Val
Torniamo alla LIRA
Crisanti prosegue con una disamina delle motivazione secondo le quali un virus muta:
«Dal punto di vista evolutivo la spinta principale è la riproduzione.
Ma questo vale per qualsiasi organismo: dal virus al microrganismo per finire all’essere umano o alla balena.
Qualsiasi cosa faciliti la riproduzione ha un vantaggio selettivo.
Infatti, i virus con le successive varianti hanno coefficienti di riproduzione sempre più elevati.
La spinta selettiva agisce in tal senso, dopodiché abbiamo introdotto una barriera».
Quale barriera?
«Il vaccino. Con questo la percentuale delle persone suscettibili diminuisce.
Le più fragili muoiono.
Quelle che guariscono hanno una risposta immunitaria che contrasta il virus.
Qui la spinta selettiva del virus si modifica.
Non c’è solo la necessità di riprodursi, bensì quella di riprodursi in persone potenzialmente protette.
Ed è per questo che il virus evolve in forme che non vengono riconosciute dai vaccini.
La spinta è sempre la riproduzione».
Sulla diminuzione della letalità dei virus durante la loro evoluzione li professore spiega che:
«È un tema di grande interesse, il rapporto fra evoluzione e virulenza.
Se il microrganismo per riprodursi deve fare un danno, non evolve verso forme non virulente.
Se ne può fare a meno sì.
Il parassita della malaria infetta l’uomo da quarantamila anni e non può evolvere verso forme non virulente».
L’esperto mette quindi il covid in relazione a questa spiegazione
«Ci sono margini di flessibilità.
La variante Omicron è meno virulenta perché colpisce le vie aeree respiratorie superiori.
Ed è quindi più facile uscire e contagiare altre persone.
Quindi la riproducibilità si associa a una minore virulenza».
Crisanti continua parlando dei propri dubbi sulla coerenza e consistenza dei dati sui morti di Covid:
«Il calcolo è facilissimo.
Avevamo a dicembre 1.200 pazienti ricoverati in terapia intensiva.
La permanenza media dura venti giorni.
La probabilità di morire a questo stadio è del 50%.
Seicento morti in venti giorni sono trenta al giorno».
Il giornalista de La Verità gli fa quindi notare che ne avevamo molti di più secondo i conteggi,
così l’esperto risponde evidenziando che:
«Gli altri erano tutte persone vaccinate e fragili.
Problema purtroppo non sollevato perché si aveva paura che i no vax argomentassero che il vaccino non funzionava.
L’Iss, sollecitato, alla fine ha dovuto chiarire.
La maggior parte dei morti sono persone sopra gli 80 anni e al 97% vaccinate».
«Dal punto di vista evolutivo la spinta principale è la riproduzione.
Ma questo vale per qualsiasi organismo: dal virus al microrganismo per finire all’essere umano o alla balena.
Qualsiasi cosa faciliti la riproduzione ha un vantaggio selettivo.
Infatti, i virus con le successive varianti hanno coefficienti di riproduzione sempre più elevati.
La spinta selettiva agisce in tal senso, dopodiché abbiamo introdotto una barriera».
Quale barriera?
«Il vaccino. Con questo la percentuale delle persone suscettibili diminuisce.
Le più fragili muoiono.
Quelle che guariscono hanno una risposta immunitaria che contrasta il virus.
Qui la spinta selettiva del virus si modifica.
Non c’è solo la necessità di riprodursi, bensì quella di riprodursi in persone potenzialmente protette.
Ed è per questo che il virus evolve in forme che non vengono riconosciute dai vaccini.
La spinta è sempre la riproduzione».
Sulla diminuzione della letalità dei virus durante la loro evoluzione li professore spiega che:
«È un tema di grande interesse, il rapporto fra evoluzione e virulenza.
Se il microrganismo per riprodursi deve fare un danno, non evolve verso forme non virulente.
Se ne può fare a meno sì.
Il parassita della malaria infetta l’uomo da quarantamila anni e non può evolvere verso forme non virulente».
L’esperto mette quindi il covid in relazione a questa spiegazione
«Ci sono margini di flessibilità.
La variante Omicron è meno virulenta perché colpisce le vie aeree respiratorie superiori.
Ed è quindi più facile uscire e contagiare altre persone.
Quindi la riproducibilità si associa a una minore virulenza».
Crisanti continua parlando dei propri dubbi sulla coerenza e consistenza dei dati sui morti di Covid:
«Il calcolo è facilissimo.
Avevamo a dicembre 1.200 pazienti ricoverati in terapia intensiva.
La permanenza media dura venti giorni.
La probabilità di morire a questo stadio è del 50%.
Seicento morti in venti giorni sono trenta al giorno».
Il giornalista de La Verità gli fa quindi notare che ne avevamo molti di più secondo i conteggi,
così l’esperto risponde evidenziando che:
«Gli altri erano tutte persone vaccinate e fragili.
Problema purtroppo non sollevato perché si aveva paura che i no vax argomentassero che il vaccino non funzionava.
L’Iss, sollecitato, alla fine ha dovuto chiarire.
La maggior parte dei morti sono persone sopra gli 80 anni e al 97% vaccinate».