Il report mensile di una grande banca d'oltralpe riassume, in modo molto semplice, situazione e possibili scenari futuri sull'euro. Ovviamente riflette convinzioni e visione della banca.
Crisi dell’euro: domande & risposte
È vero che il debito greco è insostenibile e non può essere rimborsato? Sì. Il rapporto di indebitamento è pari quasi al 160% del PIL e continua a crescere, con promesse di misure di au- sterità non del tutto mantenute e un’economia in profonda recessione. Il secondo pacchetto di supporto alla Grecia concordato a luglio prevede un taglio del 21% (finora tre quarti degli erogatori si sono detti favorevoli alla proposta), ma i mercati scontano un taglio del 60% circa e, a nostro parere, è proprio ciò che serve adesso.
La Grecia ha bisogno di tagliare il 60% del proprio debito, ma come fare in pratica? Prima possibilità: il FMI e l’UE, che attualmente finanziano il governo greco in base al programma di prestiti concordato nel maggio 2010, si rendono conto che i tagli al deficit non hanno registrato progressi e rifiutano di erogare una delle tranche del finanziamento (con scadenza ogni 3 mesi), la- sciando la Grecia nell’impossibilità di pagare gli stipendi/le pensioni o i rimborsi/interessi sul debito. Parallelamente, la BCE e i governi predispongono delle misure per cercare di limitare il contagio (ad es., ricapitalizzazione bancaria, ac- quisto di obbligazioni italiane – si vedano le domande suc- cessive). Seconda possibilità: la Grecia inizia a tagliare il suo deficit in maniera convincente, il FMI e l’UE non solo erogano il finanziamento attuale, ma passano anche alla se- conda fase, il che dà alla Grecia l’accesso effettivo ai finan- ziamenti ufficiali per un decennio, offrendo così un ombrello di sicurezza sotto il quale il debito può essere gradualmente ristrutturato del 60%.
Se e quando la Grecia registrerà un grosso default/ ristrutturazione, dovrà lasciare l’EUR? No. Il default/ristrutturazione del debito sono una cosa, la- sciare l’EUR un’altra! Uscire dall’EUR è sorprendentemente difficile, non è come la sterlina inglese che si sgancia dal- l’ERM o come l’HKD che rompe il suo legame con l’USD, perché le vecchie valute prima dell’euro non esistono più, quindi non esiste un veicolo con cui un paese possa sva- lutare (o rivalutare), e qualsiasi tentativo di ricrearlo all’im- provviso creerebbe del caos, perché il valore degli attivi e i termini dei contratti commerciali diventerebbero poco chiari e le attività non bilancerebbero più le passività.
Se la Grecia avvia un massiccio default/ ristrutturazione, non ci sarà un contagio inarrestabile? Questo è il grosso rischio che si corre. Per ridurlo al minimo, le banche greche dovrebbero procedere immediatamente a una ristrutturazione, mentre quelle francesi, e forse anche altre banche di Eurolandia, avrebbero bisogno di un’iniezio- ne di capitali per coprire le perdite. Inoltre, Italia, e forse Spagna e Portogallo (e perfino l’Irlanda, che sta facendo molto meglio) avrebbero bisogno di un supporto illimitato da parte della BCE per i titoli di stato sul mercato aperto.
L’Italia ha fatto abbastanza?
Non ancora. Il pacchetto concordato a metà settembre è imponente (aumento dell’IVA, incremento della pressione fiscale sui redditi più alti, ecc.) ma c’è bisogno di molto ancora, ad es. un’imposta patrimoniale. Questo potrebbe richiedere un nuovo governo e la situazione politica attuale appare complicata.
La BCE darebbe davvero un supporto illimitato all’Italia e ad altri paesi? Sì. Altrimenti, potrebbe essere a rischio l’esistenza stessa dell’EUR, minando le basi del commercio con un rischio molto reale di una depressione in Europa e, a nostro parere, la BCE n on lo consentirebbe. La BCE riceve pressioni po- litiche per limitare gli acquisti, e i membri tedeschi o si sono dimessi o hanno alzato la voce contro questi acquisti, ma niente di tutto ciò può impedire alla maggioranza della BCE di continuare ad acquistare. E la BCE ha ottenuto i massicci tagli fiscali richiesti a Italia e Spagna in cambio dell’acquisto delle loro obbligazioni.
La BCE non rimarrà senza denaro se continua ad acquistare obbligazioni dei paesi periferici? No. La BCE non ha limiti tecnici sul numero di obbligazioni che può acquistare, dato che è lei stessa a coniare euro. In teoria tutto il suo capitale è a rischio se le obbligazioni già acquistate vanno in default, ma se la BCE non si lascia prendere dal panico e continua ad acquistare, e se l’Italia e gli altri rispettano la promessa di mettere ordine nelle finan- ze pubbliche, allora i titoli di stato non andranno in default. E se anche succedesse, i trattati UE prevedono che gli stati membri ricapitalizzino la BCE.
Quanto costerebbe ricapitalizzare le banche di Eurolandia? Dipende dallo scenario, anche se il nostro scenario centrale di un grosso default/ristrutturazione in Grecia costerebbe
15 mia. di EUR alle banche greche e 35 mia. di EUR alle altre; ma questi dati crescerebbero di molto in caso di una profonda recessione o di default di altri stati.
