ABBIAMO DUE VITE E LA SECONDA INIZIA QUANDO TI RENDI CONTO CHE NE HAI SOLO UNA

In Telecom Italia è il caos totale.
Dopo lo scontro fra il consiglio d’amministrazione e il collegio sindacale, si spacca anche il cda dell’ex monopolista,
con i consiglieri indipendenti che bocciano tutte le decisioni di quelli di emanazione francese.
Perfino il comunicato stampa diramato alla fine del board.

Cuore dello scontro, la mossa del collegio sindacale che nei giorni scorsi ha di fatto aperto la porta
al fondo attivista americano Elliott che sta dando non poco filo da torcere ai francesi.
Lunedì 9 la contromossa del cda ha deciso di cancellare con un colpo di spugna la decisione dei sindaci. A maggioranza.
Cioè con il voto contrario dei consiglieri indipendenti di nomina Assogestioni che si sono dissociati dalla maggioranza del consiglio. In tutto e per tutto.

Mai a Piazza Affari si era visto uno scontro così violento ai piani alti di una società quotata. Per di più del calibro di Tim.
Del resto la posta in gioco è decisamente alta: nell’assemblea del 24 aprile Elliott ha chiesto di mettere ai voti
la revoca e la sostituzione di sei consiglieri di nomina Vivendi con uomini di sua fiducia
. Il fondo attivista puntava così a lasciare i francesi fuori dalla stanza dei bottoni.

Ma i consiglieri espressi da Vivendi più due indipendenti si sono dimessi anzitempo provocando la decadenza dell’intero cda.
Quest’ultima mossa non è però andata giù al collegio sindacale che ha intimato al consiglio l’integrazione dell’ordine del giorno
dell’assemblea del 24 aprile con le richieste del fondo statunitense.
Ed è proprio su questa questione che il cda di Telecom è andato in frantumi confermando solo a maggioranza
“il superamento della richiesta di integrazione dell’ordine del giorno dell’Assemblea del 24 aprile 2018 presentata dai fondi Elliott,
a fronte delle dimissioni di otto consiglieri (tutte efficaci a precedere l’apertura dei lavori assembleari),
e la validità della convocazione dell’assemblea di Tim per il 4 maggio 2018 al fine di procedere all’integrale rinnovo del Consiglio di Amministrazione”,
come si legge in una nota della società. Che non è stato approvato dai consiglieri di Assogestioni.

A questo punto, il 24 aprile si prospettano fulmini e saette in assemblea.
Con l’inizio ormai certo di una battaglia legale che dal lato Vivendi potrà contare su tre pareri pro veritate
resi dai legali Giuseppe Portale, Roberto Sacchi e da Piergaetano Marchetti, notaio di fiducia di Piazza Affari e grande esperto di corporate governance.

Dal canto suo Elliott, già finanziatore dei cinesi nell’acquisto del Milan dalla Fininvest e socio della stessa Sky
con cui Mediaset ha recentemente concluso un’intesa su Premium mettendo di fatto alla porta l’assalitore francese Vivendi, non ha alcuna intenzione di tirarsi indietro.
Il fondo statunitense ha del resto investito corposamente in Telecom: la società ha fatto sapere di avere in portafoglio quasi il 9% del gruppo di telecomunicazioni.
Inoltre, nella documentazione depositata alla Consob americana, riportata dall’Ansa,
risulta che Elliott detiene anche alcune opzioni che potrebbero portare il fondo fino al 13,73% di Telecom.
Quanto basta per dare altro filo da torcere a Vivendi.
Senza contare la Cassa Depositi e Prestiti che nei giorni scorsi ha dichiarato l’intenzione di comprare fino al 5% di Telecom.
Nonostante i vertici ormai a fine mandato, la cassaforte dei risparmi postali italiani è entrata a gamba tesa nella partita.

