Arte Concettuale - genesi, significati ed evoluzione

Una e tre sedie
Joseph Kosuth, 1965, tecnica mista, New York Museo di Arte Moderna

L'opera comprendeva una vera sedia, una sua riproduzione fotografica ed un pannello su cui era stampata la definizione da dizionario della parola "sedia".
L'artista si proponeva di richiamare lo spettatore a meditare sulla relazione tra immaine e parola, in termini logici e semiotici.

Vedi l'allegato 381804

Mi sono chiesto come mai nell'atto di ridefinire i contenuti del fare arte mancassero nella definizione dei modi di rappresentare l'oggetto descrittivo tutti quelli della estetica tradizionale. Manca una scultura della sedia, manca un disegno della sedia, manca una pittura della sedia.
Capisco che la risposta sia proprio quella della negazione della estetica tradizionale ma questo offre il fianco alle critiche motivate che abbiamo letto.
La rottura con il passato era nello spirito dei tempi ma oggi mi chiedo se esista una eredità di quelle esperienze in una rilettura più vicina alla tradizione. Esistono esperienze artistiche che peschino dalle concettualità espresse da Kosuth ma che non perdano completamente l'uso dei mezzi espressivi? Ha senso che esistano?
La domanda non è peregrina perché se si pensa alla filosofia sottostante gli studi psicologici della gestalt si sono poi formati degli stili tradizionali espressione di quella filosofia, l'interrogazione sulla natura della percezione, del messaggio, del valore della rappresentazione hanno sempre portato a nuove forme e nuovi stili.
Possibile che l'interrogarsi radicale degli anni '60 non sia stato poi assorbito dal sistema arte? La pittura analitica può venire vista come erede di quelle esperienze ma ancorata al desiderio di non oltrepassare il confine?
 
Grazie Cris, queste a me sembrano le parti da approfondire.

@baleng
A me pare che si riapra il tema di come l'arte definisca i propri confini, i propri scopi e i propri linguaggi. Cosa è il significato? L'arte produce significato? E se si come?
E io ti ritiro fuori questo post :prr:
Perché m'è venuto, diciamo, un dubbio.
Ci si chiede come l'arte definisca i propri confini, e questo è interessante. Si parla di opposizione all'arte precedente ecc ecc :bla:
Ma io mi chiedo: in passato, genericamente parlando, le innovazioni nell'arte sono state delle negazioni del precedente o non piuttosto un approfondimento di quanto prima era implicito, o non ben espresso (naturalmente con l'aggiunta del nuovo sentire, di volta in volta, anche dovuto alle tecniche, sennò comunque me lo ricordi tu :ombrello: ) ???
Mi è venuto da chiedermelo proprio adesso. Sarebbe sciocco, da parte mia, voler rispondere subito. Ci penso (= ci dormo sopra).
Ma ricordo che gli impressionisti volevano proprio rendere meglio la realtà, negare o contestare l'arte precedente, che non ci riusciva bene, fu una conseguenza, non un progetto.
La prospettiva di Brunelleschi/Masaccio dava una risposta ad esigenze che erano nell'aria, mica contestava il Gotico internazionale rapandolo a zero.
Il Simbolismo si proponeva di far vedere ciò che sinora non era stato possibile vedere, una specie di percezione dell'invisibile.
Il cubismo cercava di rendere solido e razionale un mondo che stava perdendo le sue certezze, ma Cézanne non stava a contestare che Degas fosse stato un imbrattatele.
Ci sarebbero molti altri esempi. Ma mi prendo del tempo per non sparare troppe sciocchezze :titanic:
 
