E ANCHE SE SONO UN LIBRO APERTO, MICA TUTTI SANNO LEGGERE!

In una repubblica democratica che fa della democraia il valore fondante,
non dovrebbe neppure esistere un "Centro di documentazione ebraica contemporanea"
mentre potrebbe esistere un "Centro di documentazione comtemporanea".


Termometro Politico - anticipando i dati contenuti nel rapporto dell’osservatorio - ha scritto che la Segre riceveva 200 insulti al giorno.

Il rapporto pubblicato due giorni dopo dice però una cosa diversa; i dati si riferiscono al 2018, non al 2019.

Gli episodi di antisemitismo sono 197 all’anno, non 200 al giorno.

Si parla poi in generale: "Personaggi pubblici come Gad Lerner, Emanuele Fiano, Sandro Parenzo, Enrico Mentana e Liliana Segre
sono spesso vittime di invettive antisemite, specie sui social" e non di Liliana Segre in particolare.

Repubblica non ci sta e si difende, con un nuovo articolo a firma di Piero Colaprico.
Secondo quanto scrive il giornale fondato da Scalfari, "i 197 episodi di antisemitismo resi pubblici non hanno nulla a che vedere
con quanto accade sul web, e dipendono da segnalazioni varie di singoli fatti, che vanno dallo sputo alla scritta sul muro".
I nostri dati, si legge, "si riferiscono invece ai messaggi d'odio sui social network: 200 al giorno sono quelli verificati, e anzi potrebbero essere molti di più".
Secondo Repubblica sarebbe lo stesso Centro di Documentazione Ebraica Contemparanea in un comunicato a confermare la tesi:
"Questo numero [197 episodi l'anno, ndr] non ha alcuna relazione con il numero di commenti o espressioni di antisemitismo in rete, che è molto maggiore.
L’Osservatorio antisemitismo", precisa il Cdec, "non è in grado di assegnare numeri ad ogni singolo commento antisemita che si legge in rete".

Solo il 28 ottobre 2019, qualche giorno dopo l’articolo di Repubblica, osserva Open,
"nel sito dell’Osservatorio compare un pezzo in cui vengono citati i 200 insulti al giorno nei confronti della senatrice Segre".

La fonte? Repubblica.

Pertanto, scrive il giornale fondato da Enrico Mentana,
"la diffusione della notizia dei presunti 200 insulti al giorno da parte di Repubblica ha generato non solo una call to action iniziale
utile a rafforzare la figura simbolica della senatrice, ma "la mancanza di una prova concreta ha fornito un ulteriore impulso agli hater di scagliarsi contro di lei".


Morale della favola: Repubblica fa riferimento a un comunicato dell'Osservatorio che cita i 200 insulti al giorno
che hanno come fonte la stessa Repubblica: ma nel rapporto questo dato non c'è e questo è oggettivo.
 
Questo è un articolo verità che "fa male" a chi democratico non è.


E’ la sinistra con l’odio nelle viscere che ha bisogno di inventare.

Se settanta anni dopo hanno ancora bisogno di antifascismo, ogni episodio diventa provvidenziale.

Anche se non è vero.

Del resto, fa indignare abbastanza anche la faccia tosta di un Pd che fa affiggere un manifesto nel trentennale del Muro di Berlino,
come se non fossero loro i nipotini di chi lo volle elevare tra Berlino Est e la parte occidentale della città.

Come dimenticare, ad esempio, la cagnara sulle uova in faccia ad un’atleta di colore vicino Torino,
salvo poi accorgersi che a tirargliele era stato il figlio di un consigliere comunale del Pd.

O la canea antirazzista e antidestra quando un maestro elementare a Foligno mise con la faccia al muro un bimbetto di colore in classe.
Si diedero alla fuga solo quando si scoprirono le simpatie rosse dell’insegnante.

Eppure non si scusano mai di fronte alla costruzione degli imbrogli mediatici.

Non appena saputo dell’incendio alla libreria, Centocelle si è riempita di una marea di personaggi politici. Di sinistra, ovviamente.
Tutti a frignare contro il pericolo fascista all’assalto della cultura. Franceschini, Raggi e varia umanità politicante.
E poi i messaggi in quantità industriale: Zingaretti. Boldrini. Fassina. Cirinnà. Orfini. Eccetera eccetera.

Persino il verboso presidente della commissione antimafia, Morra: ‘’Libro rinvia a libertà. E chi ha paura della libertà incendia le librerie’’.

