Obbligazioni perpetue e subordinate Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulle obbligazioni perpetue... - Cap. 3

Se non sbaglio il buon Fugnoli parlava nel dic scorso del solito è scontato rimbalzo di inizio anno o al massimo inizio primavera 2016...... comunque e sempre piacevole leggerlo quando non si ha niente da fare
L ' idea che mi sto facendo e di un mosaico che pezzo per pezzo si sta portando a compimento .... naturalmente e' solo una questione di denari
 
STIAMO CALMI
Non ci sarà overshooting.
Se nel cuore della notte sentiamo strani rumori in casa e scopriamo che è entrato un ladro che ha in mano un coltello abbiamo diritto, in molti sistemi legislativi, solo a una reazione proporzionata. Non possiamo aprire il fuoco o tirare una bomba. Se lo facciamo andremo incontro a seri guai giudiziari. Di fronte a Brexit le banche centrali permetteranno ai mercati solo una reazione proporzionata all’evento, non di più. Va quindi bene prezzare una sterlina più debole e un po’ meno crescita nel Regno Unito. Non va invece bene lasciarsi andare a voli pindarici e prezzare una recessione europea o globale, il crollo dell’euro e del renminbi, la deglobalizzazione universale, il ritorno in grande stile al nazionalismo e la fine dell’occidente. Se ci sarà recessione (ipotesi ancora improbabile) la prezzeremo al suo effettivo eventuale realizzarsi, non prima. Un passo alla volta, per favore. Sono mesi che le banche centrali si preparano all’ipotesi di Brexit, ma alla fine, a parte gli interventi di sostegno sui mercati, non sarà necessario fare molto. Alla sterlina saranno sufficienti line swap di dollari ed euro in modo da evitare un deprezzamento eccessivo. Il punto su cui ci si concentrerà sarà il mantenimento della stabilità dei cambi che regna da febbraio. Si cercherà in ogni modo, e al momento ci si sta già riuscendo benissimo, di evitare che il dollaro si rafforzi e buchi stabilmente 1.10. L’Europa non ha bisogno di un euro più debole. In compenso l’America e la Cina non si possono permettere un dollaro più forte. Quanto alle borse, la cosa migliore per calmare gli animi è di lasciarle scendere velocemente al minimo e poi riportarle lentamente a metà strada tra i massimi sconsiderati raggiunti poco dopo la chiusura dei seggi inglesi e i minimi. Magari nei prossimi giorni si tornerà a scendere, ma l’importante è evitare le resse all’uscita, ovvero il panico. Adottando ufficialmente la teoria della stagnazione secolare (guarda caso pochi giorni prima del referendum) la Fed, che ancora a gennaio accarezzava l’idea di quattro rialzi entro dicembre, ha proiettato sul lungo periodo il regime di tassi straordinariamente bassi e offerto dunque una solida rete di protezione alle borse. L’obiettivo, come minimo, è quello di arrivare tranquilli alle presidenziali di novembre e togliere a Trump l’opportunità di sfruttare un crollo di borsa estivo che non ci sarà. Settimanale di strategia 2 STIAMO CALMI Si potrà obiettare che tutto questo incanalare e sorvegliare i mercati li rende sempre più artificiali e quindi vulnerabili a una rottura violenta. In teoria è vero, ma i valori espressi da questi mercati sorvegliati non sono particolarmente distorti se contestualizzati nei tempi che corrono. Siamo pur sempre in un mondo che cresce poco, ma cresce. L’inflazione, dal canto suo, riesce sempre a rimanere bassa senza però trasformarsi in deflazione. Brexit non cambierà questi due dati di fondo. È inutile nascondere che l’anello più vulnerabile a Brexit è l’Italia. Per questo è particolarmente positivo che il movimento politico che ha vinto le elezioni amministrative abbia corretto il tiro, proprio nelle ultime ore, sulla sua linea europea, prendendo le distanze da Farage. In conclusione Brexit, per quanto evento di portata potenzialmente storica, non sarà in grado da sola di mettere in discussione l’assetto globale. Affermare che questo è l’inizio della fine del progetto europeo è assolutamente prematuro. Può darsi anzi, lo vedremo già domenica in Spagna, che guardare negli occhi la possibile dissoluzione dell’Europa induca l’opinione pubblica continentale a contenere la sua frustrazione e a posizionarsi razionalmente, soprattutto se le elites politiche sapranno fare altrettanto. Non siamo quindi venditori di azioni, siamo semmai alla ricerca di occasioni interessanti per comprare, distribuendo gli acquisti nell’arco delle prossime settimane.
Alessandro Fugnoli
Il buon Fugnoli scrive molto bene ed è sempre un piacere leggerlo. Quanto ai contenuti di quello che scrive mi sembra che si arrampichi sugli specchi come tutti.
 
