In altri termini, mentre la previsione del rapporto deficit/PIL per il 2019 con politica economica in linea con quella del governo Gentiloni sarebbe dell’1,3%, con le misure indicate nel “contratto” si salirebbe al 5,5%, passando poi al 4,6% nel 2020 (nonostante un aumento dell’attività economica rispettivamente del 2% e dell’1%, aggiuntiva rispetto a quella che si sarebbe ottenuta con il governo Gentiloni). In assenza di misure correttive o di coperture certe, gli investitori valuterebbero in modo molto negativo la scarsa attenzione all’equilibrio di finanza pubblica in un paese già oberato da un debito oltre il 130% del PIL.
Questa valutazione negativa sarebbe aggravata dall’analisi dell’andamento congiunto del bilancio primario (ossia deficit pubblico al netto della spesa per interessi) rispetto al PIL e del corrispondente impatto sul rapporto debito/PIL. Nel 2017 il bilancio primario è stato dell’ordine del +2% del PIL (surplus). Come si può rilevare nella tabella, ove il bilancio primario fosse invece portato stabilmente al -4% del PIL (deficit) perfino una crescita del PIL nominale del 5% comporterebbe un ulteriore peggioramento del rapporto debito/PIL del 10%, con un debito/PIL che passerebbe dall’attuale 130% al 140% nel 2025. Per ottenere una riduzione del 25% del rapporto debito/PIL in sette anni con un surplus primario costante e simile a quello attuale occorrerebbe una crescita del PIL nominale di almeno il 4% annuo (area verde nella tabella).
Nel suo discorso di addio, il vicepresidente uscente della BCE, Victor Constancio ha inoltre ricordato che, per poter beneficiare del reinvestimento dei titoli acquistati durante il QE dalla BCE, l'Italia dovrebbe mantenere almeno un
rating di credito “
investment grade”. Questo merito creditizio potrebbe venire minacciato se si vedesse che l’Italia sta allentando gli standard fiscali; e Moody’s ha già messo il nostro paese sotto osservazione per un possibile declassamento. In sintesi, la BCE difficilmente potrà tamponare lo stress del mercato italiano in presenza di squilibrio nei conti pubblici, anche in caso di permanenza nell’euro.
L’Italia sotto il monitoraggio degli investitori
Articolo non recentissimo che lascerebbe poca speranza secondo la tabella...