un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo

10 SET 2013 11:26
GENOVA TREMA: MONTEPASCHI-BIS PER CARIGE? LA BOMBA A OROLOGERIA DEI “DERIVATI A LEVA” NEL MIRINO DI BANKITALIA (E PROCURA)

Il “funding gap” di Carige si ingrossa oltremisura per una “mina-derivati” che assorbe liquidità - Si tratta di contratti “a leva” sui titoli di stato italiani per circa 7 miliardi di euro - La “controparte” del leone? Deutsche Bank! - Bankitalia: “Posizione di grande rischio…”



Gianluca Paolucci per "La Stampa"
CARIGE
C'è anche una mina-derivati nei conti di Carige, che «assorbe» liquidità del gruppo bancario e che ha causato un consistente «funding gap». Ovvero, la banca raccoglie meno di quanto le serve. Per capire cosa è successo nell'istituto genovese, è necessario dare qualche spiegazione.
carige
C'è un parametro, detto «Valore a rischio» (VaR), che misura la perdita potenziale di una posizione d'investimento in un certo orizzonte temporale. È guardata con attenzione da chiunque operi sui mercati perché dovrebbe dire a quali rischi ci si espone con un dato investimento. Nel caso delle banche, anche Bankitalia monitora con attenzione il parametro per evitare che vengano assunti rischi troppo elevati.
BANCA CARIGE
Con la corsa dello spread e la crisi del debito italiano, il parametro in Carige viene sistematicamente sforato e lo sforamento viene prima autorizzato con delibere d'urgenza del Presidente e poi viene semplicemente deciso di eliminare la componente «sovrana», ovvero i titoli di Stato.
La ragione è in una serie di contratti derivati «a leva» (a debito, ovvero con rischi di perdite superiori all'investimento) sui Titoli di Stato italiani sottoscritti dall'istituto. Posizioni pari a circa 7 miliardi di euro, scrive Bankitalia nella sua relazione. Tanto, per una banca che ha 26 miliardi di raccolta e 30 miliardi di impieghi.
FLAVIO REPETTO
A fare la parte del leone come controparte è Deutsche Bank, istituto tedesco già coinvolto con Santorini nel caso di Mps. A fronte dell'investimento sono previsti dei collaterali a garanzia, da integrare o diminuire a seconda dell'andamento dei contratti - come nel caso Montepaschi - che per Carige a fine giugno erano pari a 1,1 miliardi. Proprio per la crescita dei collaterali, la posizione con Deutsche Bank «ha assunto la dimensione di grande rischio», scrive Bankitalia.
CLAUDIO SCAJOLA
Ancora, una cifra di tutto rispetto: prendendo raccolta e impieghi come i parametri fondamentali per misurare la dimensione di una banca, siamo al 4% della raccolta e al 3,5% degli impieghi che vengono dati in deposito di garanzia.
Sempre sugli stessi contratti, Bankitalia registra l'immobilizzo degli investimenti gravati da riserve negative, un ulteriore mezzo miliardo a fine giugno con picchi passati di oltre un miliardo. Basterebbe, se non fosse che le posizioni, complesse e rischiose, vengono anche gestite con una certa approssimazione.
DEUTSCHE BANK
Così ad esempio gli ispettori si accorgono che per misurare il valore dei derivati non quotati - i cosiddetti «over the counter» - l'istituto usa parametri diversi da quelli di mercato, con il risultato che la valutazione che viene data dalle controparti è «sistematicamente inferiore». A giugno erano 18 milioni di differenza, per dire.
In tutto questo, si è mossa sul caso Carige anche la procura. Per ora con l'apertura di un fascicolo contro ignoti dopo la consegna dei risultati ispettivi da parte di Via Nazionale. Agli uomini di Ignazio Visco sono anche stati richiesti chiarimenti su alcune voci della relazione. Gli aspetti segnalati sono numerosi: i rischi di riciclaggio, i rapporti con una serie di clienti e anche gli aspetti patrimoniali. Lunedì prossimo si riunirà il cda della Banca per una prima valutazione sulle relazioni degli ispettori.
bankitalia big
La riunione, non convocata ufficialmente, servirà a gettare le basi delle controdeduzioni da presentare a Bankitalia. Anche se gli spazi non sembrano molti. La lettera di Visco del 30 agosto scorso che accompagnava la relazione si chiudeva con un laconico «ove venga riscontrato il mancato adeguamento alle indicazioni sopra fornite, la Banca d'Italia fa sin d'ora riserva di adottare tutte le iniziative ritenute opportune». C'è tempo fino a fine dicembre.
 
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MONTEPASCHI - LO SPETTRO DI 0,125 EURO PER AZIONE!



0,125 EURO PER AZIONE ....CIRCA A QUESTO LIVELLO OLTRE IL 30% DELLE AZIONI MONTEPASCHI DI PROPRIETA' DELLA FONDAZIONE, DETENUTE IN PEGNO DA ALCUNE BANCHE CHE L'HANNO FINANZIATA, POTRANNO ESSERE ESCUSSE. OVVERO LE BANCHE DIVENTANO PROPRIETARIE DELLA AZIONI E LE POSSONO VENDERE SUL MERCATO PER RIENTRARE DAL CREDITO CONCESSO.


SE LE AZIONI MPS ARRIVASSERO A QUEL LIVELLO..LA CAPITALIZZAZIONE SCENDEREBBE A CIRCA 1,2 MILIARDI (ne brucerebbe circa 1 di miliardo). LA VENDITA SUL MERCATO DEL 30% DELLE AZIONI IN POCHE ORE PORTEREBBE IL TITOLO A SCENDERE SOTTO 0,10 EURO PER AZIONE ....QUINDI SOTTO IL MILIARDO ...

BENE ..PENSATE A QUALCHE GROSSO GRUPPO INTERNAZIONALE CHE COMPRA IL 30% DEL MPS A 0,09 EURO...
LE BANCHE FINANZIATRICI DELLA FONDAZIONE RIENTREREBBERO DEL LORO DEBITO. LA FONDAZIONE AVREBBE IL CAPITALE AZZERATO...NON POTREBBE NEPPURE FINANZIARE UNA FESTA DELLA PRO LOCO SENESE
IL 30% DELLA BANCA FINIREBBE PER SOLI 300 -350 MILIONI NELLE MANI DI UN ACQUIRENTE CHE POI SOTTOSCRIVEREBBE UN AUMENTO DI CAPITALE DI 2,5 MILIARDI...AL PREZZO DI 0,10 EURO PER AZIONE DIVENTANDO AZIONISTA CON UNA QUOTA COMPRESA FRA L'80% E IL 90%.
IN PRATICA 1,5 MILIARDI IN PIU' DI AUMENTO DI CAPITALE RICHIESTO DALLA UE VERREBBERO RIPAGATI A DANNO DELLA FONDAZIONE...E SE NELLA NEGOZIAZIONE CON BANKITALIA I COMPRATORI SARANNO BRAVI..POTREBBERO NON RIPAGARE I BOND SUBORDINATI (SICURAMENTE NON PAGHEREBBERO PIU' GLI INTERESSI)

INSOMMA...LA FONDAZIONE SI TROVEREBBE CON UN CAPITALE PARI A 5 -10 MILIONI CHE SERVIREBBERO GIUSTO PER PAGARE STIPENDI E CONSULENZE PER QUALCHE ANNO..E POI CHIUDERA' ...MAGARI CON NA BELLA FESTA RICORDO...DOVE INVITERA' GABRIELLO MANCINI E MUSSARI PER RICORDARE I TEMI CHE FURONO!
E LA TERZA BANCA DEL PAESE PASSEREBBE A UN GRUPPO BANCARIO ESTERO CON POSSIBILI RIPERCUSSIONI PER IL SISTEMA OBBLIGAZIONARIO BANCARIO ITALIANO (IN QUANTO I BOND SUBORDINATI POTREBBERO SUBIRE INGENTI PERDITE)

MONTEPASCHI - LO SPETTRO DI 0,125 EURO PER AZIONE!
 
