COMUNQUE IL PRIMO ANNO DI ISOLAMENTO E' IL PIU' DIFFICILE POI CI SI ABITUA

Sarebbe dovuto andare tutto bene e invece a 100 giorni dall’emergenza nazionale,
di straordinario e di bene c’è stato solo l’impegno di tutto il personale sanitario,
che quasi a mani nude hanno fatto l’impossibile per contrastare l’epidemia.

Inutile tornare sulla vergogna delle mascherine, dei guanti, dei ventilatori di tutto quello che non c’era
e che in parte non c’è ancora nonostante le promesse e le rassicurazioni del governo,
dei commissari e dell’esercito di consulenti assoldati per fronteggiare la crisi.

La realtà è che viviamo da tre mesi in un clima di confusione, preoccupazione e isolamento insopportabile,
con una tensione in salita esponenziale, una spaccatura sociale inaccettabile fra statali e privati,
un’economia di sistema che tende al collasso.

Fatto 100 l’indice delle promesse, delle assicurazioni, degli impegni presi con dichiarazioni più teatrali che sostanziali,
saremo sì e no a 20, siamo ancora alle briciole sugli interventi, sulle soluzioni, sui provvedimenti indispensabili e necessari per sostenere e rilanciare il Paese.

Qui non si tratta solo dei decreti modificati in continuazione, delle prese in giro sull’autocertificazione, saremo ormai all’ottavo modello,
della potenza di fuoco mai vista che infatti ancora adesso non s’è vista, delle indecisioni e delle limitazioni dei diritti costituzionali,
si tratta della mancanza di una strategia sulle urgenze fondamentali dell’economia.

Lasciamo fare le papere sui congiunti, sul perché un lontano parente conti di più di un amico fraterno da una vita,
lasciamo stare la scrittura enigmatica dei decreti, il caos sulle riaperture, sulla scuola, sulle messe, gli spostamenti,
ma è sulla strategia politica contro la crisi che siamo a zero.

Insomma c’è poco da chiedere scusa agli italiani, una toppa peggiore del buco,
quando mancano ancora i soldi di marzo e su quelli di aprile non c’è il decreto,
quando dei prestiti in 24 ore dalle banche nemmeno l’ombra
e sulle centinaia di miliardi messi in moto si è solo aperta bocca e dato fiato.

Rispetto agli altri Paesi sull’economia ci ritroviamo poco più che all’anno zero, confusione su tutto, procediamo per mancette,
soldi stiracchiati, contentini, l’unica cosa in cui siamo grandiosi sono le dirette tivù, discorsi solenni e citazioni,
ma dall’altra parte anziché studenti ci sono cittadini con la bottega chiusa, senza fatturato, lavoro e senza quattrini.

Per non parlare delle liti dentro la maggioranza, gli ultimatum ridicoli di Matteo Renzi, le minacce sul Mes dei grillini,
dei contrasti su tutto fra commissari e ministri, fra task force e governo, delle prese in giro all’opposizione, un caos totale e basta.

Ecco perché diciamo non va bene per niente, continuando così anziché bene andrà tutto male,
perché senza una visione reale della crisi e di ciò che serve per fronteggiarla e superarla c’è solo il precipizio altroché scuse agli italiani.

Serve danaro a fondo perduto subito, leva fiscale con storni, vantaggi e compensazioni al posto di cartelle e intimidazioni,
una grande revisione della spesa per recuperare miliardi da erogare per la ripartenza,
il piano di bond Giulio Tremonti e Giovanni Bazoli sottoscritto dagli italiani, serve riaprire adesso dando regole e indicazioni,
ma anche fiducia alla gente stare fermi non è più possibile, soprattutto serve un governo di gente capace e attrezzata
piuttosto di una comitiva litigiosa e abborracciata.

Dove sta scritto che non sarebbe possibile sostituire un governo che in un momento tanto drammatico si dimostra inadeguato,
che, per dirla con Renzi, calpesta la Costituzione, segue il populismo, si dedica solo all’orazione,
semmai è vero esattamente il contrario, del resto il Whatever it takes, come all’economia serve al Paese e alla democrazia.
 
