ancora la vexata quaestio più nota di tutte, in Italia, gli ultimi campi sul K2, di nuovo Bonatti, tra i protagonisti, il più giovane della spedizione italiana, ma anche il più forte. Compagnoni e Lacedelli che procedono verso la vetta e gli promettono di aspettarlo, o forse no.
Un'incomprensione, o un inganno, che costringe lui e Mahdi a bivaccare all'aperto a ottomila metri. Come sia andata, cinquant'anni dopo, ancora nessuno lo può dire. Tre saggi nominati dal Cai hanno redatto un documento che potrebbe mettere la parola fine, ma nessuno, nell'associazione, ha il coraggio di prenderlo e metterci il timbro dell'ufficialità. Non è una questione da poco, la spedizione al K2 non è stata solo un'avventura alpinistica, ha avuto e ha tuttora i suoi pesanti risvolti sulla storia politica e sociale d'Italia.
E veniamo al caso che ha rimesso a rumore le pagine dei quotidiani nelle ultime settimane, la salita - o no - del Cerro Torre nel 1959 da parte di Cesare Maestri e Toni Egger, il forte ghiacciatore austriaco che morirà poi sulla via del ritorno. Tutto è di nuovo deflagrato perché Ermanno Salvaterra, con l'argentino di origine italiana Rolando Garibotti e Alessandro Beltrami, ha aperto una nuova via su quello straordinario "grido di pietra", come recita il titolo del film di Werner Herzog follemente girato sulla montagna. Un itinerario che si dipana su tre pareti, ma ha - o avrebbe dovuto avere - una parte in comune con la prima ascensione di Maestri ed Egger. Salvaterra e i suoi si sarebbero attesi d'incontrare i chiodi a pressione che Maestri ha scritto d'avere piantato. E invece niente.
C'è traccia del passaggio dell'alpinista trentino solo all'inizio, poi basta. Significa che l'ascensione del '59 non c'è stata? Che Maestri ed Egger non sono arrivati in cima? Maestri si rifiuta di commentare, non vuole più saperne, ha dato mandato di parlare per lui al suo avvocato.
Le polemiche non sono solo recenti. Dubbi sulla realizzazione ci sono stati fin dall'inizio, negli anni Ottanta l'inglese Ken Wilson sulla rivista Mountain ci mise sopra un gran punto di domanda. Salvaterra difese Maestri, allora, non solo per solidarietà di valligiano - vivono l'uno a dieci chilometri dall'altro, il più giovane è stato una sorta di erede alpinistico del vecchio "ragno delle Dolomiti" - ma anche perché realmente convinto della sua buona fede. Garibotti ha pubblicato nel 2004 sull'American Alpine Journal un informatissimo dossier che escludeva la possibilità di un successo, cinquantacinque anni prima. E alle stesse conclusioni è giunto Stefano Ardito nel numero di novembre-dicembre 2004 di Alp Grandi Montagne, dedicato proprio al Cerro Torre e al Fitz Roy.
Ma si può escludere che Maestri sia arrivato in vetta perché non sono state trovate tracce su quelle immani facce di granito? Difficile dirlo. In mezzo secolo può essere successo di tutto, su una cima costantemente squassata dai venti che si scontrano fra Atlantico e Pacifico. Lo stesso Salvaterra, in un intervento di pochi giorni fa sul sito, un'autorità per chi si interessa alle montagne, www. planetmountain. com, scrive: "Se avessimo trovato qualcosa sarebbe stata una prova del loro passaggio. Non trovando niente non abbiamo la prova che non sono passati, ma il dubbio permettetemi che ci possa essere". Salvaterra, oltre ad essere uno straordinario alpinista, è una persona onesta. Si fosse trattato del giallo del K2, si può capire l'insistenza nel ricercare prove, colpe, omissioni. Ma in questo caso, vale davvero la pena di continuare a mettere nella piaga la punta della piccozza?
Metà della letteratura e della pubblicistica di montagna manco esisterebbe, non ci fossero le grandi querelle alpinistiche a tener viva l'attenzione. Non è una novità, basta scorrere le bibliografie per confermarlo, a cominciare dalla salita di Whymper al Cervino, anno 1865. Alan Lyall, dieci anni fa, a centotrenta dalla conquista, ci ha scritto in Gran Bretagna un tomo grosso come un'enciclopedia. The first descent of the Matterhorn, il titolo, perché in quel caso era stata la discesa il teatro della discordia, con quattro dei compagni del capocordata che scivolano, volano nel vuoto, la corda che si tende e si spezza, la morte.
