Thread Ufficiale Unificato delle Discussioni di Politica Estera

en passant a Mussolini gli americani prelevarono un pezzo di materia celebrale
per studiarlo meglio... chissà se Gheddafi avrà altrettanta importanza
 
ma scusate
che fine a fatto il vecchio tread su Obama che vuole il Pakistan?

eppure il problema è di grande attualità ed è sbagliato buttarlo così in fretta nel caledrone


è intervenuto mostrocretino?


comunque

il Pakistan chiede aiuto all'IRAN
Obama nel centro del ciclone

Sabato 14 Maggio 2011 23:00







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di Vincenzo Maddaloni


TEHERAN. Non hanno perso tempo. Tutto è iniziato con un un flash d’agenzia secondo il quale Iran e il Pakistan s’impegnano a combattere il terrorismo nella Regione. Ad affermarlo è stato Ali Larijani, presidente del Majlis, il Parlamento iraniano, al termine dell’incontro col collega pachistano Farooq Naik. Entrambi hanno sollecitato una più stretta cooperazione tra gli apparati di sicurezza dei due Paesi, come ha riferito appunto l’agenzia IRNA. Una dichiarazione che rientrerebbe nelle consuetudini delle relazioni dei due Paesi amici, ma che si colora di significato perché diffusa pochi giorni (2 maggio) dopo l’eliminazione di Osama bin Laden.


E così la visita a Teheran del presidente del Senato pakistano Naik che si annunciava di routine è diventata, come ha riferito lo scarno comunicato dell’agenzia IRNA, l’occasione per un approfondito esame sulle “ questioni di interesse comune e sugli ultimi eventi nella Regione”. Infatti, il presidente Farooq Naik é stato ricevuto dal presidente Mahmoud Ahmadinejad, dal ministro degli Esteri, Ali Akbar Salehi, e dal segretario del supremo Consiglio per la sicurezza nazionale Saeed Jalili.


Di certo, Naik avrà loro ribadito che l’assalto senza preavviso del commando americano venuto dall’Afghanistan è stato inteso dal suo Paese come una violazione vera, simile se non paragonabile a un’invasione di terra, e comunque ad un affronto.

i tenga a mente che il capo di stato maggiore, generale Ashfaq Kayani, il vero uomo forte del Pakistan, si era affrettato a dichiarare all’indomani del blitz che “ogni altra azione di questo genere” comporterebbe una revisione della collaborazione con gli Stati Uniti. Una minaccia che certamente non dispiace ai loro vicini persiani.

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Dopotutto il rapporto di amicizia che lega l’Iran al Pakistan si salda su un’ansia condivisa: il considerare i talebani e l’influenza statunitense i due maggiori pericoli per la stabilità regionale. E quindi c’è un impegno che accomuna i due Paesi: evitare a tutti i costi che gli Stati Uniti controllino le esportazioni di energia in Asia centrale. E’ infatti l’Iran (non altri gruppi di interessi) che finanzia la costruzione di una ferrovia e di un gasdotto dal Tùrkmenistan a Meshad, nell’Iran orientale, che permettono al paese centroasiatico di esportare beni e gas in Iran e, dai porti iraniani, all’estero. Anche la diversità religiosa che li distingue è vissuta con serenità perché in nessun paese dell’Asia centrale, e quindi anche in Pakistan, l’Iran degli ayatollah propaganda i precetti della fede sciita o della rivoluzione islamica, così come fa in Medio Oriente. La ragione è semplice: gli ayatollah hanno capito che l’ideologia sciita non sarebbe stata ben accetta nell’Asia centrale di radicata tradizione sunnita.
Cosìcché, è meglio stringere relazioni tra Stato e Stato e saldarle con contratti commerciali cementati dalla riconoscenza, perché l’Iran è stato il maggior fornitore di armamenti dell’alleanza antitalebana e la sua caparbia volontà di tener testa ai talebani ne ha incrementato la stima nella Regione. In realtà l’Iran ha un altro importante obiettivo strategico, che collima con quello della Russia: bloccare la crescita del radicalismo islamico sunnita, sia che si manifesti nei talebani in Afghanistan, sia negli estremisti sunniti in Pakistan e sia negli integralisti del Movimento islamico dell'Uzbekistan (MIU) e del partito extranazionale Tahrir che, muovendosi lungo le tortuose frontiere tra Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, per anni ha messo in scacco l'esercito uzbeco, il più potente della Regione.