Il professor Galloni è un economista di grande esperienza internazionale, già direttore generale del Ministero del Lavoro,
alto funzionario dell’Economia, non ha tentennamenti nel definire l’attuale situazione italiana:

«La confusione regna su tutto. Non abbiamo notizie certe praticamente su niente.
I numeri sembrano essere sempre corretti e anche i provvedimenti restrittivi sono diversificati e contraddittori.
Anche in ambito economico c’è molta confusione. Si continuano ad ascoltare voci insistenti solo su diversi tipi di “aiuti”
che producono altro debito e aggraverebbero ulteriormente la situazione economica dei Paesi più deboli come il nostro
… intanto perdiamo tempo prezioso».


Questo è forse quello che vogliono i Paesi forti per costringerci ad accettare l’inaccettabile?

«È chiaro che il trascorrere del tempo non va a nostro vantaggio, anzi…
Se continuiamo ad andare avanti così, senza niente di concreto, senza iniziare a porre seriamente mano a qualche soluzione efficace,
subito, adesso, rischiamo realmente il baratro.
Siamo un’economia sana, con fondamentali sani, con un grande bacino di risparmio (che fa gola alla Germania e altri… ndr.).
Prima della crisi avevamo le esportazioni che superavano le importazioni, un sistema industriale all’avanguardia,
eppure le agenzie di rating ci danno solo 3B (BBB), mentre dovremmo avere 3A (AAA).
Se per via dell’emergenza sanitaria, la nostra bilancia commerciale dovesse peggiorare,
il nostro PIL dovesse scendere di un altro 10% e il gettito fiscale di un 20%, dove ci farebbero precipitare?».

Le soluzioni portate per ora avanti dal governo, quindi, non la soddisfano?

«Assolutamente no. Sono palliative e, nella loro operatività e dinamicità, sono inefficaci e persino dannose.
In pratica, è stata aperta una linea di credito alle imprese che però non devono fare investimenti,
ma possono solo pagare le tasse arretrate e i debiti pregressi. Ma scherziamo? Non ha senso.

Bisognerebbe che il governo mettesse in maniera decisa le banche attorno a un tavolo e, con le buone o in modo più deciso,
le conducano verso una nuova stagione di prestiti alla produzione e al consumo.
Le banche, invece, vogliono che i clienti imprenditori, prima, sanino i loro debiti con i propri istituti di credito,
attraverso un ulteriore indebitamento di cui lo Stato si fa garante… indebitando il sistema Italia.
Perché poi i soldi per le sofferenze, dove li prende lo Stato? Li può prendere dall’emissione di ulteriori titoli
e, quindi, tutto ciò, comporta un ulteriore aumento del debito pubblico».

Cosa pensa dei Recovery Bond?

«Non credo siano uno strumento buono, sono ancora altro debito per l’Italia. Peggiorano ulteriormente la situazione.
Sono soldi da restituire con fior di interessi e, inoltre, ci legherebbero mani e piedi a questa UE
che continuerebbe a perpetrare politiche economiche sbagliate, non a nostro vantaggio.
In realtà, anche in Europa, come in Italia, non sanno che pesci prendere».

C’è ancora spazio per soluzioni efficaci?

«Certamente, ma non bisogna perdere altro tempo prezioso.
L’Europa calendarizza a media scadenza, mentre per noi ogni giorno significa perdite economiche da parte di molti.
Bisogna immettere valuta per il circuito nazionale, anche con delle “Stato-note” da affiancare all’euro.
Famiglie imprese e Stati hanno bisogno di liquidità, non di altro debito.
L’era del debito è finita anche per i privati perché la redditività del 70% degli investimenti è negativa.
Quindi avanti con la moneta non a debito, come le Stato-note, non è più tempo di parabole empiriche dell’Unione Europea,
che non offre soluzioni in questa direzione. Una formula “non contraria ai Trattati Ue, in quanto non menzionata”,
che andrebbe destinata al circuito produttivo e tornerebbe nelle casse dello Stato sotto forma di tasse, con benefici per il deficit che calerebbe».

