Nella mia città, che poi è un piccolo borgo, Porto San Giorgio, si è no 15mila abitanti,
all’interno di un comprensorio, quello Fermano, che ne raggruma a fatica 160mila,
meno di un quartiere metropolitano, succedono però delle cose interessanti.
Dal panificio pasticceria vicino casa mia è sparito il fornaio, dov’è il fornaio?
Qualcuno mi racconta, risalendo fino agli albori della gloriosa strategia antipandemica di Stato,
ricordate? “Andrà tutto bene”, “tachipirina e vigile attesa”,
“noi vi concediamo, noi vi proibiamo”, “non ti vaccini ti ammali muori e fai morire”.
Diceva allora il fornaio: ma io come posso ogni giorno farmi un tampone per lavorare,
io mi alzo alle 3, chi me lo fa il tampone alle 3, eppure debbo campare la famiglia;
e si risolveva a cedere al ricatto del regime, una dose, la seconda, la terza.
Ed è sparito: si è ammalato a un rene, in modo grave, gliel’hanno dovuto asportare.
C’è un medico, qui, che confida esterrefatto:
non ho mai assistito a un simile proliferare di malattie, patologie, accidenti fulminanti, folgori improvvise,
ma, soprattutto, tumori: ne ho diagnosticati più nell’ultimo anno, anno e mezzo che in 30 anni di carriera.
Solo che non posso dirlo se no mi fanno fuori.
Capisco, del resto a me quando mi visitano, dicono: se è stato il vaccino a scatenarti il linfoma? Eh, chi può dirlo.
Rari, ma ci sono.
Una addirittura me l’ha messa nella ruota della fortuna: “Allora perché a lei sì e a me no?”.
Era giovane, voleva a suo modo rincuorarmi, non me la sono sentita di aggredirla, sono molto stanco,
ha ragione la mia amica Silvana De Mari, questi sono stati ipnotizzati, non è tanto o solo viltà, ci credono veramente,
mi sono limitato a risponderle:
dottoressa, la prego, non scherziamo, io la rispetto, lei rispetti la mia condizione.