riky2013
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ristrutturazione venezuela pdvsa
Si allontana, almeno per ora, lo spettro di un default del Venezuela. Il governo di Caracas ha appena onorato una scadenza debitoria da 1,5 miliardi di dollari su un bond in scadenza l’8 ottobre 2014, mentre la compagnia statale Petroleos de Venezuela (PDVSA) si appresta a rimborsare, per il 28 del mese di ottobre, un prestito da 3 miliardi. I rimborsi che il presidente venezuelano Nicolas Maduro non ha mai messo in dubbio erano stati presi di mira dalla speculazione internazionale e dai fondi d’investimento che, cavalcando il momento di difficoltà del Venezuela e il crollo dei prezzi delle materie prime (oro e petrolio), hanno fatto affari d’oro. Solo a pochi giorni dalla scadenza, il bond Venezuela 8,50% ottobre 2014 si poteva comprare a 98 per un rendimento superiore al 50% annuo. Vera manna per quei gestori di fondi hedge che per fine anno devono mostrare ai loro clienti di aver fatto meglio del mercato (o di non aver perso soldi). Naturalmente tutto è stato orchestrato ad arte con la benedizione di Standard & Poor’s che ha abbassato il rating del Venezuela a CCC+ a ridosso della scadenza di ottobre e dall’impennata dei CDS venezuelani, anch’essi manovrati, che sono saliti fin sopra 1.800 punti.
Venezuela, le riserve scendono ai minimi degli ultimi 11 anni
[fumettoforumright]Che la speculazione ci abbia marciato sopra di gran carriera è fuori dubbio. Questo, però, non significa che il Venezuela non abbia problemi finanziari. Anzi. Nel 2014, in totale, il debito pubblico da ripagare ha raggiunto quota 5 miliardi di dollari, che saliranno a 5,3 nel 2016 e a 5,5 miliardi nel 2017. Date le difficoltà del paese, appare al momento impossibile rifinanziarsi sui mercati internazionali e col prezzo del petrolio crollato a 85 dollari al barile, le entrate in valuta pregiata del paese saranno più basse, al punto da spingere Caracas a convocare una riunione dell'Opec. Ne soffriranno ancora di più le importazioni con la popolazione già allo stremo. Già le riserve statali sono sotto i 20 miliardi di dollari, ai minimi degli ultimi 11 anni, e con la situazione economica interna del paese che continua a peggiorare, non si prevedono certo momenti di gloria per Maduro. Secondo alcuni sondaggi, il presidente rischierebbe anche di andare incontro a una destabilizzazione sociale a causa dell’iperinflazione e della mancanza di generi di prima necessità in molte zone del paese. Non ultima è arrivata la tegola della sentenza del tribunale internazionale presso la World Bank che impone al Venezuela di risarcire 1,6 miliardi di dollari alla major americana Exxon Mobil, quando nel lontano 2007 Chavez nazionalizzò le attività del giacimento Cerro Negro su rifiuto degli americani di costituire una partnership con PDVSA. Anche se la cifra, alla fine, è di molto inferiore alle pretese USA (più di 16 miliardi di dollari), rappresenta comunque una ulteriore uscita a bilancio in un momento particolarmente delicato per le finanze pubbliche.
PDVSA valuta allungamento scadenze dei bond 2016 e 2017
Cosa succederà allora? Esclusa la via del default con contestuale ristrutturazione del debito che comprometterebbe, non solo l’economia di Caracas, ma avrebbe ripercussioni dirette sull’intero mercato del petrolio, il governo venezuelano sta cercando delle misure tampone per evitare di rimanere a secco con le riserve. Allo studio – secondo fonti governative riportate dalla Reuters – ci sarebbe la proposta di allungare le scadenze su 3 obbligazioni internazionali emesse da PDVSA in scadenza fra il 2016 e 2017 per circa 7 miliardi di dollari fino al 2022-2023. Si tratta per la precisione dei bond PDVSA 5,125% 2016 (XS0460546798), PDVSA 5,25% 2017 (XS0294364103) e PDVSA 8,50% 2016 (USP7807HAK16). L’operazione – secondo il Wall Street Journal – avrebbe lo scopo di diluire nel tempo , allungandone le scadenze, il programma di rimborsi preventivato dal Venezuela e dalla sua compagnia petrolifera statale. L’offerta, se si farà, sarà quindi su base volontaria per i possessori dei bond in questione che andrebbero a percepire un premio rispetto all’attuale rendimento dei titoli, già molto alto. Dalla manovra di exchange offer, sarebbero invece escluse le scadenze debitorie del 2015: 1,4 miliardi di dollari per il bond PDVSA 5% ottobre 2015 il cui rendimento è al 26% e il bond governativo Venezuela 7% 2015 che rende il 21%. Per entrambe le emissioni, gli emittenti hanno già riacquistato ampie quote sul mercato utilizzando temporaneamente soldi del fondo pensione statale, come già avvenuto per il rimborso delle obbligazioni PDVSA da 3 miliardi di dollari in programma fra due settimane.
