Tbond-tbills-tBUND-ti amo MARJA (VM 10 anni in borsa) (4 lettori)

shabib

Forumer storico
Il tuo ragionamento è giusto.. ma bisogna sempre razionalizzare le cose anche quelle che non lo sembrano come la costruzione infinita di derivati avvenuta in questi anni.
Ora i grafici che ho postato rappresentano fasi in cui un singolo paese o una precisa area geografica erano in situazione di pre crunch.
Giusto per contestualizzare:
1)Situazione del Brasile del 1998... dopo la crisi dell'anno prima delle tigri asiatiche la crisi sistemica del LTCM influenza gli emergenti, il mondo pensa che il Brasile fallirà, ripeto fallirà. lo spread delle obbligazioni brasiliane raggiungono livelli pre-default e solo l'intervento degli USA salverà il Brasile dalla crisi
2)Crisi del 1997 delle tigri asiatiche, a causa di bilancia dei pagamenti completamente sbilanciate e completamente esposte ai flussi di capitale internazionali i paesi asiatici crollano e si pensa che questi paesi avranno nel futuro crescite nettamente piu modeste che nel passato, si ipotizza anche un default sistemico dell'area prima dell'intervento del fondo pubblico di hong kong a comprare le azioni sul mercato domestico.
3)Svezia tra il 1991/1993 crisi del credito con fallimenti di banche importanti del paese e poi intervento di fondo pubblico a sostegno delle stesse e garanzie di tutte le obbligazioni delle stesse, si pensava che il paese fallisse.
4)Bolla tecnologica del 2001/2002 con eccesso di investimenti, non ne sto a disquisire....

Ora questi scenari di tregenda hanno avuto tutti un punto di svolta con gli indici sotto tra il 40% e il 60% dai massimi.
L'unica volta che la correzione si è approfondita è stata nel 1929 dove anche la costituzione di un fondo pubblico (RTC) in realtà a rellentato la correzione degli indici USA sugli 80 prima del famoso affondo fino a 40% con perdite dell'indice pari all'80% prima della scelta svalutativa del rapporto dollaro/oro (1933) prima e poi dell'economia di guerra dopo (1942).

Certamente il fatto che questa crisi sia partita dal centro del potere e non dalla periferia potrebbe acuirne gli effetti ma come detto finchè la gente ha fiducia nella moneta di carta questi problemi sono risovibili con la stampa di nuova moneta o la liquidizzazione degli asset vecchi.
Solo se crolla questa fiducia (verificabile da un eventuale crollo del prezzo dei bond governativi) allora la correzione potrebbe prendere le dimensioni di quella del 1929.

Ottimo Gipa, :D gia' ieri volevo chiedertelo , ma al punto finale di questo discorso , nel quale sono totalmente d'accordo, :up: e cioe' : eventuale crollo del prezzo dei bond governativi , allora la correzione potrebbe prendere le dimensioni di quella del 1929...a quel punto torniamo al punto : se l'ultimo baluardo , $ , bond e bund garantiti dallo stato , crollano , che ce resta ? only , GOLD , i think , or not ? e penso land and houses....:rolleyes:
 

PILU

STATE SERENI
Qua viene colpito chi aveva il debito e con questo debito aveva costruito posizioni con leva al rialzo e questo fa ridurre la ricchezza complessiva che però era una ricchezza evidentemente virtuale.
Questi non sono tutti.


ricchezza virtuale è vero che però veniva "spesa" come ricchezza reale .... inoltre non sono tutti è vero ma hanno distrutto molto ma proprio molto di ricchezza reale .. vedi le borse ad es.....
 

gipa69

collegio dei patafisici
Ottimo Gipa, :D gia' ieri volevo chiedertelo , ma al punto finale di questo discorso , nel quale sono totalmente d'accordo, :up: e cioe' : eventuale crollo del prezzo dei bond governativi , allora la correzione potrebbe prendere le dimensioni di quella del 1929...a quel punto torniamo al punto : se l'ultimo baluardo , $ , bond e bund garantiti dallo stato , crollano , che ce resta ? only , GOLD , i think , or not ? e penso land and houses....:rolleyes:

Ci resta ciò che è fisico e quindi ha un valore per quello che rappresenta.
L'oro scende perchè perde il suo valore di asset finanziario ma non potrà perdere il suo valore di investimento e monetario e se soprattuto qualcuno comincerà a parlare con piu insistenza di una nuova Bretton Woods con una nuova funzione monetaria per l'oro ne vedremo delle belle (leggevo in questi giorni un intervento di Ron Paul del 2006 al senato in cui parlava della fine dell'egemonia del dollaro e della necessità di ritornare a sistemi valutari più stringenti.... e citava abbondantemente l'oro..).

