DAL 4 MAGGIO USCIREMO SCAGLIONATI. SECONDO ME C'E' UNA VOCALE SBAGLIATA

A parte qualche isolato presidio di libertà, tra cui spicca il nostro piccolo ma glorioso giornale,
il panorama dell’informazione italiana, soprattutto in tempi di pandemia, appare desolante.


Il giornale unico del virus sembra aver annichilito ogni forma di analisi critica, di approfondimento che vada oltre le veline dell’Esecutivo,
stringendosi a coorte a difesa della catastrofica chiusura totale decisa dal comitato di salute pubblica al potere.

E nel farlo era inevitabile che l’uso della propaganda mistificatoria assumesse un ruolo fondamentale nell’imbonire i cittadini italiani,
convincendoli che il confinamento forzato in casa e il blocco quasi totale dell’economia fossero misure obbligate.

Oltre a raccontare in lungo e in largo la bufala di un mondo circostante disperatamente costretto a seguire la nostra straordinaria strategia alla cinese.


Ovviamente, in una società globalizzata anche sul piano dell’informazione, nella quale risulta impossibile arginare la realtà dei fatti,
si è capito abbastanza presto che, almeno in Occidente, nessuno stava seguendo il rigidissimo lockdown adottato dall’Italia,
in cui ancora chi esce di casa senza una motivazione ritenuta valida, tra le varie conseguenze giudiziarie del caso,
rischia da uno a sei anni di reclusione in base all’articolo 495 del Codice penale, per falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale.

Su tutto ciò ha espresso una dura reprimenda Edward Luttwak, in collegamento dagli Stati Uniti
nel corso dell’ultima puntata di DiMartedì, sostenendo che in America

“le persone hanno la libertà personale. Non c’è una legge in Costituzione che obblighi le persone a stare a casa.
Il presidente Trump non è nella posizione del Governo italiano che fa quello che vuole”.


A quel punto il prestigioso osservatore d’oltreoceano è stato bruscamente interrotto dal conduttore,
un imbarazzatissimo Giovanni Floris, il quale ha voluto sottolineare che

“più che ordinare di chiudersi in casa, il nostro Governo ha cercato di consigliare i cittadini a farlo per il loro bene”.

Ma il buon Floris questa volta l’ha fatta veramente fuori dal vaso, come si suol dire.

Siamo stati dunque consigliati a languire per tutte queste settimane in casa, determinando il crollo verticale nella produzione di ricchezza?

Lo spettro dei citati anni di reclusione, le multe salatissime, i posti di blocco, la caccia ai pericolosi “criminali”
che corricchiavano realizzata con un enorme dispiegamento di forze militari e di polizia,
supportati da motoscafi, elicotteri e droni, sono da equipararsi a benevoli consigli?

Caro Giovanni, abbiamo trasformato la spiaggia di Jesolo, in cui un tranquillo signore che portava a spasso il cane
è stato oggetto di un colossale inseguimento ripreso in diretta televisiva, in una sorta di Tienanmen della caciotta,
e tu ci parli di consigli per gli acquisti?


Io e tanti altri inguaribili maniaci delle tutele democratiche, fissati con gli antipatici contrappesi costituzionali
che, almeno sulla carta dovrebbero impedire che con un atto amministrativo si finisca di botto agli arresti domiciliari,
pensiamo che questo non sia un buon modo di fare informazione.

Quella stessa informazione che, mentre altrove costituisce un fondamentale argine democratico contro qualsiasi tentazione autoritaria,
in Italia si sta dimostrando, almeno nelle sue principali espressioni in un momento così complicato, del tutto supina nei riguardi del potere costituito.


E a noi tutto questo non può che destare ulteriore, grande preoccupazione per il futuro prossimo del nostro disgraziatissimo Paese.

La salute è importante, ma la libertà e i diritti ad essa connaturati ne rappresentano un presupposto ineliminabile.
 
Il crollo dei prezzi del petrolio inizia a farsi sentire, anche se in modo indiretto, sulle banche europee,
ed iniziamo con una botta da 3,85 miliardi di dollari.

Hin Leong Trading (HLT) del notissimo imprenditore e trader petrolifero Hin Leong di Singapore, è fallita circa una settimana fa,
dopo che è stato scoperto che, per anni, aveva provveduto a nascondere perdite progressive per 1,15 miliardi.