Quanta liquidità andrebbe immessa in circolazione?

«Se, in una fase pre-crisi, sarebbero bastati 50 miliardi, alla luce del nuovo scenario ne servirebbero,
in base alle stime di calo del Pil di Confindustria, almeno 180 miliardi».

La proposta di Draghi sui Bond di emergenza, come quelli del periodo bellico, le piace?

«Potrebbe essere un’altra idea alternativa. Basta non creare ulteriore debito e complicare la vita degli Stati con nuovi legacci e lacciuoli.
Se il capitale principale non si deve restituire, come nel caso di titoli irredimibili o dei titoli di emergenza verrebbero pagati solo gli interessi maturati.
Anche il governatore della Banca di Francia ha affermato che è pronto a stampare moneta francese parallela
se la situazione degli aiuti UE non si sbloccasse nella direzione di immissione di liquidità di emergenza.
Lo hanno già fatto sia gli USA, che la Cina, che la Gran Bretagna, perché l’Unione Europea non può farlo?».

Aleggia sempre anche il MES con la sua “sorveglianza rafforzata”…

«Spero che, indipendentemente dal suo ricomparire di tanto in tanto e sotto varie forme,
si sia compreso che il MES è uno strumento molto limitato nella sua portata e con delle condizioni molto gravi e svantaggiose.
Sarebbe un ulteriore aggravante per chi ha già un cappio al collo.
Ripeto: bisogna aumentare le risorse e quindi la liquidità, senza aumentare il debito».

Altrimenti cosa succederà?

«Il governo italiano, andando avanti in questo modo, senza prendere decisioni risolutive,
nel solo interesse della nostra economia, senza misure concrete, tangibili ed efficaci,
ci porterà forzatamente verso misure “lacrime e sangue”:
cercherà di mettere le mani sul grande bacino di risparmio italiano, attraverso misure inconfessabili».

Lei è uno dei primi firmatari del Piano di Salvezza Nazionale, ci può dire di cosa si tratta?

«Mi sembra una buona base di partenza, sicuramente migliorabile, ma che sarebbe molto utile in questo momento.
In una sintesi molto stringata, possiamo dire che, in Italia, abbiamo tra i più alti livelli di risparmio al mondo (oltre 4000 Mld tra liquidità e investimenti finanziari).
Non abbiamo bisogno di prestiti internazionali. Bisognerebbe attuare immediatamente l’emissione di un titolo di solidarietà a breve termine,
riservato unicamente al risparmio di operatori nazionali, per metterli al riparo dalla finanza speculativa internazionale
nel rispetto dell’articolo 47 della Costituzione. Lo scopo è di sostituire il debito pubblico (in mano ai non residenti),
con strumenti di protezioni e impiego del risparmio dei cittadini italiani».

Oltre a questo…

«Le poche banche rimaste a prevalente controllo pubblico (MPS, MCC, CDP, ecc.) vanno trasformate in aziende pubbliche
sull’esempio delle banche pubbliche francesi e tedesche.
Le prime godono di uno statuto speciale che le tutela da qualsiasi norma di liquidazione e fallimento,
le seconde sono esentate dalle regole patrimoniali e di vigilanza delle direttive europee.
Ciò consentirà di accedere alla provvista di liquidità a tassi agevolati presso la BCE,
e di attuare una politica di investimenti per mettere al sicuro gli asset strategici del Paese come stanno facendo Francia e Germania.
Quest’ultima, poi, non utilizza le stesse norme contabili europee per conteggiare il suo debito pubblico,
in altre parole scorpora i singoli debiti dei Lander dal debito pubblico totale, riducendolo.

Altre soluzioni che potrebbero aiutarci?

