VI RICORDATE QUANDO SI STARNUTIVA E TI DICEVANO "SALUTE"... BEI TEMPI

DANY1969

Forumer storico
:rolleyes:
Buona settimana a tutti :)
Oggi le foto sono della spiaggia Lu Impostu, uno scorcio di Sardegna e la spiaggia Grande Pevero. Della prima ho la versione con nuvoloni e senza :d:
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Scrivendo questo titolo, ho rischiato di scrivere: il delatore è il giornalista.

Ma tutto sommato sarebbe così tanto un errore?


L’ideologia ha potuto contare un po’, ma marginalmente, laddove le passioni disoneste hanno spesso rappresentato la regola:

la gelosia, l’invidia, la rabbia, l’odio, l’antipatia, i risentimenti personali nei confronti di un conoscente, sono stati assai spesso la ragione di queste denunce.

Il povero denuncia il ricco,
chi è brutto denuncia uno bello,
il vecchio denuncia il giovane,
il cattivo denuncia la brava persona,
il poveraccio denuncia il prospero,
il noioso denuncia chi è brillante,
l’abbandonato senza compagna denuncia il libertino coperto di donne
e c’è anche la donna che denuncia suo marito per disporre completamente del suo amante
e l’uomo che agisce in silenzio con le stesse speranze,
gli eredi che denunciano il nonno che tarda ad andarsene,
i compratori con un prestito ipotecario vitalizio (della nuda proprietà (?) N.d.T.) che spingono a precipizio il proprietario della casa che bramano,
i cattivi allievi che fanno pagare all’insegnante un brutto voto attribuito in precedenza,
un’ amante abbandonata o un amante abbandonato che fanno pagare una vecchia rottura.

Dopo la guerra, su ciò che era accaduto si tacque: la situazione sarebbe stata insostenibile
se si fossero denunciate per condannarle le amanti dei tedeschi, i “collaborazionisti”,
i resistenti dell’ultima ora, i partigiani del 1945, i sostenitori di Pétain diventati gollisti alla liberazione,
i trafficanti del mercato nero le cui tinozze erano piene di biglietti di banca,
i resistenti dei gruppi cittadini (i nostri GAP ?- N.d.T.) appena usciti dalla prigione dove erano rinchiusi per reati comuni.

Questa riluttanza a denunciare andava anche più lontano poiché mi ricordo che delle persone oneste,
spesso di sinistra, ritenevano che segnalare l’esistenza di un pedofilo riconosciuto nel suo quartiere pieno di ragazzini
o costituire una associazione di vicini vigilanti per dissuadere i ladri di appartamento, veniva considerato come il peggior ritorno agli anni più oscuri, eccetera.

Ma tutto questo capitava prima delle cosiddette Reti Sociali…

Perché dopo di queste i valori si sono invertiti: la legge la fanno l’anonimato e i delatori.

Se Internet dovesse essere nominativo, e vi fossero proibiti gli pseudonimi, se non ci si potesse nascondere dietro un nome falso,
allora eviteremmo tutto ciò che trionfa sullo schermo: l’odio, l’insulto, il disprezzo, la grossolanità, la malevolenza, l’antipatia,
l’aggressività, la cattiveria, l’offesa, l’oltraggio, l’invettiva, la volgarità sì, l’oscenità, la scatologia, l’animosità, l’inimicizia; e tutto questo in piena impunità!


Al giorno d’oggi lo pseudonimo permette la schizofrenia del dottor Jekyll
educato sotto tutti gli aspetti e di un Mr. Hyde con le stimmate del delinquente.


Ormai il collaborazionista trionfa.
 
Alla fine quanto suggerito, e poi smentito, è accaduto per davvero.


A Vinovo, comune alle porte di Torino, ecco che è entrato in azione il primo delatore anti-coronavirus.


La vicenda, raccontata da La Stampa, si è verificata nella serata di venerdì quando alla caserma dei carabinieri è arrivata una telefonata allarmata:
un uomo segnalava lo svolgimento di una festa nella villetta accanto alla sua.