E’ anche l’intelligente vocazione delle tonache al business che ha rassicurato le compagnie europee e le asiatiche, le quali hanno aperto le loro sedi a Teheran con l’intenzione non soltanto di investire nei giacimenti di petrolio e di gas iraniani, ma anche di riconsiderare le opzioni per le vie di esportazione dall’Asia centrale. Infatti, l’Iran è riuscito da qualche lustro a questa parte a organizzare gli scambi di petrolio: quello centro asiatico raggiunge i porti iraniani sul Mar Caspio per essere usato dall’industria del Paese e, in cambio, l’Iran cede agli Stati centro asiatici il petrolio iraniano situato presso i porti del Golfo da vendere sul mercato internazionale.


Il sodalizio funziona. Gli ayatollah riescono a tener testa con più vigore al confronto, come quando gli Stati Uniti gli hanno bloccato i tentativi dì costruire pipeline in Asia centrale e l’Iran ha risposto tenendo fuori dalla regione le compagnie statunitensi, o come quando ha bloccato il progetto di gasdotto dal Turkmenistan al Pakistan, della compagnia statunitense Unocal.
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Infine, gli ayatollah sanno bene che a differenza del proprio Paese, un monolito sciita, o dell’Arabia Saudita, integralmente wahabita, il Pakistan mescola così tante versioni e sette sunnite da non poter essere preda di un unico movimento fondamentalista. E’ vero che i poveri, incapaci di accedere a una giustizia corrotta e inefficiente, devono ricorrere alla sharia, cioè alla giustizia amministrata da capi locali secondo il Corano, ma l’Islam non offre un’alternativa statuale credibile, come appunto avviene nel vicino Iran, dove i pragmatici ayatollah si sono rivelati, da sempre, maestri come pochi altri nel conciliare “il diavolo con l’acqua santa”.
Essi si sono mantenuti sempre cauti anche quando c’erano pretesti più che validi per rompere le relazioni col Pakistan, come quando l’Iran pareva determinato a bloccare, come detto, la crescita del radicalismo islamico sunnita in Pakistan. Inoltre, l’Iran più volte ha dato prova di essere determinato rispondendo con forza ai frequenti massacri degli scìiti in Pakistan da parte dei gruppi estremisti sunniti e in Afghanistan da parte dei talebani, condannando il Pakistan e, in alcuni momenti, chiudendo i confini con l’Afghanistan talebano.
Tuttavia gli ayatollah ha sempre cercato un’intesa piuttosto che inasprire il conflitto. Non ci vuol molto a capire il perché. Il Pakistan è un paese enorme, con 180 milioni di abitanti, il doppio dell’Iran, sei volte l’Afghanistan, due terzi dell’intera nazione araba. Poi, il Pakistan è una potenza nucleare e l’Iran non lo è. Inoltre il Pakistan, come osserva il professor Anatol Lieven, che insegna relazioni internazionali e studi del terrorismo al King’s College di Londra e autore di “Pakistan: A Hard Country”, nelle librerie londinesi da qualche settimana. (Pakistan: A Hard Country by Anatol Lieven ? review | Books | The Observer) «ha seminato (grazie allo scienziato canaglia Abdul Qadeer Khan) tecnologia nucleare dalla Corea del Nord alla Libia; ha incubato, tollerato e, qualcuno sospetta, incoraggiato numerosi attentati che hanno colpito l’Occidente e l’India, come i massacri negli alberghi di Mumbai del 2008; ha nelle forze armate l’unica struttura efficiente dello Stato, sicché il capo di stato maggiore, generale Ashfaq Kayani, una sfinge imperscrutabile, è il vero uomo forte del Paese, che fa politica interna ed estera tramite l’Isi, i servizi segreti; è strategicamente collocato fra Cina, India e Iran, a volte vaso di coccio tra vasi di ferro, più spesso ferita infetta (basta pensare al Kashmir) che contagia i vicini, e in gran parte condivide l’etnia pashtun con il contiguo Afghanistan».
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Si tenga a mente poi che da quando è crollata l’Unione Sovietica, la politica estera americana si è votata a studiare gli interventi più idonei per poter controllare direttamente i flussi delle risorse strategiche presenti nell’ Asia Centrale e Meridionale. L’attenzione posta ai giacimenti di petrolio e gas situati in Azerbaigian, Georgia e Turchia, nelle repubbliche ex-sovietiche dell’Asia Centrale e l’instaurazione di regimi alleati in Afghanistan e in Iraq rientrano nelle strategie con le quali gli Stati Uniti cercano di controllare le principali fonti di energia a livello planetario, (La seconda rivoluzione americana), senza tralasciare le aree a cui la Cina e l’India guardano con crescente interesse poiché da esse dipende la loro ascesa economica.
In questo scenario l’Iran rappresenta un serio ostacolo per gli interessi statunitensi nella Regione e pertanto la rinsaldata amicizia col Pakistan è vista con crescente preoccupazione. Anche perché c’è pure la Gazprom russa che è fortemente interessata ad investire nella realizzazione del gasdotto IPI (Iran, Pakistan, India), denominato anche “gasdotto della pace”, nell’ottica di una possibile distensione dei rapporti tra Delhi e Islamabad, grazie alla condivisione del gas iraniano.
La stessa compagnia russa è impegnata nello sviluppo dei giacimenti di South Pars nel Golfo Persico e in ripetute occasioni ha invocato che all’interno del progetto IPI venga inclusa anche la Cina al fine di legare economicamente, energeticamente e commercialmente Russia, Cina, India, Pakistan e Iran.
Sicché il timore degli Stati Uniti di perdere la leadership mondiale (Noi, periferia dell'America) è stato la molla che li ha indotti al blitz di Abbottabad, durante il quale è stato eliminato Osama bin Laden che era praticamente ospite dell’accademia militare pakistana. Malauguratamente essi hanno sottovalutato, o forse - peggio ancora - non hanno tenuto affatto in conto, la plateale violazione della sovranità pakistana che l’attuazione del blitz avrebbe comportato.
Pertanto, la risposta ferma del generale Ashfaq Kayani, va ben oltre le parole pronunciate se si tiene in mente lo scenario che le circondano. Siccome la strada s’annuncia lunga e tortuosa, c’è soltanto da augurarsi che gi Stati Uniti non decidano di segarla - perdendo ( ancora una volta) ” il loro senno collettivo” - e si lancino in un’invasione di terra del Pakistan. Non è fantapolitica poiché da come si sta muovendo il presidente Barack Obama non è diverso dal suo predecessore, George Walker Bush. Egli avanza con la stessa scompostezza, con l’identica violenza del ciclone. Non soltanto visto qui, da Teheran.
 