La polemica nasce all'interno dell'Alpine Club - e delle altre associazioni alpinistiche europee - e presto deborda, entra in tribunale, si accusa Whymper di aver tagliato la corda, poi viene assolto. Ma non da tutti.
E a zigzag nella storia dell'alpinismo, tornano alla mente vicende tormentate e mai chiuse. La tragedia del Pilone centrale del Freney nel luglio 1961, per dirne un'altra che vide protagonisti Walter Bonatti e Pierre Mazeaud. Quattro morti, anche qui, in una bufera che dura tre giorni, Bonatti accusato in Italia di essere causa della scomparsa degli amici, in Francia insignito della Legion d'onore per il coraggio dimostrato. O ancora la vexata quaestio più nota di tutte, in Italia, gli ultimi campi sul K2, di nuovo Bonatti, tra i protagonisti, il più giovane della spedizione italiana, ma anche il più forte. Compagnoni e Lacedelli che procedono verso la vetta e gli promettono di aspettarlo, o forse no.
Un'incomprensione, o un inganno, che costringe lui e Mahdi a bivaccare all'aperto a ottomila metri. Come sia andata, cinquant'anni dopo, ancora nessuno lo può dire. Tre saggi nominati dal Cai hanno redatto un documento che potrebbe mettere la parola fine, ma nessuno, nell'associazione, ha il coraggio di prenderlo e metterci il timbro dell'ufficialità. Non è una questione da poco, la spedizione al K2 non è stata solo un'avventura alpinistica, ha avuto e ha tuttora i suoi pesanti risvolti sulla storia politica e sociale d'Italia.
E veniamo al caso che ha rimesso a rumore le pagine dei quotidiani nelle ultime settimane, la salita - o no - del Cerro Torre nel 1959 da parte di Cesare Maestri e Toni Egger, il forte ghiacciatore austriaco che morirà poi sulla via del ritorno. Tutto è di nuovo deflagrato perché Ermanno Salvaterra, con l'argentino di origine italiana Rolando Garibotti e Alessandro Beltrami, ha aperto una nuova via su quello straordinario "grido di pietra", come recita il titolo del film di Werner Herzog follemente girato sulla montagna. Un itinerario che si dipana su tre pareti, ma ha - o avrebbe dovuto avere - una parte in comune con la prima ascensione di Maestri ed Egger. Salvaterra e i suoi si sarebbero attesi d'incontrare i chiodi a pressione che Maestri ha scritto d'avere piantato. E invece niente.
C'è traccia del passaggio dell'alpinista trentino solo all'inizio, poi basta. Significa che l'ascensione del '59 non c'è stata? Che Maestri ed Egger non sono arrivati in cima? Maestri si rifiuta di commentare, non vuole più saperne, ha dato mandato di parlare per lui al suo avvocato.
Le polemiche non sono solo recenti. Dubbi sulla realizzazione ci sono stati fin dall'inizio, negli anni Ottanta l'inglese Ken Wilson sulla rivista Mountain ci mise sopra un gran punto di domanda. Salvaterra difese Maestri, allora, non solo per solidarietà di valligiano - vivono l'uno a dieci chilometri dall'altro, il più giovane è stato una sorta di erede alpinistico del vecchio "ragno delle Dolomiti" - ma anche perché realmente convinto della sua buona fede. Garibotti ha pubblicato nel 2004 sull'American Alpine Journal un informatissimo dossier che escludeva la possibilità di un successo, cinquantacinque anni prima. E alle stesse conclusioni è giunto Stefano Ardito nel numero di novembre-dicembre 2004 di Alp Grandi Montagne, dedicato proprio al Cerro Torre e al Fitz Roy.
Ma si può escludere che Maestri sia arrivato in vetta perché non sono state trovate tracce su quelle immani facce di granito? Difficile dirlo. In mezzo secolo può essere successo di tutto, su una cima costantemente squassata dai venti che si scontrano fra Atlantico e Pacifico. Lo stesso Salvaterra, in un intervento di pochi giorni fa sul sito, un'autorità per chi si interessa alle montagne, www. planetmountain. com, scrive: "Se avessimo trovato qualcosa sarebbe stata una prova del loro passaggio. Non trovando niente non abbiamo la prova che non sono passati, ma il dubbio permettetemi che ci possa essere". Salvaterra, oltre ad essere uno straordinario alpinista, è una persona onesta. Si fosse trattato del giallo del K2, si può capire l'insistenza nel ricercare prove, colpe, omissioni. Ma in questo caso, vale davvero la pena di continuare a mettere nella piaga la punta della piccozza?