Vaccino

Una domanda attanaglia le menti di molti italiani,
i quali si trovano spiazzati di fronte alle contraddizioni della realtà dei fatti
rispetto alla narrazione che per due anni ha ammorbato l’intero Paese,
elargendo menzogne e false supposizioni, vendute al pubblico come assodate verità:

“Perché i vaccinati possono ammalarsi gravemente e morire di Covid?”.

Una spiegazione viene fornita da uno studio, uscito su Science Immunology
e condotto da un grande consorzio internazionale, coordinato dalla Rockfeller University di New York,
cui hanno partecipato l’Asst Spedali Civili di Bescia, l’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, il Bambino Gesù e l’Università di Roma 2.

Uno degli autori di questo studio, Giuseppe Novelli, stimato genetista e responsabile della genetica medica al Policlinico Tor Vergata,
è stato intervistato da La Verità, nel tentativo di spiegare al pubblico gli esiti del suo lavoro.

«Già all’inizio della pandemia eravamo rimasti colpiti dal fatto che, sebbene tutti fossero stati contagiati dallo stesso virus,

il 40% degli infetti era asintomatico,

il 10-12% aveva sintomi leggeri,

il 5-10% finiva in ospedale

e circa il 2% in terapia intensiva.

Ma se il virus è il medesimo, significa che la differenza la fanno l’ospite e la sua genetica».


La premessa del professore è, fin qui, del tutto logica.
 
Tornando al tema principale, lo studio condotto dai vari team scientifici ha dimostrato che

«Una buona quota dei pazienti che finiscono in terapia intensiva, tra il 3 e il 10%, ha un problema genetico preesistente:
non produce l’interferone o non riesce a utilizzarlo».


Ma che cos’è l’interferone?

«È praticamente la nostra prima linea di difesa contro ogni virus e ogni batterio.

Fa parte di quella che noi chiamiamo “immunità innata”.

Alla famiglia degli interferoni, poi, si collegano le citochine,

quelle che, quando intervengono in maniera troppo massiva, provocano un danno infiammatorio» .



Si fa riferimento, dunque, alla famosa tempesta citochinica che si scatena nei malati di Covid gravi

«Esatto. È connessa al mancato o difettoso intervento dell’interferone:
se la prima linea di difesa non funziona, si attivano massicciamente le seconde e le terze,
scatenando così la tempesta citochinica», ovvero il cosiddetto “fuoco amico”,

«che fa più danno, perché a far male non è il virus in sé, bensì, appunto, la reazione infiammatoria».
 
Andando al dunque, lo scienziato spiega perché il problema riguarda anche i vaccinati:

«Noi facciamo affidamento su due tipi d’immunità:

quella innata e quella acquisita,

che a sua volta si ottiene o con il vaccino o con l’infezione.

Le due immunità, però, devono lavorare insieme; se una è squilibrata, il sistema può incepparsi».


Il problema dei vaccinati, quindi, non è che la mancata produzione di anticorpi nonostante l’iniezione:


«La risposta anticorpale era normale.

Abbiamo scoperto però che, oltre a una quota di pazienti che non produce l’interferone,

ce n’è un’altra, che arriva fino al 20%, di soggetti che producono l’interferone,

ma non lo utilizzano perché lo distruggono con gli autoanticorpi.

È un problema autoimmune.

Negli individui sani, questi autoanticorpi sono molto rari: li abbiamo trovati nello 0,17% di loro.

Se ne trovano di più negli over 70, anche se sani: circa il 4%».


Se ne deduce che questo sarebbe uno dei motivi per cui gli anziani sono più esposti al Covid:

«Negli anziani malati di Covid, infatti, li abbiamo trovati in quantità piuttosto elevate:
gli autoanticorpi erano nel 20% dei deceduti per il Sars-Cov-2.
Il virus, dunque, è un “trigger”, fa da innesco per la stimolazione di questi autoanticorpi,
che però esistevano già prima della pandemia».

