Titoli di Stato paesi-emergenti VENEZUELA e Petroleos de Venezuela - Cap. 1

probabilità recovery

  • 1

    Votes: 21 48,8%
  • 100

    Votes: 6 14,0%
  • 50

    Votes: 16 37,2%

  • Total voters
    43
Stato
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Non c'è dubbio che l'anello debole della catena sia il Venezuela, ma ... essendo un membro dell'Opec se andasse a rotoli non sarebbe bello per l'Organizzazione. Poi mi dirai che all'Opec non gliene frega nulla dei problemi interni dei singoli membri, però c'è anche il rischio che salti il cartello perchè verrebbe meno la sua funzione regolatrice dei prezzi.

Se salta il Venezuela, gli altri membri dell'OPEC fanno festa.

In quanto alla forza di regolazione del cartello, vediamo in questi mesi tutta la sua debolezza ... con USA ritornati produttori e la Russia che guarda da fuori.
 
permettemi di ripetere i punti importanti dell' discorso:
non è lo stato venezuelano che fornisce il petrolio ai vari stati compratori,Cina-USA- Italia etc ma è la PDVSA.i $$$$ che incasa la PDVSA dalla vendita dell' petrolio vanno alla Banca Centrale dell' Venezuela.una grossa parte degli introiti vanno allo stato è una piccola parte viene tenuta nell'conto della PDVSA presso la Banca Centrale.
Tutti i contratti di fornitura di petrolio sono a nome della PDVSA e sono regolati con Lettere di Credito
Tutte le lettere di credito per fornitura di petrolio hanno il "fullfilment Clause",che il compratore puo chiedere l'esecuzione,in qualsiasi momento.
forse il caso che chiarisco questo "CLAUSE",se tu venditore non riesce a consegnarmi il petrolio al tempo stabilito nell' contratto chiedo i danni immediati.
per i motivi sopra dubito molto che PDVSA puo' fare default.possono ristrutturare volontariamente.
un amico che lavora alla PDVSA mi ha detto "if PDVSA defaults,Venezuela defaults after 24 hours"
io penso che per non fare default,sia PDVSA e lo stato Venezuelano faranno di tutto e venderrano tutte le belle ragazze che gli amici postono le fotografie
naturalmente rimane il grosso pericolo dell' golpe,se succede siamo fritti tutti

Le tue ragioni sono indiscutibili sulla preferenza a PDVSA.

Però le scadenze del prossimo anno sono PDVSA e non soberanos ... resta sempre la possibile ipotesi di svuotare PDVSA e creare una new company (con tutti gli strascichi giudiziari che ne derivano, da te evidenziati).

Metteranno tutto nel conto insieme a ICSID e compagnia bella?
 
Le tue ragioni sono indiscutibili sulla preferenza a PDVSA.

Però le scadenze del prossimo anno sono PDVSA e non soberanos ... resta sempre la possibile ipotesi di svuotare PDVSA e creare una new company (con tutti gli strascichi giudiziari che ne derivano, da te evidenziati).

Metteranno tutto nel conto insieme a ICSID e compagnia bella?
"resta sempre la possibile ipotesi.........." confermo quello che posti,tanti problemi giudiziari ........a non finre
 
C'è poco da inventarsi ... deve prima di tutto si deve riformare il sistema dei cambi, come gli aveva suggerito Rafa Ramirez lo scorso anno.

Questo era stato però allontanato in malo modo dalla casta che gestisce tutto il potere (in primis militari, poi trafficanti vari, ceto borghese "ladrones" ecc).

Ma un conto era riformare il sistema con un cambio di 1 a 60 bolivares, un altro è intervenire sull'attuale 1 a 700.

E' evidente a tutti che solo con l'esercito nelle piazze ci potrà essere una "riforma".


Il mio inventarsi, si riferisce all'ipotesi del Bolivar d'oro come riferimento "stabile" di cambio rispetto al $. Non credo che sia necessario l'esercito per questo o, l'oro di cui dispone soprattutto ancora interrato, serve anch'esso per "asfaltare le strade"...


Per quanto concerne il $, i cambi, le valute in genere e, le ripercussioni sui tassi, inflazione, PIL ecc. suggerisco la lettura di quest'articolo:

Perché è davvero tutto si riduce a The Death Of The Petrodollar"

Why It Really All Comes Down To The Death Of The Petrodollar | Zero Hedge
 
"
Invece, per capire perché lei sta cambiando il tasso yuan-dollaro dobbiamo guardare a cambi dal punto di vista della Cina. La Cina è il più grande potere di produzione al mondo di gran lunga, e si può dire per il controllo dei prezzi del commercio mondiale di conseguenza. Diventa quindi evidente che la Cina non è tanto svalutando lo yuan, ma provocando una rivalutazione del dollaro verso l'alto rispetto ai prezzi del mercato mondiale. Lei è consapevole del fatto che l'economia americana è in difficoltà e che la Fed è preoccupato per la prospettiva di una deflazione dei prezzi, i prezzi all'importazione così bassi sono l'ultima cosa che la Fed ha bisogno. Ora la valuta mossa della Cina comincia ad avere senso.