Sullo sfondo il futuro dell’infrastruttura di rete e la sua separazione dal resto delle attività di servizi telefonici con l’eventuale quotazione in Borsa.
Secondo i conti di Elliott questa operazione determinerebbe per Telecom “un abbattimento del debito e la possibilità di tornare al dividendo”,
si legge nel documento del fondo Usa diretto agli azionisti Telecom.
Per Elliott, la separazione della rete potrebbe infatti far emergere 7 miliardi di valore “nascosto” nell’attuale valutazione di Borsa di Telecom pari al 41% del valore di mercato.
Una cifra che deriva “dall’assenza in Italia di una reale competizione data da tecnologie alternative come il cavo televisivo”.
Nei conti del fondo, la rete potrebbe ancora oggi avere un valore compreso tra i 15 e i 19 miliardi, sulla base del confronto con società analoghe come Snam, Terna o Italgas.

La somma è però ben lontana dai 20-25 miliardi che indicava l’ex ad Flavio Cattaneo solo a giugno dello scorso anno.
Segno che, in un certo senso, che i conti non tornano.
Anche perché vanno confrontati con le necessità di Tim di garantire ai suoi creditori un debito di circa 33 miliardi di euro.
 
E questi sarebbero "genitori".......?????????

La figlia gli ha detto che il professore quasi cieco l’aveva picchiata e il padre,
senza pensarci due volte, lo ha pestato e mandato in ospedale, ma non era vero.

L’uomo ha provocato al docente una frattura allo zigomo e una emorragia cerebrale
dandogli un violento pugno fuori alla scuola al termine delle lezioni.

Intervistato da Mattino Cinque, il padre della studentessa si difende:
“La bambina mi ha solo detto che il professore l’ha intimidita facendo la mossa per alzare le mani
e spingendola fuori dalla classe, e io ho creduto a mia figlia e ai ragazzini della classe”.

La ragazzina infatti gli aveva detto di essere stata picchiata dal professore,
ma dopo l’aggressione ha ritrattato spiegando di essere stata solo allontanata dall’aula.

Il docente ora è ricoverato in ospedale per le ferite riportate e contattato telefonicamente da Mattino Cinque ha dichiarato:
“Ho rimproverato la ragazza, intimidita non è la parola giusta. Io ho anche un compito educativo”.
 
E comunque, di dementi è pieno il mondo ....250000 in questo caso.

Chico, bull terrier che ha ucciso i padroni.
Germania, Hannover: in una casa vengono trovati i corpi di una donna di 52 anni e di suo figlio di 27 anni.
Sono morti entrambi dissanguati, le emorragie sono state la conseguenza dei ripetuti e profondi morsi del cane di casa, appunto Chico.

La donna viveva da tempo su una sedia a rotelle e qualche anno fa Chico era stato acquistato
proprio per difendere la casa e i suoi abitanti, la donna aveva altri tre figli oltre a quello ucciso.
Difendere tutti soprattutto dal’ex marito che nel 2005 aveva aggredito la donna niente meno che con un’ascia in mano.
Non è andata così, Chico non li ha difesi gli abitanti di quella casa, ha finito praticamente per sbranare due di loro.

Le autopsie sui cadaveri confermano la morte per dissanguamento da ripetuti e profondi morsi.
Chico ha ucciso i proprietari. Cane ha ucciso due umani. Ma parte, massiccia e decisa, una campagna d’opinione pro Chico.
Che diventa subito da cane killer a cane vittima.

Parte una petizione per salvare Chico. Addirittura 250 mila firme per salvarlo.
E manifestazioni davanti al canile come Chico fosse un condannato a morte umano cui stanno per infliggere la sedia elettrica.
Anzi, non come. Di più. Perché di manifestazioni e picchetti davanti ai penitenziari per salvare condannati a morte
se ne vedono sempre meno. In questi casi gli umani, quando si tratta di umani da mettere a morte, sono sempre più…realistici.
Prevale il va così e che ci vuoi fare.

Nel caso sia un cane invece no. Nel caso del cane la mobilitazione monta.
E sale la pressione sugli amministratori della cosa pubblica che ora esitano di fronte alla richiesta di grazia per Chico.
Per Chico che ha sbranato in casa due umani di casa arrivano centinaia di richieste di adozione.
E’ pieno di gente che Chico lo prenderebbe in casa dando per scontato sia una mansueta bestiola che non morderebbe una mosca.

