Cresce il rischio
default in Venezuela, che l’analista di Caracas Capital Markets, Russell Dallen, stima al 65% delle probabilità nei prossimi cinque anni. Il quarto produttore al mondo di petrolio ha visto scendere la produzione giornaliera di greggio nel 2013 a 2,45 milioni di barili dai 2,9 milioni del 2012, a seguito dell’obsolescenza tecnologica della compagnia statale Petroleos de Venezuela SA, frutto dei bassi investimenti.
E parte della produzione è diretta ai paesi che aderiscono all’accordo di Petrocaribe, nonché alla Cina a prezzi politici. Le esportazioni verso Pechino sono pari a 640 mila barili al giorno, ma rientrano in un accordo per il pagamento degli interessi sui 40 miliardi di dollari di investimenti che il governo cinese ha effettuato in Venezuela dal 2008.
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La crisi del
bolivar si fa sempre più forte. Se il tasso di cambio ufficiale è di 6,29 contro un dollaro USA, il governo ha escogitato un sistema di aste, le
Sicad II, per offrire dollari alle società importatrici, rimaste a secco di valuta straniera e impossibilitate a comprare beni e servizi dall’estero, costrette, quindi, a fermare la produzione. Un grosso guaio per un paese che importa il 70% di quello che consuma.
E alle aste Sicad, un dollaro lo si scambia contro quasi 50 bolivar. In pratica, la valuta venezuelana vale 8 volte in meno del tasso ufficiale secondo la stessa banca centrale, che gestisce il programma, ma al mercato nero il cambio arriva anche a 80.
Compagnie aeree sul piede di guerra
Frustrate dai ritardi nei pagamenti e dalle promesse del governo di Caracas non mantenute, cinque
compagnie aeree straniere hanno annunciato che faranno ricorso a un arbitrato internazionale, dopo che il presidente
Nicolas Maduro ha minacciato che coloro che abbandoneranno le rotte, non potranno più tornarvi in possesso. Una presa in giro per le compagnie, che attendono ancora il rimborso di 1,1 miliardi di dollari, che il governo aveva promesso un mese fa e necessario per onorare solo una prima parte dei crediti che esse vantano.
Le compagnie non sono riuscite, infatti, a convertire in dollari gli utili prodotti in Venezuela, a causa della penuria delle riserve di valuta straniera. Gli elevati importi a credito hanno spinto già alcune compagnie straniere a tagliare i voli, mentre pare che il governo vorrebbe saldare i debiti a tassi diversi da quello ufficiale, di fatto alleggerendo la sua esposizione e mostrando quanto il cambio di 6,29 per dollaro sia ormai di facciata.
Nel frattempo, Maduro ha annunciato un giro di vite contro le imprese che non rispettano la legge del “prezzo equo”, che prevede un margine massimo di profitto del 30% sui costi.
E mentre l’inflazione galoppa al ritmo del 60%, la produzione va a picco. Nel primo trimestre di quest’anno, il numero dei veicoli prodotti nel paese è crollato dell’82,65% annuo. Cifre da stato fallimentare.