(4) Gli amici di Ettore_61 e non solo..... (1 Viewer)

dona46

Forumer storico
07:25
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Cambi, euro in rialzo sui mercati asiatici
L'euro si è rafforzato nei confronti del dollaro e dello yen sul mercato dei cambi di Tokyo rispetto al riferimento di ieri sera a New York. Alle 14:00 locali la moneta unica europea viene scambiata a 1,3468 dollari e 136,84 yen contro 1,3463 dollari e 136,42 yen di ieri sera a New York. Ieri mattina a Tokyo l'euro valeva 1,3448 dollari e 134,60 yen. Lo yen si è indebolito in rapporto al dollaro, che alla stessa ora viene scambiato a 101,60 yen contro 101,33 yen di ieri sera a New York e 100,07 yen di ieri mattina a Tokyo.


07:18
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Crisi, Giappone valuta iniezioni di capitale in banche
Il Giappone valuta l'ipotesi di iniezioni di capitali pubblici nelle grandi e piccole banche, allo scopo di proteggere gli istituti dalle turbolenze finanziarie in atto su scala globale. E' quanto ha riferito Hakuo Yanagisawa, parlamentare dei Liberlademocratici (partito al governo con il New Komeito) ed ex ministro dei Servizi finanziari.

07:17
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Tokyo prova il rimbalzo: +3,33%
La Borsa di Tokyo tenta il rimbalzo in scia all'accelerata registrata da Wall Street: il Nikkei, l'indice dei titoli guida, allunga il passo e sale del 3,33%, a quota 8.740,07, con un progresso di 281,62 punti. All'indomani del tonfo superiore all'11%, il secondo peggiore mai registrato al Tokyo Stock Exchange (Tse), i 33 settori di riferimento viaggiano in territorio positivo, con in evidenza i titoli del comparto minerario e materie prime, oltre a quelli energetici (gas ed elettricità in testa). In territorio positivo anche la Borsa di Seul, che nei primi scambi di oggi guadagna il 2,6%. Ieri la piazza d'affari coreana aveva chiuso a -9,4%.



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Albatros

Utente Spoglia Seniòrite
partenza in gap up, se come penso apriamo a +5% , sto flat

nel pomeriggio bisogna vedere gli yenkee.. poi e' giornata di scadenze.., poi e' venerdi..

mercato ingovernabile con sta vola..
 

veilfast

Forumer storico
Interessante

Novanta miliardi per creare un fondo sovrano nazionale, un fondo tricolore in grado di intervenire sui mercati in caso di emergenza per evitare Opa ostili sul sistema bancario ed economico nazionale.
Secondo quanto riporta La Stampa, la strumento dovrebbe essere Cassa Depositi e Prestiti, la Spa guidata da Alfonso Iozzo e partecipata da Tesoro (70%) e Fondazioni bancarie (30%).
Al progetto starebbe lavorando il Ministero dell'Economia e la stessa Cdp, per verificarne la fattibilita' e predisporre un quadro normativo adeguato per la trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una sorta di fondo sovrano.
Il Tesoro lavora alle modifiche dello statuto.
La crisi attuale ha portato ad un'accelerazione, spiegano alcune fonti riportate dal quotidiano; e le Fondazioni al momento starebbero considerando l'opportunita' di poter trasformare la Cassa in un elemento di stabilizzazione del mercato.
 

veilfast

Forumer storico
L'asse geronzi-berlusconi stringe d'assedio profumo

Dalla plancia di comando di Piazza Cordusio, dove ha sede l´Unicredit, Alessandro Profumo si è affrettato a dire che l´intervento dei fondi libici nel capitale della banca è stato consensuale.
«È un´operazione amichevole, un segnale di fiducia nella strategia della banca e nel management che la guida», fanno sapere i bankers della sua squadra.
E in effetti, i fondi sovrani che maneggiano i petrodollari del mondo arabo, soprattutto in un momento così delicato, ben si guardano dal farsi dipingere nella veste di avvoltoi.

