VI RICORDATE QUANDO SI STARNUTIVA E TI DICEVANO "SALUTE"... BEI TEMPI

Ed anche oggi, come ogni santo giorno dai primi di marzo, veniamo inondati da una litania di dati,
snocciolati con un tono terrorizzante, numeri assoluti, e non in percentuale.

Ma il modo in cui sono rilevati fa pensare.


Ad esempio, oggi ci segnalano un aumento di 9338 casi positivi su 98862 tamponi effettuati
(chissà se per la prima, seconda o terza volta), mentre in realtà sarebbero 7766 i positivi cioè il 7.85%.

Ma io chiedo come mai tutti i giorni per gonfiare i numeri

ci presentano i casi positivi come la somma dell’aumento dei positivi + i dimessi guariti,

già contabilizzati all’inizio, e il numero dei morti, anch’essi contabilizzati normalmente all’entrata in ospedale.

Perché?







A parte il volere gonfiare i numeri per terrorizzarci, non vedo altre spiegazioni.

Mentre oramai a molti non spaventano più per niente i positivi asintomatici

ma spaventano le misure restrittive sul lavoro e la vita in genere.
 
Parla l’infettivologo, e va bene.

Parlano il virologo, lo scienziato, il ricercatore, e va bene.

Ma Domenico Arcuri, il super commissario, non parla mai?

Non ci dice mai a che diavolo serva?

Forse una conferenza stampa settimanale servirebbe,
non fosse altro per garantire la trasparenza a fronte di tante deleghe eccezionali.

E anche perché il suo stipendio è pagato dai cittadini!


Invece niente, silenzio, mutismo, invisibilità.

Che lui si nasconda (per la vergogna) si può comprendere,

ma che i giornalisti- quelli specializzati negli inseguimenti, nelle inchieste, nelle domande ininterrotte,

quelli con telecamere e telefonini sempre accesi anche quando sembrano spenti, dove sono?


Possibile che non riescano a trovarlo?

Oppure l’uomo è al centro di relazioni che coinvolgono tutti, anche certi editori che producono mascherine?


Se i contagi crescono è possibile interrogare coloro che da mesi e mesi
detengono i pieni poteri derivanti dallo stato di emergenza, coloro che fanno inutili dpcm a valanga?

Perché non rispondono mai?

Stiamo assistendo a uno squallido scaricabarile sui cittadini,
a una colpevolizzazione dei comportamenti come se fossero bambinetti da bacchettare e rieducare.

Ecco, io mi sono rotto di questa presunzione, per colpa della quale avremo un aggravamento della situazione economica.



Ci hanno abbuffati di comitati tecnico-scientifici, di task force, di Colao Meravigliao, di Villa Pamphili,
di proroghe sullo stato di emergenza, di dpcm

e alla fine la colpa è del comportamento sociale degli adolescenti, delle famiglie, dei gestori delle palestre o dei ristoratori:

ma tutti i “superqualchecosa” – Arcuri in testa – non rispondono mai?

Perché loro si possono schermare dietro silenzi e segreti buoni solo a nascondere le loro assolute incompetenze?

Parlano di soldi, di manovre, di bonus, ma alle persone non arrivano che briciole.


Non ci voleva il genio della lampada per capire che i tagli al trasporto pubblico avrebbero presentato il conto:
possibile che nessuno abbia pensato che se non ci sono abbastanza treni locali, autobus, metro, tram,
questi si riempiono come sempre si sono riempiti?

Invece di far fare le mascherine, Fca non poteva essere coinvolta per potenziare il parco autobus o van?

I tassisti stanno facendo la fame, non si potevano fare accordi coperti dallo Stato?



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Il presidente della Camera Roberto Fico si faceva fotografare sull’autobus per dimostrare quanto fosse cittadino normale, bene ci vada adesso a prendere l’autobus!

La ministra De Micheli si vada a fare un giro sui treni locali così da capire come gira la vita reale.

Il ministro dello Sfinimento Economico Patuanelli dopo che ha dato i nostri soldi ad Alitalia
vada a vedere in che condizioni si viaggia sulla tratta Milano/Roma nelle ore di massima intensità.

E il presidente Conte, quello che saliva al Colle in taxi, provi a fare un giro nelle metropolitane.