Non solo, ma il figlio ha ammesso che una serie di carichi di petrolio trasportati sulle sue petroliere
ed utilizzati come garanzie reali a fronte di prestiti bancari sono stati in realtà già venduti
per cui le banche sono effettivamente completamente scoperte.

Hin Leong era una vera e propria leggenda ed ancora l’ultimo ottobre dichiarava utili per 79,8 milioni di dollari USA in realtà completamente inesistenti,
in quanto si è scoperto che la società già da alcuni anni non faceva utili , ma perdite.

Il colpo di grazia lo ha dato una perdita da 800 milioni sui future.

In totale le esposizioni verso il sistema bancario sono pari a 3,3 miliardi di dollari verso 23 banche.

Naturalmente le prime a farsi avanti sono state quelle di Singapore ed Hong Kong,
con la HSBC che pare essere la più esposta in materia,
ma anche i due colossi ABN AMBRO e Deutsche Bank
sono fra quelli che si sono fatti avanti per reclamare le spoglie rimaste.

La società fallita aveva diversi asset fra petroliere, depositi e terminal petroliferi.

Nello stesso tempo le posizioni delle banche sono piuttosto complesse perchè comprendono delle lettere di credito,
soprattutto per ABN AMBRO, che ha ancora delle lettere di credito verso terzi irrevocabili,
documenti che non possono essere cancellati se non con l’accordo di tutte le parti.

Questo è solo il primo dei possibili, e probabili, prossimi fallimenti del settore petrolifero.

Per ora le banche sono state solo sfiorate, ma con gli sbalzi nel settore dell’energia da far paura
ed una crisi in vista è facile prevedere che Hin Leong sarà stato solo il primo caso….
 
Come e quando ne usciremo da questa merda di euro ?

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La via della schiavitù” è il titolo del più importante libro di Friedrich von Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974
e tra i maggiori teorici del liberalismo economico.

Richiamo questo titolo perché calza a pennello alla situazione del nostro Paese, che al grido “debito, debito, debito!” sta scivolando nella schiavitù.

Il debito, se di entità spropositata rispetto alla ricchezza prodotta e prolungato nel tempo, rende schiavi.

Un Paese schiavo in economia non ha futuro di libertà in nessun altro campo.

È la democrazia, raschia raschia, a diventare un sistema di cartapesta.

Il doppio rischio, oggi, è che la grande depressione trasformi lo Stato in decisore onnipresente, così in economia,
come nella vita sociale e in quella individuale, e che consenta a forze esterne di controllare – ancor più di quanto non facciano adesso –
lo Stato stesso, il sistema produttivo e quello di finanza pubblica e poi giù giù, fino ai cittadini.

L’avanzamento tecnologico, le intelligenze artificiali, i nuovi media,
gli algoritmi possono completare in pochi anni l’opera di riduzione della democrazia.


Fermare il vento con le mani non è possibile, lo sappiamo, come non è possibile fronteggiare la depressione senza un iniziale indebitamento.

Non importa essere keynesiani per accettare questa realtà.

Libertà versus sopravvivenza: è scontro tanto antico quanto antico è l’universo mondo.

La strada del debito, però, non può essere la sola percorribile neanche nell’immediato.

Di certo non può esserlo a medio termine, perché il debito, quando eccessivo
e utilizzato specialmente per finanziare spese assistenziali o improduttive,
non è in grado né di ripagarsi da solo, né di garantire un incremento della domanda interna sufficiente per stabilizzare la crescita,
che nell’immediato, con l’immissione di debito nel circuito dell’economia, può anche esserci.

Gli effetti negativi che si produssero sulle economie dei Paesi occidentali, ad iniziare dagli Stati Uniti d’America,
che negli anni sessanta del novecento seguirono la politica dell’indebitamento,
sono la dimostrazione storica dell’errore di fondo che accompagnò quelle politiche.

L’eccesso di debito prolungato nel tempo è figlio di un’ideologia distorta, che neppure Keynes riteneva di poter accettare.

Distorta perché vede nel moltiplicatore della spesa la soluzione magica ad ogni problema.

Ad oggi, chi tiene le redini del nostro Paese sembra non saper guardare oltre al debito.

È una scelta che ci indebolisce agli occhi della comunità internazionale e degli investitori,
e che crea grande insicurezza interna negli imprenditori, nei lavoratori, nei professionisti.

