Anteprima. Una nuova Storia dell'arte :)

CAPITOLO 4 i Romani


Essendo Roma la città dei sette colli, ogni romano portava annodate sulla camicia sette cravatte, una per collo. Di conseguenza, anche la città doveva apparire tutta pimpante e fu riempita di monumenti artistici fino a occupare ogni spazio. Non restò più nulla per le abitazioni, ed è per questo che oggi non ci resta della Roma antica alcun reperto di arredamento, come quadri di paesaggio, stampe artistiche e simili.

Gli artisti romani si limitavano a copiare alla bell’e meglio i greci. Il più famoso tra loro, un certo Squifanus, ebbe però un colpo di genio e si mise a copiare gli americani, ottenendo uno strepitoso successo, tanto che ancor oggi vengono prodotte molte sue opere. Ma a Roma c’erano anche altri grandi artisti, per esempio il Caputgrossum, che, abilissimo, riuscì a vendere come pezzi unici lavori prodotti spudoratamente in serie, o il Dequiricuum, che pure si ispirò ai greci, e cominciò a dipingere da vecchio terminando di farlo da giovane, come si deduce dalla cronologia delle sue opere.

Come detto, grande fu lo sviluppo dell’architettura. Causa l’enorme produzione si rese spesso, però, necessario far uso di materiali non propriamente di qualità. Fu per questo che in seguito Roma venne chiamata La Città Eternit.

Il tipo di monumento preferito dai romani fu l’arco. Molti del popolino non capivano come facesse a stare su da solo, senza architrave, ed evitavano di passarci in mezzo. Allora alcuni imperatori cominciarono a farci transitare sotto i loro cortei di vittoria e i romani, che erano tutti megalomani, e lo sono tuttora, presero ad imitarli. Fu così superato il terrore per quella pericolosa architettura, che peraltro non serviva proprio a nulla se non a passarci sotto facendo finta di niente. In seguito i Galli, che di architettura non capivano un tubo, vollero imitare questa costruzione: fecero un arco enorme nella periferia della loro capitale, così che non lo si potesse ignorare neanche per sbaglio, e lo chiamarono Arc de la Défense, solo che invece che curvo era ad angoli retti, così son capaci tutti, scusa, eh.

Gli scultori dello stato operavano nei pressi di una palude malsana, ricca di strani gas. Molti impazzivano e rifacevano la stessa statua centinaia e centinaia di volte, così che il governo era costretto a mandarne sin nelle più lontane province dell’impero, dove ad oggi tuttora si trovano ogni giorno nuove statue dell’imperatore Tiberio o di Augusto, o di Traiano. L’effetto era simile a quello che oggi ottengono i telegiornali, dove il busto dell’imperatore di turno appare riprodotto in milioni di esemplari in ogni angolo di questo disgraziato paese.
 
CAPITOLO 5 Il Medio Evo


La decadenza dell’architettura nel Medioevo è testimoniata dal grande numero di torri costruite storte: Garisenda, Asinelli, Torre di Pisa … un disastro, dovuto al fatto che, mancando le puntine da disegno, i fogli dei progetti non stavano mai fermi e si inclinavano continuamente.

Ancora peggio per le chiese: lo stile gotico prevedeva che i fedeli fossero tutti magrissimi e pregassero con le mani sopra la testa, mentre per il Romanico era necessario essere grassi e, per non impressionarsi di fronte a tutti quei mostri, soffrire di ipocondria o allucinazioni, così da abituarsi alle visioni da incubo già prima di entrare in chiesa.

Lo stile gotico in pittura usava ritrarre praticelli verdi con fiorellini, dove alcuni personaggini senza peso camminavano quasi sospesi, forse per non pestare i fiori. Questo effetto fu causato dalle ripetute carestie che avvenivano in quei luoghi, tanto che se uno era grasso lo si sospettava di aver rubato e lo si metteva legato ad uno strumento di tortura, oggi evoluto in apparecchi per il dimagramento quali il tapis roulant o la cyclette ( i cui nomi non a caso sono nella lingua di quelle regioni). Il tapis roulant era usato anche per il Giudizio di Dio: chi riusciva a scappare per davanti era accettato come grasso e riabilitato, tanto da poter diventare un giorno presidente della Camera. Naturalmente riuscirci era impossibile.

L’affresco più ripetuto nelle chiese romaniche rappresentava invece il Giudizio Universale: nella parte superiore un gruppo di personaggi biancastri tutti immobili e in pigiama mostrava di fregarsene di quanto avveniva in basso, dove mostri e mostre di varia forma e fattura divoravano o inforcavano per cuocerli tra le fiamme alcuni disgraziati, colpevoli certo di non avere pagato il biglietto. La tradizione continua, e ancor oggi, se uno non ha pagato il biglietto alle mostre salta fuori un mostro che lo manda all’inferno.