Nei Palazzi parlano di distanze, di igienizzanti e mascherine, come nel mondo perfetto delle vetrine dove gli abiti sui manichini stanno che è una bellezza;
la quotidianità però è diversa e nessuno ha voglia di saltare una corsa perché il mezzo è pieno:
tanto quello successivo – quando arriverà – sarà pieno uguale.


Ecco perché non ho più voglia di sentire il Galli di turno dirmi le stesse cose da mesi.


Io voglio le risposte da parte di chi non ha saputo prendere le decisioni.

Voglio un Arcuri parlante oltre che incassante.

Se siamo in queste condizioni la colpa è di un presidente del Consiglio molle, indeciso, temporeggiatore.

Di un governo “salvo intese”, che si regge sul tradimento ideologico.

E sull’ipocrisia dei tecnici messi come foglia di fico.


I cittadini hanno rispettato molto, più dei signorotti politici; basta gettare loro la croce.

La colpa è solo di questo governo inetto.

Che ci porterà al lockdown per la sua profonda inettitudine.
 
I pidioti ed i cattocomunisti - coglioni da sempre - spingono,
ma la verità è un'altra.


Ed ecco qua che tutte le balle dell’Ue pian piano si sgretolano.

Noi lo diciamo fin dall’inizio, ora se ne rendono conto anche gli altri.


Era una truffa il Mes, e dopo mesi di campagne per prenderlo, anche Conte ieri

si è ritrovato ad ammettere che sono “prestiti” e che andrebbero a gravare sul bilancio dello Stato.



Dopo mesi di balle sul Recovery Fund, adesso arriva un’altra notizia che cambia le carte in tavola.

La Spagna, stando all’indiscrezione di El Pais, sarebbe pronta a rinunciare sia ai prestiti del Mes
sia a quelli del Recovery fund, più corposi e ritenuti finora meno rischiosi.

Secondo il quotidiano spagnolo, il governo di Madrid sembra intenzionato a non attivare la linea di credito che in Italia viene dipinta come la risoluzione di tutti i mali.




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Gli spagnoli sono più stupidi di noi a rifiutare Mes e Recovery Fund?


O forse hanno capito come stanno le cose e, fiutata la fregatura, fanno un passo indietro dicendo all’Ue “no, grazie”?



E qui El Pais aggiunge un’altra chicca davvero clamorosa: non solo la Spagna, ma anche Italia,
Portogallo e Francia starebbero ora valutando di non accettare i prestiti del Recovery per prendere solo la parte “a fondo perduto”.


Il Recovery fund, infatti, prevede un mix di risorse a fondo perduto (dunque da non restituire a Bruxelles) e di prestiti.

La spagna, dopo l’Italia, è il secondo Paese a ricevere maggiori risorse.

A Madrid dovrebbero andare 72,7 miliardi di aiuti diretti e quasi 70 miliardi di prestiti.

I prestiti previsti dell’Italia ammontano a ben 127 miliardi (a fronte di poco più di 81 miliardi di risorse a fondo perduto) da restituire a partire dal 2028.


Il governo spagnolo non sembra dunque fidarsi delle ormai note “condizionalità” dell’Europa

sulla restituzione dei prestiti, e così starebbe pensando di girare alla larga.



Sempre secondo El Pais, “per Madrid e Roma, per ora è più conveniente emettere i propri bond senza ricorrere a quelli di Bruxelles”.

La Spagna potrebbe quindi rinunciare subito a chiedere i prestiti.

Intanto, il Portogallo ha già manifestato direttamente il suo intento di rinunciare ai prestiti del Recovery fund.


E l’Italia?
 
O poveri noi .........


Tempi straordinari richiedono misure straordinarie, deve aver pensato il premier Giuseppe Conte.

E così per affrontare al meglio un’emergenza sanitaria senza precedenti,
l’unica soluzione utile deve essergli parsa anche la meno prevedibile: alzare il telefono e chiamare Fedez e Chiara Ferragni,

la coppia più famosa dei social italiani, per chiedere loro una mano nel convincere gli italiani
della necessità di rispettare con attenzione le misure anti-contagio.

E così, nel clima concitato seguito al varo dell’ultimo Dpcm, ecco andare in scena una delle conversazioni più bizzarre della storia politica italiana.