E poi tutto ciò che puo avere un valore economico.

Però personalmente non penso che questo scenario accada, penso piuttosto che l'oro salirà per la sua funzione di hedge against inflation.... e per il senso di stabilità che rappresenta.
Ma prima dobbiamo attendere la fine del deleveraging e che questo non abbia conseguenze depressive.
 

gipa69

collegio dei patafisici
ricchezza virtuale è vero che però veniva "spesa" come ricchezza reale .... inoltre non sono tutti è vero ma hanno distrutto molto ma proprio molto di ricchezza reale .. vedi le borse ad es.....

Ora le borse scendono per due motivi:
1)deleveraging delle posizioni a leva, questa discesa è sana perchè riporta le aziende su valori fondamentali più realistici e quindi con dividend yiel piu in linea con la storia ecc.
2)Riduzione della propensione al rischio, in uno scenario di rischio le azioni sono considerate un asset particolarmente rischioso (vedi i CDS ecc) per cui si liquidano per safe haven) questa discesa è quella che crea le opportunità d'acquisto.... in quanto le porta su valori fondamentali congrui (che in realtà per un bottom secolare si posizionano un po piu basso di adesso..)
 

shabib

Forumer storico
Ci resta ciò che è fisico e quindi ha un valore per quello che rappresenta.
L'oro scende perchè perde il suo valore di asset finanziario ma non potrà perdere il suo valore di investimento e monetario e se soprattuto qualcuno comincerà a parlare con piu insistenza di una nuova Bretton Woods con una nuova funzione monetaria per l'oro ne vedremo delle belle (leggevo in questi giorni un intervento di Ron Paul del 2006 al senato in cui parlava della fine dell'egemonia del dollaro e della necessità di ritornare a sistemi valutari più stringenti.... e citava abbondantemente l'oro..).

E poi tutto ciò che puo avere un valore economico.

Però personalmente non penso che questo scenario accada, penso piuttosto che l'oro salirà per la sua funzione di hedge against inflation.... e per il senso di stabilità che rappresenta.
Ma prima dobbiamo attendere la fine del deleveraging e che questo non abbia conseguenze depressive.


THANKS , caro :up: e' sempre un piacere leggerti :up: e non dir che ti sviolino:D:lol:
 

