HollyFabius
Nuovo forumer
Una e tre sedie
Joseph Kosuth, 1965, tecnica mista, New York Museo di Arte Moderna
L'opera comprendeva una vera sedia, una sua riproduzione fotografica ed un pannello su cui era stampata la definizione da dizionario della parola "sedia".
L'artista si proponeva di richiamare lo spettatore a meditare sulla relazione tra immaine e parola, in termini logici e semiotici.
Vedi l'allegato 381804
Mi sono chiesto come mai nell'atto di ridefinire i contenuti del fare arte mancassero nella definizione dei modi di rappresentare l'oggetto descrittivo tutti quelli della estetica tradizionale. Manca una scultura della sedia, manca un disegno della sedia, manca una pittura della sedia.
Capisco che la risposta sia proprio quella della negazione della estetica tradizionale ma questo offre il fianco alle critiche motivate che abbiamo letto.
La rottura con il passato era nello spirito dei tempi ma oggi mi chiedo se esista una eredità di quelle esperienze in una rilettura più vicina alla tradizione. Esistono esperienze artistiche che peschino dalle concettualità espresse da Kosuth ma che non perdano completamente l'uso dei mezzi espressivi? Ha senso che esistano?
La domanda non è peregrina perché se si pensa alla filosofia sottostante gli studi psicologici della gestalt si sono poi formati degli stili tradizionali espressione di quella filosofia, l'interrogazione sulla natura della percezione, del messaggio, del valore della rappresentazione hanno sempre portato a nuove forme e nuovi stili.
Possibile che l'interrogarsi radicale degli anni '60 non sia stato poi assorbito dal sistema arte? La pittura analitica può venire vista come erede di quelle esperienze ma ancorata al desiderio di non oltrepassare il confine?