Obbligazioni perpetue e subordinate Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulle obbligazioni perpetue... - Cap. 3 (5 lettori)

jjletho

Forumer attivo
Ciao,

domani, e nei prossimi giorni, non vedo come si possa evitare di ballare. :titanic:

Sarei sorpreso se azioni (bancari in testa, ovviamente) e T1 non fossero i titoli più penalizzati. Se la BCE, come si spera, agirà aggressivamente i TdS periferici potrebbero contenere le perdite.

Se le cose andranno così, il giochino che dovrebbe pagare maggiormente sarà quello che conosciamo: vendere i titoli che resistono e investire in quelli che avranno sofferto maggiormente, una volta che la tendenza si invertirà.

Tutto facile, in teoria.
In pratica….:specchio:

La scelta dei tempi diventa fondamentale.

Diversamente da Amorgos, non credo che il momento decisivo sarà quello dell’eventuale risultato referendario favorevole ad un accordo con l’Europa. Il “momento X” (se ci sarà) a mio avviso sarà quello che vedrà all’orizzonte un governo diverso dall’attuale.

Ad esempio: immaginiamo che Syriza si spacchi e si profili una nuova coalizione capace di abbandonare i deliri di quella attuale.
E tuttavia, sino a che il quadro politico non muterà temo che i mercati non avranno pace.

Naturalmente è possibile che i Greci seguano la raccomandazione di Tsipras il 5 luglio. A quel punto il quadro si complicherebbe, ma avremo tutto il tempo di tornarci sopra per cercare di immaginare i passi successivi.


ma se perde il referemdum Syriza non avra' altra scelta che indire nuove elezioni... magari senza neanche votea il piano dei creditori nel frattempo... son capaci di tutto
 

Rottweiler

Forumer storico
ma se perde il referemdum Syriza non avra' altra scelta che indire nuove elezioni... magari senza neanche votea il piano dei creditori nel frattempo... son capaci di tutto

L’annuncio di nuove elezioni, da solo, potrebbe non essere il fattore dirimente. Più importante valutare il quadro politico che si sarà formato. E cercare di analizzarlo alla luce delle “abitudini politiche” greche.

Logica vorrebbe che ad un successo dei “sì” corrispondessero le dimissioni di Tsipras: se la Grecia non è (ancora) uscita dall’Europa, Tsipras e Varoufakis non ne fanno già più parte.

Ma chi può scommettere su ciò che frulla nella testa di questi eccentrici personaggi?

Non è stato il Varou a dire che in caso di un “sì” referendario sarebbe stata Syriza ad attuare l’accordo?

Ripeto: chi volesse investire in risky assets (ivi compresi i TdS greci) minimizzando i rischi dovrebbe vedersi formare all’orizzonte una maggioranza politica europeista e non schizofrenica (vedasi articolo qui sotto di Andrea Bonanni).

