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Il debito pubblico francese è insostenibile e va ridotto.
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Europa
ALLA FRANCIA SERVE UN PRESIDENTE CORAGGIOSO

di Charles Wyplosz 24.04.2012 La campagna elettorale del primo turno ha evitato ogni discussione sui problemi fondamentali che affliggono la Francia. E probabilmente non se ne parlerà neanche in vista del secondo turno. Ma il futuro presidente dovrà affrontarli. Il debito pubblico è insostenibile e va ridotto. Tanto più che la disciplina di bilancio non è un concetto antitetico a quello di crescita. Non va poi contestato il Fiscal compact, ma bisogna portare in Europa idee nuove e forti. Quanto alla questione cruciale della disoccupazione, per risolverla serve una seria riforma del mercato del lavoro.

La campagna elettorale della prima tornata elettorale in Francia non ha mai veramente affrontato i due temi più rilevanti: il debito pubblico e la disoccupazione. E senza dubbio sarà così anche nella campagna del secondo turno.Ma François Hollande, la cui vittoria al secondo turno sembra certa, dovrà fare molta attenzione alle dichiarazioni e soprattutto a quello che intenderà fare.
UN DEBITO PUBBLICO INSOSTENIBILE
Sui conti pubblici la situazione è chiara. Il debito pubblico della Francia è vicino al 90 per cento del Pil, poco sotto il livello della Grecia prima dell’inizio della crisi. Non è sostenibile. Il prossimo presidente dovrà essere il primo di una lunga serie ad affrontare il tema della disciplina di bilancio come un obbligo non più rimandabile. In un paese che non registra un avanzo primario dal 1974, significa un cambiamento istituzionale inevitabile. La classe politica non lo sa fare perché si è concessa un lassismo disastroso. Continua a considerare che gli eletti del popolo non sono soggetti a nessun obbligo proprio perché rappresentano il popolo. A sentir loro, la popolazione vuole più spese, meno tasse e meno debito, ciò che è evidentemente impossibile. Ciascuno conta sullo sforzo degli altri per equilibrare i conti. La responsabilità dei politici è di trasformare queste sfide impossibili in una politica coerente, ma nessuno, da destra a sinistra, l’ha mai fatto. Solo regole costituzionali vincolanti potranno spezzare questo atteggiamento funesto. Non si tratta di piegarsi di fronte ai mercati finanziari, ma di gestione elementare della cosa pubblica.
Da questo punto di vista, la richiesta di Hollande di rinegoziare il Fiscal compact adottato in marzo è angosciante. Il massimo che può sperare di ottenere è una modifica formale senza alcuna implicazione reale, come quando il Patto di stabilità venne ribattezzato “e di crescita”. Quel che è grave non è tanto il dilettarsi in questioni superficiali, quanto non voler comprendere tre punti essenziali. Primo, la disciplina di bilancio non è un concetto antitetico a quello di crescita. Secondo, questo ragionamento confonde il breve con il lungo periodo. Oggi, in un momento di piena recessione, l’austerità è criminale perché aggrava la recessione. Invece sul lungo termine sarà necessario abbassare il debito e mettere in pratica la disciplina di bilancio. È quello che esige il Fiscal compact. È incoerente e pericoloso volere inserire considerazioni di breve termine in un accordo consacrato esclusivamente al lungo periodo.
Infine, ricerche empiriche mostrano che il ristabilimento dell’equilibrio di bilancio non può durare nel tempo se si basa su un aumento delle imposte e non su una diminuzione della spesa. Il “metà e metà” suggerito da Hollande è per metà falso. Vista la gravità della situazione bisognerà essere buoni al 100 per cento. In un paese dove la spesa pubblica è fra le più alte al mondo non dovrebbe essere difficile tagliarla.
LA FRANCIA E L’EUROPA
Quanto alla gestione della crisi del debito europeo, Nicolas Sarkozy ci ha sempre fatto che credere che ha ne ha condiviso la guida con Angela Merkel. È una menzogna. La Francia, ormai declassata è stato il rimorchio della Germania. Hollande dovrà avere coraggio e confrontarsi con la Merkel arrivando con proposte accettabili per gli altri partner, soprattutto i paesi più piccoli che sono indignati da quanto ha imposto la Germania con il paradossale appoggio della Francia. Sostenere il Fiscal compact, ma chiedere ai paesi che hanno margini di manovra di puntare sulla crescita è naturale.
È indispensabile difendere l’indipendenza della Bce e proteggerla dal veto tedesco sul ruolo di prestatore di ultima istanza. Allo stesso tempo, cominciare la costruzione del Fiscal compact e l’introduzione degli eurobond sarà un passo decisivo verso la fine della crisi.
Accettare ristrutturazioni del debito pubblico e forzare le banche alla ricapitalizzazione è inevitabile anche se per Berlino costituisce un tabù. In breve. Hollande deve opporsi alle visioni rigide e dogmatiche della Germania, ma portando idee solide.
DISOCCUPAZIONE, UNA QUESTIONE CRUCIALE
L’altra questione fondamentale è la disoccupazione. È ormai alcuni decenni che il tasso di disoccupazione fluttua attorno all’8 per cento. La disoccupazione giovanile si attesta attorno al 25 per cento, e sale al 50 per cento fra i giovani delle banlieue più disagiate. Se il tasso di disoccupazione totale fosse la metà, e se fosse più o meno lo stesso per tutte le categorie, come è in molti paesi, non ci sarebbe più il problema delle banlieue, la criminalità non sarebbe più una vergogna nazionale, il problema della casa cesserebbe di essere disastroso, le delocalizzazioni sarebbero una valvola di sicurezza, l’immigrazione verrebbe vista come un’opportunità per il futuro, lo spirito comunitario diventerebbe una fonte di ricchezza culturale. La disoccupazione non è solo l’onta della Francia, è l’inizio e la fine delle nostre difficoltà.
È un problema strutturale. Una ripresa economica può permettere di diminuire la disoccupazione di uno o due punti ma, come spesso abbiamo visto, il problema non sparirà. Non sparirà fino a che non verrà introdotta una riforma del mercato del lavoro. Era la promessa, mai mantenuta, di Sarkozy. Nemmeno i suoi predecessori avevano fatto niente, anzi talvolta la situazione è stata aggravata, ad esempio con le 35 ore. Eppure le soluzioni esistono e sono state applicate in molti paesi. Ma su questo in Francia la politica può ancora avere effetti deleteri.
È una banalità dire che la mano d’opera costituisce la ricchezza potenziale del paese. Ma è politicamente scorretto riconoscere che una parte importante della nostra mano d’opera è inutilizzabile nel lavoro.