Il pericolo sventolato da Silvio Berlusconi nei giorni scorsi, di possibili Opa ostili nei confronti delle aziende italiane lanciate da fondi sovrani, in questo caso non appare verosimile.
L´allarme, semmai, potrebbe essere servito a confondere le acque e a preparare il campo a ciò che è successo ieri sera in Unicredit, un fatto che assomiglia molto alla "sterilizzazione" di Profumo nel sistema di potere italiano.
Già, perché risulta difficile non rilevare come questi fondi libici siano gli stessi che entrarono in Banca di Roma nel lontano 1997 invitati dal presidente di allora Cesare Geronzi, oggi alla testa di Mediobanca.
Gli stessi che salirono fino al 5% di Capitalia e che poi risultarono diluiti fino allo 0,9% in seguito alla fusione della banca romana con l´Unicredit nell´estate 2007.
Ora con il 4,23% diventano il secondo azionista del gruppo di Piazza Cordusio dopo aver garantito una parte dell´aumento di capitale (attraverso il bond) lanciato da Profumo in tutta fretta meno di due settimane fa quando il prezzo del titolo correva pericolosamente verso i 2 euro.
Con questi precedenti come si fa a non pensare che Profumo si stia mettendo in casa l´amico del suo peggior nemico.
La morsa che si sta stringendo intorno all´amministratore delegato di Unicredit, infatti, rischia di diventare letale.
Basta scorrere i fatti: Berlusconi non più tardi di un mese fa ha firmato un protocollo di amicizia con Muammar Gheddafi in cui il governo italiano ha chiesto scusa per il passato coloniale in quel paese e ha stanziato una serie di compensazioni monetarie tra cui una lunga autostrada costiera.
Tutto appare anche più chiaro se si dà uno sguardo al riassetto di potere interno che si sta consumando intorno a Mediobanca, protagonisti il presidente Geronzi e una serie di azionisti molto vicini a Berlusconi, tra cui Salvatore Ligresti, i francesi di Vincent Bollorè, la Mediolanum di Ennio Doris, Tronchetti Provera.
Un asse che a Roma ruota intorno alla figura di Gianni Letta, il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
L´unica voce fuori dal coro, finora, era rappresentata dall´Unicredit di Dieter Rampl e Profumo che anche recentemente aveva costituito un contrappeso importante per l´equilibrio dei poteri in Italia, dalle Generali al Corriere della Sera, fino alla Telecom.
Ma con i libici buoni amici di Geronzi e Berlusconi che diventano azionisti di peso in Unicredit c´è da aspettarsi che alla prossima battaglia in Mediobanca le voci fuori dal coro verranno troncate sul nascere.
Sicuramente gli emissari di Gheddafi otterranno almeno un posto nel consiglio di amministrazione e faranno sentire la loro voce nei vari comitati strategici della banca.
Insomma, se non si tratta di un vero e proprio commissariamento di Profumo poco ci manca.
E l´asse Berlusconi-Geronzi-Letta in questa fase risulta vincitore anche rispetto al compagno di viaggio e di schieramento Giulio Tremonti, il ministro dell´Economia che ha minacciato le dimissioni sull´emendamento salva-manager e che nei giorni scorsi, insieme a Emma Marcegaglia, aveva accarezzato la possibilità di collocare Matteo Arpe al vertice di Unicredit qualora lo Stato fosse stato costretto a entrare nel capitale della banca. Un´ipotesi che sarebbe suonata come un´affronto proprio per Geronzi, colui che in Capitalia condusse una durissima battaglia contro il manager che ha portato Capitalia fuori dalle secche, e ora sventata con l´aiuto di Gheddafi.
 