Abbiamo bisogno di una Euro-TARP per ricapitalizzare le banche? Essa fornirebbe maggiore stabilità e la nuova Autorità Ban- caria Europea ha chiesto che 16 fra le banche più piccole e deboli siano immediatamente ricapitalizzate.
È sufficiente ricapitalizzare solo quelle 16 banche minori? No. Quelle banche sono state scelte in base ai risultati degli stress test condotti in precedenza nel corso di quest’anno e non riflettono i timori odierni sul debito sovrano. Per riacqui- stare la fiducia degli investitori, riteniamo occorra un’ade- guata rivalutazione delle posizioni sovrane, da cui risultereb- be probabilmente che alcune banche principali francesi e di altri paesi hanno bisogno di più capitali. A questo dovrebbe seguire una massiccia ricapitalizzazione mediante un mix di denaro pubblico e privato. Il rinnovato EFSF (si veda sot- to) potrebbe fornire dei fondi, ma la resistenza politica a utilizzare il denaro pubblico indica che gran parte dei fondi potrebbero venire dal settore privato, in parte forse sotto forma di CoCo bond.
È giunto il momento per gli investitori di acquistare i titoli bancari o no? Consigliamo l’acquisto di obbligazioni senior di banche di qualità come HSBC e Rabobank, e di alcune banche nor- diche (ex Danimarca) e australiane. Non acquistare anco- ra azioni: alcune delle banche più deboli hanno bisogno di importanti iniezioni di capitali, e l’incertezza che ne deriva rende vulnerabili anche le banche più forti.
È importante che tutti i governi di Eurolandia ratifichino i nuovi poteri dell’EFSF? Sì. I nuovi poteri consentiranno all’EFSF di acquistare titoli dei paesi più deboli sul mercato secondario (e ciò a sua volta potrebbe fornire fondi per la ricapitalizzazione banca- ria). Sarebbe un cattivo segnale se non venisse ratificato; in caso contrario, sarà utile senza però essere una pana- cea. Il supporto dei contribuenti di tutta Eurolandia lo rende tecnicamente un veicolo di gran lunga migliore a sostegno dei titoli più deboli rispetto all’azione della BCE, da ultimo sostenuta mediante la creazione di denaro. Ma se compa- rato all’ambito di azione illimitato della BCE, appare limitato rispetto al debito sovrano complessivo dei paesi deboli (si è anche proposto di procedere a ulteriori finanziamenti ai fini di una maggiore capacità d’azione – e la BCE può sempre rimanere in disparte, pronta a riprendere gli acquisti nel caso in cui i fondi dell’EFSF cominciassero a diminuire).
Quali valute sono dei porti sicuri?
Le valute che rappresentano dei porti sicuri sono quelle che si apprezzano nei periodi di stress dei mercati finanziari e che hanno come caratteristica un avanzo delle partite cor- renti e attivi esteri netti positivi. Con il CHF che ora ha un limite rispetto all’EUR per via dell’azione della BNS, l’unica valuta rimasta come porto sicuro, secondo noi, è il JPY. In Giappone infatti il debito sovrano è elevato, ma finanziato internamente. L’USD spesso si apprezza rispetto alla mag- gior parte delle altre valute nei periodi di stress finanziario, nonostante il deficit con l’estero degli USA. Questo di solito perché le banche estere devono acquistare dollari per far quadrare i bilanci quando registrano perdite sugli investi- menti in dollari; quest’effetto non dovrebbe essere molto forte nell’attuale crisi, in cui le perdite sarebbero principal- mente in EUR. Nei ME una valuta considerata un porto sicu- ro è l’SGD perché tende a fare meglio delle altre divise dei ME. Ma non è un porto sicuro in senso lato, perché tende a fare peggio del JPY e perfino dell’USD. SEK e NOK sono buoni diversificatori nel tempo, ma spesso non registrano ri- sultati apprezzabili nei periodi di crisi. In definitiva, in fase di scelta delle valute, meglio non dare eccessivo peso a quelle considerate porti sicuri, ma piuttosto diversificare ricorrendo a un paniere (che può comprendere anche l’oro) confacente alle valute nazionali degli investitori.
Se l’EUR cessa di esistere, cosa succederà ai miei depositi in EUR? Questo è un ambito legale molto incerto. Se il fallimento dell’EUR viene ratificato ufficialmente da un nuovo trattato di tutti i partecipanti, allora la questione verrebbe chiarita, ma richiederebbe molto tempo. Se uno o più paesi all’im- provviso cercano di lasciare l’EUR unilateralmente, probabil- mente si creerebbe confusione, forse anche del caos, per- ché diventerebbe difficile definire depositi e contratti. La tradizione della «Lex Monetae» vuole che al denaro emesso da un paese si applichino le leggi di quello stesso pae- se, ovunque sia detenuto quel denaro. L’EUR è emesso da diversi paesi, quindi se uno o più paesi cercassero di uscire dall’EUR unilateralmente, i depositi detenuti fuori da Eurolandia probabilmente rimarrebbero denominati in EUR, come definito dai paesi che rimarrebbero nell’area euro.