I giovani senza formazione e i gli anziani stanchi, con competenze a volte obsolete, sono comunque in grado di lavorare. Per loro servono lavori adattati, ovvero non specializzati e i cui salari corrispondano alla loro produttività. Ora, le persone non qualificate sono vittime del Smic (Salaire Minimum Interprofessionnel de Croissance). Per poterne assumere alcune, le imprese francesi sono state portate a fare degli investimenti che assicurano una produttività sufficiente. Di fatto, la produttività media dei lavoratori francesi è praticamente uguale a quella negli Stati Uniti, supera del 20 per cento quella tedesca e del 40 per cento quella della Gran Bretagna. Questa performance, occasionalmente causa di fierezza nazionale, è catastrofica perché ottenuta grazie a un’automatizzazione forzata. Per essere competitivi, le aziende francesi sono state costrette a far sparire i “lavoretti”. Certo i “lavoretti” e i lavoratori poveri non sono un obbiettivo entusiasmante, ma siamo sicuri che sia meglio tassare tutti i lavoratori (in modo discreto, utilizzando l’Iva, ad esempio) per poter compensare i licenziati versandogli sussidi di disoccupazione o aiuti sociali pietosi, per poter finanziare dei piani per le banlieue palesemente inefficaci, per mantenere delle solide forze dell’ordine, destinate a “contenere” giovani senza alcun futuro professionale? Come minimo, la questione si pone, ma non è mai presa in considerazione perché ritenuta scioccante.
Promettendo un aumento dello Smic, Hollande ha già commesso il suo primo errore come presidente. Le soluzioni che dovrà mettere in atto se vuole veramente ridurre la disoccupazione in modo duraturo sono agli antipodi del programma del Partito socialista. E sono ben note. Si dovrà trovare un modo di creare una sorta di Smic-giovani, alzare l’età pensionabile, rompere la distinzione fra i contratti a tempo determinato e indeterminato passando a un contratto unico che evolve con l’anzianità, districare la giurisdizione delle relazioni sociali, passare dalla protezione del lavoro alla protezione della persona, ridurre la durata degli aiuti sociali per gli invalidi, trasformare il “Pôle emploi” (Istituto pubblico per l’occupazione in Francia) in un sistema di collocamento efficace, cessare di nascondere le cifre sulla disoccupazione con la “formazione bidone” e ridurre la pressione burocratica che soffoca le Pmi.
Coraggio, presidente.





* Il testo in lingua originale è pubblicato su Telos. I commenti possono essere inviati in lingua originale al sito da cui l'articolo è tratto
 
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Nantes, crea una propria moneta alternativa locale

Etichette: BCE, Economia, FMI, Francia, UE-EUROPA



Nantes, In questa importante metropoli del nordoccidente francese, per fronteggiare le conseguenze negative sulle istituzioni locali, falcidiate dai tagli ed amputazioni di bilanci e risorse imposte dai tecnocrati di Bruxelles e dalla BCE di Francoforte, stanno per lanciare una propria moneta locale, complementare, alternativa e parallela all'euro. Nantes riprende e rilancia il modello della rete WIR di Basilea, dove 61mila commercianti, negozi, piccole e medie inprese utilizzano da qualche decennio un sistema di pagamento casheless. La rete utilizza un sistema di pagamenti interno, che si basa su un segno monetario riconosciuto e sottoscritto dai partecipanti che si scambiano beni e servizi.