«L’attuazione immediata del disegno di legge (presentato il 20 novembre 2019) di trasferibilità delle agevolazioni fiscali
(crediti, detrazioni, sconti, compensazioni) tra tutti i soggetti residenti, con il potenziamento di una piattaforma di pagamenti nazionale.
Infine, la creazione di conti di risparmio pubblici a tutti i residenti attraverso il potenziamento della piattaforma di pagamenti di cui sopra,
con la libera trasferibilità delle somme tra i vari CdR anche quale corrispettivo di beni e servizi, con l’aiuto dei circuiti e degli sportelli delle banche pubbliche».

Possibile che nessuna di queste idee o di queste soluzioni approdi al governo?

A cosa pensa il ministro Gualtieri?…

Da chi prende ordini?

Lasciamo il professor Galloni con questi quesiti insoluti.
 
Il coglione vivente.

Una delle più affascinanti incarnazioni della galassia progressista contemporanea è la figura dell’odiatore dell’odio.

Sì, avete capito bene.

Nel suo mondo idilliaco – fatto di navi delle Ong che soccorrono i migranti per amore degli ultimi,
pinguini gay e una Weltanschauung che sembra uscita da una pubblicità della Benetton –
c’è infatti una cosa che questo eroe dei nostri tempi non riesce proprio a sopportare, e cioè l’odio.

Dovete sapere che l’odiatore dell’odio vede l’odio dappertutto: nel cocktail Negroni,
nel nome vagamente reazionario del carlino della vicina, nei finocchi del fruttivendolo sotto casa, persino tra i sette nani.
A suo dire l’odio imperversa nella nostra società: complotti rosso-bruni, zucchine sessiste, braciolate etero-patriarcali popolano gli incubi dell’odiatore dell’odio.

L’odiatore dell’odio è un professionista dell’odio

Possiede alcune caratteristiche che lo rendono inconfondibile: assiduo lettore di Repubblica,
open minded (“io non sono italiano, sono cittadino del mondo!”), fervido apostolo dei diritti Lgbt,
feticista della raccolta differenziata, in genere predilige il tofu al manzo, ama l’umanità e odia il proprio vicino.

Nella sua lotta contro questo presunto mondo di haters, egli assurge al ruolo di beghina,
di moralizzatore il cui scopo è quello di migliorare una società che lui reputa rozza ed ignorante.

Ma in questa sua crociata finisce egli stesso per odiare: in effetti nessuno odia quanto l’odiatore dell’odio.

Così lo vediamo costantemente intento a invocare leggi liberticide, a ridurre le opinioni altrui ad altrettante malattie (omofobia, transfobia, xenofobia ecc.),
a raccogliere firme per annullare la conferenza del pensatore non allineato, ad augurare un tumore all’elettore di destra e così via in un profluvio di amore.

Tutto questo, va da sé, in nome della libertà, della democrazia e della fratellanza universale.

Una visione manichea

L’odiatore dell’odio ci invita infatti a restare umani, ma al contempo non riconosce l’umanità del suo avversario,
che decade al rango di subumano a cui va negato persino il diritto di voto e di parola.

Nella sua visione manichea il mondo si divide in due categorie, i buoni e i cattivi.

I buoni – cioè tutti quelli che la pensano come lui – sono i rivoluzionari in lotta per un mondo migliore,
i sanculotti in guerra contro la famigerata triade “Dio, patria e famiglia” la quale, come si sa, è in cima all’agenda politica di tutti i governi.

A dire il vero si tratta di rivoluzionari la cui visione del mondo è curiosamente identica a quella di Goldman Sachs e dei Ceo della Silicon Valley,
ma questa incongruenza sembra sfuggirgli: perché in realtà, nonostante sia un lettore di Michela Murgia e un follower di Andrea Scanzi,
non è poi così intelligente come sembra.