Forse erano libri scritti in italiano e magari il tunisino non lo capiva…

Vergogna, dovremmo dire ora a costoro.

Domani ci saranno pure i sindacati alla passeggiata organizzata nel quartiere.

Chissà se si faranno vedere anche gli specialisti delle parole a vanvera, quelli che hanno bisogno di odiare proprio perché sono rimasti senza idee.

Quacuno glielo spieghi da chi sono composte le bande nordafricane che esigono il monopolio dello spaccio di droga.
https://news.google.com/articles/CB...Ryb3QtNDg1NTI2Mi5odG1s?hl=it&gl=IT&ceid=IT:it
Loro, i maghi delle parole a vuoto, cacciano farfalle mentre la delinquenza prende in ostaggio un quartiere.

Più sicurezza, meno antifascismo.
 
Pensa un po', ci hanno pure dedicato un articolo. ahahahah

Il contrabbando e la Mentalità di Lecco

Per chi viene da fuori Lecco, Lecco è una città curiosa.

Ha infatti la mentalità provinciale, non della città, con le sue qualità e le sue chiusure.

Sarebbe facile dare l’intera responsabilità della cosa al fatto che la comunità di Lecco, riunitisi in città solo negli anni 20,
sia interamente legata alla popolazione in gran parte proveniente dalle valli sovrastanti.

E’ infatti tipico della mentalità della valle fidarsi solo di chi si conosce bene, fin dalla giovinezza,
e immaginarsi dei valligiani chiusi in una singola comunità, costretti a fidarsi volentieri uno dell’altro è un po’ un’illusione.

Ma questa è solo una parte della spiegazione, per capire Lecco bisogna guardare anche alla sua storia.

La storia di Lecco riguarda anche i rapporti con Milano e Como con cui la storia si intreccia, ma per non disperderci ci contreremo su alcuni episodi significativi.

Il primo di essi riguarda la guerra gotico bizantina, che sarebbe meglio chiamare gotico-romana, che si svolse per 20 anni all’inizio del 500 DC.

Essa vide le città insorgere ed essere in gran parte distrutte, a favore dei bizantini e le campagne,che pagavano assai meno tasse sotto i Goti, schierarsi coi Goti.

Appunto vicino a Lecco sul monte Barro, c’era la capitale segreta dei Goti, Barra.
Essa fu distrutta alla fine dai Bizantini (per metà truppe barbare) che la saccheggiarono anche assieme ai villaggi attorno (tra cui Lecco).
E’ interessante notare come Milano e Lecco furono dalla parte opposta della barricata.

Poi, poco dopo, arrivarono i Longobardi e distrussero ciò che era rimasto.

Il secondo episodio riguarda Milano che con Como dominava la Lombardia, ma stavolta nasce all’interno della grande città.

Riguarda infatti la rivalità tra due grandi famiglie “milanesi”, i Visconti e i Della Torre.

I Visconti avevano il proprio epicentro nelle campagne attorno a Vigevano (la raccolta agricola era infatti una delle ricchezze della Milano medioevale).

I Della Torre invece avevano i propri feudi a Nord di Milano e dovevano in buona parte la loro ricchezza alle miniere di ferro sovrastanti Lecco
(la seconda grande risorsa di Milano fu il mercato delle armature. (nel quale primeggiò fino al 500 inoltrato).

Alla fine, nel 1300, vinsero i Visconti e Bernabò Visconti scrisse perfino un libro su “ Come si tortura un abitante della Val San Martino”.

Infatti i Visconti svuotarono la Valle e Lecco di gran parte dei suoi abitanti,fedeli ai Della Torre; ed importarono dalle loro terre i nuovi abitanti, loro feudatari, coi loro cognomi.

Poi nel 1500 arrivarono gli Spagnoli e distrussero quasi tutto.

Dai due episodi si evincono diverse cose.

La prima era che quando gli stranieri venivano a Lecco era per distruggere, non per costruire
( il saccheggio dell’esercito imperiale dei Promessi Sposi ne è solo un esempio tra i tanti)

La seconda è che dalle grandi città bisogna diffidare, e sfruttarle all’occasione.

La tradizione del contrabbando e la sua popolarità ne sono una parziale conseguenza.
Como e Lecco furono concorrenti nel contrabbando a Milano, ma una differenza c’era tra i due, anzi più di una.