11/9: la fiaba della terza torre, quella che crollò da sola

11/9 • segnalazioni
«Se chiedete al primo che vi capita, di età superiore ai 20 anni, quante furono le torri crollate l’11 Settembre, avrete quasi sempre la stessa, stranita risposta: due, ovviamente. Due aerei, due torri: dunque furono gli aerei ad abbattere le Twin Towers». Invece, no: «Le torri abbattute furono tre. E questo provoca ancora adesso molti mal di testa a chi vuole sostenere la versione ufficiale». Alla conta, infatti, “manca” sempre la terza torre del World Trade Center, denominata Wtc-7, che crollò alle 17.20 del “giorno maledetto”, senza esser stata colpita da nessun aereo. Per Giulietto Chiesa, quel crollo-fantasma è un po’ il simbolo dell’atto terroristico più misterioso e devastante della nostra storia recente, destinato ad aprire l’incubo della “guerra infinita”: Iraq e Afghanistan, Libia e Siria, e domani l’Iran. Data fatidica, per il “grande alibi” dell’impero pericolante: occupare, militarmente, un mondo ormai multipolare, progressivamente egemonizzato da nuovi protagonisti, in pole position la Cina – che, secondo i neocon al potere l’11 Settembre, entrerà in rotta di collisione con la “sicurezza Usa” entro il 2017, cioè domani.
 
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UN SISTEMA PER SALVARE IL MONDO COME PIACE AI BANCHIERI. ADESSO TOCCA ALLA SIRIA !
Postato il Lunedì, 09 settembre @ 00:10:00 CEST di ernesto
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DI ELLEN BROWN
counterpunch.org

"I poteri del capitalismo finanziario avevano un obiettivo più ampio, niente meno che la creazione di un sistema globale di controllo finanziario in mani private, in grado di dominare il sistema politico di ciascuna nazione e l’economia mondiale nel suo complesso."
Prof. Caroll Quigley, Georgetown University
"Tragedy and Hope" (1966)

In un mondo alla rovescia dove governano i banchieri, Larry Summers sembra essere proprio il nome giusto per vincere a “END GAME”

In un articolo di agosto 2013 dal titolo "Larry Summers e il Memo Segreto di END GAME" Greg Palast ha fornito le prove che alla fine degli anni 1990 Wall Street e alcuni funzionari del Tesoro degli Stati Uniti idearono un piano segreto per far entrare il mondo bancario nel lucroso business dei derivati. Per riuscire a realizzarlo però serviva ammorbidire, non solo la normativa bancaria degli Stati Uniti, ma tutte le altre normative bancarie di tutti i paesi del mondo.

Si scelse di far firmare, a tutte le nazioni, un accordo sui servizi finanziari che sarebbero stati controllati dalla World Trade Organization (OMC).

Per giocare a "END-GAME" non bastava costringere i paesi-membri dell'OMC ad appoggiare il piano ma bisognava anche abbattere i governi di quei paesi che avrebbero rifiutato di aderire all'accordo. Alcuni paesi chiave, come Iraq, Libia, Iran e Siria, restarono fuori dal WTO. In questi paesi islamici, le banche sono in gran parte di proprietà dello Stato, e l’usura – cioè qualsiasi prezzo richiesto per "l'utilizzazione del denaro" – è considerata peccato , se non delitto.
E’ questo modo di pensare che ha reso questi paesi un ostacolo per il modello occidentale, dove chi presta denaro vuole averne un beneficio personale privato. Anche le Banche di proprietà pubblica sono una minaccia per il business della “pacchia dei derivati”, perché se i governi possiedono le proprie banche, non hanno bisogno di interest rate swap, di credit default swap o di investment-grade ratings di agenzie private, per avere i soldi per finanziare la propria gestione del sociale.

La deregolamentazione delle banche è andata avanti secondo i piani previsti, e il governo – ha appoggiato e pasciuto le sorti di uno schema piramidale di più di 700 mila-miliardi di dollari USA. Una leva finanziaria tanto imponente (tanto imponente che un uomo normale non riesce a immaginare che significa una cifra del genere), senza nessuna regola e pericolosamente fuori controllo non ha retto quando, nel 2008, la banca d'investimenti Lehman Brothers è fallita, portandosi dietro una gran parte dell'economia globale. I paesi che sono riusciti a sfuggire all’ondata di fallimenti sono stati solo quelli che godevano di un modello bancario pubblico, fuori della rete bancaria internazionale.

Non tutti questi paesi erano islamici. Il quaranta per cento delle banche a livello globale sono di proprietà pubblica. Sono in gran parte nei paesi del BRIC - Brasile, Russia, India e Cina, dove vive il quaranta per cento della popolazione mondiale. Anche questi paesi sono scampati alla crisi del credito del 2008, ma almeno hanno fatto il gesto di conformarsi alle regole bancarie occidentali. Cosa che non ha fatto la "canaglia" delle nazioni islamiche, dove l'usura era vietatadalla religione.
Per far diventare “il mondo più sicuro per gli usurai”, questi stati canaglia dovevano essere riportati all’ovile con altri mezzi. Non essendosi piegati alla violenza economica, sono finiti nel mirino delle potenti forze armate Usa.
Ecco alcuni dati a sostegno di questa tesi.

Il Memo di “End –game”

Nel suo articolo del 22 Agosto, Greg Palast ha pubblicato la foto di un memo del 1997 di Timothy Geithner ( Segretario per gli Affari Internazionali sotto Robert Rubin ) inviato a Larry Summers, allora Vice Segretario del Tesoro. Geithner titolò il memo "Negoziati END GAME- dell'OMC sui servizi finanziari" e chiedeva a Summers di prendere urgenti contatti con gli amministratori delegati di Goldman Sachs, Merrill Lynch, Bank of America, Citibank, e Chase Manhattan Bank, di cui forniva, per praticità, anche i numeri di telefono privati.

Il gioco quindi consisteva nella deregolamentazione delle banche in modo che potessero scommettere sul nuovo lucroso gioco dei derivati. Per arrivare a questo obiettivo, in primo luogo, bisognava abrogare il Glass -Steagall Act, la Legge del 1933 che alzò un muro tra le banche di investimento e quelle di deposito, proprio per evitare che i fondi dei depositanti servissero per i giochi d'azzardo delle banche. Ma il piano non voleva semplicemente deregolamentare le banche degli Stati Uniti. Tutti i controlli bancari dovevano essere eliminati anche nel resto del modo per evitare che il denaro potesse fuggire verso nazioni dove le leggi bancarie erano più sicure. "End-game" avrebbe dovuto raggiungere questa deregolamentazione globale per mezzo di un addendum oscuro – un “Accordo sui servizi finanziari” – che tutti dovevano rispettare perché previsto dagli accordi commerciali internazionali su cui vigilava la stessa OMC.
Come ha scritto Palast :

Fino a quando i banchieri non iniziarono il loro gioco, gli accordi dei trattati dell’OMC riguardavano semplicemente gli scambi delle merci, cioè, ti do la mia auto e tu mi dai le tue banane. Le nuove regole inventate da Summers e dalle banche avrebbero costretto tutte le nazioni ad accettare come pagamento dei "certificati" – che rappresentavano attività tossiche come i derivati finanziari.

Fino a quando i banchieri non riscrissero la bozza del FSA, ogni nazione controllava e regolamentava le banche dentro i propri confini. Le nuove regole del gioco avrebbero costretto ogni nazione ad aprire i suoi mercati alla Citibank, a JP Morgan e a tutti i loro "prodotti derivati".

E tutte le 156 nazioni del OMC avrebbero dovuto abbattere qualsiasi separazione tra casse di risparmio commerciali e banche di investimento, quelle che giocano con i derivati.

Il lavoro di trasformare la FSA in ariete dei banchieri ' stato dato a Geithner, che è stato nominato Ambasciatore presso l'Organizzazione mondiale del commercio.

I membri dell'OMC sono stati indotti a firmare l'accordo con la minaccia di non aver più accesso ai mercati globali se avessero rifiutato, e tutti hanno firmato, tranne il Brasile. E allora hanno minacciato il Brasile con un embargo, ma la sua resistenza pagò tanto che fu la sola nazione occidentale a sopravvivere e prosperare durante la crisi del 2007-2009.