veilfast

Forumer storico
Interessante su Pronti contro Termine

I pronti contro termine sono contratti (tradizionalmente della durata da uno a sei mesi, massimo un anno) in cui una banca riceve liquidità contro la vendita di titoli (di solito di Stato), impegnandosi al contempo con il cliente al loro riacquisto a termine e a un prezzo prefissato, che incorpora un rendimento.
Secondo gli ultimi dati trasmessi dall'Associazione bancaria italiana, da gennaio del 2007 al giugno scorso la massa di liquidità allocata in p/t è aumentata quasi di un quarto, passando da poco meno di 97,5 a oltre 118,7 miliardi di euro.
Un tasso di crescita più che doppio rispetto a quello medio della raccolta bancaria a breve che ha portato il "peso" di questi strumenti a un settimo del totale.
Ma nelle ultime settimane, secondo numerosi operatori, i p/t hanno vissuto un boom che solo tra qualche giorno sarà nei radar delle statistiche del Centro studi Abi che elaborano i dati della Banca d'Italia.
Da un lato, il crollo delle Borse ha scatenato tra i risparmiatori la ricerca di investimenti liquidi a breve termine: esattamente l'identikit dei p/t. Dall'altro, la crisi di fiducia tra gli operatori del credito ha esposto le banche all'"infarto" del mercato interbancario: l'esaurimento della liquidità ha sparato alle stelle il tasso Euribor, aumentando in modo esponenziale i costi di raccolta.
Così gli istituti hanno potenziato una poderosa campagna di marketing che, tra p/t tradizionali, proposti allo sportello, e la loro versione hi-tech, presentata sui conti online, ha riportato in alto la raccolta.
Un'operazione win-win, dunque? Non proprio.
Come si può osservare dalla tabella in basso, che riporta dati Istat e Abi, i rendimenti dei pronti contro termine, pur situandosi nella fascia alta di quelli offerti dagli strumenti di liquidità, sono comunque inferiori all'andamento medio dell'Euribor (quello, per intenderci, ai quali sono agganciate le rate dei mutui a tasso variabile).
Insomma, se il risparmiatore riceve un rendimento allettante, gli istituti di credito hanno una convenienza ancora maggiore, perché i p/t consentono loro di finanziarsi a tassi più bassi di quelli del mercato interbancario.
Se la Banca d'Italia vigila le banche e dunque l'uso dei pronti contro termine come strumenti di raccolta, questi contratti però non passano sotto la lente della Consob perché, in base alle norme sulla Mifid, non rientrano tra gli investimenti dotati di un prospetto.
Inoltre, siccome non si tratta di depositi bancari ma di forme di investimento, non godono delle tutele del Fondo interbancario di garanzia.
 

ettore_61

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I pronti contro termine sono contratti (tradizionalmente della durata da uno a sei mesi, massimo un anno) in cui una banca riceve liquidità contro la vendita di titoli (di solito di Stato), impegnandosi al contempo con il cliente al loro riacquisto a termine e a un prezzo prefissato, che incorpora un rendimento.
Secondo gli ultimi dati trasmessi dall'Associazione bancaria italiana, da gennaio del 2007 al giugno scorso la massa di liquidità allocata in p/t è aumentata quasi di un quarto, passando da poco meno di 97,5 a oltre 118,7 miliardi di euro.
Un tasso di crescita più che doppio rispetto a quello medio della raccolta bancaria a breve che ha portato il "peso" di questi strumenti a un settimo del totale.
Ma nelle ultime settimane, secondo numerosi operatori, i p/t hanno vissuto un boom che solo tra qualche giorno sarà nei radar delle statistiche del Centro studi Abi che elaborano i dati della Banca d'Italia.
Da un lato, il crollo delle Borse ha scatenato tra i risparmiatori la ricerca di investimenti liquidi a breve termine: esattamente l'identikit dei p/t. Dall'altro, la crisi di fiducia tra gli operatori del credito ha esposto le banche all'"infarto" del mercato interbancario: l'esaurimento della liquidità ha sparato alle stelle il tasso Euribor, aumentando in modo esponenziale i costi di raccolta.
Così gli istituti hanno potenziato una poderosa campagna di marketing che, tra p/t tradizionali, proposti allo sportello, e la loro versione hi-tech, presentata sui conti online, ha riportato in alto la raccolta.
Un'operazione win-win, dunque? Non proprio.
Come si può osservare dalla tabella in basso, che riporta dati Istat e Abi, i rendimenti dei pronti contro termine, pur situandosi nella fascia alta di quelli offerti dagli strumenti di liquidità, sono comunque inferiori all'andamento medio dell'Euribor (quello, per intenderci, ai quali sono agganciate le rate dei mutui a tasso variabile).
Insomma, se il risparmiatore riceve un rendimento allettante, gli istituti di credito hanno una convenienza ancora maggiore, perché i p/t consentono loro di finanziarsi a tassi più bassi di quelli del mercato interbancario.
Se la Banca d'Italia vigila le banche e dunque l'uso dei pronti contro termine come strumenti di raccolta, questi contratti però non passano sotto la lente della Consob perché, in base alle norme sulla Mifid, non rientrano tra gli investimenti dotati di un prospetto.
Inoltre, siccome non si tratta di depositi bancari ma di forme di investimento, non godono delle tutele del Fondo interbancario di garanzia.

Uela ..... big nine' !!!!
 

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