Per la prima volta, una citta di rilevante importanza demografica, finanziaria e commerciale fa proprio un sistema esecrato, ridicolizzato dagli econimisti, ma che viene immediatamente proibito non appena si propaga e diffonde. La crisi che ha aperto le porte alla recessione manifesta, le esazioni e i balzelli sempre piu esosi delle banche, il divieto forzato del circolante monetario con uso coatto delle carte di credito, stanno alla radice di questo fenomeno emergente. Viene a galla la crescente importanza di scambi non monetari tra piccole imprese e consumatori.

Finora, in Italia si va diffondendo la rete SCEC /qui e qui/ soprattutto in vari paesi del meridione.



Le teorie di Silvio Gesell e la sua idea di micro- monete alternative che negano il tasso d'interesse, sono all'orgine di questa sperimentazione che risorge sempre nei cicli di crisi agonica, quando l'elites finanziaria diventa onnivora e famelica. In Argentina, dopo il crack bancario partorito dal FMI, proliferarono reti di scambio regolate da monete autonome. La Rete Globale del Baratto era forte di 58OOgruppi in cui partecipavano 2 milioni e mezzo di persone qui
 
come farà Sarkozy senza il finanziamento di Gheddafy

LIBIA La prova del finanziamento di Gheddafi a Sarkozy

Etichette: Francia, Libia

Cinquanta milioni di euro, da Tripoli con amore! - Testo in francese del documento
Il governo di Gheddafi finanzio' la campagna presidenziale di Sarkozy del 2oo7. Mediapart ha ritrovato e diffuso il documento ufficiale libico che lo prova. Si tratta di un documento uscito dagli archivi dei servizi segreti, miracolosamente sopravvissuto ai sistematici bombardamenti della NATO, su ogni edificio ufficiale della Libia. E' scampata anche alla massiccia opera di perquisizioni e distruzione di archivi da parte dei militari occidentali.
Alti dirigenti della Giamairia libica, oggi nella clandestinita', in questi giorni hanno fatto pervenire a Mediapart quel che e' un vero e proprio siluro su Sarkozy e
sulle residuali pretese di essere rieletto. Sin dal 2oo6, il governo libico aveva deciso di ''sostenere la campagna elettorale'' di Sarkozy, con un finanziamento di circa 5o milioni di dollari.

E' nero su bianco, in una lettera del 1o dicembre del 2oo6, firmata da Moussa I. Kussa, capo della branchia estera del servizio segreto della Libia. Risultano invischiati vari funzionari pubblici francesi ed uomini molto vicini all'ex presidente francese.
E' una conferma delle accuse lanciate dal figlio di Gheddafi nell'imminenza della campagna di bombardamenti terroristici sul piccolo Paese nordafricano. E' sicuramente una vendetta di Tripoli contro la perfidia di un uomo accolto con grandi onori, foraggiato generosamente e che ripago' trasformaandosi nella punta di lancia dell'offensiva neocoloniale. In ogni caso, vero o falso, siamo al cospetto d'un vero e proprio scandalo di Stato.


Testo in francese del documento
Jamahirya arabe libyenne populaire glorieuse
« Pas de démocratie sans conférence populaire » Date : 10. 12. 2006
Correspondant à : 10. 12. 1375
N° 1917 68 P
Service de la sécurité extérieure
Frère / Président du Fonds libyen des investissements africains
Que la paix soit sur vous…
En référence aux instructions émises par le bureau de liaison du comité populaire général concernant l’approbation d’appuyer la campagne électorale du candidat aux élections présidentielles, Monsieur /Nicolas Sarkozy, pour un montant d’une valeur de cinquante millions d’euros.
Nous vous confirmons l’accord de principe quant au sujet cité ci-dessus, et ce après avoir pris connaissance du procès-verbal de la réunion tenue le 6. 10. 2006, à laquelle ont participé de notre côté le directeur des services de renseignements libyens, et le président du Fonds libyen des investissements africains, et du côté français, Monsieur /Brice Hortefeux, et Monsieur /Ziad Takieddine, et au cours de laquelle un accord a été conclu pour déterminer le montant et le mode de paiement.
Que la paix soit sur vous et la miséricorde de Dieu et ses bénédictions…
Moussa Imuhamad Koussa
Chef du service de la sécurité extérieure