Viva il capitalismo globalizzato

Così come non comprende che quei “muri” da lui tanto esecrati (i valori tradizionali, lo Stato nazionale, la famiglia, il posto fisso ecc.)
sono le ultime difese che le classi povere possono opporre agli assalti del capitalismo globalizzato
,
e dunque ciò che lui chiama openness per i poveri non è altro che una prigione.

Ma anche questo sfugge all’odiatore dell’odio, il quale sogna un mondo senza confini a metà strada tra Imagine di John Lennon
e la stagione peggiore dei Teletubbies, e che è riuscito negli ultimi tempi a dar prova di una straordinaria duttilità,
passando in un batter d’occhio dal celebre “abbraccia un cinese” all’elogio della legge marziale, con tanto di appelli alla delazione.

Insomma, ora avete capito il soggetto.

Così se vi guarda in maniera torva mentre per l’ennesima volta portate a spasso il vostro cane
(magari dal nome vagamente reazionario), non fateci caso.

Vi sta odiando.

Ma a fin di bene.
 
Wolfgang Munchau è – secondo molti- la firma più autorevole del giornalismo economico europeo,
direttore di Eurointelligence.com e editorialista del Financial Times.

Daniele Capezzone lo ha intervistato per La Verità, restituendo un panorama di dubbi razionali e perplessità sull’Europa
e sulla storia italiana in Ue, una storia di capo chinato e approvazione di norma che sono sempre andate contro i nostri interessi.

Dirlo oggi a gran voce, dopo l’ennesima tardiva e sterile reazione dell’Ue all’emergenza sociale ed economica innescata dal Covid 19, è assai importante.

Spiega Munchau: “In base agli accordi raggiunti al Consiglio europeo, la palla è passata alla Commissione che deve formulare una proposta,
ma la Commissione sta lavorando su un programma e un’ipotesi che sono ancora a uno stadio molto iniziale,
e forse non lo sta nemmeno facendo nel modo più appropriato.
Non si sa quanto denaro ci sarà, in quanto tempo e a partire da quando, come saranno raccolte le risorse…
Conosciamo tutti la discussione che già c’è sul bilancio europeo.
Immaginiamo quando si tratterà di introdurre una somma enorme nell’arco di 3-4 anni, una cosa senza precedenti”.


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Spiega ancora Munchau a La Verità:

“Nel Nord Europa, penso alla Germania, all’Olanda, alla Finlandia, c’è poca consapevolezza degli effetti dello stato di cose presente nel Sud Europa:
molti pensano che non sia un problema, o comunque non comprendono la situazione.
Molti cittadini sono disperatamente bisognosi di qualcosa di reale.
Le istituzioni europee devono stare attente: è una crisi vera, non una crisi politica per cui bastano parole.
Nel Consiglio europeo la Merkel è la figura con esperienza più lunga. È lì da molto tempo: nessuno quanto lei.
In più rappresenta il Paese più potente, e conosce le norme europee meglio di tutti, ogni meccanismo specifico.
Conosce il Fondo salva stati in ogni dettaglio, e mi pare che voglia che l’Italia vi aderisca.
Io non penso che sia lo strumento appropriato per la situazione, ma non mi pare che la Germania sia pronta a valutare alternative”.


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E sull’Italia Munchau spiega:

“Naturalmente sta a voi decidere quale sia il miglior interesse nazionale italiano: non è certo il mio compito.
Ma da almeno 10 anni, l’Italia ha detto sì in sede europea a norme e accordi che o non sono nel suo interesse,
o a cui ha contribuito senza beneficiarne direttamente
.
Mi pare che qui si possa ripetere una situazione dello stesso tipo.
Il pericolo maggiore è che complessivamente I’Ue decida di tornare a un certo punto al patto di stabilità, ai target e ai parametri di Maastricht.
Sarebbe folle.
Questo sarebbe un pericolo molto più grande del Mes, che peraltro è un fondo complessivamente troppo piccolo per far fronte a una vera crisi”.