E sul discorso sulle comorbidità il Dott. Novelli spiega che

«Gli autoanticorpi li abbiamo individuati, come le dicevo, nel 20% dei soggetti morti di Covid.
Persino in un paziente giovanissimo, di 12 anni.
Negli altri casi, di solito, a facilitare un esito infausto della patologia sono altri problemi: diabete, obesità, malattie cardiovascolari…».
 
Assunto che il difetto genetico relativo all’interferone diventa una delle cause principali di aggravamento
e, conseguentemente, di decesso, diventa lecito chiedersi se esistano dei test per accertare l’eventuale presenza di tale problema:

«Certo, per gli autoanticorpi è sufficiente un banale test di laboratorio, che si esegue sul siero.

Basta avere il kit e i reagenti.

Per scoprire le mutazioni dei geni dell’interferone, invece, bisogna leggere il Dna e ciò richiede qualche competenza in più».



Alla luce di queste informazioni, il tema si sposta inevitabilmente sull’opportunità di fare uno screening sulla popolazione,
volto all’individuazione di un ulteriore fattore di rischio che identificherebbe precisamente una frangia di soggetti particolarmente “fragili”:

«Be’, io faccio lo scienziato. Sono i politici che devono decidere…Più che pubblicare questa ricerca!

Io dico che questo test sarebbe importante, perché alcuni colleghi americani e spagnoli

hanno appena scoperto anche che chi ha quegli autoanticorpi anti interferone rischia non solo per il Covid,

ma pure per la riattivazione di virus latenti, come l’herpes.

È necessario individuare i soggetti più esposti, studiarli in maniera selettiva, approntare terapie specifiche:

la medicina del futuro è una medicina di precisione, personalizzata».
 
In tema di cure precoci, monoclonali e antivirali, il saggio espone tutta l’importanza dell’utilizzo di tali misure:

«Assolutamente, tant’è che la terapia precoce con i monoclonali,
su alcuni bambini che avevano difetti nei geni dell’interferone trattati negli Usa, ha dato ottimi risultati.
I monoclonali sono farmaci d’eccellenza.
Il loro unico svantaggio è che sono altamente specifici;
e infatti, quelli calibrati sul virus di Wuhan non sono efficaci per il ceppo di Omicron.

Ma c’è una novità.

I monoclonali di terza generazione: sono anticorpi modificati».


In che modo?

«Per farla semplice: di solito hanno due “attacchi”;
se io gliene metto quattro, si moltiplica la capacità di legare il virus, anche quando muta.
E non c’è bisogno di ricostruire ogni volta l’anticorpo a partire dalla “libreria” dei monoclonali sintetici.
Basta anche prendere quello tarato sul ceppo di Wuhan e poi modificarlo.
Insomma, anziché partire dalla libreria, parto dal libro e cambio solo qualche pagina.
Noi abbiamo già cominciato la sperimentazione sugli animali».
 
Sembrerebbe una buona notizia, ma il dott. Novelli getta subito acqua sul fuoco:

«Qui casca l’asino.

Con i fondi della ricerca noi produciamo la molecola; dopodiché la molecola deve diventare farmaco.

E per quello ci vuole l’industria,
ci vogliono le grandi organizzazioni strutturate che solo potentati economici, come la Pfizer, si possono permettere.

Calcoli, ad esempio, che a ogni volontario umano che si sottopone a una sperimentazione va garantita l’assicurazione sulla vita;

e Pfizer, per il primo vaccino, ha usato 30.000 volontari…»


– in realtà sono circa 4,83 miliardi di persone se calcoliamo i soggetti a cui è stato somministrato il farmaco in via sperimentale,

ai quali però non è stata garantita alcuna polizza, né tantomeno alcun indennizzo, almeno in Italia, ndr -.



Ma quanti soldi servirebbero, insomma, per avviare la produzione di questi monoclonali aggiornati?