“Ve lo avevo detto”. Così Friedrich von Hayek si congedò dal mondo nel 1992 parlando della schiavitù
prodotta dagli esasperati e prolungati interventismi statali.

Già: “Ve lo avevo detto”.
 
Mentre l’economia mondiale si sta deteriorando a un ritmo spettacolare a causa dell’impatto del nuovo Coronavirus,
in Europa è tornata la diatriba sugli Eurobond.

Il che conferma ancora una volta che l’integrazione europea e la moneta unica sono sempre state, a tutti gli effetti, delle finzioni.

Una vera unione monetaria, infatti, sin dal momento della sua formazione avrebbe contemplato obbligazioni comuni
che sarebbero diventate l’equivalente dei Treasurybond statunitensi, dei bond governativi brasiliani e delle obbligazioni elvetiche,
tutti titoli che rappresentano il debito unificato di stati confederati a moneta unica
dove non sono mai esistiti problemi di condivisione di debiti e di Fondi Salvastati,
sempre incombenti nell’eurozona che è rimasta un amalgama di debiti sovrani sempre sull’orlo dell’insolvenza.

Già nel 2012 la cancelliera Angela Merkel in una famosa intervista allo Spiegel aveva affermato,
in perfetta sintonia con il suo mentore e predecessore, Helmut Kohl, che finché fosse vissuta
non avrebbe permesso l’emissione di Eurobond.

Kohl, nel 1998, aveva convinto i tedeschi a rinunciare al marco tedesco e entrare nell’euro
promettendo di non accettare mai la federazione del debito europeo
perché l’elettorato l’avrebbe percepita come salvataggio dell’Europa meridionale.

Pertanto nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea, fu inserita la clausola di non salvataggio dei paesi membri.

Da un lato, Kohl, che in dieci anni (1989-1999) aveva visto triplicare il debito della Germania occidentale
per “salvare” quella orientale, aveva ragione di respingere gli Eurobond che,
dovendo essere emessi a un tasso pari alla media del costo del finanziamento europeo,
più alto delle obbligazioni tedesche, avrebbero implicato maggior oneri per la Germania a favore dei Paesi partner.

D’altro lato, ebbe il torto di credere e far credere che un’unione monetaria potesse funzionare senza consolidarne il debito.

La conseguenza di tutte queste anomalie
è di aver condannato l’economia europea a essere il più grande fallimento economico dalla caduta dell’unione sovietica.

Ora mancava solo la tragedia del Covid-19 per far precipitare questa situazione già seriamente compromessa.

Ma gli Eurobond o corona bond invocati soprattutto dal governo italiano perché reputati capaci
di generare molte più risorse di quelle dei vari pacchetti di salvataggio per l’emergenza sanitaria ed economica, non sono affatto adatti allo scopo.

Dopo il programma di acquisti della Banca centrale europea e con 12 trilioni di obbligazioni in circolazione a tassi negativi,
non esiste più, in Europa, un mercato obbligazionario funzionante.


Lo ha sostituito la Bce che avendo già incamerato oltre il 40 percento del debito europeo
dovrà tenerlo fino alla scadenza perché non ha valore di mercato.


L’emissione di obbligazioni è problematica perché nessuno è più disposto a acquistare titoli di stato a tassi assurdamente bassi
quando il rischio di credito aumenta in modo esponenziale.


Questa in sintesi è la crisi del debito europeo, ma ovviamente è anche quella della valuta che lo rappresenta.

Il nuovo programma di acquisti pandemico di 750 miliardi lanciato nel mese di marzo servirà solo
a mantenere alto il valore contabile delle obbligazioni e, come il precedente programma di acquisti,
sarà bruciato dalle banche dopo essere stato moltiplicato con l’effetto leva nel mercato finanziario.

Per chi non lo sapesse ancora le cose stanno così. Non un euro andrà all’economia reale.

La priorità, oggi, non è l’emissione di debiti o fondi salva stati che servono solo a salvare i politici.

Qui si tratta prima di tutto di coprire perdite conseguenti all’arresto completo dell’economia;
si tratta di riattivare flussi finanziari ormai prosciugati per ricostituire la capacità produttiva necessaria a ricreare la ricchezza perduta.

Si tratta di prevenire il panico che rischia di esplodere creando un caos sociale di portata incalcolabile.