I mini-svalutazioni erano un segnale a Washington e il resto del mondo che, se lo desidera la Cina può dettare le prospettive economiche globali attraverso i mercati dei cambi. La Cina ritiene, a ragione, che lei è più politicamente ed economicamente solida, e ha una migliore comprensione sulle azioni dei propri cittadini, che le economie di benessere dell'Occidente, in caso di una recessione economica. Pertanto, si sta perseguendo la sua politica del cambio da una posizione di forza. E gli incrementi che saranno ora aggiunti alle riserve auree di mese in mese sono un segnale che la Cina crede di poter destabilizzare il dollaro attraverso il suo controllo del mercato dell'oro fisico, perché ci ricorda dolcemente di una domanda senza risposta sempre eluso da parte del Tesoro degli Stati Uniti: ciò che prove ci sono lo stato delle riserve auree degli USA?

La Cina probabilmente vivere con un differimento di sua appartenenza DSP per un altro anno, se c'è una decisione definitiva nel mese di ottobre di includerla valuta nel paniere dei DSP. Stando così le cose, la Cina deve essere tentato di aumentare la pressione su tutti i membri del FMI in vista della riunione di ottobre. La strategia cambia quindi da meno di passività a più aggressività su entrambi i tassi di cambio e la proprietà d'oro nel corso dei prossimi otto settimane. Possiamo aspettarci Cina per stringere la vite, se necessario.

La posta in gioco è alta, e la svalutazione della Cina di pochi per cento ha causato abbastanza caos nei mercati dei capitali, per ora. Ma se la risposta finale è che non sarà consentito lo yuan di aderire al paniere dei DSP, sarà nell'interesse della Cina di aumentare il ritmo di sviluppo della nuova banca BRICS invece con la propria versione di un DSP, la vendita di riserve in dollari e fondamentale Treasuries per finanziare esso. La minaccia che la Cina voltare le spalle sul sistema finanziario del dopoguerra e il FMI potrebbe anche minare la credibilità di questa istituzione più rapidamente forse che l'egemonia del dollaro se lo yuan è stato accettato. E se un FMI statunitense controllata perde la sua credibilità, anche gli alleati dell'America si abbandonarla, proprio come hanno fatto ad aderire al Infrastructure Asian Investment Bank a pochi mesi fa.

E 'stato sempre sarà negli Stati Uniti che ha affrontato una situazione difficile da crescente potere economico della Cina. Lei ha scelto di bluffare fuori invece di grazia accettare i venti del cambiamento, come la Gran Bretagna ha fatto su di lei impero sessant'anni fa. Variazione in ambito economico-ordine di beccata accadendo di nuovo se ci piaccia o no e la Cina avrà la sua strada."


http://www.zerohedge.com/news/2015-08-22/china-chooses-her-weapons

"Cina sceglie le sue armi"
 
Considerations of default scenarios: Can the Republic stay
current while PDVSA defaults, or vice versa?

As the market continues to price a scenario where Venezuela’s ability and

willingness to pay eventually are exhausted, market observers have been
contemplating how default scenarios could play out. Frequent questions include,
but are not limited to, whether or not there could be a selective default on one but not
both credits, what leverage bondholders would be able to exert over each entity in a
hypothetical restructuring negotiation, and vice versa, and what steps Venezuela
and/or PDVSA could take to shield themselves from creditors.

Some basic considerations: without getting into an exhaustive discussion, from a

political and practical point of view, we consider PDVSA and the Republic to be
deeply intertwined. We see PDVSA as dominated by the sovereign in terms of the
company’s decision making, while the sovereign is extremely dependent on PDVSA
for fiscal resources, both in terms of formal government take and parallel social and
investment programs. In our view, if willingness and ability to pay external debt is
exhausted at one entity, it is highly likely to be the case for both entities.

That said, we acknowledge that PDVSA and the Republic are two separate

issuers, that there is no formal guarantee between their respective debts, and
there is no formal cross-default clauses between the two. So in theory one entity
could default while the other remains current. In this scenario, perhaps the most
salient consideration is that Venezuela, not PDVSA, owns the most important asset:
nearly 300 billion barrels of oil reserves. PDVSA owns oil only from the point at
which it is extracted until the time it is sold. However, PDVSA is the entity that
owns the bulk of fixed assets in foreign jurisdictions, most importantly refineries, but
also tankers. CITGO and Venezuela’s US-based refineries have long been viewed as
the bondholders’ most important collateral, though their value for Republic and
PDVSA creditors lately seems to be highly discounted (see our CITGO analysis
earlier). Beyond the significant hurdle of piercing corporate veils, CITGO’s own
creditors’ claims have increased, and they are in the cue ahead of creditors of
PDVSA or the Republic.

