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SPY FINANZA/ Arriva la bolla che fa a pezzi
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Pubblicazione: sabato 28 giugno 2014
Mauro Bottarelli
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Pubblicazione: sabato 28 giugno 2014
Mauro Bottarelli
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Lo schianto è dietro l’angolo. Non lo dico io - o, almeno, non solo io - ma la Bce, nero su bianco. Nell’ultimo bollettino trimestrale sulla stabilità finanziaria, pubblicato a inizio giugno, l’Eurotower ammonisce che la minaccia principale proviene da «una brusca inversione della ricerca globale di rendite, tra sacche di illiquidità e probabile riallineamento dei prezzi dei titoli». Ma guarda, proprio quello che vi sto dicendo da mesi e mesi. In parole povere, la Bce teme una brusca inversione dei flussi di capitale che hanno inondato l’Eurozona e lo scoppio della bolla dei titoli finanziari. Nei mesi scorsi, a dire il vero dall’estate scorsa ormai, i capitali sono fuggiti dai cosiddetti mercati emergenti e sono confluiti nell’Eurozona, gonfiando la bolla dei titoli pubblici e dei mercati azionari, peccato che man mano che l’economia reale transatlantica scivoli come sta facendo in una spirale deflazionistica, si avvicini anche l’esplosione della bolla.
Lo stesso Mario Draghi ha detto che adesso il nemico da abbattere è «una perniciosa spirale negativa» di bassa inflazione e bassa propensione al rischio di credito e se la situazione dovesse peggiorare la Bce potrebbe persino iniziare ad acquistare direttamente titoli pubblici: «Dall’altra parte dello spettro ci sarebbe un allontanamento troppo prolungato dell’inflazione e/o delle aspettative di inflazione dal nostro scenario proiettato di base… questo richiederebbe un approccio più espansivo, che sarebbe il contesto per un programma di acquisto dei titoli più allargato». Insomma, prepariamoci a un’estate bollente e non solo dal punto di vista meteorologico.
Il perché è presto detto: la nuova crisi potrebbe esplodere in un momento in cui le politiche monetarie di eurozona e mondo anglosassone sono divergenti come non mai, scoprendo così nervi molto dolorosi. L’ultima volta che la Fed si è lanciata in politiche restrittive, infatti, risale a un decennio fa mentre l’area euro non era mai entrata prima d’ora in una logica di tassi di interessi negativi: il mercato, quindi, attende di capire quanto di più sia la Fed che l’Eurotower potranno fare ma qui sta la logica distorsiva, visto che “fare di più” per la banca centrale Usa significa più restrizione, mentre per quella europea più politica espansiva e accomodante.
Con queste aspettative, di fatto e con la divergenza netta delle due azioni, il mercato ha avuto come reazione in queste settimane quella di pensare e scommettere su una svalutazione dell’euro sul dollaro, come mostra il grafico qui sotto. Peccato che un euro più debole sia stato previsto decine di volte dai mercati finanziari, ma la realtà è quella di un indebolimento limitato nel tempo e soltanto dopo gli interventi di Mario Draghi, dopodiché si è tornati comunque a livelli che mai hanno abbandonato quota 1,36 sul biglietto verde.
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