O almeno questo deve aver pensato lo spione.

Perché di certo se quella non era una festa poco ci mancava visto il gioioso casino che si avvertiva tra quelle mura domestiche.

Troppe le voci, troppi i passi, troppe le risate per che si innalzavano al cielo.

Del resto meglio prevenire che curare, come si suol dire:
meglio, cioè un controllo delle forze dell’ordine in un luogo privato che trovarsi un focolaio di Covid a pochi passi dalla porta di casa.

"Venite, il mio vicino ha più di 6 persone in casa", è in sostanza l’allarme lanciato dallo zelante cittadino,
chissà se preoccupato dal Covid o infastidito dalla felicità altrui.

Poco importa.

Il cittadino non ci ha pensato due volte ed ha agito entrando, così,
nella storia come il primo delatore delle feste in famiglia nei giorni della seconda ondata da Covid-19 in Italia.



Quando, però, i carabinieri hanno bussato al campanello della casa nel mirino, ecco la sorpresa:
i militari hanno riscontrato la presenza di sole 6 persone, dotate peraltro di mascherina.

Un falso allarme, quindi.

Nessun pericoloso assembramento,
nessuna maxi-riunione di negazionisti senza dispositivo di protezione individuale che si abbracciavano e sedevano vicini incuranti delle norme anti-contagio,
nessun tentativo eversivo di violare Dpcm vari a suon di birra e noccioline.

Un buco nell’acqua.

Ma la vicenda solleva questioni delicate.

Nei giorni scorsi, dopo il divampare delle polemiche sui controlli in ambienti privati,
il premier Giuseppe Conte aveva provato a gettare acqua sul fuoco
garantendo che nessun uomo in divisa sarebbe entrato in casa nostra a fare la conta dei presenti.


Ed invece è accaduto.


Il caso di Vinovo, quindi, apre scenari impensabili e poco graditi dai cittadini.

Ma non solo.

Perché ora sorge un altro dubbio.

E se dietro alle possibili future denunce si nascondesse un tentativo di usare l’espediente della delazione per vendicarsi di vicini poco graditi?

Intanto c’è da scommetterci che i rapporti tra il "delatore zero" e i vicini segnalati non sarà più lo stesso.

Ma se si vince la puntata occhio a come si festeggia perché ci potrebbe essere qualcuno che vi vede, vi ascolta e vi segnala.
 
Alla fine quanto suggerito, e poi smentito, è accaduto per davvero.


A Vinovo, comune alle porte di Torino, ecco che è entrato in azione il primo delatore anti-coronavirus.


La vicenda, raccontata da La Stampa, si è verificata nella serata di venerdì quando alla caserma dei carabinieri è arrivata una telefonata allarmata:
un uomo segnalava lo svolgimento di una festa nella villetta accanto alla sua.

O almeno questo deve aver pensato lo spione.

Perché di certo se quella non era una festa poco ci mancava visto il gioioso casino che si avvertiva tra quelle mura domestiche.

Troppe le voci, troppi i passi, troppe le risate per che si innalzavano al cielo.

Del resto meglio prevenire che curare, come si suol dire:
meglio, cioè un controllo delle forze dell’ordine in un luogo privato che trovarsi un focolaio di Covid a pochi passi dalla porta di casa.

"Venite, il mio vicino ha più di 6 persone in casa", è in sostanza l’allarme lanciato dallo zelante cittadino,
chissà se preoccupato dal Covid o infastidito dalla felicità altrui.

Poco importa.

Il cittadino non ci ha pensato due volte ed ha agito entrando, così,
nella storia come il primo delatore delle feste in famiglia nei giorni della seconda ondata da Covid-19 in Italia.



Quando, però, i carabinieri hanno bussato al campanello della casa nel mirino, ecco la sorpresa:
i militari hanno riscontrato la presenza di sole 6 persone, dotate peraltro di mascherina.

Un falso allarme, quindi.