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Conclude Munchau:
“Questo lungo lockdown ha cambiato il business model di moltissimi settori.
Tutto sarà diverso: le imprese, perfino il calcio.
Lo vediamo tutti: i ristoranti dovranno puntare sempre di più sull’asporto e sulla consegna a domicilio,
è cambiato il modo in cui si lavora, ci sarà ancora molto spezio per tele e video conferenze.
È cambiato e continuerà a cambiare il modo in cui viviamo e lavoriamo”.
 
Non ne posso più di tutti questi coglioni che sparano a uffa.......ed incutono paura e panico. E' ora di finirla.

Oggi. Lombardia. 500 nuovi casi. Su 10.060.574 abitanti.

Risultato 0,0049% della popolazione......... 5 casi ogni 100.000 abitanti.......1 ogni 20.000 abitanti.

78.605 casi in totale.

Corrispondono allo 0,78%.........arrotondiamo a 8 casi ogni 1000 abitanti ........800 ogni 100.000 abitanti......160 ogni 20.000 abitanti.

Passare da 160 casi a 1 ........smettiamola di fare tutto questo allarmismo e stragismo da 4 soldi.
 
Ieri alle 18 si è riunito il direttivo della BCE che ha voluto subito rispondere alla decisione della Corte Costituzionale tedesca subito,
con un comunicato secco, di cui qui vi proponiamo un estratto:

Il Consiglio direttivo rimane pienamente impegnato a fare tutto il necessario nell’ambito del suo mandato
per garantire che l’inflazione salga a livelli coerenti con il suo obiettivo a medio termine
e che le azioni di politica monetaria intraprese nel perseguimento dell’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi
siano trasmesse a tutte le parti del economia e in tutte le giurisdizioni dell’area dell’euro.


Nel dicembre 2018 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la BCE agisce nel rispetto del suo mandato di stabilità dei prezzi.

La risposta della BCE è coerente con il proprio senso di indipendenza e con il proprio mandato, e, soprattutto,
su come le autorità europee percepiscono il diritto: chiaramente per un ente europeo, che sia la Commissione, il MES o la BCE,
la fonte massima del diritto giurisprudenziale non può che essere la Corte di Giustizia Europea, non una corte costituzionale nazionale,
altrimenti si aprirebbero le porte a cento contestazioni.

Però sappiamo che la Corte Costituzionale non la pensa assolutamente in questo modo ed ha intenzione,
se la sua richiesta di spiegazione sulla proporzionalità e correttezza politica economica espansiva non troverà una corretta giustificazione,
chiederà al parlamento tedesco ed alla BundesBank di agire.

Però si tratterebbe di azioni che andrebbero contro il principio di indipendenza della BCE, ed anche di uguaglianza degli Stati:
se la Corte Costituzionale tedesca può contestare le decisioni della Corte di Giustizia Europea,
perchè non può farlo l’equivalente organo francese, italiano o spagnolo?


Jens Weidmann, presidente della BuBa ha affermato che cercherà di compiere fino il fondo il mandato della corte costituzionale.

Certo, per lui è facile, perchè è tedesco e da sempre contrario al QE di Draghi.

Se il Board non volesse ascoltarlo e, soprattutto, per una questione di principio si rifiutasse di fornire spiegazioni allaCorte Costituzionale,
che vadano oltre la normale cortesia istituzionale? Cosa pensa di fare ?

Quindi, come fa notare Handelsblatt, sicuramente questo pronunciamento della Corte Costituzionale
aprirà le porte a numerose cause e contestazioni del diritto europeo:

affermato una volta che la Corte di Giustizia Europea non è l’organo massimo, perchè la stessa giurisprudenza non dovrebbe essere applicata altrove?

La Merkel ha affermato che “Analizzerà la sentenza”, ed il suo partito, la CDU festeggia.

Se domani ci fosse un secco rifiuto del Board BCE di obbedire alle richieste della Corte Costituzionale riderebbe ancora ?

e soprattutto, con quale diritto loro si impongono come gli unici signori della BCE?
 
Penso che alla fine troveranno un accomodamento.

