“Qualche tempo fa il British Medical Journal
ha pubblicato una ricerca del King’s College di Londra e della London School of Economics.
Hanno preso in esame 68 indicazioni di farmaci oncologici fra il 2009 e il 2013.
Ebbene: dopo tre anni era risultato che solo 24 su 68, cioè il 35 per cento,
aveva provocato un aumento della sopravvivenza (e, comunque, per meno di tre mesi)
e solo il 7 per cento aveva provocato un aumento della qualità della vita.
Ciò significa, in parole poverissime, che il 65 per cento dei farmaci oncologici
non sono stati introdotti per portare beneficio a chi quei farmaci li assume.
Ma solo per portare beneficio a chi li produce.
Nel luglio 2019 sempre il British Medical Journal pubblicò un’analisi di Beate Wieseler,
dell’istituto pubblico tedesco che studia la qualità e l’efficienza della salute.
La Wieseler aveva messo sotto osservazione tra il 2011 e il 2017 la bellezza di 216 nuovi farmaci
introdotti nel sistema con tutte le benedizione e le autorizzazioni del caso.
Ebbene: solo il 54 per cento, cioè il 25 per cento, uno su quattro, avevano portato beneficio.
Ciò significa che tre farmaci su quattro introdotti nei sei anni studiati dalla ricercatrice erano risultati del tutto inutili.
Potevamo evitare di assumerli.
E soprattutto evitare di pagarli”.