In Cina in aprile la produzione industriale è salita del 3,9% anno su anno, dal -1,1% di marzo, molto più delle previsioni del consensus (+1,5%). Le fabbriche hanno riaperto e producono, anche per effetto degli stimoli e degli aiuti arrivati dallo Stato, ma i consumatori restano cauti: il mese scorso le vendite al dettaglio sono scese del 7,5%, più delle stime degli analisti.
Gli investimenti in beni fissi sono scesi nei primi quattro mesi dell’anno del 10%, dal -16% dei primi tre mesi. La disoccupazione nelle aree urbane è salita a 6%, da 5,9% di marzo.
La prossima settimana il Congresso del Popolo, il Parlamento della Cina, dovrebbe deliberare le linee guida di politica economica, comprese eventuali nuove misure di sostegno al sistema finanziario e produttivo. I provvedimenti presi da banca centrale e governo, pur essendo stati rilevanti, non sono paragonabili alle misure ciclopiche messe in campo dagli Stati Uniti ma anche da altre economie avanzate, come Germania, Giappone o Francia. Da qui a fine anno, la Cina potrebbe ridurre il gap con il resto del mondo, in termini di aiuti, finanziari ed economici.
Intervistato oggi dal Financial Times, Bo Zhuang, chief China economist di TS Lombard, afferma che l’NPC (il Parlamento) dovrebbe annunciare, “uno stimolo a due stadi“, con misure in grado di fronteggiare l’inaspettata debolezza della domanda interna e l’aumento della disoccupazione.
Il ministro delle finanze, Liu Kun, in un intervento pubblicato ieri dal Quotidiano del Popolo, anticipa un atteggiamento “più proattivo” da parte del governo: nell’articolo si parla di allargamento del deficit di bilancio e di un aumento dell’emissione di prestiti, sia a livello centrale che periferico.