A Como una parte della merce si fermava e veniva venduta in loco, a Lecco no, non solo,
non bisogna sottovalutare le entrature di Lecco con Milano al quale forniva metallo e pesce
e che aveva legami solidi come combattente navale per Milano contro Como fin dal medioevo.

Inoltre Lecco aveva motivi di rancore con Como e un’autorità austriaca disposta a chiudere un occhio.

Infatti nel 1700 Maria Teresa, per evitare gli allagamenti a Como, fece abbassare il corso dell’Adda di un metro e mezzo
distruggendo 6-7 fiorentissime pescherie che vi sorgevano tra Lecco e Brivio, (Brivio era fino allora una città in gran parte sull’acqua come Venezia).

In questo clima il contrabbando fiorì: scendendo dal lago, prendendo la strada di Pescate e finendo nei boschi di Valgregrentino dove esistevano molti depositi.
Poi le merci prendevano la strada di Milano, la riunificazione dei Savoia non cambiò le cose

. Lecco rimase una comunità provinciale con un gran senso del lavoro e diffidente verso l’esterno.
 
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Quando fu costruita dove erano le case ? .........vedere per credere.

L’Ilva di Taranto è la più grande acciaieria d’Europa, con un fatturato di circa 2,2 miliardi di euro e circa 14.000 dipendenti (dati 2016).

Nel 2012 una vasta inchiesta per reati ambientali e di inquinamento (“Fabbrica fonte «di malattia e morte» scrivono i giudici”)
porta la Procura di Taranto ad ordinare il sequestro senza facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo.

Per salvaguardare lo stabilimento e l’occupazione, lo Stato ha avviato la procedura di commissariamento dell’azienda e avviato una gara internazionale per una riassegnazione della stessa.

La Am Investco, cordata formata da ArcelorMittal e Marcegaglia è stata scelta per avviare le trattative di acquisizione.
Nel novembre 2018 diventa ufficialmente di proprietà di ArcelorMittal e prende il nome di ArcelorMittal Italy.

ArcelorMittal, colosso nato nel 2006 dalla fusione tra la francese Arcelor e l’indiana Mittal steel company, con quartier generale in Lussemburgo,
si è aggiudicato la società italiana con un’offerta di acquisto di 1,8 miliardi e 2,4 miliardi di investimenti
(circa 2,1 miliardi al netto del contributo del gruppo Riva) su un periodo di sette anni,
di cui 1,3 miliardi per il piano industriale e 1,1 investimenti ambientali.
Per la parte ambientale 300 milioni destinati al “pile coverage”, 200 ai “coke ovens” 200 al “trattamento dei rifiuti”.

Nel gennaio 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo accoglie i ricorsi presentati nel 2013 e 2015 da 180 cittadini
che vivono nei pressi dello stabilimento di Taranto e condanna l’Italia per non aver tutelato il diritto alla salute dei cittadini.
 
Lo scorso anno la Banca centrale aveva annunciato disastri e distruzioni se fosse aumentato il debito anche di un misero 0,2%.

Ora il debito è aumentato dal 130 al 135% in una notte, per un cambiamento nelle modalità di calcolo degli interessi,
e questo non ha portato a nessun disastro, anzi proprio non ha portato a nulla.

Quindi tutti gli allarmi distruttivi lanciati lo scorso anno dalla Banca d’Italia si sono rivelati completamente e totalmente falsi,
e sarebbe ora di fare un discorso serio sul debito pubblico e , aggiungiamo noi, sulle vere funzioni della Banca d’Italia.
 
«Pronto, Mattei. Ciao, sono Giorgio La Pira.»
«Ciao. Dimmi, La Pira.»
«Senti, ti devo chiedere un favore. Qui, a Firenze, sta chiudendo il Pignone. Tante famiglie rischiano di finire in mezzo ad una strada. Per Firenze sarebbe una tragedia. Non potresti comparla tu quest’azienda?»
«La Pira, mi spiace, ma noi dell’Eni ci occupiamo di petrolio. Il Pignone è nel settore della meccanica, che ce ne faremmo noi? Sei un caro amico, ma no, credimi, non possiamo.»
«Mattei, tu comprerai il Pignone. Lo so, me l’ha detto lo Spirito Santo.»
«La Pira, tu sai che ho il massimo rispetto per lo Spirito Santo, ma davvero, non posso…»
L’Eni acquistò il Pignone, salvò tante famiglie, l’economia di Firenze e il Nuovo Pignone diventò un’eccellenza nel settore dell’impiantistica a livello internazionale.