Ultima modifica:
E io ti ritiro fuori questo post :prr:
Perché m'è venuto, diciamo, un dubbio.
Ci si chiede come l'arte definisca i propri confini, e questo è interessante. Si parla di opposizione all'arte precedente ecc ecc :bla:
Ma io mi chiedo: in passato, genericamente parlando, le innovazioni nell'arte sono state delle negazioni del precedente o non piuttosto un approfondimento di quanto prima era implicito, o non ben espresso (naturalmente con l'aggiunta del nuovo sentire, di volta in volta, anche dovuto alle tecniche, sennò comunque me lo ricordi tu :ombrello: ) ???
Mi è venuto da chiedermelo proprio adesso. Sarebbe sciocco, da parte mia, voler rispondere subito. Ci penso (= ci dormo sopra).
Ma ricordo che gli impressionisti volevano proprio rendere meglio la realtà, negare o contestare l'arte precedente, che non ci riusciva bene, fu una conseguenza, non un progetto.
La prospettiva di Brunelleschi/Masaccio dava una risposta ad esigenze che erano nell'aria, mica contestava il Gotico internazionale rapandolo a zero.
Il Simbolismo si proponeva di far vedere ciò che sinora non era stato possibile vedere, una specie di percezione dell'invisibile.
Il cubismo cercava di rendere solido e razionale un mondo che stava perdendo le sue certezze, ma Cézanne non stava a contestare che Degas fosse stato un imbrattatele.
Ci sarebbero molti altri esempi. Ma mi prendo del tempo per non sparare troppe sciocchezze :titanic:
Io credo che la visione dell'evoluzione dell'arte come sottrazione di qualcosa sia semplicemente una comodità narrativa utile alla comprensione della Arte Concettuale all'interno di un quadro filosofico più generale. Penso che l'idea portante sia dovuta alla consapevolezza che il nichilismo avvolge tutta la filosofia occidentale e in conseguenza di questo ogni forma culturale, sia anch'esso una sottrazione. Credo si possa obiettare in molti modi. Come tutte le concettualità troppo spinte basta una piccola deviazione in premessa che tutto il castello di carta cade.
 
Magari stavolta brevemente, cerco di portare avanti l'osservazione. Se in precedenza lo sviluppo dell'arte coincise con un nuovo modo di approfondire aspetti problematici prima solo - o quasi - sfiorati, quale sarebbe, volendo accettare anche qui tale ipotesi, l'aspetto che l'A C vuole approfondire e del quale l'arte precedente non avrebbe portato avanti lo sviluppo in modo completo?
Viene da dire, ovviamente, l'idea creativa.
L'artista del 500 aveva un'idea creativa come impalcatura del suo lavoro, per esempio lo schema piramidale, con valenze simboliche importanti, stava sotteso a molte rappresentazioni sacre. L'idea, dunque, c'era. Non era esposta ma protetta nel bozzolo della qualità di una pittura.
Un pittorino provinciale per chiese di terzo livello si distingueva dal gigante dell'arte per la qualità del lavoro, non per i soggetti, e nemmeno per le idee sottostanti - salvo che nell'abilità a renderle manifeste con coerenza artistica e senza doverle schiaffare in evidenza e ad oltranza.
L'idea era pure reperibile nella composizione, nel taglio dell'opera (v. le diagonali di Tintoretto, che portarono una novità atta ad aumentare il dinamismo drammatico del lavoro). Altri poi usarono il taglio diagonale.
Caravaggio "ebbe l'idea" di un primo piano illuminato e un fondo misteriosamente oscuro. Lo stesso fecero poi i caravaggisti, e questa idea permise loro di fissare la realtà tra tempo e spazio: dunque l'esigenza non ancora portata al risultato voluto era questa. Se si confronta la famosa cacciata del Masaccio con la Crocifissione di Pietro di Caravaggio, appare chiaro come lo strumento tecnico del contrasto chiaro/scuro nella seconda aumenti la forza della scena (disperata in ambedue i casi), che pure in Masaccio deve appoggiarsi alle espressioni di Adamo ed Eva.
Voglio dire: l'invenzione, la novità, serviva a risolvere problemi rimasti sospesi, incompiuti.