Nessun pericoloso assembramento,
nessuna maxi-riunione di negazionisti senza dispositivo di protezione individuale che si abbracciavano e sedevano vicini incuranti delle norme anti-contagio,
nessun tentativo eversivo di violare Dpcm vari a suon di birra e noccioline.

Un buco nell’acqua.

Ma la vicenda solleva questioni delicate.

Nei giorni scorsi, dopo il divampare delle polemiche sui controlli in ambienti privati,
il premier Giuseppe Conte aveva provato a gettare acqua sul fuoco
garantendo che nessun uomo in divisa sarebbe entrato in casa nostra a fare la conta dei presenti.


Ed invece è accaduto.



Il caso di Vinovo, quindi, apre scenari impensabili e poco graditi dai cittadini.

Ma non solo.

Perché ora sorge un altro dubbio.

E se dietro alle possibili future denunce si nascondesse un tentativo di usare l’espediente della delazione per vendicarsi di vicini poco graditi?

Intanto c’è da scommetterci che i rapporti tra il "delatore zero" e i vicini segnalati non sarà più lo stesso.

Ma se si vince la puntata occhio a come si festeggia perché ci potrebbe essere qualcuno che vi vede, vi ascolta e vi segnala.
Inquietante! Soprattutto perchè è una normativa che non avrebbe dovuto subire controlli, ma essere gestita in maniera discrezionale dai cittadini.
Hanno sostituito la parola "populista" con "complottista".. giusto per condannare il libero pensiero.
 
La verità assoluta. Non abbiamo un sistema medico di base.
Al primo problema tutti si rivolgono al pronto soccorso.
A scapito di chi ha veramente "bisogno" del pronto soccorso.



La pandemia ci ha fatto scoprire le guerre intestine tra i medici.

Nulla di nuovo sotto il sole per chi conosce l'ambiente scientifico e sa che al suo interno i coltelli volano con frequenza.

Il coronavirus ha reso tutto questo pubblico, supportato anche dai media che, nel tentativo di fare informazione,
cercano notizie, rassicurazioni e delucidazioni dagli esperti ed espertoni improvvisati. Tutti medici.

Ma i medici sono tra loro divisi e così si può assistere anche a casi come quello che nelle ultime ore ha visto coinvolto Alberto Zangrillo,
primario dell'unità operativa di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell'ospedale San Raffaele di Milano,
e Massimo Galli, primario del reparto di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano.


Il professor Alberto Zangrillo è stato ieri ospite di Massimo Giletti nel suo programma Non l'Arena
per commentare e analizzare i recenti dati del contagio e fare il punto su quella che a tutti gli effetti sembra essere la seconda, temuta, ondata.

Nel corso del suo intervento, però, il primario del San Raffaele ha trovato anche il tempo di rispondere con fermezza al primario del Sacco.

I due sono "schierati" su posizioni diametralmente opposte.

Massimo Galli, infatti, sostiene da sempre la linea più dura e non manca di lanciare cannonate verso alcuni colleghi,
colpevoli secondo lui di una "comunicazione minimizzante", con parole "eccessivamente rassicuranti o addirittura di negazione".

Un attacco frontale seguito da un appello: "Se non andiamo tutti nella stessa direzione, andremo a sbattere".

E la direzione da seguire si ipotizza sia la sua.


"Non è un bell’esercizio attaccare i colleghi.

Io non ho mai affermato nulla contro qualcuno, non parlo nemmeno più

e mi difendo con la mia azione quotidiana che non devo giustificare"
,

ha replicato Alberto Zangrillo a Non è l'arena.


Il primario di rianimazione del San Raffaele ha difeso il sio lavoro e la sua linea di pensiero:

"Il mio è un semplice tentativo di enunciare concetti fondamentali che serviranno a vincere
contro la manifestazione clinica di questa epidemia, a cominciare dal rispetto assoluto delle regole"
.


