Ronald Reagan: “Gheddafi, quel pagliaccio libico…”
Il 21 aprile 1986, pochi giorni dopo l’attacco americano contro la Libia, Ronald Reagan perse la pazienza con “quel pagliaccio di Gheddafi”. “Quando la farà finita di piagnucolare che le nostre bombe hanno ucciso una ragazzina?”, annotò il presidente degli Stati Uniti sul diario personale. “Che dovremmo dire del neonato volato giù da un aereo Twa a 5000 metri di quota? O della bambina di 11 anni abbattuta a sangue freddo all’aeroporto di Roma?”.
Le pagine di diario di Reagan pubblicate di recente e la continua declassificazione dei documenti con cui ordinò l’attacco a Muammar Gheddafi, sollevano veli sui retroscena dell’operazione ‘El Dorado Canyon’, come il Pentagono battezzò il raid della notte tra il 14 e 15 aprile 1986 in Libia. Gli attacchi cioé che Gheddafi, nel suo intervento a Palazzo Giustiniani, ha ricordato per paragonare l’America a bin Laden. Le basi per il blitz furono poste da Reagan l’8 gennaio 1986 con una ‘National security decision directive’ (Nsdd), una direttiva top secret ora in parte declassificata. “Le prove del sostegno di Gheddafi al terrorismo, inclusi gli attacchi del 27 dicembre a Roma e Vienna, sono inconfutabili”, scriveva Reagan, riferendosi alle stragi negli aeroporti del mese precedente. “Sono giunto alla conclusione – aggiungeva – che il sostegno del governo libico al terrorismo internazionale è una minaccia straordinaria alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”.