Però per Chico cane che ha ucciso si firma. Per salvarlo niente meno.
Come fosse detenuto e recluso in una prigione di una dittatura. Come fosse un prigioniero politico.
Come fosse la vittima di suprema ingiustizia. Anzi, non come. Di più.
 
Dal mio punto di vista, non vedo differenze fra i precedenti politici e questi nuovi,
che si presentano sotto false spoglie e poi - al momento opportuno - si rimangiano
quello che hanno detto in passato.
Voltagabbana ed opportunista.....e castaiolo.


La memoria di internet non dimentica: era il 29 marzo 2013 quando su quello che allora era il blog di Beppe Grillo
- ma il post è "migrato" nel blog delle Stelle - apparve un post in cui proprio Fico si scagliava contro lo spreco di denaro pubblico
rappresentato dalla concessione a Fratelli d'Italia di costituire gruppo parlamentare nonostante avesse solo 9 deputati invece degli almeno 20 richiesti.

"Tutti i partiti, tutti, dal pd al pdl hanno votato a favore. Il M5S ha votato contro.
Il risultato è che in deroga al regolamento della camera dei deputati si forma un nuovo gruppo parlamentare
denominato Fratelli d’Italia composto da 9 deputati e che ci costerà 400.000 euro all’anno in più.
Soprattutto in questo periodo ci sembra una spesa davvero inutile e assurda, degna della casta,
lo abbiamo detto in tutti i modi durante la riunione di presidenza, ma niente!".

Ma, come spesso accade, soprattutto in politica, i tempi cambiano e gli equilibri pure.
Così a cinque anni di distanza Liberi e uguali ha il suo gruppo formato da 14 deputati.

E i soldi? Tanto per la propaganda c'è l'abolizione dei vitalizi............
 
Tutor addio i giudici lo tolgono dalle autostrade. E perché mai?

Perché il relativo brevetto appartiene ad una piccola impresa di Greve in Chianti.

La Corte di Appello di Roma, dopo un processo nato nel 2006 e durato 12 lunghi anni,
ha stabilito che il sistema di sorveglianza (e controllo della velocità) che Autostrade per l’Italia
utilizza ormai da tempo, è viziato da violazione di brevetto.

L’azienda Craft, grazie al lavoro del professor Vincenzo Vigoriti e dell’avvocato Donato Nitti,
è riuscita a farsi riconoscere la proprietà del brevetto.

Costringendo così Autostrade a togliere dalle vie di comunicazione tutti i Tutor.

Non solo: nella sentenza si legge che Autostrade per l’Italia, oltre a pagare le spese processuali,
dovrà sottomettersi al divieto di produrre e commercializzare il sistema suddetto.
Se non lo farà, per ogni giorno di ritardo la Craft incasserà 500 euro di risarcimento.
Già nel 2015 la corte di Cassazione aveva respinto il ricorso di autostrade che chiedeva di riconoscere la nullità del brevetto Craft.
 
Eh ragazzo mio...se tu sapessi fare un millesimo di quello che sa fare Berlusconi........ahahahah
Il "male assoluto" è ben altro.

Il berlusconismo, dice ancora Di Battista, è “il male assoluto del nostro Paese”.
 
Se i movimenti di rivolta contro il potere nascessero dalla base, dalla popolazione,
non avrei nulla da ridire. Anche noi ci siamo passati.
Ma in questo angolo di mondo, da decenni, i "movimenti di popolo" che poi tali non sono
perchè sempre e solo di "fazioni" si tratta, vbengono "gestiti" da altre "forze", da altre
nazioni. E allora....anche se mi sta antipatico ...sto con Assad.