Nel caso di un fondo nero con una scritta, o data, bianca, l'idea somiglia ai 4'33" di J.Cage. Il nulla nichilistico. Che problema precedente può dirsi risolto, approfondito ecc?
Apparentemente, come dice @mantegna, si tratta di restringere in poche mani il potere di benedire o meno certi prodotti indipendentemente dalla qualità. Che sia una novità è innegabile, ma il secolo dei nuovismi ha conferito valore assoluto a tutto quanto sia nuovo, in questo caricaturando proprio la scienza. Saper vendere la Coca Cola agli amatori del vino, in effetti, è operazione simile, come ha detto @mantegna.
I problemi risolti non sarebbero dunque di ordine artistico, ma di potere, economico, culturale ecc.
 
Ovviamente non sono d'accordo e mi riprometto di portare alla tua/vs attenzione altrettanti esempi (idee) che l'AC ha aperto e che tuttora si stanno esplorando.
 
Mi sono chiesto come mai nell'atto di ridefinire i contenuti del fare arte mancassero nella definizione dei modi di rappresentare l'oggetto descrittivo tutti quelli della estetica tradizionale. Manca una scultura della sedia, manca un disegno della sedia, manca una pittura della sedia.
Capisco che la risposta sia proprio quella della negazione della estetica tradizionale ma questo offre il fianco alle critiche motivate che abbiamo letto.
La rottura con il passato era nello spirito dei tempi ma oggi mi chiedo se esista una eredità di quelle esperienze in una rilettura più vicina alla tradizione. Esistono esperienze artistiche che peschino dalle concettualità espresse da Kosuth ma che non perdano completamente l'uso dei mezzi espressivi? Ha senso che esistano?
La domanda non è peregrina perché se si pensa alla filosofia sottostante gli studi psicologici della gestalt si sono poi formati degli stili tradizionali espressione di quella filosofia, l'interrogazione sulla natura della percezione, del messaggio, del valore della rappresentazione hanno sempre portato a nuove forme e nuovi stili.
Possibile che l'interrogarsi radicale degli anni '60 non sia stato poi assorbito dal sistema arte? La pittura analitica può venire vista come erede di quelle esperienze ma ancorata al desiderio di non oltrepassare il confine?
"Manca una scultura della sedia, manca un disegno della sedia, manca una pittura della sedia."

Ottima osservazione che dovrebbe aprire nuovi spazi concettuali per i giovani artisti di oggi.
Complimenti.:clap::clapclap:
 
Magari stavolta brevemente, cerco di portare avanti l'osservazione. Se in precedenza lo sviluppo dell'arte coincise con un nuovo modo di approfondire aspetti problematici prima solo - o quasi - sfiorati, quale sarebbe, volendo accettare anche qui tale ipotesi, l'aspetto che l'A C vuole approfondire e del quale l'arte precedente non avrebbe portato avanti lo sviluppo in modo completo?
Viene da dire, ovviamente, l'idea creativa.
L'artista del 500 aveva un'idea creativa come impalcatura del suo lavoro, per esempio lo schema piramidale, con valenze simboliche importanti, stava sotteso a molte rappresentazioni sacre. L'idea, dunque, c'era. Non era esposta ma protetta nel bozzolo della qualità di una pittura.
Un pittorino provinciale per chiese di terzo livello si distingueva dal gigante dell'arte per la qualità del lavoro, non per i soggetti, e nemmeno per le idee sottostanti - salvo che nell'abilità a renderle manifeste con coerenza artistica e senza doverle schiaffare in evidenza e ad oltranza.
L'idea era pure reperibile nella composizione, nel taglio dell'opera (v. le diagonali di Tintoretto, che portarono una novità atta ad aumentare il dinamismo drammatico del lavoro). Altri poi usarono il taglio diagonale.
Caravaggio "ebbe l'idea" di un primo piano illuminato e un fondo misteriosamente oscuro. Lo stesso fecero poi i caravaggisti, e questa idea permise loro di fissare la realtà tra tempo e spazio: dunque l'esigenza non ancora portata al risultato voluto era questa. Se si confronta la famosa cacciata del Masaccio con la Crocifissione di Pietro di Caravaggio, appare chiaro come lo strumento tecnico del contrasto chiaro/scuro nella seconda aumenti la forza della scena (disperata in ambedue i casi), che pure in Masaccio deve appoggiarsi alle espressioni di Adamo ed Eva.
Voglio dire: l'invenzione, la novità, serviva a risolvere problemi rimasti sospesi, incompiuti.