Conte e i Ferragnez: così il premier ha chiesto aiuto alla coppia da 32 milioni di follower



32 milioni di follower, d’altronde, non sono proprio robetta.

E di fronte ai numeri dei Ferragnez nemmeno Conte ha potuto resistere, convincendosi della bontà della soluzione.

“Vi chiedo una trentina di secondi di attenzione per un messaggio molto importante
– ha così raccontato il rapper e produttore in alcune sue stories di Instagram –
abbiamo ricevuto una telefonata molto inaspettata, siamo stati messi in contatto con il presidente del Consiglio,
che ha chiesto un aiuto da parte mia e di mia moglie”.


Gli utenti sono stati poi invitati a “utilizzare la mascherina. Ci troviamo in una situazione molto, molto pericolosa. L’Italia non può permettersi un nuovo lockdown”.


Gli utenti, un po’ interdetti sul momento, alla fine si sono divisi in due:
da un lato chi ha apprezzato l’intuizione, dall’altro chi si è chiesto un po’ basito se davvero fosse questo il modo migliore per far passare il messaggio.

Un ulteriore salto in avanti per una coppia che già in passato si era lanciata in missioni come pubblicizzare, sempre tramite stories,
la Venere del Botticelli, su espressa richiesta del direttore degli Uffizi.


Ma anche la conferma di una strategia, quella di Conte, che presta il fianco a più di una critica.


Conte soffre ormai, infatti, di un evidente mania di protagonismo
che lo porta a slanci in avanti continui, nell’insofferenza generale dei componenti del suo stesso governo.


Un premier che, questa l’impressione riscontrata anche da diversi internauti italiani,
vedendosi pericolosamente in calo nei sondaggi si lancia in iniziative di ogni tipo,
strizzando in questo caso l’occhio al pubblico più giovane, pur di recuperare un po’ di prezioso terreno.


Contribuendo, però, a un caos generale che vede l’esecutivo totalmente privo di organicità:

si discute sul ruolo dei sindaci,

sul sì o no al Mes,

sulle prossime restrizioni da introdurre,

su come aiutare le categorie più colpite dalla crisi.

Senza trovare mai una soluzione.


.....e cerca i ferragnez ???????? Ahahahahahah
 
Fino a poco tempo fa c’erano solo titoli entusiastici,
con frasi scoppiettanti che lo indicavano come il premier più amato d’Europa.

Ma si era in piena emergenza, nel bel mezzo di un qualcosa di nuovo e fino a quel momento ignoto.

Adesso che l’emergenza è invece da gestire, e che l’Italia era da far ripartire,
si scoprono gli altarini e la narrazione di un Conte infallibile non regge più.

Il premier “non sembra convincere più i cittadini, che nel quotidiano affrontano una realtà diversa da quella che viene loro rappresentata”,
come si legge in un report (ripreso dal Corriere) che accompagna lo studio commissionato a un istituto di ricerca italiano
da investitori internazionali che operano nel comparto assicurativo.



E i numeri del sondaggio riservato — elaborato nel fine settimana —
rilevano per il premier il più consistente calo nell’indice di fiducia da quando guida il governo giallorosso:
-3,8% rispetto a dieci giorni fa, con minimo storico del 40%, a cui si unisce la flessione di 4 punti del governo sceso al 32,5%.

“Qualcosa inizia a rompersi nel rapporto tra Palazzo Chigi e opinione pubblica,
che all’inizio della pandemia si era stretta attorno al capo dell’esecutivo ma che ora teme di essere abbandonata a se stessa”.



chiuso-per-fallimento.jpg



I dati scontano il giudizio severo sulla preparazione alla seconda ondata del Covid 19.

E le tensioni tra potere centrale e amministrazioni locali danno l’impressione di un processo di “deresponsabilizzazione”,
che innesca “un senso di disorientamento collettivo”.

Così perfino i messaggi rassicuranti generano un effetto boomerang,
e “abbiamo riaperto la scuola” viene oggi equiparato al famoso slogan “abbiamo abolito la povertà”.

Il sondaggio conferma le preoccupazioni nell’esecutivo e nella maggioranza per il clima che si respira nel Paese.


Molto è dovuto ai ritardi nell’azione di governo, nonostante fosse prevista la seconda ondata del virus.

