dal sito di Repubblica su BANCA MARCHE
Milano I l conto alla rovescia è già scattato: a meno di miracoli, entro la fine di ottobre Banca Marche sarà commissariata. La fase di gestione provvisoria, decisa da Bankitalia alla fine di agosto dopo una semestrale che ha tratteggiato un quadro a tinte fosche con rettifiche record sui crediti, può durare al massimo due mesi. E ora che il tempo sta per scadere nessun elemento fa pensare che l’authority di Palazzo Koch possa tornare sui suoi passi e concedere la piena autonomia agli organi dell’istituto di Jesi. Tutto porta in direzione di un inasprimento del provvedimento della Banca d’Italia. Soltanto con la percezione di un commissariamento alle porte si spiegherebbe, infatti, la pioggia di dimissioni che è arrivata proprio nei giorni scorsi da cinque componenti del cda, tra cui il presidente Rainer Masera, sugli 11 totali. A questo punto basta che si dimetta un solo altro consigliere perché l’organo, comunque già sospeso in questa fase di gestione provvisoria, decada. Del resto, se gli ammini-stratori dimissionari fossero risultati ancora in carica al momento del commissariamento, sarebbe scattato il divieto - stabilito dal regolamento del Tesoro del 1998 - di assumere incarichi analoghi per i successivi tre anni. Nella missiva in cui annuncia le dimissioni, Masera, oltre a prospettare la necessità di un rafforzamento patrimoniale da 500 milioni, lamenta «l’assenza di impegni del mondo imprenditoriale per potere assicurare la creazione
del nocciolo duro necessario per porre la banca in sicurezza», così come la mancanza «di intendimento, disponibilità e autorizzazioni per la sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte delle Fondazioni azioniste». Banca Marche, infatti, da mesi è alle prese con un rafforzamento patrimoniale da 500 milioni che tuttavia non si sa da chi sarà finanziato. In altri termini, manca qualche azionista, vecchio o nuovo, che metta i soldi. La cordata di imprenditori per lo più locali di cui tanto si era parlato nei mesi scorsi e che avrebbe dovuto almeno contribuire all’aumento di capitale da 300 milioni da chiudere entro la fine del 2013 non ha mai preso forma. Si era parlato di un coinvolgimento di Francesco Merloni e Gennaro Pieralisi, già negli anni scorsi diventati azionisti di peso dell’istituto locale Carifano, così come di Diego Della Valle, ma nessuno di questi imprenditori ha mai preso alcun impegno formale a ricapitalizzare Banca Marche. E per arrivare alla cifra di 500 milioni cui Masera ha fatto riferimento nella sua lettera basta ricordare che l’istituto di Jesi ha già varato un’ulteriore ricapitalizzazione da 100 milioni da realizzare entro 24 mesi e che la scorsa estate era stato lanciato un bond da 100 milioni che aveva raccolto scarsissime adesioni. Nemmeno le tre Fondazioni prime socie (Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, Cassa di Risparmio di Pesaro e Cassa di Risparmio di Jesi), che al momento controllano la banca al 55,8%, hanno in cassa abbastanza risorse per aderire alla ricapitalizzazione. Del resto, anche se le avessero e seguissero l’aumento di capitale per non diluirsi, l’operazione probabilmente non riceverebbe il benestare della Banca d’Italia, che da tempo spinge perché gli enti cedano il controllo degli istituti di credito. Bankitalia, non è un mistero, preferirebbe che le strade di Banca Marche incrociassero quelle di un solido partner bancario, che potrebbe così rilevare il piccolo istituto di credito non quotato in Borsa ma ad azionariato diffuso (oltre alle Fondazioni di Macerata, Pesaro e Jesi, nel capitale ci sono Intesa Sanpaolo con il 5,84%, Fondazione Carifano con il 3,35%, e 40mila piccoli azionisti con in mano un 32,27% complessivo). Nei mesi scorsi qualcuno aveva rilanciato l’ipotesi di un intervento da parte di Bnp Paribas, già partner assicurativa di Banca Marche e in Italia controllante di Bnl, ma anche in questo caso non sembra esserci nulla di concreto sul tavolo. E sembra da escludere anche un rafforzamento della partecipazione nell’istituto di Jesi da parte di Intesa Sanpaolo. Insomma, per Banca Marche il tempo stringe, i cavalieri bianchi latitano e il commissariamento è dietro l’angolo. Il piccolo istituto di Jesi paga così gli errori del passato. A cominciare da un’erogazione del credito disinvolta, che nel primo semestre del 2013 (archiviato in perdita per 232 milioni dopo il rosso di 526 milioni di fine 2012) ha condotto a rettifiche sui prestiti per 451,8 milioni, dato in aumento di 373 milioni rispetto ai primi sei mesi del 2012. Non a caso, nel verbale seguito alla recente ispezione, Bankitalia muove pesanti accuse alla precedente gestione, che fino a poco più di un anno fa faceva perno sul direttore generale Massimo Bianconi, poi sostituito da Luciano Goffi. Anche il caso di Banca Marche, come già quelli di Mps e Carige, sembra dimostrare che non sempre quando le Fondazioni sono al controllo la banca è governata all’insegna dell’efficienza. Nella foto qui a sinistra, una delle filiali di Banca Marche Le Fondazioni non hanno vie d’uscita Qui sotto, impieghi e raccolta in diminuzione per Banca Marche