A quel tempo esisteva anche la prassi per cui, se un criminale si rifugiava in un edificio sacro, diveniva intoccabile dalla giustizia. Oggi di tale tradizione è rimasto solo un luogo sacro, detto Parlamento, il quale peraltro anticamente era, si dice, un parcheggio per maiali.

Ma a un certo punto un pastorello disegnò su una pietra un cerchio così perfetto che molti gridarono Oooooh! che bel triangolo! In realtà intendevano alludere alla tresca che avevano appena scorto svolgersi tra un montone, una pecorella e il ben dotato pastorello, però il pastorello, non riuscendo a capire, ancora eccitato si mise a dipingere alcune figure pecorecce (appunto) e, vicino, altri cerchi, nei quali scriveva le solite oscenità da gabinetto: in tal modo inventò i fumetti erotici, genere che tuttavia oggi è ovviamente considerato sorpassato.

A questo proposito, già nei conventi si usava disegnare sui libri, a fianco del testo, delle figure colorate dove i frati sfogavano le loro brame più recondite ed oscene. Questi disegni vennero chiamati mignotture, e il perché si capisce intuitivamente; l’uso in seguito trasformò il termine in miniature.

Su tutto gravava comunque la pesante censura della Chiesa Romana: ai mostri degli affreschi furono applicate mutande ben coprenti, le dannate senza reggiseno dovevano avere braccia assai grosse, buone per coprire pudicamente quei due conturbanti puntolini rossi, e si arrivò persino ad inventare un animale, l’unicorno, che essendo il solo esistente al mondo non aveva bisogno di possedere gonadi e risultava perciò in linea con le regole della rappresentazione.

Una tale repressione non poteva durare: il segnale della liberazione venne dato da papa Cicciolino Secondo; l’opera fu poi portata a compimento da Siffredio Primo, che non mancò di dare il buon esempio erigendo coram populo uno strano obelisco.

Tutto ciò causò un vero e proprio moltiplicarsi delle nascite, e così si passò al Rinascimento.
 
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Complimenti Baleng: ottimo esempio di divulgazione spiritosa che presuppone però, per essere apprezzata compiutamente, anche la conoscenza sia storica che artistica.
Attendo i prossimi capitoli.
PS:
E' prevista anche la sezione veneta ?
 
Complimenti Baleng: ottimo esempio di divulgazione spiritosa che presuppone però, per essere apprezzata compiutamente, anche la conoscenza sia storica che artistica.
Attendo i prossimi capitoli.
PS:
E' prevista anche la sezione veneta ?

...lo stai invitando a nozze, come si suol dire...e chi lo ferma più? :D
 
Complimenti Baleng: ottimo esempio di divulgazione spiritosa che presuppone però, per essere apprezzata compiutamente, anche la conoscenza sia storica che artistica.
Attendo i prossimi capitoli.
PS:
E' prevista anche la sezione veneta ?
Grazie caro, qui mi diverto a improvvisare. Non avevo pensato ad una sezione veneta. In realtà sono già avanti con Rinascimento e Barocco, poi non so per l'Illuminismo ecc., mica devo fare tutto per forza :fiu: però prevedo il Romanticismo, oppure anche singoli autori a partire dall'800, boh.
Chiaramente dal secondo 800 in poi ci sarà più peperoncino, immagino.
 
CAPITOLO 6 Il Rinascimento


Il Rinascimento iniziò perché si era diffusa la voce che negli antichi testi ci fosse scritto il segreto per tramutare gli escrementi in oro. A questo punto un po’ tutti si misero a studiarli, spesso traducendoli da lingue impossibili, il che creava ulteriori equivoci. Chi credeva di aver trovato la formula cominciava a mangiare come un ippopotamo, naturalmente confidando di ottenere poi una massa considerevole del pregiato metallo. Altri, traducendo alla come viene viene, si convinsero che solo le raffinate cacchine di colibrì servissero allo scopo, ma allora non valeva la pena di darsi da fare per quantità così ridicole. Il problema fu poi risolto molto più tardi nell’ambito delle televendite di quadri, dove la trasformazione della merda in oro è un fatto accertato.

I grandi artisti del Rinascimento furono tre, Michel, Leon e Raffa, una donna, quest’ultima, che sapeva anche cantare, ballare e soprattutto farsi pagare bene.

Michel era un genio: dovendo dipingere un gigantesco soffitto e soffrendo di cervicali, riuscì con uno straordinario marchingegno a ruotare l’edificio in modo che il tetto diventasse il pavimento, e viceversa. A quel punto, poteva anche pitturare usando i piedi, e magari poi chiedere soldi mandando i calendari e le cartoline dei suoi lavori a casa di gente che non sapeva che farsene. Poiché però ogni sera il proprietario dell’edificio, che era Papa Sisto Benegrazie, veniva a controllare come procedessero i lavori, Michel era costretto a interrompere l’attività per tempo e ruotare nuovamente il tutto. Ciò rallentò notevolmente i ritmi di esecuzione, e Michel ebbe a chiedersi se, con la sua scelta, non avesse fatto una cappella.