Ora Conte deve fare più di una retromarcia, chiamare gli alleati e accettare la verifica “per il patto di fine legislatura” che voleva evitare.


Perché quel patto segnerebbe la fine del one-man-band a Palazzo Chigi.
 
«Spostati vecchio».

Con questa frase è scoppiato l’inferno in Piazza dei Martiri, in pieno centro a Reggio Emilia.

Una sparatoria che ha lasciato cinque feriti – di cui uno grave – sul selciato.

Erano le 23.30 dello scorso sabato sera quando Gaetano Lombardi, 43 anni,
ha aperto il fuoco contro 5 giovani di origine magrebina con una Beretta calibro 6,35 rubata.

Uno dei cinque feriti, 20 anni, è stato ricoverato in condizioni preoccupanti,
mentre un altro ha lesioni di media gravità e altri tre hanno riportato ferite lievi.


L’origine del diverbio è decisamente futile.

A quanto pare uno dei giovani immigrati della comitiva avrebbe urtato Lombardi, mentre era di passaggio in Piazza dei Martiri.

Da lì la discussione su chi avesse la precedenza per passare.

«Spostati, vecchio»
, gli avrebbe intimato lo straniero con arroganza.

Purtroppo il ragazzo quella sera aveva dato fastidio al «vecchio» sbagliato:

il 43enne, originario di Acerra (Napoli) ma domiciliato a Reggio Emilia, ha estratto l’arma e ha iniziato a fare fuoco contro il gruppetto.


La pistola usata per sparare è una calibro 6,36, «una piccola pistola da killer», come l’ha definita il capo della squadra mobile Guglielmo Battisti.

Un’arma che dovrebbe essere utilizzata a brevi distanze.

La maggior parte dei colpi ha raggiunto proprio il giovane che aveva dato del «vecchio» a Lombardi: per lui la prognosi è riservata.

Ferite serie, ma non si troverebbe in pericolo di vita.


Dopo la sparatoria, la fuga.

Il «giustiziere» campano è fuggito in mezzo alla folla terrorizzata per quanto era appena accaduto,
riuscendo temporaneamente a far perdere le proprie tracce.
Poche ore dopo è stato raggiunto dalle forze dell’ordine e arrestato per
tentato omicidio plurimo e detenzione illegale di arma comune da sparo.

Durante le operazioni di fermo Lombardi si sarebbe giustificato con gli agenti sostenendo che «Sono stati maleducati, forse ho esagerato».
 
E' incontrovertibile la tendenza. Coglioni siamo e coglioni rimaniamo.


Non sono in molti a ricordarsi che 17 anni fa, precisamente il 14 settembre 2003
si tenne in Svezia un referendum per decidere se aderire o meno all’unione monetaria europea
e abbandonare la valuta nazionale.

Tutti i partiti più importanti, ad eccezione dell’estrema destra e dell’estrema sinistra,
e le organizzazioni delle imprese si schierarono a favore dell’entrata nell’euro,
eppure non senza una certa sorpresa, il 57% dei votanti scelse di dire no,
tra l’altro con una affluenza alle urne molto alta, superiore all’80%.



Nei mesi precedenti al voto vi fu una lunghissima campagna referendaria indirizzata a mostrare come l’eurozona
fosse un’area valutaria ottimale, che avrebbe garantito la stabilità e lo sviluppo dell’economia svedese.

Erano poche le voci che si levavano contro questa narrazione, una su tutti quella dell’economista Lars Pålsson Syll,
il quale sosteneva che non vi erano, e continuano a non esserci, ragioni sufficienti per aderire all’unione monetaria.


Per Syll l’eurozona non è mai stata in grado di mostrare significativi aumenti a livello di crescita economica dalla sua creazione,
ed anzi non ha fatto che accentuare i problemi che in alcuni casi, vedi Grecia, hanno portato a dei veri e propri disastri.



Uno degli argomenti portati a favore dell’euro era che, in caso di adesione, ci sarebbe stata
una convergenza a lungo termine in termini di risultati economici come crescita, occupazione, inflazione e debito pubblico.


Oggi possiamo vedere che le differenze non solo sono rimaste, ma si sono addirittura intensificate.


D’altronde non vi è nulla di cui rimanere sorpresi:
rinunciando alla propria valuta si rinuncia di fatto alla possibilità di avere una politica monetaria.

