Ogni tanto varrebbe la pena di chiedersi come mai molte opere antiche, anche di buon nome, non costino che una frazione delle equivalenti moderne.
Creo una storiella-tipo.
Il possidente Bomboloni Ettore commissiona il ritratto proprio e della moglie all'atelier del pittore Bonacossi, all'epoca (primo Ottocento) abbastanza in voga dalle parti di Locercate Brianza. Per ottenere ciò egli paga. Paga mediamente il pittore, assai meno gli aiutanti, discretamente le ricche cornici. Tutti costi vivi per un materiale nuovo che si aggiunge, aumentando comunque l' "offerta", a quanto materiale già esiste al mondo
. Paga, ma è ricco, Ettore Bomboloni, e neppure si scompone quando il Bonacossi gli presenta la sostanziosa richiesta, una somma che potrebbe corrispondere ai 50.000 euro d'oggidì. E' una buona forchetta, lui, e quel boccone se lo manda giù con due o tre calici di lambrusco.
Va aggiunto che l'importanza del Bomboloni era tale che il pittore si sentì in dovere di accompagnare la detta richiesta pecuniaria con l'omaggio di un paesaggino rurale, un olio, niente di che, tre pastorelle al fiume spiate da un malizioso contadinotto in un pomeriggio (o mattino?) d'estate.
Dopo una vita di fede, religione e stravizi il Bomboloni infine lascia per sempre, come si suol dire, questo mondo terreno. La moglie, affranta dal dolore, ma anche da antichi rancori, pur sostenuta dall'affetto della numerosa prole, della servitù e, per vari più o meno nobili motivi, della parrocchia intera, lo segue dopo solo due anni passati a piangere su sete e broccati, inzuppando di lacrime cortine e divani di gran pregio.
Da quel momento inizia il calvario dell'altra coppia Bomboloni, quella fissata sulla tela per l'eternità, ma anche iniziano le vicissitudini di quel paesaggino che li aveva accompagnati, attento quanto interessato omaggio del Bonacossi.
Della coppia è presto detto: l'irriconoscente prole, pur di non ritrovarsi ancora tra i piedi tutto il giorno l'incubo di quei due severi volti, rappresentanti di un periodo ormai finito, toccando ferro, per sempre, ficca i quadri in cantina e colà li dimentica. Per anni, occorre dire ... Quanto al paesaggio, prestandosi benissimo a decorare la sala da pranzo secondo i dettami delle nuove mode di metà ottocento, gli viene concesso di far da guardia a tortelli e libagioni, assenzio e donnine, eccessi e stravizi, tutti consumati sopra o sotto quel tavolone di legno che ormai era un po' divenuto, nel bene e nel male, il simbolo stesso della famiglia Bomboloni.
Visto l'andazzo le ricchezze, naturalmente, si esaurirono a velocità prodigiosa, ed ogni cosa fu venduta per sostenere la degenerazione della scostumata prole: via i mobili, via i quadri, via anche la casa. I rigattieri andavano e venivano da quella ricca dimora come le onde del mare contro il castello di sabbia costruito in mezzo al bagnasciuga. In particolare i ritratti vennero pagati l'equivalente di 300 euro ciascuno, preziosa cornice compresa, mentre il paesaggino, essendo opera al momento assai richiesta, ne ottenne 400 da solo.
Qui il severo moralista si ferma un attimo e aggiunge i suoi commenti. Uno, che il vecchio Bomboloni avrebbe egli stesso potuto vendere a quei miseri prezzi, tanto la perdita era per le sue sostanze sarebbe risultata poco significativa: in ogni caso egli aveva ben "fatto uso" del ritratto, che aveva accresciuto il suo prestigio ecc ecc (tra l'altro favorendo l'ottenimento di cospicui finanziamenti). Due, che usciti da quella casa i due ritratti erano ormai definibili come ritratti di coppia anonima, di scarso interesse per il soggetto.
Su quei ritratti lucrò, un po' a fatica, un mercante di paese, che infine li vendette per i mille euro d'oggi ad un arricchito che doveva inventarsi qualche antenato di livello. In seguito, cioè nel nuovo secolo, mai più la coppia raggiunse una tale quotazione ... Altri mille euro fece il paesaggino, ma anch'esso, con l'avvento della Belle Epoque e poi del 900, mai più raggiunse tale prezzo. Fu però possibile passarlo di mano in mano con molta maggiore frequenza, potendolo adattare a tempi e situazioni assai più che quei due faccioni arcigni sovrastanti tristi abiti neri di epoche oramai obsolete.
In sintesi: il denaro per i due quadri fu "sprecato" tranquillamente dal Bomboloni. Una volta giunti sul mercato, non vi erano più da pagare pittori, assistenti, corniciai, fornitori, tutto era finito sul conto spese del Bomboloni. A fissare il prezzo dei quadri non erano più i costi, ma "il mercato". Con poche differenze, lo stesso avviene per il mercato dell'arte moderna, antica o contemporanea. In galleria paghi tutto tu, le pastasciutte del pittore e l'aragosta del gallerista, l'affitto dell'atélier e i costi delle esposizioni.. Poi esci in strada e il prezzo è quello del "mercato". Basterebbe saperlo ...
E infine, come si vede in questa storia la qualità del pittore Bonacossi c'entra poco. Per dare un valore a due ritratti di anziani inaciditi "il mercato" pretende ben altri nomi, altrimenti
. E il soggetto conta, accidenti se conta. E se i lavori d'altri tempi hanno mediamente perduto una buona percentuale del valore prezzato, perché illudersi che l'opera del vivente presa in galleria debba invece rivalutarsi? Caro acquirente, tu paghi tutte le spese di tutti gli attori, e solo perché vuoi quell'opera in quel momento. Se invece saprai allargare i tuoi desiderata a largo raggio e raccogliere quanto il destino ti offre, avrai al massimo pagato il giusto.
Stretta la foglia
larga la via
tu compra pure
in galleria
basta sapere che gli sfizi possono essere sacrosanti, ma si pagano.
Gli investimenti sono altro.