Mentre gli altri :

Accettare il nuovo FSA fu come scoperchiare il vaso di Pandora che travolse tutto il mondo del commercio con i derivati. Tra le famigerate operazioni legalizzate: la Goldman Sachs (di cui il segretario al Tesoro Rubin era stato Co-presidente) mise in atto un piano segreto di swap in euro-derivati che, in ultima analisi, sono quelli che hanno distrutto la Grecia. In Ecuador, il settore bancario de-regolato e demolito, fece esplodere tumulti popolari. In Argentina dovettero vendere le compagnie petrolifere (agli spagnoli) e l’acqua pubblica (ad Enron), mentre i suoi insegnanti, licenziati, cercavano di trovare qualcosa da mangiare nei bidoni della spazzatura.

Poi, i banchieri si eccitarono tutti e si buttarono a capofitto nella piscina europea dei derivati, senza nemmeno saper nuotare, ma adesso stanno vendendo il continente a pezzetti, per pochi centesimi alla Germania.

Quelli che stavano fuori

Questo per riassumere come sono andate le cose all'interno del WTO, ma Palast non ha parlato anche dei paesi che non erano membri del WTO, tra cui l'Iraq, la Siria, il Libano, la Libia, la Somalia, il Sudan e l'Iran . Questi sette paesi furono chiamati dal generale americano Wesley Clark (adesso in pensione) in una intervista a "Democracy Now" nel 2007 “stati canaglia” e furono presi di mira come governi da abbattere dopo l'11 settembre 2001. Clark disse che una decina di giorni dopo il 9-11, un generale gli riferì che era stata presa la decisione di andare in guerra contro l'Iraq. Più tardi, lo stesso generale disse anche che si prevedeva di prendere sette paesi in cinque anni : Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran.

Ma che avevano in comune questi paesi ? Oltre ad essere islamici, non erano né membri dell'OMC né della Bank for International Settlements (BRI ). Ma questi erano i motivi per cui potevano non rispettare le regole imposte dai più importanti banchieri delle banche centrali. In seguito anche altri paesi sono stati chiamati "Stati canaglia" e anche loro non erano membri del BRI come Corea del Nord, Cuba, e Afghanistan.

L'organismo che oggi regola le banche si chiama “Financial Stability Board” ( FSB), e ha sede negli uffici del BRI in Svizzera. Nel 2009, i capi dei governi del G20 accettarono i vincoli delle regole imposte dal FSB, formalmente per prevenire un'altra crisi bancaria globale
. Le sue regole non sono semplicemente consultive ma vincolanti e possono creare o distruggere non solo banche ma anche intere nazioni. Di questo si ebbe una immediata dimostrazione nel 1989, quando in base all’Accordo di Basilea furono aumentati i i tassi di interesse patrimoniale dal 6 % all'8% con il risultato di una forzata, drastica riduzione dei prestiti erogati dalle maggiori banche giapponesi, che erano allora i più grandi e potenti creditori del mondo.
Erano tutte banche sotto-capitalizzate, come tutte le altre comunque, ma l'economia giapponese affondò insieme alle sue banche e deve ancora riprendersi da quel colpo.

Tra le altre norme che dovevano cambiare le regole del gioco per mezzo del FSB c’è il Basilea III e le nuove regole “bail-in / butta-dentro”. Nel Basilea III è previsto di imporre norme patrimoniali paralizzanti per le banche pubbliche, le cooperative e le comunità in modo da costringerle ad essere vendute alle grandi banche multinazionali .

Il modello "bail-in" è stato già sperimentato a Cipro dove si sono seguite le regole imposte dal FSB nel 2011. Le banche “troppo grandi per fallire” hanno scritto il “testamento biologico", con le ultime volontà delle stesse banche per evitare l'insolvenza, in caso di assenza di un piano di salvataggio del governo.
La soluzione del FSB è di "bail in/ buttare dentro tutti" anche i creditori - inclusi i clienti che hanno visto i loro depositi trattati come azioni della banca, e quindi confiscati.

L’ Alternativa delle Banche pubbliche

I paesi che vivono sotto il giogo di un sistema bancario privato sono costretti a "riaggiustamenti strutturali" e all’ austerità se il loro debito pubblico diventa insolvibile. Ma alcuni paesi sono riusciti a non assoggettarsi a queste regole.
In Medio Oriente proprio quei paesi etichettati come "nazioni canaglia". Le loro banche di proprietà statale possono emettere denaro per il fabbisogno di credito dello Stato per conto dello Stato stesso, utilizzando i fondi pubblici per un uso pubblico senza dover pagare enormi interessi a intermediari privati. Una garanzia statale generosa permette di erogare generosamente fondi per i bisogni della popolazione.

Come la Libia e l'Iraq prima che fossero coinvolti nella guerra, la Siria offre istruzione gratuita a tutti i livelli e una assistenza medica gratuita. Esiste anche una edilizia convenzionata per tutti (anche se parte di questi programmi sono stati compromessi da un programma di aggiustamento strutturale imposto dal FMI nel 2006 e dalla presenza di circa 2 milioni di rifugiati iracheni e palestinesi ). Anche in Iran esiste un programma di istruzione gratuita superiore e di assistenza sanitaria di base.
Come la Libia e l'Iraq prima della caduta, le banche centrali di Siria e Iran sono di proprietà dello Stato ed emettono moneta sotto il controllo del governo. Resta da vedere se questi paesi riusciranno a mantenere la propria sovranità finanziaria e a resistere all’enorme pressione economica, politica e militare.

Quanto a Larry Summers, dopo essere andato a fare il Capo, dalla Citigroup, è diventato uno dei maggiori benefattori della campagna del Senatore Barack Obama ed ha giocato un ruolo chiave nella deregolamentazione delle banche, quella che ha portato alla crisi attuale, quella che ha fatto perdere lavoro e casa a milioni di cittadini americani.

Eppure Summers è il favorito del presidente Obama per la sostituzione di Ben Bernanke come Presidente della Federal Reserve.
Perché ? Perché ha dimostrato di saper manipolare il sistema, tanto da rendere il mondo più sicuro per Wall Street , e in un mondo alla rovescia dove governano i banchieri, il suo sembra essere proprio il nome giusto per continuare a vincere a “questo gioco”.

Ellen Brown è un avvocato, presidente dell'Istituto bancario pubblico, e autore di dodici libri, tra cui il best-seller Web of Debt. In The Public Bank Solution, il suo ultimo libro, esplora con successo modelli bancari pubblici dal punto di vista storico e globale. I suoi siti web sono Web of Debt - How Banks And The Federal Reserve Are Bankrupting The Planet... --http://PublicBankSolution.com --http://PublicBankingInstitute.org

Fonte: http://www.counterpunch.org/
 
PUNTO DI SVOLTA: i prossimi giorni saranno determinanti













Scritto il 12 settembre 2013 alle 12:10 da Dream Theater
Trend-dei-Mercati-Finanziari-nel-2013-by-Mercati-e-Investimenti-.-it.jpg

MASSIMA ALLERTA: ecco cosa potrebbe succedere col tapering al prossimo FOMC e le relative conseguenze per i mercati.