Si dovrà ricorrere al mercato per finanziare la spesa pubblica,
cosa che come ben sappiamo in Italia può diventare molto costosa e a volte molto difficile.


Inoltre l’adesione all’euro porta con se l’impossibilità di adottare liberamente misure economiche
atte a garantire determinati livelli di occupazione e di servizi pubblici.

Secondo Syll diventa chiaro come l’euro non sia un progetto economico ma fondamentalmente un progetto politico,
che mira a realizzare quello che non è riuscito alla rivoluzione liberista,
che ha avuto i suoi massimi esponenti politici in Reagan e la Thatcher a partire dagli anni ’80.

L’euro rende impossibile rispondere alle crisi

La domanda che si pone Syll e che ci poniamo tutti noi è se i popoli europei vogliano davvero privarsi dell’autonomia politica ed economica,

imporre salari più bassi e tagliare la spesa pubblica e quindi i servizi essenziali, alle prime difficoltà?

I popoli europei sognano davvero una crescente disuguaglianza e un sovrastato federale?



Il Covid-19 ha messo in luce l’evidente disparità in termini di possibilità di arginare i devastanti effetti della crisi economica:

chi aveva “spazio” in bilancio, o meglio ancora era dotato di sovranità monetaria,

ha potuto mettere in atto da subito misure più o meno efficaci di contrasto.



Nell’eurozona siamo fermi al Recovery Fund, che ancora deve essere approvato dalle singole nazioni,

non verrà erogato prima del 2021 e cederà ulteriori quote di sovranità nazionale e di spazio di manovra.

Senza contare che proprio il coronavirus ha evidenziato i danni provocati dalle politiche di austerità perseguite negli ultimi anni,

accentuando ad esempio i disagi relativi ai tagli riservati alla sanità pubblica.


D’altronde il progetto euro non è mai stato democratico ma imposto dall’alto,

e quando è stato chiesto alla gente comune di aderirvi, come è accaduto in Svezia, la risposta è stata negativa.

Gli svedesi hanno capito prima di altri che una moneta unica avrebbe portato

ad una maggiore disoccupazione, aumentando le disuguaglianze e non certo a favore delle classi meno abbienti.



La storia recente ha poi smentito chi affermava che la Svezia avrebbe avuto solo grandi vantaggi dall’adesione all’eurozona.

I risultati economici sono stati migliori della media europea
e anche durante la crisi del 2008 la Svezia ha gestito molto meglio la recessione che ne è scaturita
.

E’ ancora presto per vedere se reagirà meglio anche alla crisi provocata dal Covid, di sicuro avrà più autonomia e margini di manovra.


Quello che certo è che la Svezia ha una grande tradizione in materia di Stato sociale e di piena occupazione e non è stata disposta,
e difficilmente lo sarà in futuro, a barattarla con l’illusione di una maggiore efficienza.

Il sostegno popolare al fronte del “No” è rimasto immutato ed è dato addirittura in crescita,

gli ultimi sondaggi datati maggio 2020 danno una percentuale di svedesi pari al 64,3% ancora contrari all’adozione dell’euro.


La dura realtà mostra come sia difficile, lungo e pieno di sacrifici il percorso necessario per uscire da una crisi economica
e ristabilire determinati livelli di occupazione e di crescita economica in una nazione senza sovranità monetaria,
dove non sia possibile condurre adeguate politiche fiscali.


Per quanto tempo ancora dovremmo sopportare le continue ingerenze?

Quante persone ed imprese dovranno essere rovinate prima di porre fine a questo progetto folle chiamato euro?
 
Ieri a 4a repubblica il nostro nicola porro ha, ALZATO IL VELO SUGLI ERRORI FATTI E IN CORSO DAL GOVERNO CONTE in tema di emergenza, tramite bertolaso che ha snocciolato tante cose tra cui la verita' , che il governo non dice.... sui posti letto terapia intensiva.
Andate a risentire, e chiediamoci come mai non cambiano i vertici mettendo persone competenti.
 
Quante volte abbiamo tentato di sfuggire alle problematiche quotidiane rifugiandoci in alcol, droghe o altro?

Oggi vi parlo di un argomento diverso dal solito, e forse vi sorprenderà.