Passata la pandemia e contati i morti, emergerà, nella seconda fase, una nuova ondata di vittime economiche,
non di qualche decina di migliaia ma di milioni
.

Il sistema industriale ha subito danni irreparabili e ci sarà disoccupazione di massa.

Le persone colpite allora insorgeranno contro i politici con parole come queste:

Avete speso miliardi per salvare governi e banche. Avete aiutato, con le vostre bolle finanziarie,
i ricchi a diventare più ricchi, ma che avete fatto per le persone comuni?
Perché voi che avete dissipato le ricchezze da noi create, continuate a percepire stipendi
e a noi senza lavoro, sono lasciate solo le spese?

A tali parole potrebbero seguire azioni che sarebbe eufemistico definire di protesta.

Gli obiettivi critici del governo, gravemente disattesi, erano due:

primo, proteggere e ricostituire il maggior numero possibile di mezzi di sussistenza,
consentendo alle persone di vivere l’emergenza senza l’ansia di perderli;

secondo, mantenere a galla le piccole e medie imprese in modo da prevenire fallimenti di massa e evitare licenziamenti.

A che serve dare un mese di sussidio se poi le persone perdono il lavoro?

Ci sarebbe, ora, un solo modo di prevenire una depressione peggiore di quella degli anni Trenta che è a portata di mano:
depositare direttamente sul conto per almeno un periodo di sei mesi somme di denaro per la sussistenza
a favore dei cittadini che hanno perso il lavoro e somme a favore delle pmi per sostenere le spese correnti e non farle fallire;
infine, esentare gli uni e le altre dal pagamento delle tasse per il corrente anno e per il prossimo.

Non ci si scandalizzi di questo denaro gratuito a pioggia.

Cos’è stato il Quantitative easing di oltre 2,6 trilioni di euro se non denaro a pioggia per le banche?

Qualcuno ci spieghi perché governi e banche debbano essere finanziati gratuitamente per dissipare denaro
o alimentare bolle finanziarie e non invece l’industria per ripristinarsi la capacità produttiva.

Il denaro distribuito ricreerebbe la fiducia prevenendo il panico incontrollabile che si verificherà quando la speranza di una via d’uscita verrà meno.

Una volta che il denaro arriva nei conti, si elimina la fonte del panico, si riacquistano ottimismo e forza per far ripartire l’economia.

È questa la soluzione per la quale il governo italiano avrebbe dovuto battersi in sede europea
invece di correre dietro a Eurobond o Fondi Salvastati con cui non si salvano né lavoratori né imprese.

Non si tratterebbe di monetizzare nuovo debito che comporterebbe il suo rimborso futuro,
ma di versare denaro direttamente sul conto dei beneficiari.

Tecnicamente come avviene questa pioggia di denaro gratuito?

La Banca centrale emette denaro a fronte di un titolo obbligazionario di pari valore contabile ma senza valore di mercato,
emettendo cioè un’obbligazione perpetua con cedola zero che pertanto non maturerà mai,
non implicherà pagamenti futuri e non dovrà essere rimborsata da nessuno.

L’operazione non sarebbe affatto inflazionaria in quanto mirata a ricostituire i flussi di cassa
eliminati dal disastroso shock pandemico deflazionistico che ha distrutto attività economiche
e di conseguenza elevato il potere d’acquisto della moneta.

Questa trasfusione di denaro direttamente all’economia è l’unico strumento ormai rimasto nell’armeria alla banca centrale
per evitare il caos sociale e salvare l’economia.
 
Già ho le palle girate per quel cretino che ha detto in tv che si dovranno porre dei paletti a chi ha più di 60 anni.
"per salvaguardare la loro salute". Oh beota. Io - la mia salute - me la so salvaguardare da solo.
Adesso ci ritroviamo pure questi idioti incompetenti che non sanno scrivere un testo.

Una mazzata vera e propria, quella che aspetta gli italiani.

Che si troveranno a breve a fare i conti con le falle di un decreto Cura Italia
che, dopo aver dato il via con estrema fatica ai bonus per i lavoratori costretti da settimane a rimanere a casa,
solleva ora il problema della ripresa degli accertamenti fiscali
nei confronti di quegli stessi imprenditori sempre più in difficoltà a causa dell’emergenza.