Nonetheless, we think litigating bondholders could find pressure points. Beyond

CITGO’s assets, we presume PDVSA has a broad and complex set of business
relationships with numerous foreign counterparties, for which the company has
to manage foreign collection, operating and capital accounts, as well as
inventories and accounts receivable. While PDVSA may move to sell its oil FOB
rather than CIF, while minimizing the use of its own tankers, and otherwise moving
some accounts to friendlier jurisdictions, overall any attempt to fully shield its day
to-day operations from litigating bondholders would be disruptive to say the least.
Even so, PDVSA is merely the chosen operator to exploit Venezuela’s oil reserves,
and in theory Venezuela could create a new state-owned company to operate in the
future, abandoning PDVSA and its liabilities. Again, this would be a disruptive and
operationally complex decision to implement, making it unlikely, in our view,
especially in light of the relatively small savings that could be accrued from
(presumably temporarily) suspending bonded debt service. In addition, default could
have important consequences in terms of impeding medium-term capital intensive
plans to expand output in the Orinoco heavy crude belt.

As for a selective default that only impacts the Republic, bondholders may have

less leverage. While the Republic may have some vulnerable accounts abroad, in
particular related to development fund Fonden, these are largely likely to be in
friendlier jurisdictions these days. In addition, in order for bondholders to pursue
assets of Venezuelan state-owned companies (PDVSA, CANTV, CVG,
CONVIASA), “alter-ego” would need to be proved, the litigation of which may
prove less straightforward. Even assuming “alter-ego” is proven, the vast majority of
Republic bonds have CACs (see Table 10), which could be an important tool in
minimizing holdouts in a future exchange. All that said, we think it is unlikely the
Republic would opt to default while leaving PDVSA current. First and foremost,
debt service obligations are skewed more towards PDVSA than the Republic in the

Again, we find a selective default scenario unlikely, in part because of the deep
inter-linkages between the Republic and PDVSA. But we also consider that the
size of external debt service in proportion to the overall balance of payments gap
outlined in the first section is small – such that default on one entity and not the other
would be insufficient to remedy external accounts pressure, while in our view still
exacting a reputational cost on “Venezuela” overall. Bottom line, if default occurs, we think it is likely to occur with both PDVSA and the Republic.


http://www.innovaven.org/quepasa/ecopet16.pdf
 
Ultima modifica:
Analisi di JPM datata (30.03.15) ma molto completa e ancora attuale.
Se però avete qlc di + recente ben venga. :)

Quello che mi ha colpito:
1. il petrolio è del Venezuela, diventa di PDVSA solo dopo l'estrazione (l'immaginavo, ma la conferma è importante);
2. il maggior creditore di PDVSA è la BCV, il credito è in VEF e non in $ ma come sappiamo il cambio in Venezuela è una funzione esclusiva dell'opportunità politica, quindi come si fa a sapere se verrà conteggiato a 6.3 (cencoex), 12.8 (sicad 2), 200 (simadi) o magari 700 (dolartoday)?
Personalmente se volessi usare poca gentilezza ai miei creditori, fisserei il cambio al cencoex, a quel punto PDVSA avrebbe un debito superiore a 100 mld $ verso la banca centrale (a fine 2014, immagino ora sia cresciuto ancora), inoltre darei alla BCV lo status di creditore privilegiato (possono farlo? non lo so, io lo farei cmq se fossi disperato, in fondo le BC qlc privilegio ce l'hanno sempre, vedi anche l'ECB nella ristrutturazione greca).
A quel punto agli altri creditori non resterebbe pressoché nulla, forse qlc barile di petrolio ma vuoto.

Ovviamente sarebbe piuttosto "messy" come dice jpm, d'altra parte taglierebbe in modo significativo il debito e darebbe alcuni anni di respiro.
 
Ultima modifica:
As of December 31, 2014, PDVSA had adjusted gross debt of $50.1 billion. This
represented an increase of $2.6 billion since the end of 2013 and $35.0 billion since
the end of 2008 (Table 4). In terms of the breakdown per currency, 92.6% was
denominated in USD, $7.1% in VEF and the balance between EUR and JPY. The
total debt reported by the company included debt at CITGO and other subsidiaries,
but did not include operations with the Central Bank and suppliers.


The Central Bank of Venezuela (BCV) reports its claims on PDVSA both on its
own balance sheet and in the country’s monetary base statistics. According to the
latter, the BCV’s VEF-denominated claims on the oil sector reached VEF 672.9
billion as of end-2014, a 65% nominal increase versus the end-2013 level, but a
reduction from $64.7 billion (valued at USDVEF 6.3 last year) to $14.0 billion if
using the blended USDVEF 18.08 rate.
 

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