Se andiamo a tirare le somme, alla fine scopriamo che il mese di agosto, tanto temuto dagli operatori, e anche dal sottoscritto, per la sua consueta volatilità, per gli eventi geopolitici, macroeconomici, la politica monetaria l’assenza di operatori, ecc ecc, non è stato poi un mese così catastrofico.
In effetti, se proprio dobbiamo dirla tutta, l’azionario si è persin comportato discretamente, mentre peggio è andato il mondo obbligazionario.
Che sia in corso la famosa Great Rotation che doveva veder migrare flussi dall’obbligazionario all’azionario?
Per certi versi è probabile, anche perché in questo momento cosa muove molto è proprio la prospettiva sui tassi di interesse, che porta i bond holders a vendere asset ed a “rifugiarsi” sull’equity (mamma quanto suona male questa frase).
Quindi la chiave di lettura del periodo la vediamo in questo grafico.
Rendimento T-Note 10yr

E’ il rendimento del benchmark USA del mercato obbligazionario governativo, il T-Note 10yr. Come potete vedere dal grafico, il mercato non ha fatto altro che venderlo, contribuendo così a farne salire il rendimento.
Ma possiamo pensare che questo movimento sia giustificato?
Proviamo ad immaginare COSA potrebbe succedere nei prossimi giorni, cercando di ipotizzare nel modo più realistico possibile (secondo il sottoscritto) le relative conseguenze.
TAPERING: 17-18 settembre sapremo…

Ovviamente a meta mese di settembre avremo news più chiare su un eventuale tapering che ormai sembra inevitabile, anche se con tagli non grandissimi.
Come ho scritto in altri post, io vedo un taglio quasi “simbolico”, per far vedere che parte il processo e che non vuole essere destabilizzante. Una cifra che arriverà al massimo, secondo me, a 15 miliardi mensili di taglio e quindi un QE che continuerà a ritmi di 75-70 miliardi al mese e che progressivamente scemerà, arrivando a metà 2014 circa ad essere totalmente azzerato. Exit strategy il più possibile “soft” con tagli magari di 10 miliardi al mese. Ma come la prenderà il mercato?
Secondo me potrebbe prenderla non bene. Ma a fare la differenza, sarà ancora una volta il buon Ben con il commento che ne seguirà.
Ma facciamo molta attenzione.
Il mercato sta facendo un po’ di confusione.
Il tapering è una cosa, il rialzo dei tassi un’altra.
Certamente la seconde è una conseguenza della prima, ma è corretto ritrovarsi GIA’ ora con dei T-Note 10yr al 3% quando invece le intenzioni della FED sono di NON alzare i tassi ancora che lungo tempo?
La FED questo lo ha capito e vorrà correre ai ripari. In che modo? Cercando di convincere il mercato con le PAROLE.
E per convincere il mercato cosa potrebbe fare se non promettere nuovi, pretenziosi e forse inavvicinabili target macroeconomici?
Magari andare a dire che i tassi rimarranno fermi fintanto che la disoccupazione non sarà pari al 6%. Oppure fintanto che l’inflazione non supererà il 2.6%.
Capite benissimo che un messaggio del genere sarebbe una coperta di alluminio su un incendio che potrebbe divampare sui governativi USA e, a cascata, su tutte le curve dei tassi (emergenti compresi).
Un discorso simile, renderebbe poi “incoerente” già oggi un T-Note al 3%.
Insomma, la politica monetaria comunicativa continuerebbe alla grande. E a beneficiarne sarebbero ovviamente i bond USA ma anche quelli Europei e poi, ovviamente, quelli dei Paesi Emergenti, letteralmente massacrati nei mesi scorsi e che oggi rappresentano per certi versi un investimento potenzialmente attraente.
Quella comunicativa è l’ultima arma che resta a Bernanke per tenere calme le masse. E poi chi lo succederà…avrà le sue belle gatte da pelare.
Ma…se qualcosa va storto?
L’unico grande rischio che ne potrebbe però derivare è il seguente (già spiegato e che vi voglio ricordare): cosa potrebbe capitare se il mercato PERDE la fiducia nella FED e crede che quanto detto da Bernanke sia irrealizzabile e frutto di un ragionamento delirante del presidente uscente della più importante banca centrale del pianeta?
A quel punto azzerate tutto quanto letto sopra e compratevi un bell’ombrello e tenetevi pronti. Arriverà l’uragano.
STAY TUNED!
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LE MENZOGNE SULLA RISERVA FRAZIONARIA E I SOLDI DEI RISPARMIATORI INVESTITI IN FINANZA




Anticipo subito che l’argomento che affronteremo oggi è un po’ lungo e spinoso dal punto di vista concettuale, ma rappresenta la base indispensabile per capire come funziona il sistema bancario e monetario moderno nel suo complesso. Una volta capito il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, non esiste in effetti altro ambito teorico o procedurale che non possa essere spiegato utilizzando la falsa e ingannevole applicazione del concetto in questione. Dalla distorta impostazione del processo di creazione della riserva frazionaria discendono infatti a cascata tutte le anomalie e storture del sistema monetario basato sul regime fiat money (creazione di denaro dal nulla senza vincolo di convertibilità in oro o altro bene reale di scambio), che ricordiamo è stato avviato a partire dal 1971, anche se la maggioranza degli addetti ai lavori ha preferito nascondere e trascurare gli effetti pratici del grande cambiamento avvenuto e sono stati sempre troppo pochi quelli capaci di comprendere le conseguenze di questa incredibile rivoluzione epocale.


In maniera molto sintetica, la riserva frazionaria rappresenta quella parte di denaro depositato dai clienti o raccolto tramite emissione di titoli obbligazionari che la banca è costretta ad accantonare e mettere da parte per evitare di trovarsi a corto di liquidità nei momenti di necessità. Questa pratica discende dalla constatazione puramente statistica fatta dagli antichi orafi e banchieri, secondo la quale soltanto una parte minima dei clienti che depositavano l’oro in cambio di banconote o di certificati di deposito tornava poi in banca per ritirare materialmente l’oro depositato e riconsegnare le banconote. Già da questa prima evidenza storica ed empirica si può capire come oggi, che non esiste più la convertibilità in oro e nessun cliente potrà mai recarsi in banca per reclamare questo diritto, non avrebbe più senso tenere in vita una pratica anacronistica e del tutto inadatta ad interagire con i nuovi circuiti telematici di circolazione della moneta.






Tuttavia il sistema bancario, costituito dalle banche centrali e dalla rete di banche commerciali, mantiene ancora in vita questa antica consuetudine per altri scopi che descriveremo in seguito. Anzi è la stessa banca centrale che stabilisce periodicamente il livello di riserva frazionaria o obbligatoria che le banche sono costrette ad accantonare e depositare in particolari conti correnti detenuti presso la banca centrale per adempiere appunto ai loro obblighi legali di riserva. Secondo la teoria classica la riserva obbligatoria ha un rapporto inverso di dipendenza con il moltiplicatore monetario, che è il processo iterativo di passaggi di moneta che consente l’espansione della massa monetaria presente sul mercato. Questa teoria però è completamente inefficace e inadeguata per spiegare ciò che accade concretamente nella pratica giornaliera di normale attività creditizia delle banche e per capire meglio gli errori della teoria basta analizzare per passi ciò che viene riportato su wikipedia, che è del tutto aderente alle tesi espresse sui testi classici di economia monetaria.


Il moltiplicatore monetario è il rapporto tra l'offerta di moneta e la base monetaria esistenti in un determinato momento nel sistema economico e con opportune semplificazioni esso dipende dal coefficiente di riserva frazionaria o obbligatoria deciso periodicamente dalla banca centrale: i passaggi che portano a concludere questo legame sono spiegati come segue.


L'offerta di moneta M, intesa come quantità di moneta esistente in un determinato momento nel sistema economico, è pari alla moneta legale in circolazione (il circolante CU, ovvero le banconote e le monete metalliche), detenuta dal pubblico e dalle banche, più i depositi D che il pubblico ha preferito depositare presso le banche. La base monetaria H è invece pari al circolante CU più le riserve RE depositate dalle banche presso la banca centrale, obbligatoriamente a fronte dei depositi raccolti (riserve obbligatorie) o in eccedenza rispetto a tale obbligo (questi depositi in eccedenza costituiscono le riserve libere delle banche detenute sempre presso la banca centrale).


La base monetaria H ha come caratteristica principale quella di essere originariamente emessa dalla banca centrale, mentre l’offerta di moneta M complessiva di moneta presente sul mercato viene amplificata appunto dall’effetto del moltiplicatore monetario, che consente alla banche commerciali di aumentare artificialmente e progressivamente il numero dei depositi del pubblico.