Il testo redatto dal governo prevedeva infatti, come spiegato più volte, una proroga di due anni
per le attività di accertamento e riscossione del Fisco guidato da Ernesto Maria Ruffini,
caro amico di Matteo Renzi insieme al quale ha persino organizzato la prima Leopolda.

Le cose, però, non stanno esattamente così.


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Agenzia delle Entrate è infatti intervenuta con una direttiva per chiarire alcuni passaggi del testo.

Spiegando come il documento preveda il congelamento dei giorni di decorrenza che ripartiranno una volta venuta meno la portanza del decreto.

Il contribuente poteva fare ricorso fino al 15 aprile, l’autorità fiscale interverrà a maggio.

Dopo un lungo tira e molla, con la rabbia tanto delle opposizioni quanto di parte della maggioranza e una pioggia di emendamenti,
il decreto alla fine è stato approvato e, tra lo stupore generale, lo stesso Ruffini in videoconferenza
ne ha svelato il reale funzionamento, durante un’audizione a Montecitorio.


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“L’Agenzia delle Entrate, per effetto del Cura Italia, ha sospeso l’avvio della fase 3 della notifica di circa 3 milioni di cartelle di pagamento,
riferite ai ruoli consegnati dagli enti creditori nel corso del mese di febbraio e di marzo, oltre a circa 2,5 milioni di atti di riscossione”.

Successivamente, Ruffini ha spiegato come lo stop sia valido fino a maggio, non oltre.

A quel punto, senza la proroga di due anni per passare ai fatti, “procederà a notificare 8,5 milioni di atti nei confronti dei contribuenti”.

Insomma, a giugno il Fisco tornerà a bussare alle porte degli italiani, senza esitare oltre.

Il motivo?

Un emendamento Cinque Stelle a firma di Gianmauro Dell’Olio, accolto dall’esecutivo,
che ha fatto saltare la proroga senza però allo stesso tempo introdurre alcuna forma di pace fiscale.

Un lavoro davvero impeccabile.


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Insomma alla fine della fiera, grazie alla mano a dir poco incauta dei grillini,agli italiani toccherà prepararsi.

Perché se il coronavirus costringe ancora molti di loro a tenere le saracinesche abbassate,
con difficoltà a pagare tanto i fornitori quanto i dipendenti, il Fisco non può certo aspettare allo stesso modo.

D’altronde al governo, insieme al Pd, c’è quel Movimento Cinque Stelle che ha fatto dell’onestà uno dei suoi capisaldi.

E che nel frattempo, senza colpo ferire, accetta che personaggi come Claudio Descalzi e Alessandro Profumo,
il primo imputato per corruzione internazionale e il secondo con un vasto curriculum di vicende giudiziarie alle spalle,
vengano confermati ai loro posti in sella a Eni e Leonardo.
 
Risultato finale della lettura ? Ci aspetta un bel bagno di merda.

È arrivato il via libera al deficit aggiuntivo per 55 miliardi di euro per finanziare il decreto legge di aprile
per fronteggiare l’emergenza sanitaria e la crisi economica causa pandemia di coronavirus.

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Il Consiglio dei ministri, riunitosi in mattinata in seguito al summit tra il premier Giuseppe Conte,
il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e i capidelegazione delle forze di maggioranza,
ha dato il "la" allo scostamento di bilancio.

Nel pomeriggio è atteso in passaggio d’obbligo in Parlamento.

Nella bozza del Def, passato all’esame del Cdm, si legge che

"a fronte dei margini di flessibilità determinati dai recenti eventi e della correzione ciclica stimata,
sia per quanto riguarda il percorso di aggiustamento del saldo strutturale verso l'obiettivo di medio termine
che per quanto concerne la regola della spesa, il quadro di finanza pubblica a legislazione vigente
risulta compatibile con le regole europee per il biennio 2020-2021".

Dicevamo del passaggio in Senato e alla Camera.

Ecco, l’esecutivo è intenzionato a chiedere a Palazzo Madama e Montecitorio un ulteriore innalzamento
della stima di indebitamento netto e di saldo netto da finanziare.

"La relazione al Parlamento incrementa la deviazione temporanea di bilancio a ulteriori 55 miliardi in termini di indebitamento netto
(pari a circa 3,3 punti percentuali di Pil) per il 2020 e 24,6 miliardi a valere sul 2021 (1,4 per cento del Pil)", si legge infatti nel Def.