Repubblica 28.6.15
La schizofrenia della Grecia
di Andrea Bonanni

DIETRO le dichiarazioni ufficilai di oltraggiato rammarico, la decisione del governo greco di respingere l’ultima proposta dei creditori e di indire un referendum è stata accolta con un certo sollievo nelle capitali europee. Per due ragioni. La prima e che il referendum permette di rimediare al corto-circuito democratico che aveva mandato in “panne” l’Europa a partire dalla vittoria elettorale di Tsipras. Syriza, infatti, ha conquistato il potere sulla base di due promesse, entrambe legittime ma intrinsecamente contraddittorie: porre fine alla politica di austerità necessaria per risanare il bilancioe l’economia della Grecia, e allo stesso tempo mantenere il Paese nella moneta unica pur non rispettando neppure uno dei requisiti su cui è fondata.
Questa forma di schizofrenia politica, alimentata da un alto tasso di ideologia populista e uno scarso realismo, non poteva durare a lungo. E ora infatti i cittadini greci sono finalmente chiamati a fare la scelta che l’elezione di Tsipras aveva rimandato: risanare i propri bilanci e la propria economia, come hanno fatto tutti gli altri Paesi europei, oppure accettare il default e lasciare la moneta unica. Se imboccheranno la prima strada, sarà stata una loro decisione libera e sovrana e non una crudele imposizione dell’Europa, come i populisti, greci e non, vanno sostenendo da anni. Se invece sceglieranno legittimamente di abbandonare l’unione monetaria, andranno coraggiosamente verso quella «terra incognita» evocata da Draghi. E i molti sostenitori della necessità di lasciare l’euro, in Italia come in Francia o in Spagna, avranno modo di verificare in concreto quali siano i prezzi da pagare, e anche i possibili vantaggi, nel rinnegare la moneta unica. Dopo un decennio di euro-retorica sulle meraviglie dell’unione monetaria, che evidentemente non ha convinto ampi strati della popolazione europea, la crisi greca offre la possibilità di valutare quanto la scelta fatta a Maastricht sia stata effettivamente illuminata e lungimirante o non abbia invece costruito, come sostengono i partiti anti-sistema di destra e di sinistra, una prigione monetaria dei popoli. Le code che si stanno formando ai bancomat e ai supermercati di Atene, forniscono un primo indizio di risposta.
Il secondo motivo del sollievo che traspira dalle capitali è che il rifiuto di Tsipras di accettare il pacchetto di aiuti offerto dai creditori, e la decisione di andare ad un referendum in cui il governo si schiererà per il «no» alle proposte di Bruxelles, fa definitivamente chiarezza su chi abbia deciso la rottura. La questione ha una rilevanza che va ben oltre le responsabilità morali per l’esito della crisi. La posta in gioco, in questo caso, è il rischio di un contagio che da Atene potrebbe estendersi al resto d’Europa. Proprio E’ da tre anni, da quando Draghi promise di fare «whatever it takes» per salvare l’integrità della zona euro «costi quel che costi», che la Bce interviene, con diversi strumenti, per contrastare le speculazioni sui debiti sovrani e mantenere gli spead entro livelli ragionevoli. Questa azione è legittimata solo dall’assunto che la scelta dell’euro, per i Paesi che ne condividono i criteri a adottano una politica economica condivisa, sia irreversibile.
Se fossero stati i creditori a spingere la Grecia verso il default, senza fare tutto il possibile per offrire ad Atene un salvagente che evitasse il naufragio, il postulato sulla irreversibilità dell’euro sarebbe stato messo seriamente in discussione. E dunque i mercati avrebbero potuto dubitare della volontà della Bce di difendere gli anelli deboli della catena monetaria e avrebbero potuto riaprire la guerra degli spread. Il rifiuto da parte della Grecia dei molti salvagenti che le sono stati offerti, permette invece ai governi dell’eurozona, e al board della Bce che si riunirà oggi, di riaffermare solennemente la determinazione a difendere l’irreversibilità della moneta unica, almeno per i Paesi che ne condividono la filosfia. L’immagine dei diciotto ministri dell’eurogruppo che ieri sono tornati a riunirsi a Bruxelles, senza la Grecia, «per assicurare la stabilità della zona euro» è in primo luogo un messaggio forte che gli europei hanno voluto mandare ai mercati in previsione della burrasca che si prepara per lunedì. Se poi la Grecia, con il referendum, deciderà di voler restare nella moneta unica assumendo le responsabilità che ne derivano, la “famiglia” dell’euro tornerà certamente ad aprirsi anche per il figliol prodigo. Ma è legittimo dubitare che, in quel caso, a sedersi al tavolo dell’eurogruppo per rappresentare Atene possa tornare l’improbabile Yannis Varoufakis.
 

jjletho

Forumer attivo
L’annuncio di nuove elezioni, da solo, potrebbe non essere il fattore dirimente. Più importante valutare il quadro politico che si sarà formato. E cercare di analizzarlo alla luce delle “abitudini politiche” greche.

Logica vorrebbe che ad un successo dei “sì” corrispondessero le dimissioni di Tsipras: se la Grecia non è (ancora) uscita dall’Europa, Tsipras e Varoufakis non ne fanno già più parte.

Ma chi può scommettere su ciò che frulla nella testa di questi eccentrici personaggi?

Non è stato il Varou a dire che in caso di un “sì” referendario sarebbe stata Syriza ad attuare l’accordo?

Ripeto: chi volesse investire in risky assets (ivi compresi i TdS greci) minimizzando i rischi dovrebbe vedersi formare all’orizzonte una maggioranza politica europeista e non schizofrenica (vedasi articolo qui sotto di Andrea Bonanni).

.[/I]

il senso della mia osservazione sulla convocazione di elezioni anticipate, magari pure prima di accettare il pacchetto di misure cui il salvataggio dell'Eurogruppo e' condizionato, proroghera' di settimane l'incertezza attuale, e questo pesera sui prezzi degli attivi rishiosi.

peraltro, articolo interessante, ma personalmente non concordo sull'importanza di 'chi ha rotto' con l'euro (i cosiddetti creditori o il governo/popolo greco): dal punto di vista di un creditore (tra cui si annoverano anche tutti i cittadini greci con un conto corrente), quello che conta e' il risultato, non tanto il processo, e se qui qualcuno si ritrova con delle dracme... vallo poi a spiegare a italiani, portoghesi e stranieri detentori di TdS e attivi di paesi detti 'periferici' che la grecia e' un caso a parte e non puo' succedere altrove...

ma ripeto, opinione personale

JJ
 

Users who are viewing this thread

Alto