OT

Io voglio tanto bene ai giovani, speranza del Mondo, ai bimbi, ai neo adolescenti.
Però li facciamo votare a 18 anni, non a 17-16-15-14-13-12...etc etc
Come mai ?
Pensiamo che , visto che il voto è una cosa molto seria, fino a 18 anni non abbiano raggiunto una maturità consapevole per decidere questioni fondamentali per le sorti del nostro Paese : non li priviamo del diritto di voto perchè non gli vogliamo bene, ma in un certo senso per proteggerli da una scelta inconsapevole che potrebbe danneggiare l'intero Paese (e alla fine anche loro).
 
OT

Io voglio tanto bene ai giovani, speranza del Mondo, ai bimbi, ai neo adolescenti.
Però li facciamo votare a 18 anni, non a 17-16-15-14-13-12...etc etc
Come mai ?
Pensiamo che , visto che il voto è una cosa molto seria, fino a 18 anni non abbiano raggiunto una maturità consapevole per decidere questioni fondamentali per le sorti del nostro Paese : non li priviamo del diritto di voto perchè non gli vogliamo bene, ma in un certo senso per proteggerli da una scelta inconsapevole che potrebbe danneggiare l'intero Paese (e alla fine anche loro).
Sempre OT
Qui qualche settantenne ha deciso il futuro del quindicenne pensando al proprio, neanche troppo lungo
 
Come cambiano (e perché) gli stress test del 2016

24.06.16
Andrea Resti

La Voce

Nuovo round di stress test per le banche europee. Con alcuni cambiamenti metodologici, che miglioreranno l’affidabilità dei risultati. Bene anche la decisione di abbandonare la logica del “bollino”. Resta da chiarire il meccanismo che collegherà i risultati e le successive azioni di vigilanza.


Perché gli stress test?

Tra poche settimane verranno resi noti i risultati del nuovo round di stress test delle grandi banche europee. L’edizione 2016 prevede scelte metodologiche in parte differenti dal passato. È un bene o un male? Per cominciare, perché si fanno gli stress test bancari? Perché le banche, rispetto alle altre imprese, soffrono di una maggiore opacità, nel senso che i loro attivi (si pensi ai prestiti) sono più difficili da valutare dall’esterno. L’opacità aumenta nelle fasi di crisi, e qui intervengono gli stress test. Verificando la vulnerabilità delle singole istituzioni a uno o più scenari futuri e rendendo noti i risultati, si punta a ridurre l’incertezza degli investitori, stabilizzare i prezzi azionari ed evitare il panico. L’opacità si riduce e con essa, si spera, il premio al rischio richiesto dai mercati.
Nella Unione europea, l’Eba (Autorità bancaria europea) è responsabile del disegno complessivo degli stress test (inclusa ad esempio la selezione delle banche partecipanti). Provvede anche a definire la metodologia di simulazione e a garantire, insieme alle autorità locali (inclusa la Bce per le grandi banche dell’Eurozona) che sia applicata in modo coerente sulla base di dati di buona qualità. Infine, si occupa della diffusione dei risultati, migliaia di numeri per ogni singola banca (contro le poche decine pubblicate ad esempio negli Stati Uniti).

