Sinceramente non ho mai avuto preoccupazioni serie sulla tenuta di Unicredit, nè sui TdS italiani.
So di andare contro il senso comune, ma ho sempre pensato che la crisi italiana non fosse di solvibilità ma di liquidità. Unicredit, Intesa, la borsa italiana e i TdS non sono scesi per motivazioni fondamentali ma perchè c'è stato un gigantesco sell-off di carta del nostro paese che nessuno voleva più avere in portafoglio.
Ricordo che le banche italiane sono decisamente quelle uscite meglio da questa crisi (praticamente hanno avuto bisogno di pochi spiccioli di aiuti, contro le decine, se non centinaia di miliardi, erogati alle banche americane, tedesche, svizzere, olandesi, inglesi e francesi).
Non so se l'anno prossimo raggiungeremo davvero il pareggio di bilancio, di sicuro ci arriveremo molto vicini, probabilmente più di qualsiasi altro paese occidentale. Mentre nel frattempo gli Usa ci avranno quasi superati come rapporto debito/PIL.
Poi certamente ero preoccupato anche io della situazione, arrabbiatissimo con la nostra classe politica, che ha sprecato decenni di bassi tassi senza approfittarne per fare le riforme necessarie e mettere in sicurezza i nostri conti, e con l'intera classe dirigente europea, che è riuscita a compiere il capolavoro di trasformare una crisi fondamentalmente americana nella catastofe dell'Europa.
Siamo stati molto vicini ad un punto di non ritorno, e a quel punto per noi sarebbero stati momenti drammatici, ma se fosse davvero andata in default l'intera Italia non credo che mi sarei sentito più tranquillo ad avere in portafoglio titoli di emittenti deboli (come Groupama, SNS, Dexia o certe banche tedesche) che probabilmente sarebbero stati spazzati via alla pari, se non prima, delle nostre Unicredit ed Intesa.
Per cui ero preoccupato ma sereno (e ho sempre dormito bene
![Big Grin :D :D](data:image/gif;base64,R0lGODlhAQABAIAAAAAAAP///yH5BAEAAAAALAAAAAABAAEAAAIBRAA7)
), tanto che non solo non ho liquidato niente, ma negli ultimi sette-otto mesi ho incrementato la quota di perpetue-TdS-azioni italiane (attualmente al 25% del portafoglio).