La Grecia và a Patrasso

da La Grecia si porta avanti, al posto dell?euro torna il baratto | Linkiesta.it

La Grecia si porta avanti, al posto dell’euro torna il baratto

Marta Ottaviani


I Greci hanno trovato un modo tutto personale di reagire alla crisi che sta precipitando il Paese nel baratro: riscoprire l’arte del baratto fra piccole comunità. Il focolaio del fenomeno è stata la città di Aigion, a pochi chilometri da Patrasso, ma anche quest’ultima ha poi avviato la stessa forma di scambio spostandola su internet e regolandola addirittura con una moneta virtuale. Ma c’è anche chi non si accontenta della valuta on-line e ne ha creata una anche per gli scambi settimanali. Così anche a Volos, nella regione di Magnesia, due mesi fa è partito il baratto ma unito all’utilizzo del Tem, una moneta che è diventata per centinaia di persone un’alternativa preferibile all’euro.
Tesi shock di un documentario greco: giusto non pagare i debiti - di Marco Braghieri







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Il problema dei greci (Afp)






Economia
14 maggio 2011 - 13:09 E la Grecia tornò alla polis. Il popolo ha trovato un modo tutto personale di reagire alla crisi che sta precipitando il Paese nel baratro, bypassando il governo e l’Unione Europea: riscoprire l’arte del baratto fra piccole comunità. Una pratica antica che, affiancata alle moderne tecnologie, ha portato a risultati sorprendenti e che dalla regione di Patrasso si sta espandendo rapidamente per tutta l’Ellade. Una forma di scambio vecchia come il mondo, con la quale i greci stanno cercando di allontanare quelli che sono diventati i loro due nemici principali: l’euro e le banche.
Il focolaio del fenomeno è stata la città di Aigion, a pochi chilometri da Patrasso, nel distretto amministrativo dell’Acaia, che fa tornare alla mente i fasti del passato.

