Thread Ufficiale Unificato delle Discussioni Politiche Generali

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Favoreggiamento, indagato
il numero due della Finanza


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Il generale Michele Adinolfi






L’indagine dei pm napoletani investe i vertici delle Fiamme gialle. Il generale Adinolfi avrebbe passato notizie riservate a Bisignani

GUIDO RUOTOLO

Indagato. Per violazione del segreto istruttorio e per favoreggiamento. L’inchiesta sulla P4 colpisce al cuore la Guardia di finanza. Il suo capo di stato maggiore, il generale Michele Adinolfi. Che si è già presentato a Napoli con l’avvocato, ed è stato sentito mercoledì scorso. Ma sarebbero anche altre le stellette della Finanza sotto osservazione dei pm napoletani Curcio e Woodcock. Di certo è indagato, per gli stessi reati di Adinolfi, anche il generale di corpo d’armata (sempre della Gdf) Vito Bardi, comandante dell’Italia meridionale.

E nel fascicolo Woodcock è finito anche Pippo Marra, direttore dell’Adn-Kronos. E sempre per favoreggiamento. Il generale Adinolfi secondo le ipotesi dell’accusa passava le notizie sulle inchieste in corso agli indagati. Ne parlano diversi testimoni. Uno in particolare, eccellente. Si tratta dell’ex colonnello della Finanza, l’onorevole Marco Milanese, collaboratore del ministro del Tesoro, Giulio Tremonti. Milanese - indagato dal pm napoletano Enzo Piscitelli e l’inchiesta sarebbe arrivata al traguardo -, ha chiamato in causa il generale Adinolfi. Mercoledì i due sono stati messi a confronto. Milanese: «Il generale Bardi informava Adinolfi che, a sua volta, attraverso Pippo Marra, trasferiva le informazioni a Bisignani».

Il numero 2 della Finanza ha energicamente contestato questa ricostruzione di Milanese, invitandolo a ritrattare.

Nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip, sollecitato dal pm, Luigi Bisignani aveva messo a verbale: «Per una vicenda completamente diversa (Marra, direttore dell’Adn-Kronos, ndr) mi chiamò un giorno e mi disse: “non parlare al telefono, non parlare al telefono”. Dopodiché ne parlai con l’onorevole Milanese, che dopo un po’ mi disse che io avevo il telefono (sotto controllo, ndr) per via dell’inchiesta...». Prima che finisse ai domiciliari, Bisignani, sentito dai pm, ha parlato delle fonti informative di Alfonso Papa: «A proposito della presente indagine, vi ribadisco che il Papa, quando io gli dissi delle intercettazioni e delle schede - informazioni passatami da Bocchino -, mi diceva che aveva fatto i suoi giri negli ambienti della Guardia di finanza, e che era andato al Comando generale e a quello provinciale di Napoli. In tale contesto mi disse che era andato anche da Bardi, il quale gli aveva confermato dell’esistenza dell’indagine».

Sentita ad aprile dal pm Woodcock, la portavoce del ministro Tremonti, compagna dell’onorevole Marco Milanese, Manuela Bravi, parlando del generale Adinolfi, del responsabile sicurezza di Terna, di un ex ufficiale della Finanza, e dell’avvocato Fischetti, ha dichiarato: «I tre hanno un atteggiamento da paura, come chi ti fa capire “o con me o senza di me”. Sono persone che vivono al di sopra delle loro possibilità».



La portavoce del ministro Tremonti si era data un gran daffare per cercare di capire la posizione processuale del suo compagno a Napoli, Marco Milanese.

«So che la talpa è un appartenente alla Gdf, ricordo il cognome che comincia sicuramente con la “M”... tipo Migliaccio o Migliacco o Marasco».