Leon invece, oltre a dipingere, passava il tempo tra strani progetti e curiose fissazioni. In particolare gli sarebbe piaciuto poter volare, e per questo ogni due mesi costruiva un diverso apparecchio che poi provava di persona. Come risultato, passava il suo tempo tra ortopedici e traumatologi, per i quali compose numerosi disegni di anatomia. Tuttavia riuscì ad arricchirsi con una specie di elicottero, che alla fine venne usato in tutta Europa, anche se solo per scavare gallerie.

Raffa, a sua volta, usava dipingere cantando, ma era così stonata che persino i colori dei suoi quadri se la svignavano, ed è per questo che per lungo tempo la pittrice venne creduta daltonica e i suoi lavori riprodotti solo in bianco e nero. Questo aspetto spiega anche perché sia mancata molto giovane, probabilmente fatta fuori da un occasionale ascoltatore.


Tutto ciò avveniva a Roma, e quindi non si capisce perché il Rinascimento sia considerato un fenomeno fiorentino. Tanto più che gli altri due artisti importanti operavano a Venezia.

Tiziano divenne famoso perché si rifiutò di usare gli occhiali anche quando ne aveva estremo bisogno. Di conseguenza il suo lavoro appare di una modernità sconcertante, e, se è vero che con lui il colore si libera dal disegno, è pure certo che questo fu l’inizio della degenerazione in pittura, e se il pittore avesse usato gli occhiali il fenomeno Monnett non sarebbe mai esistito.

Tintoretto, affetto da delirium tremens, terminava un enorme quadro in dieci minuti, quindici se si interrompeva per un bisognino, sei/otto giorni se veniva a trovarlo la sua amante. Con la quale, naturalmente, le cose non andavano propriamente bene. L’artista terminava tutto in pochi secondi, poi il pennello si afflosciava. Il resto del tempo, comunque, passava tra scuse e lamentabili deprecazioni. Il metodo Tintoretto fu poi copiato da molti che non sapevano della sua infermità. Citiamo tra tutti il Fontanetto, anch’egli affetto dalla stessa malattia, che con un solo gesto tagliava la tela, poi si metteva piangere perché gliene comprassero un’altra, o il Mathieuetto, che faceva partire il cronometro all’inizio della sessione e non si dava mai più di quattro minuti per terminare, con i risultati che si possono immaginare (le sue amanti non duravano più di qualche giorno).
 
CAPITOLO 7 Il Barocco


Poiché nei secoli era enormemente cresciuta una pletorica burocrazia, fatta di parassiti che creavano ogni sorta di complicazioni al cittadino al solo scopo di impedirgli di vivere felice, nacque lo stile Barocco.

Accadde questo: la casta dei burocrati, vedendo che le numerose colonne in tutti gli edifici erano diritte, e che pure le pareti delle chiese erano assolutamente piatte, pensò bene di ostacolare questo banale andazzo. Le semplici colonne diritte vennero proibite, ogni sostegno doveva fregiarsi di almeno una trentina di curve assolutamente arbitrarie, e comunque con chi protestava si argomentava che gli alberi ne avevano ancora di più. I muri piatti vennero bollati di pericolosità (qualcosa poteva sempre cadere dall’alto e far male) e sostituiti con pareti complicatissime, sporgenti, curve, irregolari, di tutto.

Questo trionfo dell’aggrovigliato e del complesso dette in effetti molto potere alla burocrazia: per i poveracci, invece, le condizioni di vita peggioravano. I corridoi delle carceri divennero così incasinati che non occorreva più chiudere i detenuti in cella: nessuno avrebbe mai saputo trovare l’uscita da solo. Questa appunto fu la trovata geniale di un assessore al traffico che poi la applicò all’intera città. La lezione risulta sia valida ancora adesso, e negli assessorati il Barocco ha trovato pletore di imitatori.

Bizzarro fu come gli architetti si comportarono con i ponti: non tutti raggiungevano l’altra sponda, alcuni si avvolgevano a ricciolo, altri sprofondavano nell’acqua per non risalirne più. Per blandire il potere religioso, poi, al posto dei guard-rail vennero messi degli inginocchiatoi, altari con candele accese al posto dei semafori, confessionali al posto dei caselli d’autostrada.


In pittura ciò si tradusse in gesti esagerati ed esagitati. Abramo non si limitava ad alzare la spada su Isacco, ma portava anche sulle spalle un gigantesco masso con cui ridurlo finalmente a spezzatino. L’ultima cena vedeva un trionfo di portate rare e costose, con ippopotami interi allo spiedo che troneggiavano supini sul tavolo col limone in bocca, forme di grana che rotolavano per ogni dove, e una botte di vino posta dietro ad ogni commensale. San Girolamo nel deserto era tutto vestito Prada, le cavallette che mangiava erano di marzapane, santa Maria Egiziaca tornava di tanto in tanto a fare la prostituta ecc.: insomma, la devozione religiosa era tanta, ma qualcuno storceva il naso.
 

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