Ma il tema che voglio affrontare non è lontano dagli abituali, anche se in apparenza potrebbe sembrare.

Sono pochi gli ‘innocenti’ che potranno dire “io no, assolutamente”.

Valutati i dati del consumo di alcolici in Italia, infatti, si rileva un tasso crescente, anche in modo esponenziale,
del consumo di bevande che vanno dal 4.7% al 17% di contenuto alcolico.

E questo soprattutto tra i giovani.



“Tra il 2016 e il 2019 – si legge in un report dell’Istituto superiore di sanità – meno della metà degli adulti in Italia,
fra i 18 e i 69 anni, dichiara di non consumare bevande alcoliche, ma 1 persona su 6
ne fa un consumo a “maggior rischio” per la salute, per quantità o modalità di assunzione
.

Questi sono più frequentemente giovani (fra i 18-24enni la quota sfiora il 34%),

uomini e persone socialmente più avvantaggiate, senza difficoltà economiche o con un alto livello di istruzione.

È preoccupante il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta,
come i pazienti con malattie del fegato, fra i quali quasi 1 persona su 2 dichiara di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista;
ma anche fra le donne in gravidanza fra le quali a consumare alcol è 1 su 6; f
ra le donne che allattano al seno la quota aumenta a 1 su 5.

Il consumo di alcol a “maggior rischio” resta una prerogativa dei residenti nel Nord Italia (con un trend in aumento)
in particolare nelle PA di Bolzano e Trento, in Friuli Venezia Giulia e anche in Veneto dove si registrano le percentuali più alte.

Molise e Sardegna sono le Regioni del Sud in cui la percentuale di consumatori di alcol a “maggior rischio” è più alta della media nazionale;
tuttavia mediamente nelle Regioni meridionali inizia a intravedersi un trend in riduzione.

Anche il consumo di tipo binge è una prerogativa del Nord Italia (dove si registra anche un aumento dal 2010)
e in particolare del Nord Est, ma ancora una volta il Molise si distingue fra le Regioni meridionali
e fa registrare una delle quote più alte nel Paese di binge drinker.


L’attenzione degli operatori sanitari al problema dell’abuso di alcol appare ancora troppo bassa:
appena il 6% dei consumatori a “maggior rischio” riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno”.



Ma di sicuro il fenomeno non è da addebitare ai ragazzi/e.

Il consumo di alcolici, infatti, è frutto anche di situazioni che vanno dai problemi familiari al lavoro e, in modo più incidente, dal vizio.


La realtà, forse, è un’altra.

Tutti, indistintamente, attraversiamo periodi particolarmente difficili che portano a facili vie di fuga.

Ma questo non deve essere un giustificativo e/o alternative, piuttosto potrebbe costituire una base di studi seri
sulle terapie da applicare nei diversi casi e, in molti di questi, in modalità “urgente”.


È inutile dire all’alcolista che dovrebbe smettere di bere o al tossicodipendente di drogarsi, sono banalità.


Piuttosto, bisognerebbe proporre via alternative (e non la “cura del sonno” o le specialità farmaceutiche predisposte all’occorrenza),
perché l’alcolista rimarrà tale per sempre, anche se con periodi di completa astinenza.

Ma se questi fossero supportati da un’adeguata terapia, probabilmente il “vizioso” potrebbe astenersi dal consumo esagerato di alcool o altro.

Le problematiche sociali che ci affliggono costituiscono, forse, una delle principali ragioni del ricorso a sostanze eccitanti o “calmanti” (per dirla in parole comprensibili).

Questo certamente, non vuole essere un’accusa indiscriminata al consumo di bevande alcoliche.

Ben vengano le libagioni dispensate durante feste e occasioni di incontro.

Il problema sta nel fermarsi al momento opportuno…


Dunque, cari politici, ascoltate il Conte Max:

evitate di bere alcol prima di decidere le sorti di un Paese o addirittura di una Unione…!!
 
La morte di Jole Santelli, ha sconvolto tutti, non solo il mondo della politica.

La presidente della regione Calabria è stata ricordata da tutte le parti politiche, ma anche in questo caso, purtroppo,

gli sciacalli hanno espresso il loro odio e la loro piccineria. Senza fermarsi di fronte alla tragedia, alla morte.
 
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