Fernando'S

Forumer storico
La terza fase della crisi

Ci sarà una terza fase della crisi, e da dove verrà? La prima ondata ha sconquassato il settore bancario innescando la precipitosa escalation di salvataggi pubblici. La seconda è la recessione che deprime l’economia reale. Il terzo capitolo potrebbe aprirsi all’insegna del rischio-paese. E stavolta gli anelli deboli del sistema sono le nazioni emergenti, l’ultimo motore ancora acceso della crescita globale. Il governo di Pechino ha rivisto al ribasso le sue stime di crescita: dopo l’11,7% di aumento del Pil nel 2007, la Cina rallenta al 9%. E’ il prezzo inevitabile per il calo dei consumi in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone, le tre aree colpite dalla recessione che sono anche i tre sbocchi più importanti delle esportazioni made in China. Fin qui il danno appare contenuto: in qualunque altra parte del mondo un aumento del 9% del Pil si chiama boom. Ma un taglio netto del 2,7% alla crescita non è indolore. In una nazione di 1,3 miliardi di abitanti, dove in media 15 milioni di contadini abbandonano le campagne ogni anno per cercare lavoro in città, la stabilità sociale esige un ritmo di sviluppo molto sostenuto. Già adesso nella regione meridionale del Guangdong l’industria tessile e quella del giocattolo sono in gravi difficoltà, i licenziamenti di massa si moltiplicano, scatenando proteste violente. Per sua fortuna la Repubblica Popolare fronteggia questa crisi con una solidità finanziaria notevole. Le riserve valutarie della banca centrale di Pechino sfiorano il livello record di duemila miliardi di dollari. A differenza delle famiglie americane, quelle cinesi non sono affatto indebitate, al contrario custodiscono un immenso giacimento di risparmio: il 40% del loro reddito. Tuttavia qualche punto debole c’è, nei settori contagiati dallo stesso morbo dell’Occidente: nelle grandi città come Pechino e Shanghai si sgonfia la bolla speculativa del mercato immobiliare; il colosso finanziario Citic (controllato dallo Stato) ha dovuto rivelare un buco di bilancio di 1,9 miliardi di dollari in seguito ad azzardate speculazioni sull’euro. Proprio mentre il governo italiano si preoccupa di erigere barriere contro eventuali incursioni ostili dei fondi sovrani stranieri, a Pechino la tendenza è di segno opposto. Le holding di Stato si sono pentite per essere venute in soccorso alle banche occidentali mesi fa, acquistando partecipazioni azionarie il cui valore si è assottigliato. Ora la priorità per il fondo sovrano cinese diventa un’altra: è un’arma da tenere in riserva per sostenere l’economia nazionale, se l’impatto della crisi dovesse peggiorare. Altre nazioni emergenti affrontano la tempesta senza l’arsenale finanziario della Cina. Il Pakistan – un paese cruciale per ragioni geostrategiche – è sull’orlo dell’insolvenza e può essere costretto a chiedere l’aiuto del Fondo monetario internazionale. In Corea la moneta nazionale precipita. Il governo di Seul ha dovuto imitare europei e americani varando un piano di aiuti di Stato alle banche. Nona potenza industriale del pianeta, la Corea è colpita due volte: non solo dal calo delle esportazioni, ma anche dalla deflazione mondiale delle materie prime e dei noli marittimi, essendo un big dell’acciaio e della cantieristica navale. In India la banca centrale ha tagliato i tassi d’interesse per cercare di sostenere la domanda interna. La gravità della situazione ha indotto Cina, Giappone e i “dragoni” del sudest asiatico (Asean) a mettere da parte diffidenze e rivalità per progettare un fondo comune sovranazionale destinato ai salvataggi bancari: un’iniziativa senza precedenti, che dà la misura dell’allarme nelle capitali d’Estremo Oriente. In America latina la nazionalizzazione dei fondi pensione argentini è una misura d’emergenza per “fare cassa”: l’Argentina è di nuovo in difficoltà finanziarie e il suo Stato tampona l’emergenza mettendo le mani sulle riserve previdenziali. Il rischio-paese lambisce anche l’Europa. La bancarotta virtuale della piccola Islanda finora è stata oggetto di curiosità ironiche: salvo che in Inghilterra, dove diverse tesorerie municipali, e perfino gli amministratori delle polizie di contea, avevano affidato la loro liquidità a banche islandesi online che offrivano tassi d’interesse appetitosi. Ora lo spettro dell’insolvenza di interi Stati sovrani si estende verso paesi meno piccoli, come l’Ucraina. Non sono al riparo alcuni membri dell’Unione europea. L’Ungheria è in serie difficoltà, anche perché in anni più felici una parte della sua popolazione fu convinta a sottoscrivere mutui-casa in franchi svizzeri, il cui rimborso rincara di giorno in giorno.
La Danimarca e la Polonia improvvisamente vogliono bruciare le tappe per l’ingresso nell’euro, l’unico scudo che può proteggerle da crisi di sfiducia, fughe di capitali ed emorragìe nella bilancia dei pagamenti. L’Unione europea e l’America hanno cercato di tappare le falle più vistose della crisi con dei rimedi estremi. Ora i costi di quelle terapie mettono a nudo nuovi punti deboli nel sistema globale. La corsa a rassicurare i mercati e a ricostruire la fiducia dei risparmiatori con dei vasti ombrelli di garanzia statale, rivela che la “coperta” è troppo corta. Non tutti i ministri del Tesoro del pianeta hanno gli stessi mezzi. Nella gara a chi si protegge di più dalle insolvenze bancarie, qualcuno resta staccato dal branco di testa. A furia di offrire onerose garanzie di Stato per placare la paura, è inevitabile che i mercati comincino a interrogarsi sulla solvibilità dei singoli Stati. Sono passati appena undici anni da quando le insolvenze sovrane fecero crollare come birilli i dragoni del sudest asiatico, e dieci anni dalla bancarotta della Russia. Nel momento in cui l’economia di mercato cerca rifugio sotto l’abbraccio accogliente dei governi, c’è chi si ricorda che anche gli Stati possono fallire.
 

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