Da gennaio un gruppo di persone sempre crescente ha iniziato a sostituire la moneta con il cambio merce. «Con il baratto - spiega a Linkiesta Leonidas Chrysanthopoulos, nativo di Egion e sostenitore dalla prima ora dell’iniziativa – la gente ha risolto praticamente un problema che cominciava a opprimerli: la mancanza di soldi per provvedere a tutti i loro bisogni. I generi di prima necessità si acquisiscono con il baratto e si tengono i pochi euro a disposizione per le spese più importanti». Le contrattazioni avvengono nella piazza principale del Paese, per poter procedere al baratto bisogna essere iscritti all’associazione Φιλική Oικονομία, che in italiano suona come “Economia amica”.

L’organizzazione, formata da volontari, ha il compito di sorvegliare i vari baratti e controllare che gli scambi siano equi, intervenendo in caso di controversie fra le due parti.
Attualmente i membri registrati sono circa 3.000. Il concetto è molto semplice: a cadenza settimanale, solitamente il sabato e la domenica, la gente porta alimenti od oggetti di cui dispone in abbondanza, o di cui si vuole liberare, per scambiarli con generi alimentari e non di cui ha bisogno.

Il modello di Aigion ha fatto scuola nel giro di poche settimane. Patrasso, capoluogo della regione, ha avviato il baratto, spostandolo su internet e regolandolo addirittura con una moneta virtuale, l’obolo, che sostituisce l’euro nelle transazioni. Anche in questo caso per accedere ai servizi bisogna essere registrati e lo scambio ha carattere strettamente locale. La merce viene valutata in oboli e a quel punto a seconda della cifra totalizzata si può iniziare il baratto con gli altri membri. Fra la merce offerta si trova di tutto, dai generi alimentari all’elettrodomestico che non ci si può più permettere. Tentativi di fusione da parte della comunità di Aigion sono stati accolti con un rifiuto dalla comunità di Patrasso, un gesto che porta in sé un affascinante richiamo alla tradizione delle città-stato dell’antichità.
E c’è chi non si accontenta della moneta on-line e ne ha creata una anche per gli scambi settimanali. A Volos, nella regione di Magnesia, due mesi fa è partito il baratto, unito all’utilizzo del Tem, una moneta il cui acronimo significa “unità di scambio locale” e che è diventata per centinaia di persone un’alternativa preferibile alla moneta unica europea.
E dopo l’euro, adesso potrebbe toccare alle banche. Il laboratorio di questo nuovo esperimento sarà ancora Aigion. «Nelle prossime settimane – spiega ancora Chrysanthopoulos – vareremo anche noi la nostra moneta. Si chiamerà elikion. Le verrà attribuito il valore di circa 90 centesimi di euro. I 10 rimanenti verranno accumulati dall’associazione e utilizzati per sopperire alle esigenze più urgenti della comunità locale». Scambiare in elikion non sarà obbligatorio, chi vuole potrà proseguire con il semplice baratto, ma gli organizzatori sono certi che anche questa forma, mista di scambio e autofinanziamento, si rivelerà un successo e hanno già stabilito alcuni settori dove intervenire con i nuovi finanziamenti, soprattutto a livello di infrastrutture pubbliche. Come se la polis di Aigion, nei territori della mitica Acaia non si aspettasse nulla né da Atene né da Bruxelles.
 
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Ungheria vietare l'acquisto di terreni e risorse idriche a stranieri

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in italia c'e' lavoro, venite

[ame=http://www.youtube.com/watch?v=QW75027Gc0w]YouTube - Bersani: "Lavoro, la crisi ha prodotto un milione e duecentomila disoccupati" (5)[/ame]
 
OPerazione “Geronimo” un fallimento totale per Obama.

Operazione ?Geronimo? un fallimento totale per Obama. - Mentereale

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GeronimoHelikopter.jpg

di Corrado Belli

Pian piano viene tutto a galla, in effetti non è durata a lungo la messa in scena della presunta uccisione di Osama Bin Laden, anche stavolta i Mass Murder Media hanno diffuso il massimo della disinformazione, quello che è venuto fuori negli ultimi giorni è veramente abominevole, ma sentiamo cosa dicono i vicini di casa del presunto Bin Laden durante un’intervista rilasciata ai media locali in Pakistan “Samaa TV”.