Ma altri ufficiali della Finanza vengono chiamati in causa da imprenditori che sono stati sentiti dai pm. A partire da Luigi Matacena, quello della lista Falciani («ho scudato 2, 5 milioni di euro»). Che ha rivelato del pranzo offerto al ristorante «Mattozzi» di via Filangieri, a Napoli, ai generali Bardi, Adinolfi (con signora), Grassi, Zafarana. «In quell’occasione ho regalato ai partecipanti dei gemelli comprati da Marinella e per le signore dei foulard di Marinella». Si dava del tu con i generali Bardi e Adinolfi: «Ho conosciuto al Premio Ischia di giornalismo i generali Adinolfi, Bardi, Spaziante».

E ancora Matacena: «A proposito della Finanza, vi dico che il Papa mi ha detto in più di un’occasione che lui aveva amicizie ed entrature soprattutto nella Gdf e nei carabinieri».

Alfonso Gallo, a proposito dell’inchiesta sulla P4: «Il Papa mi disse di essere stato informato dell’esistenza della suddetta attività investigativa svolta dalle signorie vostre da ambienti della Guardia di finanza.

Ho visto più volte il Papa incontrarsi con il generale Poletti dell’Aise (ex Sisde, ndr) con il quale so che si incontrava sistematicamente presso la libreria Feltrinelli di Roma. Inoltre mi ha detto di essere molto amico e legato al generale Pollari (ex capo del Sismi, ndr).
Anche la Divisione investigativa antimafia - sempre a detta di Papa - forniva notizie e informazioni al Papa, che poi le utilizzava con le modalità che ho appena descritto. Ripeto che il Papa ha sempre detto di poter disporre di notizie riservate e segretate e perciò teneva sotto giogo molti imprenditori». Sempre Gallo ha poi precisato: «Il Papa mi ha parlato del fatto che conosceva il generale Poletti, il generale Adinolfi e il generale Mainolfi». Che sensazione di antico. Di logge e di deviazioni di pezzi di apparati dello Stato.






un bel giro di generali......
 
Ultima modifica di un moderatore:
Torino:scandalo sanità -arrestata assessore del PDL

Scandalo sanità
il gip conferma gli arresti


Restano tutti in carcere i sette protagonisti dello scandalo legato alla fornitura dei pannoloni per gli anziani. Respinte dal giudice le richieste di arresti domiciliari

di SARAH MARTINENGHI Niente libertà per i sette arrestati dell'ultimo scandalo della saniutà piemontese. Il gip CristianO Trevisan ha esppresso parere negativo alla concessione degli arresti domiciliari
a Franco Sampò, sindaco di Cavagnolo,

Stefano Mozzati, odontostomatologo,
l'imprenditore della sanità privata Pierfrancesco Camerlengo,

il commissario (dimissionario) dell'Asl To5 , Vito Plastino

e il braccio destro dell'assessore, Piero Gambarino, attorno al quale - secondo l'accusa - ruota l'intera inchiesta. I pm, invece, avevano dato parere favorevole ai domiciliari per Sampò e Mozzati. Nel frattempo sono ripresi, negli uffici dei pubblici ministeri di Torino Paolo Toso e Stefano Demontis, gli interrogatori sullo scandalo che ha investito la sanità piemontese, per cui risulta indagata anche l'assessore regionale (che ha rimesso le deleghe) Caterina Ferrero.


(03 giugno 2011)
 
15/06/2011 -
Sanitopoli, arrestata Caterina Ferrero

ferrero-g_04.jpg
Caterina Ferrero all'uscita della caserma della Guardia di Finanza



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"Contro Ferrero
indizi precisi,
movente politico"





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Torino, scandalo
sanità, arrestata
Caterina Ferrero





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Sanitopoli,
in manette
Caterina Ferrero






L'assessore finisce ai domiciliari
"Agiva per interesse personale"
In serata arrivano le dimissioni


alberto gaino, grazia longo

torino
«Agiva per motivazioni politiche personali e non per l'interesse della pubblica amministrazione». Questa la ragione che ha indotto gli inquirenti a disporre gli arresti domiciliari per Caterina Ferrero, assessore alla Sanità della Regione Piemonte.

