Bufera sulla Bce. Philip Lane, capo economista della Bce e membro del comitato esecutivo, avrebbe tenuto «decine di telefonate» con un gruppo ristretto fra i maggiori investitori mondiali, per fornire chiarimenti dopo le affermazioni della presidente, Christine Lagarde, quando questa a marzo pronunciò la famosa frase «non siamo qui per chiudere gli spread», che innescò una caduta dei già sofferenti titoli di Stato italiani e un tonfo del 17% di Piazza Affari.
Una settimana dopo Lagarde fece un dietro-front sui mercati lanciando il programma di acquisti pandemici. A scriverlo è il Wall Street Journal che, sulla base di colloqui con alcuni degli investitori e dell’agenda di Lane, afferma (citando ex banchieri centrali) che nelle chiamate potrebbero essere state diffuse informazioni sensibili non accessibili a larga parte dei mercati finanziari. Un portavoce della Bce conferma le chiamate, spiegando che lo scorso settembre la Bce ha preso la decisione di tenere briefing dopo i consigli direttivi, una pratica che tuttavia è iniziata solo lo scorso marzo.
Il portavoce ha aggiunto che le chiamate erano riservate agli investitori che seguono più da vicino la politica monetaria della Bce, e che «in linea con le nostre policy di trasparenza, pubblichiamo i nomi delle istituzioni in cui lavorano e ci assicuriamo che ci sia una rotazione fra le istituzioni». Lo scopo delle chiamate, spiega, è rispondere a quesiti tecnici, conoscere il punto di vista degli economisti che seguono più assiduamente la Bce, e le informazioni trattate sono pubbliche. Fra le istituzioni coinvolte, secondo il Wsj, figurerebbero Axa, BlackRock, Pimco, banche come Citigroup e Deutsche Bank, Goldman Sachs, JPMorgan e Ubs.
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