In termini schematici, l'offerta di moneta può essere espressa come M = CU + D, dove CU è il circolante e D i depositi, mentre la base monetaria può essere espressa come H = CU + RE, dove RE è il totale delle riserve depositate dalle banche presso la banca centrale. Ne segue che il moltiplicatore monetario può essere identificato come:






Dividendo numeratore e denominatore dell'ultima frazione per D si ottiene:










I due quozienti cu e re assumono sempre valori compresi fra 0 ed 1 (essendo i depositi D sempre maggiori sia del circolante CU che delle riserve RE), sicché il moltiplicatore monetario è sempre maggiore di 1. Il coefficiente re rappresenta la quota di depositi complessivi D che le banche non impiegano concedendo prestiti alla clientela o acquistando titoli e tengono come riserva obbligatoria o libera presso la banca centrale e può essere così scomposto: re=reo+rel


reo rappresenta il coefficiente di riserva obbligatoria, ossia la quota di depositi che le banche sono tenute a depositare presso la banca centrale, ed è fissato periodicamente dalle autorità monetarie.


rel rappresenta invece la quota di depositi che le banche tengono come riserve in eccedenza a quelle obbligatorie ed è inversamente correlato al costo opportunità per le banche di tenere tale liquidità senza impiegarla in prestiti o titoli, costo che è rappresentato dal tasso di interesse vigente sul mercato per tali impieghi. Questo coefficiente rel è anche direttamente dipendente al costo che le banche dovrebbero affrontare nel caso si trovassero in carenza di liquidità e dovessero farsela prestare da altre banche o dalla banca centrale; il costo del ricorso alle altre banche è rappresentato dal tasso vigente sul mercato interbancario (soprattutto overnight, ossia per prestiti a brevissimo termine della durata di una notte o al massimo di un giorno), mentre il costo del ricorso alla banca centrale è rappresentato dal tasso ufficiale di sconto, ovvero il costo del denaro o il tasso di riferimento al quale la banca centrale cerca di indirizzare gli scambi che avvengono nel mercato interbancario.


cu rappresenta il rapporto tra la liquidità (banconote e monete) detenuta dal pubblico e i suoi depositi bancari, e dipende dai costi di intermediazione bancaria, vale a dire dai costi (non solo monetari, ma anche, ad esempio, il dispendio di tempo) per prelevare la liquidità dalle banche: più sono alti, maggiore sarà la propensione a tenere scorte di liquidità.


Nell'ipotesi, puramente teorica, che il pubblico depositi tutta la liquidità presso le banche e queste impieghino interamente le somme così raccolte per effettuare prestiti o acquistare titoli, tolto solo il necessario per costituire le riserve obbligatorie, si avrebbe cu=0 e rel=0, ossia re=reo, sicché il moltiplicatore diverrebbe:






vale a dire, come avevamo anticipato all’inizio, il moltiplicatore monetario è inversamente correlato al coefficiente di riserva obbligatoria.


Per quanto detto sopra, il valore effettivo del moltiplicatore sarà tanto più vicino a tale approssimazione teorica, quanto più alti saranno i tassi d'interesse sui prestiti e sui titoli e quindi tanto maggiore sarà la propensione della banca ad investire rispetto a mantenere alti livelli di riserve libere (tutto il contrario insomma di quello che sta accadendo oggi per intenderci, dato che le banche hanno più convenienza a depositare le riserve presso la banca centrale rispetto ad investire a causa degli elevati margini di rischio e dei bassi tassi di interesse).


Per avere un’idea numerica, se la banca centrale fissa un coefficiente di riserva obbligatoria o frazionaria dell’1% (0,01) rispetto ai depositi e ai titoli emessi dalle banche commerciali, dovrà prevedere teoricamente un effetto del moltiplicatore monetario di 100 (a fronte di una base monetaria emessa dalla banca centrale di 1, bisogna cioè mettere in conto un aumento dell’offerta monetaria complessiva presente sul mercato di 100).


La rappresentazione che viene proposta dai testi classici di economia intende però le banche come semplici intermediari finanziari, che non creano credito o depositi dal nulla ma si limitano a traferire il potere di acquisto da un risparmiatore all’altro. Secondo questa spiegazione, molto astratta e semplicistica, il processo di trasferimento di denaro e quindi potere di acquisto è costituito da una serie di prestiti successivi delle banche intermediarie a favore dei clienti mutuatari, che può essere schematizzato come segue:


la Banca A riceve un nuovo deposito di 100 euro (può essere una banconota, un bonifico , un assegno). Se il requisito di riserva è dell'1%, i testi dicono che la Banca A può prestare 99 euro e depositare 1 euro presso la banca centrale come riserva obbligatoria. I 99 euro possono essere, tuttavia, poi depositati dal cliente mutuatario in un'altra banca, la Banca B, la quale a sua volta potrà prestare il 99% del deposito (98,01 euro) e trattenere l'1% come riserva. Questo processo continuerebbe fino a quando alla fine la quantità di fondi prestati e quindi l’offerta di moneta arriverebbe a 9.900 euro in totale, che inclusi i 100 euro di partenza sono appunto 100 volte superiori rispetto al deposito iniziale di 100 euro. Nello schema sotto viene mostrato sinteticamente come si svolge il processo.






Deposito Riserva all'1% Fondi prestabili
Banca A EUR 100 EUR 1 EUR 99,00 -->
Banca B EUR 99 EUR 0,99 EUR 98,01 -->
Banca C EUR 98,01 EUR 0,9801 EUR 97,0299 -->
-->...
-->...
-->massimo ammontare che potrebbe essere prestato dal sistema bancario: EUR 9.900, secondo la rappresentazione accademica della moltiplicazione monetaria







Fin qui abbiamo visto quello che viene riportato sui libri di testo ufficiali, ma già sappiamo che in realtà le cose non funzionano effettivamente così, perché le banche non trasferiscono potere di acquisto da un cliente all’altro quando concedono un prestito (sarebbe impossibile per pura logica, perché il deposito iniziale di 100 euro del primo cliente depositante rimane quando la banca presta al primo cliente mutuatario i 99 euro: quindi secondo questa teoria distorta la banca non trasferisce fisicamente ma utilizza due volte lo stesso potere di acquisto), ma creano dal nulla nuovi prestiti e aprono nuovi depositi al cliente mutuatario senza movimentare assolutamente i depositi già acquisiti (questo processo è già stato descritto nei dettagli in un precedente articolo, dove abbiamo dimostrato che sono i prestiti a creare nuovi depositi e non viceversa).


L’economista inglese Richard Werner (foto a destra) in un suo famoso libro scritto nel 2005 (New Paradigm in Macroeconomics, di cui è possibile leggere uno stralcio tradotto in italiano sul blog L’economista smascherato) ha già evidenziato un processo alternativo di creazione dal nulla dei prestiti e dei depositi, che è molto più aderente con ciò che avviene giornalmente nella pratica bancaria. Quando una banca riceve un nuovo deposito di 100 euro, incassa i soldi e registra questo deposito come nuova passività di bilancio. Invece di prestare 99 euro, come raccontano i libri di testo, la banca deposita direttamente i 100 euro come riserva presso la banca centrale (inserendoli nell'attivo del suo bilancio ed equilibrando i saldi patrimoniali secondo il principio della partita doppia).


I 100 euro possono ora diventare quell'1% di riserva obbligatoria sulla base del quale la banca può prestare 99 volte tanto. Così scopriamo che è proprio la prima banca che può emettere un nuovo prestito di 9.900 euro, senza dovere passare per forza attraverso il processo iterativo descritto in precedenza. Dal momento in cui il prestito è erogato, la banca aumenta simultaneamente il suo attivo di 9.900 euro (l'ammontare totale del prestito, che è appunto una posta attiva per la banca) ed i suoi depositi di 9.900 euro (che è un passivo per la banca), perché intanto il funzionario di banca ha dovuto aprire o estendere un conto corrente a favore della persona o della società che riceve il prestito, creando in pratica nuova moneta elettronica dal nulla che può ora essere spesa dal cliente mutuatario per effettuare qualsiasi tipo di transazione finanziaria.


La moneta che la banca ha creato è un incremento contabile del 99% del suo bilancio (i 100 euro del deposito iniziale più i 9.900 euro di prestito/deposito creato dal nulla) e in questo modo si rispetta il requisito di riserva obbligatoria. Contrariamente alla spiegazione usuale sul processo di creazione del credito riportata in molti testi accademici, ogni banca crea individualmente credito/moneta dal nulla quando concede o estende un prestito. Seguendo questo nuovo schema molto più realistico, il deposito originario di 100 euro diventa l'1% di riserva obbligatoria sulla base del quale la banca può offrire nuovi prestiti fino a 99 volte la cifra iniziale. La creazione del credito ha “allungato” in pratica artificialmente il bilancio della banca e nello schema sotto possiamo vedere tutti i passaggi che portano a questa conclusione.







