Ora, a me pare che il miracolo di Kosuth (e di Cage) sia proprio l'aver riproposto il giochino di Duchamp accostandogli una ponderosa veste teorica che qualunque buon vero dadaista avrebbe spernacchiato sino ad esaurimento polmoni. Kosuth si chiede "come fa l’arte a generare il significato di arte fuori da questo contesto formalmente legittimante?", ma il sorprendente consiste in questo: che se trovo un Leonardo in una discarica ho buonissime probabilità di riconoscere comunque un capolavoro, e questa sarebbe la risposta per Kosuth. Ma - a questo punto magari con gli appoggi citati da @mantegna - a differenza di Duchamp lui non ha esposto una banalità al museo, ma ha fatto in modo che il museo fosse ben lieto di chiamarlo ad esporre delle banalità. Cioè, mentre Duchamp irrideva il potere di indirizzo dell'ambito museale stravolgendone l'uso, Kosuth restaura in tutta seriosità proprio questo potere, e lo usa per affermare sé stesso (provasse a mettere le sue "sedie" esposte al muro di un mobilificio).
Detto questo, caro Cris, non prendertela, continua nella tua opera preziosa e non curarti se qualche miscredente ti oppone obiezioni che scherzano anche, ma si sforzano di non schernire.
Quanto ricordate tu e @mantegna potrebbe anche spiegare come mai il museo sia stato indotto a chiamare gli artisti concettuali. Il sistema dei musei è, infatti, un potere, tanto più se pieno di quattrini (che ai tempi di Duchamp, se c'erano, erano solo in mani private). Difficile che un potere così volatile come quello di un sistema museale possa resistere alle pressioni della CIA & C.@mantegna
E' una verità già nota in quanto emersa da più fonti.
Lo stesso premio a Rauschenberg della biennale del 1964
e' ancora un mistero
e l'arrivo delle opere a Venezia scortate dalla Sesta Flotta della Marina Militare Americana
di certo non aiuta a capirci di più. o magari invece aiuta proprio
Io credo che le facilità indotte da fotografia e cinema abbiano contribuito a rispondere alla prima parte delle tue domande. Non dimentichiamo che per la cultura anglosassone il tempo è denaro.Mi sono chiesto come mai nell'atto di ridefinire i contenuti del fare arte mancassero nella definizione dei modi di rappresentare l'oggetto descrittivo tutti quelli della estetica tradizionale. Manca una scultura della sedia, manca un disegno della sedia, manca una pittura della sedia.
Capisco che la risposta sia proprio quella della negazione della estetica tradizionale ma questo offre il fianco alle critiche motivate che abbiamo letto.
La rottura con il passato era nello spirito dei tempi ma oggi mi chiedo se esista una eredità di quelle esperienze in una rilettura più vicina alla tradizione. Esistono esperienze artistiche che peschino dalle concettualità espresse da Kosuth ma che non perdano completamente l'uso dei mezzi espressivi? Ha senso che esistano?
La domanda non è peregrina perché se si pensa alla filosofia sottostante gli studi psicologici della gestalt si sono poi formati degli stili tradizionali espressione di quella filosofia, l'interrogazione sulla natura della percezione, del messaggio, del valore della rappresentazione hanno sempre portato a nuove forme e nuovi stili.
Possibile che l'interrogarsi radicale degli anni '60 non sia stato poi assorbito dal sistema arte? La pittura analitica può venire vista come erede di quelle esperienze ma ancorata al desiderio di non oltrepassare il confine?
@mantegna
E' una verità già nota in quanto emersa da più fonti.
Lo stesso premio a Rauschenberg della biennale del 1964
e' ancora un mistero
e l'arrivo delle opere a Venezia scortate dalla Sesta Flotta della Marina Militare Americana
di certo non aiuta a capirci di più.
Io credo che le facilità indotte da fotografia e cinema abbiano contribuito a rispondere alla prima parte delle tue domande. Non dimentichiamo che per la cultura anglosassone il tempo è denaro.
Sul perché manchino, pare, esperienze artistiche che abbiano integrato l'arte concettuale con un po' della tradizione, magari la risposta potrebbe essere che l'AC era già fuori dai confini, dal recinto del lavoro artistico. Poi, non dimentichiamo il potere asfaltatore della Pop Art, dove proprio i principi kosuthiani sono stati presentati in forma vetero-artistica (le bandiere di Jasper Johns, le Brillo e Campbell di Wharol, i fumetti di Lichtenstein, come se il pittore ci dicesse "un fumetto esposto in situazione museale diviene oggetto museale".)
Grazie della correzioneocio
kosutt storicamente arriva dopo di loro
semmai si poggia su di loro.
l'ho appena scritto sopra,
la Biennale del '64 decreta gli USA (e quindi i suoi artisti) conme il centro del potere dell'arte mondiale
(soppiantando Parigi ed in generale tutto l'occidente europeo)
ma kosuth ha solo 19 anni
E' una storia che mi ha molto colpito, quella della manipolazione da parte della CIA relativa all'Arte occidentale, in contrapposizione a quella dei paesi del Blocco Orientale ...qualcuno, forse, si ricorda di un post "dall'altra parte" per me memorabile di Vostok sugli spacciatori di fuffa...ancora oggi stento a crederci! Spero solo che, un domani, non salti fuori che Burri e Fontana fossero agenti segreti...
Grazie della correzione
gli è che mentre quella biennale la vidi di persona
di Kosuth non so praticamente nulla (sinceramente,, si capisce anche perché)
Mi sono chiesto come mai nell'atto di ridefinire i contenuti del fare arte mancassero nella definizione dei modi di rappresentare l'oggetto descrittivo tutti quelli della estetica tradizionale. Manca una scultura della sedia, manca un disegno della sedia, manca una pittura della sedia.
Capisco che la risposta sia proprio quella della negazione della estetica tradizionale ma questo offre il fianco alle critiche motivate che abbiamo letto.
La rottura con il passato era nello spirito dei tempi ma oggi mi chiedo se esista una eredità di quelle esperienze in una rilettura più vicina alla tradizione. Esistono esperienze artistiche che peschino dalle concettualità espresse da Kosuth ma che non perdano completamente l'uso dei mezzi espressivi? Ha senso che esistano?
La domanda non è peregrina perché se si pensa alla filosofia sottostante gli studi psicologici della gestalt si sono poi formati degli stili tradizionali espressione di quella filosofia, l'interrogazione sulla natura della percezione, del messaggio, del valore della rappresentazione hanno sempre portato a nuove forme e nuovi stili.
Possibile che l'interrogarsi radicale degli anni '60 non sia stato poi assorbito dal sistema arte? La pittura analitica può venire vista come erede di quelle esperienze ma ancorata al desiderio di non oltrepassare il confine?