Nel caso di un fondo nero con una scritta, o data, bianca, l'idea somiglia ai 4'33" di J.Cage. Il nulla nichilistico. Che problema precedente può dirsi risolto, approfondito ecc?
Apparentemente, come dice @mantegna, si tratta di restringere in poche mani il potere di benedire o meno certi prodotti indipendentemente dalla qualità. Che sia una novità è innegabile, ma il secolo dei nuovismi ha conferito valore assoluto a tutto quanto sia nuovo, in questo caricaturando proprio la scienza. Saper vendere la Coca Cola agli amatori del vino, in effetti, è operazione simile, come ha detto @mantegna.
I problemi risolti non sarebbero dunque di ordine artistico, ma di potere, economico, culturale ecc.

seguendo la tua scia e rispondendo alla tua questione:
quale sarebbe, volendo accettare anche qui tale ipotesi, l'aspetto che l'A C vuole approfondire e del quale l'arte precedente non avrebbe portato avanti lo sviluppo in modo completo?

eccomi qui con gli esempi (idee) che si devono all'AC
e che, come citavo prima, tuttora si stanno esplorando a 60 anni dalla loro teorizzazione.

non so quanto volutamente
ma sei stato proprio tu a darmi il primo che è riconosciuto insieme a Marchel Duchamp come uno dei precursori dell'AC o comunque uno dei primi che enfatizzò il contenuto ideale dell'esperienza artistica

citando gli studi di Peter Osborne
stiamo inziando questo percorso prima ancora dell'arrivo di Kosuth
e quindi a partire dal decennio 1950-1960
che lo stesso Osborne definisce "la preistoria dell'Arte Concettuale"

J.Cage - 4'33'' - Silence - 1952
Per chi non sapesse chi sia Cage e in particolare questo lavoro,
Cage era un compositore americano che amplia il suo confine
attribuendo al silenzio la stessa importanza di un suono prodotto intenzionalmente o addirittura casuale.
La composizione 4'33'’ è la prima che può essere suonata da qualsiasi strumentista,
dovendo gli stessi sedersi in silenzio di fronte al pubblico per tutta la durata del brano
(ovvero 4 minuti e 33 secondi).
Gli unici suoni sono i rumori accidentali provocati dal pubblico e quelli provenienti dall'esterno.

Quale sviluppo?
per la prima volta un compositore
(possiamo chiamarlo artista?)
nega i fattori costitutivi della musica,
così come gli artisti concettuali negano negli anni a seguire il valore dell'estetica nell'Arte.



Cage_silence.jpg
 
Ultima modifica:
continuo con la Preistoria 1950-1960 (la genesi)
ma cito comunque Artisti con i quali Kosuth
(ad esempio LeWitt, Flavin e Andre uno dei padri della Minimal Art che segue)
si confronterà riconoscendogli di aver aperto strade da indagare

Carl Andre - Cuts - 1967
Poeta, cineasta, scultore, ... artista completo che indaga diverse strade
fino ad arrivare alla totale divisione tra la proposta artistica e l'esperienza estetica dello spettatore.

La proposta inoltre è un processo ideativo completamente chiaro ed esposto,
l'idea che è sempre centrale in tutto il processo,
nelle installazioni scultoree prende forma con
disegni o istruzioni specifiche circa i materiali da utilizzare per l'opera ed il modo di assemblarli.

Al punto che l'Artista non vanta neanche più la paternità dell'opera,
lasciando il lavoro da eseguire a semplici artigiani che dovevano seguire una sequenza meccanica,
impersonale, quasi matematica.
Come quella che lui stesso ha sperimentato nei lavori fatti con il movimento della macchina da scrivere: quello orizzontale del carrello e quello verticale del foglio attorno al rullo e la battitura.
Usa la macchina da scrivere non come un dattilografo ma come un fabbro.