Quindi le note dolenti per quanto concerne l’economia reale e il Prodotto interno lordo,
visto che la contrazione del Pil su base trimestrale sarebbe pari al 5,5% nel primo trimestre e al 10,5% nel secondo trimestre.


"A queste fortissime cadute seguirebbe un rimbalzo del 9,6 per cento nel terzo trimestre e del 3,8 per cento nel quarto,
che tuttavia lascerebbe il Pil dell'ultimo trimestre inferiore del 3,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019"

afferma il documento, che poi paventa l’intenzione – con il calo dei contagi – di

"consentire all'inizio di maggio la ripresa di alcune attività produttive attualmente non autorizzate".

E ancora:

"Altre restrizioni verrebbero successivamente attenuate, anche calibrando le misure di distanziamento sociale
in base alla vulnerabilità delle diverse componenti della popolazione. Si ipotizza, inoltre,
che la disponibilità di dispositivi di protezione individuale (Dpi) migliori sensibilmente nei prossimi mesi
e che si definiscano protocolli di sicurezza per garantire l'operatività della maggior parte dei settori economici".

Ancora un dato negativo è quello assai preoccupante del crollo dei consumi dei cittadini,
che nel 2020 crolleranno del 7,2%, per poi – stima sempre il Def – risalire del 4% nel 2021.

Per non parlare, in ultima battuta, di quello relativo agli investimenti nell'anno, -12,3%,
e, infine, al tasso di disoccupazione, calcolato all'11,6% nel 2020 e all'11 nel 2021.
 
Ma si doveva proprio mobilitare una task force di esperti per decidere modi e tempi della sospirata fase 2?

La perplessità sta diventando rabbia con l'ultima trovata di Colao.

Secondo il capo degli esperti, gli over 60 dovrebbero rimanere a casa anche nella fase che si aprirà il 6 maggio. Ora e sempre quarantena.

Però ci poteva pensare bene, il capo del governo, prima di arruolare i supermanager.

Il fatto però fa riflettere sull’inutilità (e dannosità) dei “tecnici” arruolati dalla politica.

Parliamo di gente a cui non si può far decidere nulla che riguardi la collettività. Se lo fanno, sono di solito dolori.
Perché si tratta di una categoria che ragiona per schemi astratti. Schemi lontani dalla vita reale delle persone.

Come appunto in questo caso degli over 60.

L’idea sta comunque già suscitando vaste protese.

«È una follia», spiega al Corriere della Sera Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale:

«L’articolo 16 della Costituzione che riguarda la libertà di circolazione dice che si possono stabilire dei limiti con una legge in via generale.
E “in via generale” vuol dire che non si possono fare eccezioni. Non è che puoi dire questa categoria sì quest’altra no.
La ratio dell’esclusione di persone sopra una certa età è quella che sono più fragili, più aggredibili,
perché ci sono fenomeni di co-morbilità. Se questa è la ratio, però, allora bisognerebbe anche escludere il trentenne iperteso, il quarantenne diabetico e così via."

Un centinaio di scrittori, filosofi storici, poeti, da Giorgio Agamben a Carlo Ginzburg, da Ginevra Bompiani a padre Enzo Bianchi,
hanno firmato un appello da inviare al capo dello Stato, al premier, a vari ministri per manifestare il loro dissenso

«nei confronti dell’eventualità di una disposizione limitativa della libertà personale, che volesse mantenere una fascia di persone ancora attive,
in buona salute e in grado di dare ulteriori preziosi apporti alla nostra società, in una segregazione sine die solo in base al dato anagrafico,
dell’appartenenza cioè a una fascia di età dai settanta anni in su…».
 
Vi proponiamo questa intervista a RPL di Luciano Barra Caracciolo e di Valerio Malvezzi.

Vi consigliamo veramente di sentire questa intervista al posto dei soliti, triti e governativi “Talk Show” su La 7,
guardatevi questa snella intervista dei due professori con anche interruzioni ed interventi da parte del pubblico.

Avendo , per forza dei trattati europei (art 123 TFUE) rinunciato a battere moneta nei momenti di crisi
l’unico modo per riuscire a rifornire l’economia di liquidità e quindi permetterle di risollevarsi.

Invece tutto il costrutto politico e legislativo europeo è stato costruito ad hoc per mantenere la moneta artificialmente scarsa,
anche nei momenti in cui sarebbero necessarie politiche fiscali espansive.