Bilancio della Banca A


Passo 1 Deposito di EURO 100 da parte del cliente presso la Banca A


Attivo Passivo
......... EUR 100


Passo 2 EURO 100 usati per aumentare le riserve della banca A


Attivo Passivo
EUR 100 EUR 100


Passo 3 Prestito di euro 9.900 effettuato accreditando il conto corrente del mutuatario con un “nuovo deposito” creato dal nulla



Attivo Passivo
EUR 100 EUR 100
........+ .......+
EUR 9.900 EUR 9.900









A questo punto però la domanda fondamentale è: da dove arrivano i 9.900 euro? Il denaro non è stato prelevato dalla banca da altri conti. Non è stato deviato o trasferito da nessun altro agente economico o da altra parte dell'economia. Ma soprattutto, nonostante sia scritto come deposito, non è stato depositato da nessuno. La banca ha semplicemente creato dal nulla il denaro scrivendone i numeri nella sua contabilità amministrativa e nel conto corrente del cliente. A differenza di quanto viene rappresentato nei libri di testo, vediamo quindi che individualmente ciascuna banca può così creare denaro ogni volta che emette un prestito. Se si insegnasse questa verità nelle accademie e nelle università, non solo sarebbe più facilmente comprensibile e logico tutto il meccanismo, ma si insegnerebbe agli studenti quello che realmente fanno le banche: creano denaro dal nulla. La banca semplicemente pretende di avere 9.900 euro quando concede un prestito, accredita i conti di qualcuno e nessuno se ne accorge.


Questo processo in verità non è stato scoperto da Werner, ma molto prima di lui altri economisti come Wicksell (1898), Schumpeter (1912), Hahn (1920), Goodhart (1989) avevano già fatto luce con chiarezza esemplare sui meccanismi fraudolenti di creazione dei prestiti dal nulla da parte della banche. La stessa scuola austriaca di Von Mises (1949) aveva evidenziato i pericoli derivanti dall’espansione incontrollata del credito bancario, individuando in questa pratica illecita (illecita non perché contro la legge in senso assoluto, anche se esistono tutti gli elementi per accomunare l’attività dei banchieri a quella dei falsari, ma perché fatta ingannando l’opinione pubblica e il senso comune) la causa principale dell’inflazione e aveva proposto come soluzione drastica alla creazione del credito dal nulla un sistema monetario con riserva frazionaria del 100%. Secondo questa ipotesi di riforma le banche avrebbero potuto prestare soltanto una quantità di soldi pari a quelli raccolti con i depositi senza aggiungerne altri nel circuito, garantendo sempre la piena convertibilità alla pari con l’oro custodito nei forzieri (ricordiamo infatti che quando fu avanzata questa proposta dalla scuola austriaca il regime monetario vigente prevedeva la piena convertibilità in oro delle banconote e quindi l’intuizione era quanto mai sensata, mentre oggi che non esiste più alcun vincolo di convertibilità e la circolazione monetaria è completamente digitalizzata non avrebbe più alcun senso).


Non bisogna trascurare nemmeno la circostanza che questa nuova visione dell’attività bancaria scardina completamente tutte le teorie economiche classiche che insistono sul ruolo della banca come semplice intermediario del credito e del risparmio. Secondo queste teorie i risparmi accumulati dalle famiglie rappresentano il presupposto principale per gli investimenti delle imprese attraverso l’estensione del credito: ovviamente non è così, perché le banche decidono autonomamente la strategia creditizia degli investimenti non in base ai risparmi e ai depositi raccolti, ma seguendo alcune semplici regole di opportunità e rischio correlate all’attività di concessione dei prestiti (vedi anche i requisiti patrimoniali richiesti oggi dai regolamenti bancari come Basilea II). Solo per completezza riportiamo alcune citazioni dirette di due di questi importanti economisti, che chiariscono ancora meglio questo concetto.


“…questo altera parecchio la situazione analitica e rende altamente sconsigliabile di costruire il credito bancario sul modello di fondi esistenti che vengono prelevati da altri utilizzi attraverso un atto completamente immaginario di risparmio e poi di prestito da parte dei proprietari. E' molto più realistico dire che le banche creano il credito, cioè che creano depositi che vengono loro affidati.” (Schumpeter, 1954)


Le banche nelle loro attività di prestito non solo non sono limitate dal capitale proprio; esse non sono limitate, almeno nell'immediato, da nessun capitale qualsivoglia; concentrando nelle loro mani quasi tutti i pagamenti, esse creano esse stesse il denaro di cui necessitano...” (Wicksell, 1907)


In un sistema puro di credito, dove tutti i pagamenti vengono effettuati attraverso trasferimenti nei libri contabili, le banche sono in grado di garantire in ogni momento qualsiasi ammontare di prestiti a qualsiasi, per quanto minimo, tasso di interesse. (Wicksell, 1907)


Aggiungiamo adesso un altro elemento, che cambia non poco le nostra attuale prospettiva. Il limite della riserva obbligatoria è solo teorico, o almeno funziona raramente: infatti, la banca centrale fissa un tasso d'interesse interbancario obiettivo, e quando si avvicina la data di controllo periodico dei requisiti di riserva obbligatoria, fornisce qualsiasi ammontare di riserve a richiesta dalle banche commerciali, per evitare un’impennata improvvisa di quel tasso (che sarebbe dovuta ad un’eccessiva domanda di prestiti interbancari da adibire a riserva). Quindi non è tanto la banca commerciale su precisa indicazione della banca centrale a doversi preoccupare di verificare e accantonare la quota di riserva obbligatoria prima di concedere un qualsiasi prestito, ma nella realtà accade esattamente il contrario: è la banca centrale che fornisce e mette a disposizione tutte le riserve di cui le banche commerciali hanno bisogno per consentire a queste ultime di adempiere ai loro obblighi di riserva.


Quest’ultima affermazione rende chiaro che la banca centrale non può controllare l’offerta di moneta, attraverso la definizione del limite di riserva obbligatoria (come indicano invece i libri della teoria classica), ma può al massimo agire sul tasso d'interesse per allinearlo con il tasso di sconto obiettivo stabilito periodicamente. Ritornando all’esempio di prima, la banca che riceve il deposito di 100 euro non potrà solo prestare 9900 euro, perché limitata dall’obbligo di riserva, ma potrà tranquillamente prestare secondo le proprie convenienze fino a 20000, 100000, 1000000, o qualsiasi altra cifra, dato che in ultima istanza la banca commerciale avrà sempre la possibilità di rivolgersi successivamente o al mercato interbancario o alla banca centrale per richiedere e reperire tutte le riserve necessarie a soddisfare i suoi obblighi istituzionali di accantonamento.


Questo solleva delle problematiche enormi per la politica monetaria adottata dalla banca centrale, in quanto quest’ultima non solo non è più in grado di controllare efficacemente l’offerta di moneta nel suo complesso ma non può porre alcun argine teorico alla creazione e espansione del credito bancario, specialmente quando riconosciamo l'esistenza di una informazione imperfetta sia in fase di istruzione accademica dei nuovi addetti che di implementazione pratica di regole esistenti soltanto in teoria.


Inoltre, il fatto che le banche non abbiano in realtà il denaro che prestano, ma lo creano dal nulla, spiega perché la fragilità finanziaria sia vista da tutti gli esperti della materia come un grave problema per il settore bancario, a cui si cerca di porre rimedio con affannose regolamentazioni internazionali come appunto Basilea II. Per essere in grado di considerare la questione delle crisi bancarie, come rispondere a queste e come evitarle innanzitutto, diventa quindi necessario evidenziare il nuovo collegamento che si instaura tra il sistema bancario e la macroeconomia: questo infatti dovrebbe sciogliere definitivamente l'enigma della dipendenza diretta tra la moneta creata dal nulla delle banche e le frequenti crisi finanziarie che si susseguono nel mercato.