Qual'è quindi lo sviluppo?
il totale distacco dell'Artista dalla sua stessa opera, lasciando volutamente allo spettatore una esperienza estetica priva di contenuti.

"... La minimal art è la principale tendenza che negli anni sessanta fu protagonista del radicale cambiamento del clima artistico, caratterizzata da un processo di riduzione della realtà, dall'antiespressività, dall'impersonalità, dalla freddezza emozionale, dall'enfasi sull'oggettualità e fisicità dell'opera, dalla riduzione alle strutture elementari geometriche"

fonte Minimalismo - Wikipedia

Man mano che cito gli artisti e le opere propongo un elenco di "novità" introdotte nel concetto di Arte

0. l'idea (kosuth, duchamp, ecc..)
1. la rottura delle regole e delle nozioni precostituite (Cage, ecc..)
2. un processo creativo dell'opera d'arte che diviene impersonale, meccanico, antiespressivo (Andre, ecc..)

CArl Andre.jpg
 
Ultima modifica:
Ho appena visto su RAI 5 un programma su uno scrittore inglese, Ian McEwan, che, intervistato, ricordava come negli anni 60 e 70 la CIA finanziava le mostre d'arte e gli eventi culturali. Lo scopo secondo lui era di dimostrare agli intellettuali che solo nel sistema occidentale si potevano conquistare nuovi spazi di progresso e libertà in tutti i settori in contrapposizione con il noioso realismo socialista. Quindi anche il minimalismo e l'arte concettuale saranno stati "sponsorizzati", permettendo una più rapida penetrazione nel mondo sociale di allora e conseguentemente nel mercato di oggi.

Il futuro resta tutto da scrivere e soprattutto la rilettura che si farà del passato tra qualche tempo potrebbe riservare delle sorprese.
 
Ho appena visto su RAI 5 un programma su uno scrittore inglese, Ian McEwan, che, intervistato, ricordava come negli anni 60 e 70 la CIA finanziava le mostre d'arte e gli eventi culturali. Lo scopo secondo lui era di dimostrare agli intellettuali che solo nel sistema occidentale si potevano conquistare nuovi spazi di progresso e libertà in tutti i settori in contrapposizione con il noioso realismo socialista. Quindi anche il minimalismo e l'arte concettuale saranno stati "sponsorizzati", permettendo una più rapida penetrazione nel mondo sociale di allora e conseguentemente nel mercato di oggi.

Il futuro resta tutto da scrivere e soprattutto la rilettura che si farà del passato tra qualche tempo potrebbe riservare delle sorprese.

In realtà Duchamp ha aperto proprio quella porta là. Infatti, presentando semplici oggetti in ambito espositivo, dove l'osservatore "automaticamente" assume un atteggiamento di tipo estetico (non "pratico", né "logico" ecc), ha mostrato, molti anni prima di Kosuth, che l'ambiente "crea" il manufatto artistico, sulla base delle aspettative che induce. Da qui gli innumerevoli equivoci di carattere comico su quanto si trova all'interno di una sala di museo: sarà un vero estintore o un'opera d'arte? Oppure la moglie di Sordi che, ohimè, si siede su di un manufatto esposto alla Biennale ecc ecc., sino alla porta di Duchamp verniciata dagli operai della Biennale. [le citazioni si possono anche leggere dopo, quando c'è tempo :angel: ]
VERNICIARONO UN DUCHAMP 'ERA UNA SEMPLICE PORTA' - la Repubblica.it