Altri politici, che difendevano i diritti del popolo.

Altri imprenditori, che sapevano investire.


Oggi abbiamo Giuseppe Conte, che agli operai dell’ILVA di Taranto dice “Non ho la soluzione in tasca”.
Questo mentre gli altri leader politici neppure loro hanno idea di cosa fare.

Cosa è cambiato dal 1953 ad oggi?

Almeno 3 cose molto importanti:

1) Allora avevamo una classe politica che era al servizio della gente e che sapeva trovare le soluzioni per farlo.

2) Allora avevamo la sovranità monetaria (ovvero una banca centrale al servizio del governo e non “indipendente” come la BCE)
e non dovevamo sottostare ai vincoli di biancio calcolati dagli “esperti” della Commissione Europea.


3) Anche oggi esistono in Italia persone oneste e capaci di risolvere i problemi degli italiani, ma il sistema di potere attuale,
fondato sulla finanza e sul controllo dei mezzi di informazione, le tiene sistematicamente in disparte, favorendo invece l’ascesa al potere di persone incapaci.
 
Ai giorni nostri è strano pensare che la Coca Cola sia nata a fine Ottocento come medicinale, eppure fu inventata da un farmacista come rimedio contro il mal di testa e la stanchezza.

Questa famosa bibita si deve infatti a John Stith Pemberton, un farmacista statunitense,
che ne brevettò la prima versione nel 1886 ad Atlanta per contrastare cefalea e astenia.

La ricetta fu tenuta segreta a lungo per evitare che venisse copiata.

Nella versione iniziale di Pemberton la Coca Cola era una miscela di vino e foglie di coca (proprio la pianta da cui si ottiene la cocaina).
L’alcool lasciò poi il posto all’estratto delle noci di cola, una pianta tropicale e vennero eliminati gli estratti dalle foglie di coca.

Recentemente il sito This American Life ha pubblicato la foto, a quanto pare apparsa in un giornale di Atalanta nel 1979,
del ricettario originale svelando tutti gli ingredienti e le quantità. Ecco la prima ricetta disponibile di questa celeberrima bevanda:

Estratto fluido di coca e noci di cola (4 once)

Acido citrico (3 once)

Citrato di caffeina (1 oncia)

Zucchero (30 libbre)

Acqua (due galloni e mezzo)

Succo di lime (un quarto)

Vaniglia (1 oncia)

Caramello (quanto basta)

Aromi (2 once e mezza)

Quanto agli aromi, per evitare che venisse imitata, si parlò inizialmente di un misterioso ingrediente 7x (anche detto merchandise #7, ovvero aroma numero 7).
Si tratta in realtà di mix di oli essenziali e alcol, costituito da:

1/4 di alcool

Olio di arancia (80 gocce)

Olio di limone (120 gocce)

Olio di noce moscata (40 gocce)

Olio di coriandolo (20 gocce)

Olio di neroli (40 gocce)

Per chiarezza è bene dire che un’oncia corrisponde a 28,35 grammi circa, una libbra a 453,592 grammi e un gallone a 3,785411784 litri.

Oggi la ricetta della Coca Cola prevede acqua, zucchero, colorante caramello, aromi naturali, caffeina e acido fosforico.
La percentuale di zucchero cambia da Paese a Paese e a seconda delle versioni: di fianco a quella tradizionale, sono infatti nate la Light, la Zero e non solo.

Secondo uno studio dell’associazione inglese Action on Salt and on Sugar che ha analizzato il quantitativo di zucchero delle bibite più diffuse al mondo
, ben l’88% dei più comuni soft drink contengono in una lattina più della dose giornaliera raccomandata di zucchero che è di 25 grammi.

In particolare, sempre secondo la ricerca citata, in Italia in una lattina di Coca-Cola classica ci sono 35 grammi di zucchero.
 
Non c'è molto da dire.


Ancora caos su Ilva, con il Movimento 5 Stelle fermo nella sua posizione contraria al ripristino dello scudo penale per Arcelor-Mittal.

Questa mattina la commissione Finanze della Camera, presieduta dalla grillina Carla Ruocco,
ha bocciato gli emendamenti presentati da Forza Italia e Italia Viva
che chiedevano il ripristino dell'immunità per il gruppo anglo-indiano in caso di reati ambientali.

Le proposte sono state dichiarte inammissibili a causa, da quanto si apprende, dell'estraneità della materia.
 

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