Ma chi è arrivato fin qui, seguendo con attenzione i passaggi dei nostri ragionamenti, avrà capito che esiste ancora una domanda a cui bisogna dare risposta: se le banche prestano soldi dal nulla senza prelevarli fisicamente dai depositi già raccolti e se gli obblighi di riserva sono sempre rispettati a valle del processo e non prima della concessione del prestito, cosa fanno materialmente le banche con i soldi depositati dai risparmiatori sui conti correnti o su altri depositi bancari?


Abbiamo visto infatti che questi soldi, in qualsiasi modo venga fatto il deposito iniziale da parte del cliente (contanti, bonifico elettronico, assegno), vengono regolarmente registrati nel passivo di bilancio della banca e producono un pari importo di riserve, che essendo un deposito della banca presso la banca centrale viene altrettanto correttamente incluso fra le attività e gli impieghi della banca stessa: nel caso dei contanti, il passaggio dalle mani del cliente alle riserve depositate presso la banca centrale è abbastanza immediato e intuitivo perché la banca commerciale invia materialmente le banconote alla banca centrale, che distruggerà la carta e aggiornerà le riserve in banconote di quella data banca (la banca centrale preferisce distruggere le banconote cartacee ricevute, perchè per lei rappresenta un costo minore stampare nuove banconote all'occorrenza rispetto a tenere a magazzino grossi cumuli di carta straccia e usata).


Più complesso e astratto è invece il meccanismo che accredita le riserve quando si tratta di bonifico elettronico o di un assegno perché in questo caso dobbiamo tenere presente che esistono due livelli di circolazione della moneta elettronica: nel primo, che possiamo indicare come circuito a vista, circola moneta meno pregiata di banca commerciale (che è la stessa che le banche si inventano quando aprono un nuovo prestito), mentre nel secondo circuito, il cosiddetto mercato interbancario che collega tutte le banche fra di loro e queste ultime con la banca centrale, circola soltanto moneta di banca centrale che è di importanza strategica molto superiore alla precedente perché è stata originariamente emessa dalla banca centrale come nuova base monetaria (banconote o riserve).


Quando una banca riceve un bonifico elettronico o un assegno, da una parte accrediterà questa nuova digitazione contabile a vista sul conto corrente o il deposito del cliente, e dall’altra riceverà automaticamente dal circuito interbancario, attraverso il sistema di regolamento e compensazione dei pagamenti (per l’eurozona questo sistema si chiama TARGET2 ed è stato descritto in questo articolo), un pari importo di moneta di banca centrale che transiterà dal conto di riserve della banca emittente al conto di riserve della banca ricevente il bonifico o l’assegno.


In ogni caso la banca che riceve il deposito da parte del risparmiatore si ritroverà con un importo superiore di riserve libere (non obbligatorie, perché queste come abbiamo già detto vengono gestite attraverso il canale diretto di compensazione periodica con la banca centrale), che possono essere utilizzate in un unico modo dalla banca: acquisto di titoli obbligazionari pubblici e privati o di altri prodotti finanziari, come derivati, titoli strutturati, azioni (vedere un precedente articolo in cui è stato spiegato abbastanza chiaramente come avviene questo processo). Avendo eliminato il collegamento fra i depositi ricevuti dai risparmiatori e i prestiti forniti alla cosiddetta economia reale (famiglie e imprese), alla banca non rimane altra scelta che utilizzare questo improvviso incremento del conto di riserve per investire in finanza e questa scelta dipende soltanto dalle condizioni del mercato finanziario, dalle valutazioni di opportunità e rischio e dagli obiettivi strategici della banca a medio e lungo termine.


Il problema più complicato e ostico da affrontare per chi vuole capire come leggere un bilancio bancario è riuscire a distinguere nella voce “debiti verso clienti” la parte di depositi nati dal nulla tramite la concessione di prestiti e quella invece creata regolarmente con i depositi dei risparmiatori: una volta fatta questa separazione diventa molto più agevole identificare le reali risorse che le banche possono utilizzare per gli investimenti strutturali o speculativi in finanza e quelle invece che, essendo state create dal nulla, non hanno ancora un corrispondente sottostante di riserve da potere investire.


Nel caso specifico, le banche europee in questo periodo di turbolenza finanziaria preferiscono mantenere gran parte delle loro riserve libere nei conti di deposito presso la banca centrale, ricevendo un basso margine di profitto dello 0,25% di interesse, rispetto ad investire in titoli ad alto grado di rischio e perdita, perchè ricordiamo che queste riserve dovranno servire alle banche per rifinanziare un’elevata quantità di titoli pubblici e privati in scadenza nel corso dei prossimi tre anni. Ad ogni modo chi voleva sapere che fine fanno i suoi risparmi depositati in banca è stato presto accontentato: le banche utilizzeranno le riserve ricavate da questi depositi di privati cittadini e imprese per accedere alla borsa azionaria o dei titoli, senza mai rendere conto ai clienti sulle effettive movimentazioni e gli eventuali ritorni economici degli investimenti effettuati con i loro soldi.


Ecco perché progetti di riforma monetaria come Positive Money, di cui l’economista inglese Richard Werner è stato uno degli ispiratori, propongono una separazione netta fra i depositi dei clienti non movimentabili dalla banca (Transaction Accounts) e quelli destinati agli investimenti (Investment Accounts), in modo che il risparmiatore sia sempre consapevole delle finalità e degli utilizzi con cui la banca dispone dei suoi soldi. Nel caso in cui il risparmiatore dia il consenso alla banca di investire una parte dei soldi depositati, è chiaro che la banca stessa debba corrispondere al cliente un’analoga quota dei profitti ricavati o condividere con lui le eventuali perdite (non come avviene oggi che i depositi e i conti correnti non vengono più remunerati o addirittura comportano soltanto dei costi per il cliente, appunto perché le banche giocano da sempre sul fatto che i risparmiatori non sanno o non riescono a capire che fine fanno concretamente i loro soldi depositati).


In conclusione, aggiungiamo ancora un ultimo argomento di riflessione, che magari sarà approfondito con maggiore attenzione in un successivo articolo: chi ha compreso come avviene il processo di creazione dal nulla del credito e di movimentazione delle riserve bancarie avrà subito capito che il sistema monetario moderno presenta una caratteristica molto singolare. Infatti pur essendo basato su un regime di fiat money, in cui la nuova base monetaria viene incrementata dal nulla dalla banca centrale senza alcun vincolo di convertibilità con oro o altri beni e le banche commerciali possono inventare di sana pianta nuovi depositi in seguito alla concessione di prestiti, il sistema monetario funziona come se idealmente esistesse ancora un vincolo di convertibilità: la base monetaria (banconote e riserve) emessa originariamente dalla banca centrale è il nuovo oro fittizio del sistema monetario moderno, perché idealmente può essere ancora convertita in oro tramite gli investimenti in finanza, mentre la moneta elettronica creata dal nulla dalle banche commerciali è invece una semplice banconota virtuale di scarsa qualità e seconda scelta che non ha più la caratteristica di convertibilità, ma a causa della sua continua circolazione influenza i movimenti all’interno del mercato interbancario dell’oro fittizio, la moneta vera, le riserve denominate in moneta legale a corso forzoso create o depositate presso la banca centrale.


Nonostante dal 1971 il regime di convertibilità fra denaro e oro sia stato abolito e si sia passati drasticamente ad un meccanismo monetario di fiat money (creazione di denaro dal nulla e assenza di convertibilità), il sistema bancario nel suo complesso (banche centrali e banche commerciali) continua a lavorare come se nulla fosse accaduto ed esistesse fra l’altro solo in teoria un vincolo di convertibilità alla pari (che in realtà non esiste) fra la moneta circolante nel circuito a vista (la moneta bancaria di scarsa qualità) e la moneta che transita esclusivamente nei mercati interbancari dei capitali senza circolare mai nell’economia reale (l’oro fittizio, la moneta legale emessa dalla banca centrale, il denaro che potenzialmente è più prezioso perché nasconde in modo ingannevole un vincolo di convertibilità con l’oro o con un'altra riserva di ricchezza reale).