VERNICIARONO UN DUCHAMP 'ERA UNA SEMPLICE PORTA'
VENEZIA Gli operai che stavano finendo di dipingere i padiglioni della Biennale d' arte, si erano accorti che c' era ancora una vecchia porta da verniciare, in quattro e quattr' otto c' era poco tempo perché l' inaugurazione era ormai prossima l' avevano fatta tutta bianca, così la porta risplendeva come se fosse nuova. Non potevano sapere, quei ragazzotti coi pennelli in mano, che avevano verniciato niente meno che un' opera d' arte: una porta in legno del dadaista francese Marcel Duchamp, presentata all' esposizione internazionale d' arte della Biennale del ' 78, dedicata al tema: Dalla natura all' arte e dall' arte alla natura. Dopo una causa durata nove anni, adesso i giudici del tribunale di Venezia hanno dato ragione al proprietario della porta (pardon, dell' opera), il collezionista romano Fabio Sargentini, che aveva denunciato la Biennale per danni, e hanno condannato l' ente culturale veneziano ad un risarcimento di quattrocento milioni. La porta (2 metri e 20 per 62 centimetri) in effetti aveva proprio bisogno di una ritoccatina. Compiva infatti 51 anni quando venne messa in mostra nel giugno del' 78, prestata alla Biennale e assicurata per duecentomila dollari. Era del 1927 e proveniva da una casa di Rue Larry a Parigi, dove Duchamp aveva abitato. L' artista, noto per il suo temperamento dissacratorio (Nichilismo estetico lo avevano definito i critici) amava infatti trasportare fuori dal loro contesto abituale gli oggetti di uso comune, ironici o assurdi, sostenendo che in questo modo persino un orinatoio rovesciato e lui una volta lo presentò davvero poteva diventare un' opera d' arte. Convinto che l' arte è un mezzo per autointossicarsi (come l' oppio), Duchamp era stato protagonista di numerose provocazioni, come una volta che portò in America delle sfere di vetro riempite di aria di Parigi, o come quando si mise a costruire dei complicati meccanismi assolutamente privi di una qualsiasi utilità. All' esposizione d' arte del ' 78, ideata da una commissione composta da Achille Bonito Oliva, Antonio del Guercio, Filiberto Menna e Jean Christophe Amman, c' erano due opere di Duchamp: uno scolabottiglie e, appunto, la Porte, 11 Rue Larrey, Paris che era stata strategicamente piazzata nel padiglione Italia, in posizione di angolo fra due locali in modo che desse vita ad un curioso gioco, con una stanza che restava con la porta sempre chiusa e l' altra con la porta sempre aperta o viceversa. Ma l' allestimento era così realistico che ha tratto in inganno i pittori del colorificio Giorgione che stavano dipingendo il padiglione nei giorni frenetici della vigilia, e che di fronte a quella vecchia porta il legno non hanno avuto dubbi nel decidere che occorreva, e subito, una bella mano di bianco. Il padrone della porta ha fatto causa alla Biennale,rizia sul valore di quella porta, e il professor Raffaele De Grada aveva così sentenziato: Siamo di fronte ad un vecchio oggetto mitizzato e sacralizzato che ha un senso artistico solo in quanto quella vecchia porta, sporca e insignificante, è stata a suo tempo utilizzata da Duchamp che l' ha firmata e datata, dandole da quel momento in poi un valore di feticcio.

di ROBERTO BIANCHIN13 febbraio 1987
(Immaginiamo cosa dovrà pagare lo spettatore che impunemente interrompesse i 4'33" di Cage con il classico "remboursez"!, "Schei indrìo" a Venezia :help: ):-o Milioni di euro ...