Quindi il risultato di tutto questo sarà un disastro economico di dimensioni epiche
che succederà a partire dall’ultimo trimestre 2020, fra sei mesi ,

e che ha due giustificazioni ben precise , ciascuna colta dauno dei due intervistati:
  • Valerio Malvezzi nota che il governo , obbligando le aziende a ricorre al prestito, per quanto parzialmente garantito,
  • mette gli istituti di credito sotto pressione con i limiti di capitalizzazione dei parametri di Basilea I e II (solo III è stata sospesa)
  • e questo, nel momento in cui le aziende non si riprendessero, porterebbero al collasso del sistema aziendale e creditizio;

  • Luciano Barra Caracciolo mette il luce come il calo del PIL contemporaneo con il crollo della capacità di contribuzione fiscale e previdenziale
  • farà saltare i bilanci pubblici, metterà in dubbio la capacità di procurarsi il denaro presso i mercati, stante la impossibilità di intervento diretto,
  • con apertura di credito, della BCE,
  • Questo giustificherà l’intervento del MES vero e la messa in liquidazione (patrimoniali, etc) da parte della troka.

Alla fine basta aspettare 6 mesi e vedere che cosa succede,ma cosa fa, e farà Conte?

Per ora nulla.
 
Il governo minaccia di imporre questa App che dovrebbe essere volontaria
e non fornisce nessuna garanzia su chi gestirà i dati sulla nostra vita provata così raccolti

Ieri abbiamo espresso fortissimi i dubbi sull’effettivo livello di privacy che l’App “Immuni”,
lanciata dal governo per “monitorare” il COVID-19, non a caso già sia finita sotto la lente del Copasir.

Dubbi resi ancora più forti dopo aver scoperto chi “c’è dietro” a questa App
ceduta da privati gratuitamente e, quando si parla di “gratis”, lo sappiamo,
vuol dire che la merce siamo noi e i nostri dati personali.

Inoltre, più si va avanti nello studio dell’App, più i dubbi aumentano.

In particolare, oggi, vogliamo puntare l’attenzione su un elemento fondamentale:
la conformità con i principi UE che regolamentano questo tipo di App.

In particolare: la volontarietà e l’effettivo anonimato.

Vediamo, quindi, le 8 regole imposte dalla UE.
«Primo: rispettare le regole sulla privacy e in particolare le linee guida frutto della consulenza del Consiglio dei garanti europei della privacy.
Secondo: essere sviluppate in stretto coordinamento con le autorità sanitarie.
Terzo: l’installazione è volontaria e queste tecnologie devono essere rimosse non appena smettono di essere utili.
Quarto: vanno preferite le tecnologie che tutelano di più la privacy, come il bluetooth.
Quinto: i dati devono essere anonimizzati e non si deve consentire di risalire all’identità delle persone.
Sesto: le App devono essere interoperabili in tutta Europa, in modo da funzionare se qualcuno supera i confini.
Settimo: vanno progettate con i migliori standard in campo epidemiologico, di sicurezza informatica e accessibilità.
Ottavo e ultimo punto: devono essere sicure ed efficaci».

Due in particolare sono gli aspetti su cui bisogna soffermarsi:

  1. Le App “devono essere volontarie, ma vanno smantellate appena non sia più necessario”;

  2. “I dati di localizzazione non sono necessari né raccomandati per lo scopo delle App di contact tracing,
  3. perché lo scopo non è seguire i movimenti degli individui né quello di far rispettare prescrizioni.
  4. Raccogliere i movimenti di un individuo nel contesto del contact tracing violerebbe il principio della minimizzazione dei dati
  5. e creerebbe importanti problemi di sicurezza e privacy”.
Questi strumenti diffusi dai governi europei dovrebbero quindi: “sfruttare le più recenti/avanzate soluzioni tecnologiche di protezione della privacy”.

La (presunta) volontarietà
Quello della volontarietà è un principio quanto mai ripetuto negli ultimi giorni, assieme all’invito di autorità e istituzioni
(contrariamente a quanto continuano a dire noi) a scaricarla.

Tentativi di persuasione che da ieri si sono trasformati in autentiche minacce.

Su molti media è stata fatta trapelare la volontà (illegale) del governo secondo al quale,
chi sceglierà di non scaricarla potrebbe avere delle limitazioni negli spostamenti.