Muhammad Bashir, vicino di casa del presunto Bin Laden ha visto tutto e racconta al reporter cosa è veramente accaduto quella sera:

"..ero ancora sveglio quando ho sentito l’elicottero arrivare, alcuni uomini sono scesi velocemente dall’elicottero e sono entrati nella casa, l’elicottero è tornato indietro, non sono riuscito a contare quanti uomini a causa dell’oscurità ..ma dalla massa scura che si muoveva si poteva presumere che fossero 10/12. L’elicottero ha fatto un giro in prossimità una collinetta ed è ritornato con altri due elicotteri, uno veniva da Est e uno da Nord, lo stesso elicottero che aveva lasciato gli uomini a terra è atterrato e ha preso a bordo il gruppo, gli altri due erano ancora in volo nel momento in cui l’elicottero con gli uomini a bordo ha cercato di sollevarsi, pochi secondi dopo si è sentita una esplosione che ha disintegrato l’elicottero dove erano saliti a bordo gli uomini scesi poco prima, subito dopo l’esplosione un gruppo di curiosi del vicinato sono entrati nel cortile dove era caduto l’elicottero in mille pezzi, subito dopo si è sentita un’altra esplosione proveniente dal veivolo che aveva preso fuoco, probabilmente erano eslosi i serbatoi del carburante. 20 minuti dopo sono arrivati l’esercito e la polizia che cercava di allontanare i curiosi dal luogo dove era caduto l’elicottero, tutto intorno si vedevano parti di corpi dilaniati ..teste, braccia ..gambe e altri pezzi di corpi delle persone che erano saliti pochi secondi prima, gli altri due Elicotteri sono volati subito via in direzione Mansehra senza che siano atterrati per prestare soccorso agli occupanti dell’elicottero caduto, ma credo che anche se avrebbero voluto non c’era nulla da fare per gli occupanti del veivolo ..erano tutti morti dilaniati dall’esplosione, quanti corpi c’erano non è stato possibile contarli.. era difficile vista la situazione, subito dopo l’arrivo dell’esercito e la Polizia, sono arrivati degli uomini che probabilmente erano dei Servizi Segreti e parlavano la lingua Paschtun, assieme a loro c’erano anche altre persone e si vedeva chiaramente che non erano Pakistani, hanno cominciato a bussare alle porte dei vicini e nello stesso tempo li incitavano a non uscire di casa fino a un nuovo ordine, io mi trovavo sul terrazzo della mia casa e da li vedevo e ascoltavo tutto quello che dicevano, mi sono allontanato un paio di minuti per tranquillizzare i miei figli che si erano svegliati e chiedevano cosa fosse successo, tornato sul terrazzo vidi che la polizia portava via mio cugino Shamrez che si trovava proprio nel cortile e aveva visto anche lui come erano andati i fatti, dopo pochi giorni lo hanno rilasciato e chiuso dentro in casa sua, non può parlare con sconosciuti e gli hanno proibito di uscire di casa fino a nuovi ordini".



L’intervista rilasciata da Bashir al reporter della Samaa.TV:
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"I giovani sono in via di estinzione. Negli ultimi 10 anni, dal 2000 al 2010 abbiamo perso più di 2 milioni di cittadini di età compresa tra i 15 e i 34 anni".

"in contrapposizione - ha aggiunto - nello stesso periodo sono invece aumentati di 1 milione 896 mila unità gli italiani over-65."

Giovani in via d'estinzione, - 2 milioni in dieci anni - Cronaca - ANSA.it

Da oggi e fino al 2050 si stima che in Europa migreranno ogni anno 1,5-2 milioni di persone provenienti dall'Africa

Per il Cnel fino al 2050 in Europa arriveranno dall'Africa due milioni di persone ogni anno - Il Sole 24 ORE

Immigrazione, Obama apre alla cittadinanza per gli irregolari

Immigrazione, Obama aprealla cittadinanza per gli irregolari | Roberto Festa | Il Fatto Quotidiano

europei e americani saranno cancellati come culture

e' gia' stato deciso

per me queste scelte accelerate verso la globalizzazione finiranno per causare una nuova guerra mondiale

l'alternativa e' un futuro dell'occidente colonizzato da asiatici, africani e latino americani
successivamente verranno spazzate via anche le elite che hanno voluto questo e ci ritroveremo con le favelas a milano
 
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