«La misura si è resa necessaria perchè esisteva il rischio di ripetizione di reato», hanno spiegato in conferenza stampa il procuratore della Repubblica di Torino, Giancarlo Caselli, e il pm aggiunto, Andrea Beconi. La Ferrero, infatti, ha rimesso le deleghe, ma ha conservato la carica di assessore regionale e «ha mantenuto - ha sottolineato il pm Beconi - un ruolo importante di possibile influenza sulle decisioni amministrative». La misura degli arresti domiciliari nella sua villa di Leinì è stata ritenuta sufficiente a garantire l’assenza di contatti fra Ferrero e altre persone.

Un nuovo tassello si aggiunge dunque nel complicato intreccio di affari privati e politica che si è abbattuto come un tornado sulla Sanità piemontese. La posizione della Ferrero potrebbe essersi aggravata dopo gli interrogatori seguiti agli arresti delle scorse settimane.

Con l’ordinanza emessa dalla Procura si contesta all'assessore il reato di turbativa d’asta, ma la stessa è stata iscritta nel registro degli indagati anche per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio in relazione all’apertura di un centro di emodinamica a Chivasso (Torino), deciso - ha spiegato Beconi - nonostante il piano regionale non lo preveda e «per soddisfare le aspettative della zona di Ivrea e Chivasso». Per questa ipotesi di reato sono indagati in concorso, il collaboratore di Ferrero Piero Gambarino e il commissario della Asl To4 Renzo Secreto.

Sono due le vicende dalle quali si evince - secondo la Procura - l’interesse politico di Ferrero negli episodi sui indagano i pm della stessa Procura e la Guardia di Finanza. La prima è la revoca del bando di gara per la fornitura di pannoloni per anziani, che, secondo il procuratore aggiunto Andrea Beconi, è stata una misura «adottata non per interesse pubblico, ma per interesse politico, ovvero allo scopo di averne un ritorno di tipo politico nelle imminenti elezioni amministrative».

A seguito del provvedimento, secondo le indagini effettuate dalla Procura, «furono organizzati incontri elettorali con i farmacisti. Non si è trattata di un’esplicita promessa di voti - ha precisato - ma di una sorta di captatio benevolentiae». L’altra vicenda è quella dell’apertura del reparto di emodinamica dell’ospedale di Chivasso (Torino), assegnato senza alcuna gara ai privati della clinica torinese Villa Maria Pia.

«È stata effettuata - ha sostenuto Beconi - nonostante il piano di rientro della sanità regionale prevedesse la chiusura di servizi aperti o la non apertura di altri servizi e, nella zona di Chivasso e Ivrea, che non fosse opportuno aprire alcun centro del genere». Anche in questo caso, ha detto Beconi, «l’interesse è stato di tipo politico: favorire la rielezione del sindaco uscente». Si tratta di Bruno Matola del Pdl (sconfitto da Gianni De Mori del centrosinistra nella recente tornata elettorale), che però non risulta iscritto nel registro degli indagati.
 
Brescia: arrstati esponenti della LEGA per tangenti

Mazzetta da 22mila euro,
arrestati a Castel Mella
2 esponenti della Lega


L'assessore all'Urbanistica, Mauro Galeazzi, e il tecnico Marco Rigosa sarebbero stati corrotti da un costruttore che voleva edificare su un’area vincolata.

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Soldi (foto Ansa)