«La mia ricerca sui monoclonali è costata qualche milione di euro.

Per produrne poche dosi necessarie alla sperimentazione su 100, 150 persone

(e non per la fabbricazione su larga scala, dunque) serve un’industria che investa altri 5-6 milioni di euro.

Allora, o il privato ci mette su un capitale, oppure deve intervenire il pubblico, anche in partnership con il privato».
 
«L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di averla.»
La libertà non è un concetto che piove dal cielo ma è costruita dall'uomo, anzi, dalla società. Senza società ci sarebbe la legge della giungla, vincerebbe solo il più forte. Ma la società per funzionare ha bisogno che tutti si riconoscano in regole condivise e riconoscano l'autorità che fa rispettare quelle regole. Voi novax quella autorità non la riconoscete, probabilmente la odiate, però pretendete che vi garantisca la libertà. Questa è una enorme contraddizione.
Detto questo, non avrai altre risposte, chi attacca sul personale non merita di dialogare con me.
 
Maremma bucaiola.

Sembra normale sentire qualcuno dire "Ho preso un farmaco per il mal di testa, ma il mal di testa non mi è passato", oppure "Tizio ha fatto la chemioterapia, eppure è morto di tumore", oppure "Mi lavo i denti tre volte al giorno, eppure ho avuto delle carie", oppure "Ho preso l'antistaminico, però continuo a starnutire per l'allergia".
E magari "Avevano le cinture di sicurezza e gli airbag eppure, nell'incidente frontale, 3 passeggeri dell'autoveicolo su 4 sono morti".
E poi, ancòra: "Era magro, mangiava tanta verdura, eppure ha avuto un infarto".

Per non dire "Avevo mal di testa, ho preso la tal medicina che mi ha fatto passare il mal di testa, però mi è venuto il mal di pancia".

In altre parole, sembra normale che l'efficiacia, nel mondo non sia binaria (o bianco, o nero: esistono anche un bel po' di sfumature di grigio).

Invece, se i vaccini anticovid riducono notevolmente i danni della malattia in forma grave e i decessi, ma SENZA azzerarli... è uno scandalo.

Vabbè.
 
Buffoni sono e buffoni rimangono.

In questi giorni è tornato in auge il dibattito sulla necessità di vaccinare con la quarta dose la popolazione a rischio, i fragili, i sanitari e gli over sessanta.

Fra i cosiddetti “esperti”, non solo si discute sull’opportunità dell’obbligo delle inoculazioni,
ma anche se farle subito o di attendere l’autunno con i “vaccini aggiornati”,
viste le enormi differenze tra la variante Omicron 5 ed il ceppo originale di Whuan,
sul quale sono stati sviluppati i sieri attuali.

A breve il governo di Draghi, Salvini, Letta, Conte e Speranza
potrebbe prendere una decisione sull’obbligo vaccinale per gli over 60 e, probabilmente, anche per medici e sanitari.

Una scelta che, come riporta Il Giorno, «sembra agli esperti ormai improcrastinabile visto il tasso di crescita dei contagi».


Ci troviamo ancora una volta, dunque, davanti a delle valutazioni del tutto aleatorie,

visto che il dibattito sull’utilizzo dei meri contagi si è già esaurito nei mesi scorsi,

determinando l’assoluta inopportunità nell’utilizzare tale indice come grimaldello per l’applicazione di obblighi e restrizioni.

Sono stati addirittura gli stessi televirologi, nei giorni passati, a chiedere a gran voce

che si smetta di fare tamponi a tappeto, sottolineando come ciò possa creare più danni del Covid stesso.
 
Si ma sono sempre i soliti giornali: libero, il giornale, porro, l'area di berlusconi insomma.
Possibile che non vediate la mancanza di moderazione, lo stile complottista, l'impronta clickbait degli articoli?
Una persona intelligente evita certi siti.
 

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