Non a caso la banca centrale iscrive sempre al passivo del suo bilancio le nuove emissioni di base monetaria in banconote o riserve, come se in effetti queste ultime fossero un debito di risarcimento verso i possessori di tale moneta o avessero un vincolo di convertibilità con l’oro o con un qualsiasi altro bene di scambio, che in realtà non esiste affatto. A parte l’evidente irregolarità contabile, la banca centrale si comporta insomma come una miniera inesauribile di nuovo oro fittizio, che invece di scavare sotto terra alla ricerca del prezioso metallo clicca semplicemente i tasti di un computer per aumentare la quantità di questo bene puramente virtuale che è presente soltanto nei circuiti interbancari e può essere movimentato esclusivamente fra la banca centrale e le banche commerciali e fra queste ultime e il mercato azionario e obbligazionario. Un bell’affare, soprattutto per chi gestisce la miniera (la banca centrale) e per coloro che possono acquisire a prezzi modici tutte le quantità di oro fittizio di cui hanno bisogno (le banche commerciali).


Questa distorsione e anomalia di funzionamento del sistema bancario, insieme alla falsa impostazione concettuale della teoria della riserva frazionaria, che ancora viene insegnata in ambito accademico, rappresenta uno dei principali motivi per i quali è diventato più che mai urgente riformare e cambiare definitivamente il meccanismo di creazione e circolazione della moneta, in modo da rendere più razionale e meno iniquo tutto il processo ed evitare le derive illogiche che vengono poi enfatizzate nelle ricorrenti crisi finanziarie. Qui non si tratta più soltanto di uno sparuto gruppo di complottisti o signoraggisti che vedono truffe o trame oscure dappertutto, ma di elaborati studi scientifici condotti da emeriti economisti (inspiegabilmente ignorati dalla letteratura ufficiale) che hanno dimostrato nei fatti che il sistema bancario e monetario moderno è irrazionale e falso fin dalle sue fondamenta.


Per citare solo uno degli ultimi economisti di una certa fama che ha denunciato pubblicamente l’irrazionalità e illegalità di condotta dei banchieri, il premio Nobel per l’economia, il francese Maurice Allais disse nel 1988:


“L’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto.”


E se proprio non vogliamo fidarci delle parole di un economista diffidente e poco allineato con le correnti di pensiero più a buon mercato, possiamo pure ricorrere al giudizio di uno che è assolutamente integrato all’interno del sistema, il governatore inglese della banca centrale Bank of England Mervyn King, che nel 2010 affermò:



Di tutti i sistemi finanziari che possono essere utilizzati per creare denaro, quello attuale basato sulla riserva frazionaria è il peggiore possibile.











Pubblicato da PIERO VALERIO a 19:35 Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su Facebook



Etichette: Banche Centrali, Crisi Finanziaria, Politica Monetaria, Positive Money, Riforma Monetaria, Sistema Bancario, Teorie Monetarie



 
Il Procuratore Generale Tarquini spiega la truffa di Bankitalia

Visto su http://sebastianoscrofina.blogspot.c...-tarquini.html



Tratto da “La banca, la moneta e l’usura – La Costituzione tradita”, di Bruno Tarquini
[*], già Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello dell'Aquila (ed. Controcorrente, Napoli 2001)

"Le anomalie di un bilancio […] la Banca d’Italia, nei propri bilanci, iscrive tra le poste passive la moneta che immette in circolazione. Questo ritiene di poter fare in virtù di un mero gioco di parole, che si risolve in definitiva in una presa in giro del popolo, sfruttando in modo truffaldino la formula che ancora si trova scritta sulle banconote (“Lire centomila – pagabili a vista al portatore” – firmato “Il Governatore”) e che, oggi, non avrebbe più alcuna ragione di essere, perché non significa nulla [1].
Infatti si tratta di un’obbligazione che l’istituto bancario si assumeva nel passato (nel tempo, cioè, in cui vigeva la convertibilità del biglietto di banca in oro) di convertire appunto la carta moneta nel metallo prezioso che ne costituiva la garanzia (base aurea).
Nei tempi attuali, in cui quella convertibilità è stata abolita ed è stato imposto il corso forzoso della moneta cartacea, quella “promessa di pagamento a vista” ha perduto ogni contenuto e non può, quindi, avere alcun valore. Tuttavia la Banca d’Italia ritiene ancora di potersene avvalere, confidando che la mera apparenza, che ancor oggi conservano i biglietti di banca, di cambiali a vista, e quindi formalmente di debito, le possa consentire legittimamente di considerare la moneta immessa in circolazione come una propria passività da iscrivere in bilancio tra le poste passive. Ed è noto come l’aumento artificioso del passivo, in un bilancio societario, determini un illecito annullamento dell’attivo [2].
Quindi l’Istituto di Emissione immette in circolazione banconote che sono non solo prive di alcuna copertura (neanche parziale) o garanzia, ma anche strutturate come false cambiali, che da un lato offrono una parvenza di legalità alla loro iscrizione nel passivo dell’azienda, dall’altro costituiscono un “debito inesigibile”, come affermano le stesse autorità monetarie, inventando una fattispecie giuridica di cui facilmente si può misurare l’assurdità. A parte, infatti, che la inesigibilità non può che riguardare il credito (perché è questo che, caso mai, non può essere esatto), con la formula del “debitore inesigibile” si fa decidere allo stesso debitore di non pagare il debito.
Una cosa è dire che “il credito” è inesigibile perché il debitore non può pagare, altra cosa è invece dire che esso è inesigibile perché il debitore (la Banca Centrale) per legge ha la garanzia di non dover pagare.
Riassumendo, delle due l’una: o la Banca d’Italia non è proprietaria della moneta al momento dell’emissione (come hanno affermato i rappresentanti del governo rispondendo alle interrogazioni parlamentari) ed allora appare del tutto ingiustificato che ne tragga un utile, tanto più che la banca stessa assume di essere debitrice dei simboli monetari emessi, così da iscriverli come posta passiva nel proprio bilancio; oppure la Banca Centrale (contrariamente a quanto dichiarato dai due Sottosegretari di Stato) è proprietaria di quella moneta e con giustificazione (solo apparente) ne ritrae un utile dal suo prestito al sistema economico nazionale, ma allora assume i contorni di un fatto illecito far figurare come poste passive operazioni che sono invece indubbiamente attive."

Note:
[*] Bruno Tarquini è nato ad Avezzano (L’Aquila) nel 1927. Laureatosi in giurisprudenza nel 1948 presso l’Università di Roma, è entrato giovanissimo in magistratura, percorrendone tutti i gradi. E’ stato pretore a Roma e, dal 1955, al Tribunale di Teramo, prima come giudice, poi come presidente; nel 1986 è stato trasferito alla Corte d’Appello dell’Aquila, dove ha svolto le funzioni di presidente della sezione penale e della Corte d’Assise di secondo grado, infine, nel 1994, è stato nominato Procuratore Generale della Repubblica presso la stessa Corte d’Appello. Gli studi giuridici e l’attività professionale non gli hanno impedito di alimentare le sue curiosità intellettuali, con particolare riguardo alla storia.

[1] Provi il cittadino a presentarsi ad uno sportello qualsiasi della Banca d’Italia, esibisca una banconota contenente quella (ormai inutile) promessa di pagamento e chieda di essere “pagato a vista”. E’ probabile che venga preso per matto!
[2] Sarebbe di certo giuridicamente infondato sostenere la legittimità della indicazione nel passivo della moneta al momento della emissione (ed a maggior ragione durante la sua circolazione), facendo ricorso a quanto stabilisce l’art.2424 del codice civile, secondo il quale il bilancio delle società per azioni deve indicare nel passivo (tra l’altro) anche “il capitale sociale al suo valore nominale…”, poiché non vi è alcun dubbio che nella massa di moneta creata e messa in circolazione dalla Banca Centrale non può sicuramente identificarsi il capitale sottoscritto e depositato dagli azionisti (“partecipanti”), dei quali costituisce un credito e, quindi, per la società un debito. Quella moneta la stessa Banca d’Italia – come si dirà più oltre – la definisce “merce”.
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se son rose fioriranno,ma se son cachi............................. e lo sforzo continua:Dbutta le chiappe oltre l'ostacolo, ma ocio a dove.....................................atterri;) .
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