Castel Mella (BS), 21 aprile 2011 - Una tangente da 22mila euro: con l’accusa di corruzione sono finite in carcere quattro persone. Due sono politici in forza alla Lega Nord e immediatamente sospesi: Mauro Galeazzi, assessore all’Urbanistica, Commercio e Personale del Comune di Castel Mella, e Marco Rigosa, responsabile dell’Area urbanistica edilizia privata dell’Ufficio tecnico sempre del Comune di Castel Mella nonché assessore all’Urbanistica, edilizia e lavori pubblici del Comune di Rodengo Saiano (estraneo ai fatti). Gli altri due soggetti arrestati all’alba dai carabinieri di Brescia e condotti in carcere sono: Andrea Piva, geometra, e l’imprenditore Antonio Tassone. A dare la scintilla a questa storia di malcostume un incendio: lo scorso 25 gennaio fiamme dolose hanno distrutto il capannone a Lumezzane della “Tassone costruzioni Srl”. Per questo motivo i carabinieri, temendo azioni estorsive, hanno messo sotto controllo i telefoni del titolare Omar Tassone e dei suoi familiari, compreso il padre Antonio.
Ed è proprio ascoltando le conversazioni di quest’ultimo che è venuta fuori la storia della tangente. Tassone senior, impegnato nella realizzazione di un centro commerciale a Castel Mella che avrebbe ospitato la sede di un punto vendita Eurospin, tramite il geometra Andrea Piva, ha intrattenuto - questa la ricostruzione contenuta in 20 pagine di ordinanza del tribunale - illeciti rapporti con membri del Comune dell’hinterland di Brescia, in particolare con il tecnico Rigosa e con l’assessore Galeazzi.
Innumerevoli i contatti telefonici tra i quattro soggetti intercettati: in particolare Tassone si è messo alla caccia di un accordo per l’approvazione del suo progetto edilizio da realizzarsi su un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico-ambientale. Per rendere più celere e sicuro sia l’iter di approvazione del piano urbanistico in seno al Consiglio - grazie all’ammorbidimento dei controlli e delle verifiche della commissione paesaggistica - sia affinché, non vi fossero intoppi per ottenere il necessario nulla osta paesaggistico della Soprintendenza ai beni ambientali di Brescia, Tassone ha palesemente pattuito al telefonino il versamento di 22mila euro: 12mila pagati a favore della società del geometra Piva e altri 10mila versati in contanti dallo stesso imprenditore sempre a Piva. Quest’ultimo ha poi fatto da tramite con Rigosa e Galeazzi che si sarebbero “smezzati” il bottino. La misura degli arresti in carcere è stata richiesta e ottenuta perché, oltre a sussistere gravi indizi di colpevolezza, per tutti gli indagati c’è il pericolo di reiterazione del reato.
Ma la posizione dell’assessore Galeazzi è gravata anche da un altro reato gravissimo: il peculato. Dipendente della Provincia di Brescia (è collaboratore di segreteria dell’assessore al Patrimonio, Giorgio Prandelli), è accusato di aver utilizzato per scopi personali un cellulare intestato all’Ente. In particolare vengono contestate quasi 400 telefonate tra il 14 marzo al 4 aprile. Sono state intercettate conversazioni con familiari, donne straniere e compagni di partito. In particolare, sono state trascritte telefonate sia per la prossima partecipazione alla Mille Miglia, sia, si sostiene nel provvedimento, per l’approvvigionamento di cocaina definita come “la bianca”.
di Luca Degl'Innocenti
 
LUCCA: arrestato assessore del PDL per corruzione

Bufera a Lucca, arrestato assessore








L'accusa è corruzione

Cinque persone sono state arrestate all’alba dai carabinieri, a Lucca, con l’accusa di corruzione. Tra di loro, anche l’assessore al traffico, e alla mobilità, con delega allo stadio, Marco Chiari. Arrestato anche il dirigente dell’ufficio Urbanistica, Maurizio Tani. Arresti domiciliari, invece, per tre professionisti, anche loro accusati di corruzione: Andrea Ferro, ex presidente della commissione urbanistica del Comune di Lucca; Luca Antonio Ruggi, dello studio professionale di Chiari, e l’architetto Giovanni Valentini del Gruppo Valore di Prato che fino a ieri pomeriggio era azionista di maggioranza della Lucchese Calcio.

I cinque sono ritenuti responsabili dalla Procura di Lucca di reati contro la pubblica amministrazione, per aver creato uno stabile accordo corruttivo con promesse e dazioni di danaro, finalizzato all’adozione ed approvazione di provvedimenti amministrativi, che consentissero la realizzazione di importanti progetti edilizi ed urbanistici.

Nell’ambito dell’operazione è stato eseguito il sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 18 milioni di euro, a carico della società Valore. Nell’operazione sono impegnati una cinquantina di carabinieri. La Procura di Lucca ha chiesto e ottenuto anche il sequestro dell’intera area del parco di Sant’Anna.
 

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