L’America è pronta a colpire la Siria di Bashar Assad, accusata di un presunto attacco chimico contro la cittadina di Douma nella regione di Ghouta.
Ma cosa ci faceva un laboratorio pieno di prodotti chimici provenienti dall’Arabia Saudita in una zona controllata
fino a 48 ore prima da quegli stessi ribelli di Jaysh al Islam che venerdì scorso hanno diffuso le immagini del presunto attacco attribuito al governo di Damasco?

Chi vi scrive è entrato in quel laboratorio chimico di Shifounieh lo scorso 14 marzo,
al seguito dell’esercito siriano che l’aveva appena strappato ai ribelli.

“In questo laboratorio – mi disse il militare che mi scortava – sono presenti diversi materiali inviati dai Paesi occidentali.
Questo posto contiene materie prime per la fabbricazione di materiali esplosivi e tossici.
I processi di miscelazione avvengono nella parte superiore dell’edificio e poi vengono trasportati all’esterno”.


E in effetti i materiali chimici presenti nell’edificio erano molti, tra cui il metaxilene, usato soprattutto per creare esplosivi.
Ma non solo: all’interno del laboratorio erano presenti anche numerosi impianti di areazione, necessari per rendere l’aria respirabile.

Il 4 aprile scorso, inoltre, Sama tv ha diffuso le immagini di un altro laboratorio dei ribelli della Ghouta
in cui era presente del cloro, lo stesso materiale utilizzato nell’attacco dell’8 aprile scorso.

In quel laboratorio neppure tanto artigianale c’erano precursori chimici, maschere antigas e strumenti per il confezionamento di gas potenzialmente letali.
Che ci facevano lì? Che uso volevano farne i ribelli. E come mai di fronte a simili evidenze si continua ad accusare soltanto il governo di Damasco.

Ma soprattutto come si fa a rischiare un conflitto capace di coinvolgere la Russia quando tra gli indiziati ci sono gli stessi ribelli che denunciano le stragi chimiche?
 
Chi ha usato le armi chimiche in Siria in questi sette anni? Tutti.

C’è poco da fare: è la guerra, brutale per sua stessa natura, a imporlo. Inutile quindi nascondersi dietro a un dito.
Sia i governativi che i ribelli potrebbero aver usato armi non convenzionali.
Capire chi le usa, quando e, soprattutto, perché è pressoché impossibile. I fatti sono molti, ma non trovano alcuna certezza.
L’unica, che ci sentiamo di sottolineare, è che a possedere armi chimiche non è solamente Bashar al Assad, che, almeno sulla carta, le ha eliminate tutte nel 2013.

Nel caos siriano, derivato prima dalla guerra civile e poi dall’espansione delle bandiere nere di Daesh,
chiunque ha messo le mani sui depositi di armi chimiche.
Lo ha fatto Al Nusra, la vecchia al Qaeda in Siria, e pure altre fazioni jihadiste

Nei tunnel scavati dai ribelli di Ghouta si è trovato di tutto: cariche di mortaio,
mappe per centrare Damasco e anche materiali per preparare armi chimiche.
In un video diffuso da Sama tv il 4 aprile scorso, si vedono diversi materiali,
tra cui del cloro proveniente dalla Germania, per produrre armi non convenzionali.

Questo scagiona Assad? Ovviamente no.
Serve solo ad aggiungere un tassello in più per comprendere ciò che sta accadendo in questi anni in Siria e, ultimamente, a Ghouta.
I casi in cui i ribelli hanno usato armi chimiche in Siria sono molti.
Nel novembre del 2015, Reuters pubblicava un articolo, citando l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche,
in cui raccontava dell’uso di gas mostarda durante una battaglia tra ribelli e Daesh.

Un altro fatto degno di nota, che mostra come il gas sia finito nelle mani dei ribelli.
Nel dicembre del 2012 i qaedisti di Al Nusra riescono a prendere il controllo di una fabbrica saudita nei pressi di Aleppo,
la Sysacco, dove si produce, tra gli altri agenti chimici, anche il cloro. Ma non solo.