Per quanto riguarda gli anziani, poco abituati a utilizzare gli smartphone, si è addirittura parlato
che di un braccialetto che abbia la stessa funzione dell’applicazione.

Ovvero qualche cosa di molto simile al braccialetto elettronico usato per i carcerati agli arresti domiciliari.

Altro che strumento positivo di controllo “limitato” a beneficio della comunità.

La (presunta) privacy
Uno dei motivi per cui “Immuni” sarebbe stata scelta è che utilizza tecnologia Bluetooth, non GPS:
niente localizzazione, dunque, e massimo rispetto della privacy, ci è stato detto.

Approfondendo però, come gli esperti stanno facendo in queste ore, emerge che esistono due modelli di Bluetooth: decentralizzato e centralizzato.

Che significa?

I sistemi di contact tracing basati su Bluetooth tracciano, è vero, solo il fatto che un certo dispositivo si sia avvicinato a un altro,
salvando questi eventi sotto forma di un codice identificativo.

Ma possono poi decidere di gestire questi codici e il modo in cui sono usati per notificare alle persone
se sono state vicine a un contagiato in modo centralizzato o decentralizzato.

Nel sistema decentralizzato non c’è qualcuno che notifica ai sospetti contagiati il fatto di essere tali,
è il sistema a farlo in automatico, quindi poi sono loro a dover prendere delle decisioni.
I gestori di questa App, però, (governo e società di comunicazione private) potrebbero però volere notificare proattivamente agli utenti.
In alcuni casi magari vorrebbero anche tracciare i luoghi in cui sono stati.

Ecco che ha preso quota il modello di uso del Bluetooth centralizzato:
un modello in cui i codici generati dai telefoni quando si incontrano sono caricati
su un server controllato da un gestore (ministro? società privata? polizia?), invece di essere conservati localmente sui telefoni.

Proprio di un passaggio su un server avevamo parlato nel nostro articolo di ieri, evidenziando come,
se nella prima fase non sono coinvolti server dove custodire i dati, perché il dialogo è solo tra telefoni e App,
in un secondo momento ci sia il passaggio attraverso quelli che al momento sono i server in cloud di Bending Spoons (la società capofila).

«La centralizzazione non aumenta solo enormemente l’invasività e il rischio per la privacy,
ma anche i problemi di security, creando un database che potrebbe essere un bersaglio appetibile»,
ha dichiarato Stefano Zanero, professore di sicurezza informatica al Politecnico di Milano.

«Un sistema decentralizzato diminuisce i rischi di molto, e servirebbe un’ottima giustificazione epidemiologica e funzionale
per preferire invece un sistema centralizzato, molto più rischioso.

Per quanto ho capito, dialogando con virologi ed epidemiologi, questa forte giustificazione non c’è.

A questo punto sarebbe assolutamente necessario rilasciare (eventualmente epurata da aspetti sensibili)
la relazione della commissione che ha valutato le applicazioni».

“Immuni” sembra proprio optare per un modello “centralizzato” di Bluetooth
perché il governo guarderebbe a questo modello, per avere più informazioni su cui lavorare e più controllo sulle persone.

“Immuni” potrebbe così diventare il primo tassello di una più ampia strategia di raccolta e analisi di dati
– solo ufficialmente per arginare Covid-19 – perché sarebbe facile una futura integrazione del GPS.

Una volontà tutt’altro che coerente e rassicurante sul fronte del rispetto della privacy dei cittadini.

Lo ha ammesso lo stesso Luca Foresti, CEO del Centro Medico Santagostino che con Bending Spoons e la potente Jakala spa ha ideato la App.

Immuni usa il Bluetooth che è la sua componente fondamentale, ma può usare anche il GPS e «il governo deve decidere se usare anche questo».

Il governo deve dire anche dove finiscono i dati. Chi può vederli (e venderli)?

«Di nuovo: è una decisione che tocca alla politica. Si possono far arrivare ai medici, aiutati da un call center professionale che,
come in Corea del Sud, chiami le persone che devono mettersi in quarantena o fare il tampone. Oppure a sindaci, Regioni, fino alle istituzioni centrali…».

I dubbi, insomma, aumentano ogni giorno e, con la Fase 2 che (forse) finalmente si avvicina, tutto diventa più inquietante.
 

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