Quali novità nel 2016?

Le principali novità di quest’anno sono le seguenti:

  1. vengono richieste informazioni specifiche sul “conduct risk”, ovvero il rischio che comportamenti dolosi o negligenti conducano la banca a fornire servizi in modo improprio, con conseguenti costi legali e reputazionali;
  2. si presta maggiore attenzione ai rischi di cambio “indiretti”, che derivano da posizioni in valuta estera assunte non già dalla banca bensì dai suoi debitori. Se la valuta locale si svaluta, i debitori faticheranno a pagare il dovuto (e lo Stato potrebbe intervenire con decisioni “politiche” che addossano consistenti perdite alle banche);
  3. cambia (e si riduce) il campione di banche utilizzato per il test, che comunque coprirà circa il 70 per cento degli attivi bancari totali nell’Unione europea;
  4. non è più previsto un “bollino” finale per dividere le banche in “sane” e “pericolanti”, ma i risultati verranno utilizzati dalla vigilanza nella seconda parte dell’anno quando valuterà le singole banche.
È un bene o un male?

I primi due aspetti riguardano aree che erano già incluse, almeno in teoria, negli esercizi precedenti. Prevedendo metodologie ad hoc, l’edizione 2016 migliorerà probabilmente l’affidabilità dei risultati su due temi sensibili per l’industria bancaria europea. I progressi, tuttavia, difficilmente potranno scalfire le tradizionali debolezze degli stress test (che sono poi le debolezze dell’assetto di vigilanza europeo): la mancanza di una cultura di vigilanza unitaria, differenze tra sistemi legali e fiscali nazionali, ambiguità circa la reale volontà politica di salvare le istituzioni più deboli e incertezza su quali sacrifici verranno eventualmente richiesti ad azionisti, obbligazionisti e clienti.
La riduzione del campione è uno sviluppo positivo, perché alleggerisce il carico di lavoro delle autorità impegnate nel compito di “sfidare” le ipotesi messe in campo dalle banche e i relativi risultati. Tuttavia, va detto che lo stress test dell’Eba verrà affiancato da altri esercizi promossi da singole autorità locali (Bce inclusa), talvolta sulla base di scenari e metodologie diverse (ma senza che i relativi risultati vengano diffusi); vi è dunque il rischio che l’intero esercizio aumenti l’opacità anziché ridurla. Bisogna allora garantire che vi siano flussi informativi adeguati anche per le banche escluse dal campione Eba, per esempio prevedendo che l’Autorità bancaria europea diffonda i loro dati storici più recenti, usati come base per il test. Il parlamento europeo inoltre potrebbe valutare regole per rafforzare l’uniformità delle metodologie e delle regole di trasparenza per tutti gli stress test futuri, sia nazionali che pan-europei.

La posta in gioco

Altrettanto benvenuta è la decisione di abbandonare la logica del “bollino”, che poteva condurre a un calo di attenzione nei confronti delle banche “sane” o a una spirale di sfiducia per quelle “deboli”. È giusto infatti che chi desidera utilizzare i risultati dello stress test vada oltre le etichette e si sporchi le mani con i meccanismi tecnici su cui l’esercizio è basato, incluse le ipotesi semplificatrici (necessarie, ma talvolta irrealistiche) usate nella simulazione. Va tuttavia rapidamente chiarito il meccanismo che collegherà i risultati del test e le successive azioni di vigilanza, inclusa la fissazione di un livello minimo di patrimonio “personalizzato” per le singole banche. La normativa in materia è abbastanza generica e vi è il rischio che le regole vengano applicate rigidamente per certe banche (o paesi) e interpretate più elasticamente per altre. Sarebbe un danno per la credibilità della giovane vigilanza bancaria europea e delle autorità che collaborano con l’Eba per attuare ovunque regole trasparenti e uniformi.
 

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