 
Francia boccia l'ortodossia neoliberista della BCE

Etichette: BCE, Francia, UE-EUROPA


Premiato Hollande e la sua correzione di rotta - 1 elettore su 3 si schiera con forze anti-sistemiche
Tito Pulsinelli
Caracas 23/4 - I francesi hanno bocciato Sarkozy, vale a dire l'ortodossia neoliberista di Bruxelles e della BCE, nella sua fase di chiaro stampo golpista. Gli è stato preferito il candidato Hollande -28,56% dei voti- che vuole rappresentare un globalismo più moderato, un progetto-Francia meno subordinato a Berlino e con più autorità nei confronti della BCE e "comissione europea", ridotti a mera protesi della Goldman S. e dei grandi gruppi finanziari.
La sorpresa la danno i due raggruppamenti chiaramente anti-sistema che arrivano a rappresentare un francese su tre: Front national 18,12% e Malenchon 11,1%.
Sebbene derivino da ideologie agli antipodi della scenografia politica, costituiscono l'elemento di rottura da soppesare senza pregiudizi. Malenchon ha messo sotto accusa -senza eufemismi e politichese- la demolizione dello Stato-sociale e lo sbilanciamento a favore delle elites europee.In piú d'una occasione, ha detto che bisogna guardare all'esperienza dei Paesi sudamericani nel loro viaggio d'uscita dalle grinfie neoliberiste del FMI.

Le Pen rivendica il ristabilimento della sovranità nazionale, il recupero delle funzioni usurpate da Berlino e Bruxelles in materia economica e monetaria.E' la più ostile all'Europa e indica come indispensabile l'abbandono dell'euro.Questa corrente antisistemica -dall'alto d'un considerevle 30%- ha intercettato il disagio e la rabbia che cova nel profondo della Francia. Ed anche il netto rifiuto all'Europa, non legittimata dai voti, alla sua autoritaria ed arrogante classe dirigente, autodesignata o frutto di cooptazioni di infimo livello morale. Altro che meritocrazia: miasmi da precoce basso impero fallito.


Si avvia ad uscire di scena il piccolo Sarkozy, di passaporto francese ma con genuina cultura atlantista, coltivata con una formazione negli USA, sotto la benevola protezione del padrastro, funzionario della CIA. E' stato punito il fautore del reintegro della Francia nel sistema NATO, l'avventuriero neocoloniale che ha effettuato due colpi di Stato in Costa d'Avorio e Mali, nonchè promotore attivo dell'aggressione alla Libia.


Si profila una boccata di ossigeno nuova, una possibile discontinuità relativa con l'attuale oltranzismo liberista, programmato dalla BCE sulla pelle degli europei per il prossimo decennio.
Con Hollande, non c'è da urlare di gioia, non è la fine dell'incubo.
E' ipotizzabile un riequilibrio della politica francese, ora troppo sbilanciata a favore delle oligarchie interne ed esterne, ed il recupero di un ruolo più attivo nei confroni della Germania e dei suoi dikat monetaristi.


Dall'America latina si torna a sperare in una parziale correzione della rotta europea -divenuta identica alla NATO- verso una maggiore iniziativa autonoma, con più equidistanza dagli altri blocchi, e più in sintonia con l'onda multipolare prevalente.
Oltretutto, l'arrendevolezza dell'attuale classe dirigente europea al militarismo espansionista di Washington, non paga.
Si raccolgono pochi frutti e fradici.
L'Italia ha partecipato alla guerra contro la Libia per perdere invidiabili concessioni petrolifere e per sparire dal Mediterraneo. La Casa Bianca, anche nel caso del rocambolesco embargo petrolifero contro l'Iran, predica bene ma razzola male.
 
Finmeccanica, stralciata
l’inchiesta sui filobus romani


I pm sui fondi neri: false fatturazioni in favore dei dirigenti dell'azienda pubblica

di Sara Menafra
ROMA - Sarà stralciato dall’inchiesta principale sul sistema Enav Selex il presunto pagamento da parte di Breda Menarinibus di una tangente ad alcuni dirigenti di Finmeccanica (gruppo di cui fa parte la Menarinibus), per facilitare una commessa di filobus da parte di un’azienda partecipata dal comune di Roma. Così ha deciso la procura, ipotizzando il reato di false fatturazioni. Alla base del nuovo fascicolo ci sono le dichiarazioni messe a verbale dal commercialista Marco Iannilli.
......
.....
l’amministratore delegato di Breda Menarinibus sarebbe stato costretto a pagare 600 mila euro per una consulenza inesistente. E, stando al suo racconto, quei soldi sarebbero stati consegnati ad alcuni dirigenti di Finmeccanica.



Finmeccanica, stralciata l’inchiesta sui filobus romani - Il Messaggero



in questa società ... hanno rubato di tutto e di più
Ma il piccolo azionista può costituirsi parte civile?
 
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