Sul nuovo scenario italiano, poi, il primario ha le idee molto chiare:

"Se il sistema sanitario globale è composto da una serie di entità che non danno tutte il massimo,

i malati o coloro che temono di diventare malati si presentano tutti in pronto soccorso e noi allora non ce lo facciamo.

Nel mio ospedale, su 101 pazienti almeno il 50% potrebbero ricevere adeguate cure domiciliari".
 
Debbo confessare che proprio non riesco a digerire la “nuova”, a mio avviso demenziale,
normalità scandita dai Dpcm prodotti in quantità industriale dal buon Giuseppe Conte.

Semplici atti amministrativi con cui si continua bellamente a violare la nostra Costituzione,
che molti sinistri personaggi al Governo una volta consideravano la più bella del mondo,
e che stanno trasformando il popolo italiano in una massa di idioti di tipo nuovo,
così come qualcuno in passato aveva sagacemente definito l’uomo nuovo forgiato per 70 anni nella defunta Unione sovietica.


Poiché solo un idiota a tutto tondo potrebbe accettare senza batter ciglio

le incredibili misure che a ritmo crescente, seguendo l’andamento di una epidemia

che nei grandi numeri risulta sempre meno grave

– visto che circa il 95 per cento dei positivi al tampone quasi non avvertono la presenza del diabolico virus –

vengono partoriti dai geni di questa vera e propria dittatura sanitaria.



Eminenti tutori della nostra salute, come quel falco della guerra al Sars-Cov-2 del calibro del ministro Roberto Speranza,
i quali ci impongono la mascherina all’aperto, con la prospettiva di arrivare allo scafandro obbligatorio,
ma poi ci spiegano che possiamo togliercela al ristorante e al bar a tempo indeterminato mentre siamo seduti al tavolo
e indossarla di nuovo dopo aver consumato.

Ma non basta.

Dopo le 21 il virus attaccherebbe solo i clienti che vengono serviti al banco,
dato che è consentito far bere e mangiare solo le persone sedute.


Tant’è che un paio di giorni orsono, mentre passeggiavo con un amico nelle vie di una cittadina lombarda, ho assistito ad una scena tra il ridicolo e il tragico.

Desideroso di bere una bibita dissetante, lo stesso amico è entrato in un grande bar praticamente vuoto
ed è stato immediatamente bloccato per il controllo della temperatura.

Dopodiché egli è stato accompagnato ad un tavolo all’interno di una vasta sala
, in attesa di ricevere l’agognata bevanda la quale, ricordiamo, non avrebbe comunque potuto essere venduta con modalità da asporto,
dal momento che dopo le 21 è “vietata la consumazione sul posto o nelle adiacenze il punto vendita di alimenti e bevande fino alle 6 del giorno seguente”.


Tanto è vero che il giorno seguente, sempre nella medesima cittadina, ho notato una gelateria del centro storico
da cui gli avventori uscivano con il cono gelato completamente avvolto da una carta stagnola.


Ho chiesto alla cortese signora che gestiva l’attività il motivo di una tale stranezza.

“I vigili di zona mi hanno invitato a confezionare i miei prodotti, onde evitare pesanti sanzioni,
perché con le ultime misure si tende a scoraggiare il consumo in prossimità dei punti vendita”,


questa la risposta della terrorizzata gelataia.


Tuttavia, approssimandosi i mesi freddi, nei quali era prevedibile che un virus oramai endemico continuasse a propagarsi tra gli umani,
si ha la sensazione che la crociata anti Covid-19 condotta a colpi di idiozie liberticide debba ancora riservarci tante altre sgradevolissime sorprese.


Soprattutto se dovesse proseguire il delirio collettivo, assai ben alimentato da buona parte dell’informazione nazionale,

secondo cui i contagi equivalgono alla malattia grave e che l’unico modo per bloccarli,

fino all’insensato obiettivo di far sparire il virus dalla società,

è quello di restringere sempre più le libertà dei cittadini,

tramutando la loro esistenza in una mera sopravvivenza puramente biologica.
 

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