Cioè verrà concordato che occorre tenere in considerazione le giuste richieste tedesche
e che pertanto gli altri dovranno compiere ogni sforzo per uniformarsi a quelle giuste istanze,
in linea con i trattati e con le competenze istituzionali della BCE.

Quindi non cambierà niente se non in senso più favorevole per la germania.

E tutti saranno contenti per aver salvato l'euro e l'europa e la germania
 
Oggi Marco Zanni, come capogruppo di ID ha incontrato alla conferenza dei Capogruppo,
la presidente della Commissione Von Der Leyen, e dal colloquio, che riguardava il bilancio settennale,
si è scoperto quello che si sapeva: il

“Recovery Fund” è una grossa presa in giro, perchè alla fine si tratta di una riedizione del “Piano Juncker”.

La Commissione si fa dare delle garanzie, pari allo 0,8% del PIL (attualmente è lo 0,1% in garanzie) per raccogliere, a prestito, 300 miliardi.

Questi 300 miliardi, divisi per i 27 sono quattro soldi, dovrebbero poi far partire dei ticket, cioè dei progetti di cofinanziamento di progetti,
con la partecipazione di privati, per realizzare una quantità di opere molto più grande.

Questo NON ha funzionato con il piano Juncker, in altri momenti, come può un privato sentirsi tranquillo nell’investire oggi ?

Una parte potrà anche essere data a fondo perduto, ma con lo strumento del BIC, che era già stato pensato al 2018,
ed era una sorta di mezzo MES e che va a supporto delle “Riforme Strutturali” ,
in un pacchetto che deve lavorare per la “Convergenza e competitività” nell’area euro.
Uno strumento minimale, residuo, che viene guidato, sempre con la finalità delle “Riforme chiave” dall’Eurogruppo.
La cifra è ridicola : 150 miliardi divisi in 7 anni (quindi 20 miliardi all’anno da dividersi per i 19 paesi..)
e per fare “Riforme Strutturali del Lavoro” (leggi Jobs Act), oppure privatizzazioni etc.
Quindi i contribuenti italiani garantiscono da un lato prestiti a se stessi, dall’altro vengono dati SOLO per fare le solite riforme strutturali.



Si passa poi a parlare della ormai famosa sentenza odierna della Corte Costituzionale Tedesca, che afferma che il QE non è monetizzazione del debito,
ma , se non viene adeguatamente giustificato, rischia di essere bocciato perchè “Non proporzionato” rispetto alla politica monetaria della BCE.

La BCE quindi deve dimostrare di non fare “Politica Fiscale”.

Importante però è il fatto che la LEGGE COSTITUZIONALE STA AL DI SOPRA DELLA LEGGE EUROPEA, per i tedeschi, e che dovremmo applicare anche noi.

Quindi la BCE non è “Indipendente” se risponde alla Corte Costituzionale tedesca.

Alla fine tutto questo non è che una condizionalità che la Germania vuole imporre agli altri stati.
 
Mentre in Italia alcuni giornaloni diffondono la notizia (falsa!)
che la corte costituzionale tedesca non avrebbe in sostanza cambiato nulla rispetto alla situazione attuale,
il prof. Paolo Becchi – che è stato professore universitario anche in Germania –
ha tradotto dal punto di vista letterale un breve passaggio fondamentale della sentenza odierna della corte di Karlsruhe:




“Gli Stati membri dell’Unione Europea, anche dopo l’entrata in vigore del contratto (Trattato) di Lisbona,
restano signori (padroni) dei trattati, e la soglia verso lo Stato federale non è stata oltrepassata
“.

Morale della favola: gli Stati Uniti d’Europa non esistono e non possono esistere.

Gli Stati membri della Ue restano sovrani sui Trattati europei.

La Germania di sicuro.

In buona sostanza, la UE non esiste se non in funzione dell’interesse nazionale tedesco.


Con buona pace dei soloni eurofanatici di casa nostra.
 

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