Si allontana, almeno per ora, lo spettro di un default del Venezuela. Il governo di Caracas ha appena onorato una scadenza debitoria da 1,5 miliardi di dollari su un bond in scadenza l’8 ottobre 2014, mentre la compagnia statale Petroleos de Venezuela (PDVSA) si appresta a rimborsare, per il 28 del mese di ottobre, un prestito da 3 miliardi. I rimborsi che il presidente venezuelano Nicolas Maduro non ha mai messo in dubbio erano stati presi di mira dalla speculazione internazionale e dai fondi d’investimento che, cavalcando il momento di difficoltà del Venezuela e il crollo dei prezzi delle materie prime (oro e petrolio), hanno fatto affari d’oro. Solo a pochi giorni dalla scadenza, il bond Venezuela 8,50% ottobre 2014 si poteva comprare a 98 per un rendimento superiore al 50% annuo. Vera manna per quei gestori di fondi hedge che per fine anno devono mostrare ai loro clienti di aver fatto meglio del mercato (o di non aver perso soldi). Naturalmente tutto è stato orchestrato ad arte con la benedizione di Standard & Poor’s che ha abbassato il rating del Venezuela a CCC+ a ridosso della scadenza di ottobre e dall’impennata dei CDS venezuelani, anch’essi manovrati, che sono saliti fin sopra 1.800 punti.
Venezuela, le riserve scendono ai minimi degli ultimi 11 anni
[fumettoforumright]Che la speculazione ci abbia marciato sopra di gran carriera è fuori dubbio. Questo, però, non significa che il Venezuela non abbia problemi finanziari. Anzi. Nel 2014, in totale, il debito pubblico da ripagare ha raggiunto quota 5 miliardi di dollari, che saliranno a 5,3 nel 2016 e a 5,5 miliardi nel 2017. Date le difficoltà del paese, appare al momento impossibile rifinanziarsi sui mercati internazionali e col prezzo del petrolio crollato a 85 dollari al barile, le entrate in valuta pregiata del paese saranno più basse, al punto da spingere Caracas a convocare una riunione dell'Opec. Ne soffriranno ancora di più le importazioni con la popolazione già allo stremo. Già le riserve statali sono sotto i 20 miliardi di dollari, ai minimi degli ultimi 11 anni, e con la situazione economica interna del paese che continua a peggiorare, non si prevedono certo momenti di gloria per Maduro. Secondo alcuni sondaggi, il presidente rischierebbe anche di andare incontro a una destabilizzazione sociale a causa dell’iperinflazione e della mancanza di generi di prima necessità in molte zone del paese. Non ultima è arrivata la tegola della sentenza del tribunale internazionale presso la World Bank che impone al Venezuela di risarcire 1,6 miliardi di dollari alla major americana Exxon Mobil, quando nel lontano 2007 Chavez nazionalizzò le attività del giacimento Cerro Negro su rifiuto degli americani di costituire una partnership con PDVSA. Anche se la cifra, alla fine, è di molto inferiore alle pretese USA (più di 16 miliardi di dollari), rappresenta comunque una ulteriore uscita a bilancio in un momento particolarmente delicato per le finanze pubbliche.
PDVSA valuta allungamento scadenze dei bond 2016 e 2017
Cosa succederà allora? Esclusa la via del default con contestuale ristrutturazione del debito che comprometterebbe, non solo l’economia di Caracas, ma avrebbe ripercussioni dirette sull’intero mercato del petrolio, il governo venezuelano sta cercando delle misure tampone per evitare di rimanere a secco con le riserve. Allo studio – secondo fonti governative riportate dalla Reuters – ci sarebbe la proposta di allungare le scadenze su 3 obbligazioni internazionali emesse da PDVSA in scadenza fra il 2016 e 2017 per circa 7 miliardi di dollari fino al 2022-2023. Si tratta per la precisione dei bond PDVSA 5,125% 2016 (XS0460546798), PDVSA 5,25% 2017 (XS0294364103) e PDVSA 8,50% 2016 (USP7807HAK16). L’operazione – secondo il Wall Street Journal – avrebbe lo scopo di diluire nel tempo , allungandone le scadenze, il programma di rimborsi preventivato dal Venezuela e dalla sua compagnia petrolifera statale. L’offerta, se si farà, sarà quindi su base volontaria per i possessori dei bond in questione che andrebbero a percepire un premio rispetto all’attuale rendimento dei titoli, già molto alto. Dalla manovra di exchange offer, sarebbero invece escluse le scadenze debitorie del 2015: 1,4 miliardi di dollari per il bond PDVSA 5% ottobre 2015 il cui rendimento è al 26% e il bond governativo Venezuela 7% 2015 che rende il 21%. Per entrambe le emissioni, gli emittenti hanno già riacquistato ampie quote sul mercato utilizzando temporaneamente soldi del fondo pensione statale, come già avvenuto per il rimborso delle obbligazioni PDVSA da 3 miliardi di dollari in programma fra due settimane.