Il 30 maggio del 2013, le forze di sicurezza turche arrestano alcuni militanti di Al Nusra in possesso di materiale sospetto.
Inizialmente si pensa sia Sarin. Le analisi però smentiscono questa ipotesi. Si tratterebbe di antigelo.
Il gruppo viene però condannato con l’accusa di cercare materiali chimici per produrre il Sarin.

Il primo giugno del 2013 l’esercito siriano trova, nelle zone controllate dai ribelli, alcuni contenitori all’interno dei quali sono presenti tracce di Sarin.

L’8 aprile del 2016, infine, l’Esercito dell’islam, la stessa fazione che controlla oggi Douma,
usa il gas – forse il Sarin – contro i Curdi ad AleppoE l’elenco potrebbe essere molto più lungo.


Chi ha usato il gas a Douma? Nessuno può dirlo con certezza oggi. E forse neppure domani.
Assad è quindi scagionato? Certamente no.

Ma quando si parla di armi chimiche in Siria è bene essere molto cauti.
 
A Settembre si vota ......il nuovo che avanza...oh come no, "nuovo che avanza"...ahahah

«Con Berlusconi - spiega Emilio Carelli, uno dei consiglieri del leader grillino con trascorsi in Mediaset -
Di Maio non ha un problema personale, ma se lo accettasse, gli scapperebbe il movimento di mano.

Faccio un esempio: Fico non era il suo candidato alla presidenza della Camera, ma ci ha detto:
Se non lo faccio rischio che poi metà del gruppo parlamentare voti in modo differente».

E anche l'ala più governativa del movimento, Davide Casaleggio, preferisce semmai la prima parte dell'equazione:
un governo senza Di Maio premier, ma con Forza Italia fuori.
Tant'è che lo scorso week end ad Ivrea, nel dietro le quinte del convegno dedicato al padre Gianroberto,
gli uomini della Rousseau giocavano all'identikit del terzo uomo: da Franco Bernabè, a Franco Frattini.

Insomma, c'è aria di bruciato sulla candidatura di Di Maio dentro il movimento,
tant'è che l'interessato sonda altri consiglieri: il compaesano ed ex presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino
e, un giorno sì e un altro pure, l'ex ministro dc e ora presidente dell'Università Link, Vincenzo Scotti.

Il problema, però, è che veto chiama veto. E il muro un altro muro.

Ieri mattina Mariastella Gelmini e Marco Marin davanti ad un cappuccino davano un senso al nulla di fatto:
«Per i grillini - convenivano - l'antiberlusconismo è la loro ragione sociale, ma per noi Berlusconi è la nostra ragione sociale».

Né l'idea di una partecipazione marginale di Forza Italia o di un'astensione si fa strada dentro Forza Italia. Anzi.
 
Siamo proprio messi bene ......

Le nubi sullo scenario internazionale non promettono nulla di buono.
«O si dà una mossa - insinua Guido Crosetto, uno dei consiglieri di Giorgia Meloni -
o gli americani sbarreranno la strada a Palazzo Chigi ad un amico di Putin.
Per loro è preferibile avere un governo grillini, Leu e Pd.
Certo Renzi si opporrà, ma loro hanno i mezzi per dirgli: A Mattè che te serve?».

Insomma, Salvini è costretto a smuovere le acque. Subito.
Se non riuscirà nell'impresa, la tegola finirà in testa a Di Maio.
E in quel caso anche lui sarà «responsabilizzato» a trovare un accordo:
non si può dire per un mese siamo il primo partito; e poi dimostrare che non si è capaci di dare un governo al Paese.

Sarebbe la rappresentazione plastica che il voto ai 5stelle è un «voto inutile».
Per cui la trattativa è in apparenza senza sbocco, ma più i giorni passano e più il tempo porta consiglio.

«È come nel suk - è l'affermazione laconica di qualche giorno fa di Stefano Lucidi, senatore che ha capeggiato la lista grillina in Umbria -
lì non c'è un prezzo stabilito, per nulla. Quando compri un tappeto, tra un thé e un caffè turco, prima ti sparano una cifra, poi ti accordi alla metà».
 

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