Tornando dunque all'atteggiamento indotto dal luogo possiamo portare un esempio probante: la legge vieta di esporre sulla pubblica via cartelli o luci che possano indurre in confusione con uno dei tanti segnali stradali. L'ambiente "carreggiata" dunque induce a vedere quanto esposto ai suoi lati come "segnale stradale". Una pubblicità che sembrasse un cartello stradale sarebbe proibita (e quel signore che ha "artisticamente" modificato tali segnali li ha esposti ovunque, ma non ai bordi di una provinciale ...).
Kosuth ("dovevo chiedere: come fa l’arte a generare il significato di arte fuori da questo contesto formalmente legittimante?") ha visto Duchamp esporre della roba qualunque in un museo, e si è interrogato, un po' pedissequamente, sull'altra metà del ragionamento, cioè che cosa sarebbe una tale vista fuori da un museo. Naturalmente fuori da un museo una porta è una porta e uno scolabottiglie è uno scolabottiglie (Una rosa è una rosa è una rosa ... :-D:bla: , comunque 1913)
Vabbè, Gertrude Stein Gertrude Stein alla deriva nel mare della lingua
In questo libro, che raccoglie scritti eterogenei, in prosa e in versi, c'è anche Emily sacra, che contiene il celeberrimo verso «Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa», che Gertrude stessa ha spiegato in una conferenza americana del 1934 per precisare che la poesia si regge sul sostantivo, mentre la prosa sul verbo: «Quando dissi. Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa. E poi più tardi questo lo foggiai in un cerchio io feci poesia e che cosa avevo fatto avevo accarezzato completamente accarezzato e chiamato un sostantivo». Del resto, ecco la dichiarazione, in Exil, del sommo Saint-John Perse: «"Io abiterò il mio nome", fu la tua risposta ai questionari del porto. E, sui tavoli dei cambiavalute, tu altro non hai che torbido da produrre, come le grandi monete di ferro esumate dal fulmine». Ma ascoltiamo da vicino che cos'è la ripetizione per Gertrude Stein. Il lungo brano intitolato Italiani comincia così: «Alcuni di quelli stavano dove stavano anche tanti altri. Alcuni di quelli stavano dove non stava nessun altro. Uno di quelli stava dove non era mai stato nessun altro di quelli, di quello stesso tipo, e questa era una cosa molto importante per chiunque l'avesse davvero vista, per chiunque l'avesse davvero sentita. Sarebbe stato davvero scoraggiante vederne altri, di quelli. Era pura disillusione andare proprio in quel posto dove ce n'erano tanti, di quelli. E se ce n'erano tanti, di quelli, allora ce n'era più d'uno. E se ce n'era più d'uno, allora, ce n'erano tanti, di quelli, e se ce n'erano tanti di quelli allora potevi conoscere chiunque, tra quelli»... e avanti così per una ventina di pagine. Un grazie a Nadia Fusini che ha scritto, a nome di tutti: «Per tutti i suoi devoti lettori, se c'è qualcosa di sovrumano, di divino in Gertrude Stein è la sua distanza dalle passioni umane più comuni, tra cui quella di comunicare. Noi devoti leggiamo la pagina steiniana avendo accettato la sospensione del significato, e navighiamo a vista in una dimensione di assenza di senso, avendo oltrepassato le colonne d'Ercole del bisogno di assegnare a ogni significante il suo significato, verso il mare aperto di un'avventura in cui la lingua è una sorpresa. In questo senso Gertrude è "sacra": una forma di autismo felice la rende "superiore". E noi la veneriamo».

Non a caso cito Gertrude Stein e il nonsense. Infatti persino le sue cose sono più accettabili se lette in un libro di poesia che se scritte in una tavola esplicativa di un monumento. Ora, a me pare che il miracolo di Kosuth (e di Cage) sia proprio l'aver riproposto il giochino di Duchamp accostandogli una ponderosa veste teorica che qualunque buon vero dadaista avrebbe spernacchiato sino ad esaurimento polmoni. Kosuth si chiede "come fa l’arte a generare il significato di arte fuori da questo contesto formalmente legittimante?", ma il sorprendente consiste in questo: che se trovo un Leonardo in una discarica ho buonissime probabilità di riconoscere comunque un capolavoro, e questa sarebbe la risposta per Kosuth. Ma - a questo punto magari con gli appoggi citati da @mantegna - a differenza di Duchamp lui non ha esposto una banalità al museo, ma ha fatto in modo che il museo fosse ben lieto di chiamarlo ad esporre delle banalità. Cioè, mentre Duchamp irrideva il potere di indirizzo dell'ambito museale stravolgendone l'uso, Kosuth restaura in tutta seriosità proprio questo potere, e lo usa per affermare sé stesso (provasse a mettere le sue "sedie" esposte al muro di un mobilificio).

Detto questo, caro Cris, non prendertela, continua nella tua opera preziosa e non curarti se qualche miscredente ti oppone obiezioni che scherzano anche, ma si sforzano di non schernire.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto