E COMUNQUE IO PARLAVO DA SOLA ANCHE PRIMA DEL COVID19

Per annunciare l’ennesimo decreto la scena è sempre uguale, la storia che giudicherà, il modello copiato dal mondo,
con l’aggiunta visto che si avvicina Pasqua, di una riflessione confusa sull’interpretazione dei cristiani e dei laici.

Anche qui scusate il pelo nell’uovo, ma tant’è che arrivi pasqua, andrebbe detto che essere laici mica significa essere atei?

Dunque che c’entra la sottolineatura del Premier? Sia come sia andiamo al sodo a proposito di uova.

Anzi a dirla tutta piuttosto che al sodo andiamo alla sorpresa dentro l’uovo, e qui si scopre che nel decreto,
al di là delle apparenze di uno Stato Paperoni de Paperoni e a conti fatti, di soldi veri, immediati, messi sui piatti,
c’è molto meno di ciò che sembrerebbe.


Innanzitutto si tratta di garanzie sui prestiti, e già qui sorge il primo distinguo, perché chi,
ha dovuto rinunciare ad esercitare, incassare e guadagnare, andrebbe risarcito con l’erogazione di un fondo perduto anziché di un credito agevolato ?

Insomma un prestito è ben diverso dalla refusione almeno parziale di una perdita secca legata alla chiusura generale,
peggio ancora se legato ai distinguo che le banche e la burocrazia metteranno in mezzo inevitabilmente prima di erogare fattualmente.

Oltretutto anche sul sistema delle garanzie di Stato a fronte dei prestiti all’economia reale ci sarà da vedere,
perché che piaccia o meno il rischio che possano arrivarci anche ferri vecchi e attività bollite, esiste,
col risultato di scaricare addosso a pantalone altri costi a profusione.

Evisto che nel governo giallorosso l’idea di statalizzare ancora di più è nota, la preoccupazione non è infondata,
potremmo ritrovarci con una spesa pubblica ingigantita al posto del contrario che sarebbe necessario.

Ma al netto di questo particolare che non è poco, resta la farraginosità dello strumento,
perché tra il dire e il fare bisognerà vedere il tempo per avere i soldi sul conto,
altrove nel mondo si è già provveduto a bonificare i sostegni stanziati e previsti, dall’America all’Inghilterra alla Germania.

Come se non bastasse sul fronte fiscale si conferma la mancanza di visione, perché ritardare di un po’ ogni obbligazione
è un contentino per chi dopo un fermo prolungato dell’attività si ritroverà a dover pagare sia il pregresso e sia il corrente avendo incassato poco o niente.

Per farla breve si dovrebbe azzerare almeno in proporzione l’importo della tassazione,
perché si chiama Agenzia delle Entrate mica solo per lo stato, se nel privato le entrate non ci sono, per quale ragione dovrebbe pagare.

Posticipare vuol dire solamente aggravare una situazione drammatica di suo, per non dire della complicazione
che si genererà nella compilazione dei modelli visto che da noi anche nella normalità è una follia,
figuriamoci cosa uscirà fuori fra errori, anticipazioni, calcoli sbagliati e possibili omissioni.

Parliamo di un caos fiscale che alla fine considerata la persecuzione della riscossione porterà a un mare di cartelle, accertamenti,
insomma sarà un tormento ulteriore per tutti i cittadini già stressati da quello che avranno passato in questo periodo disgraziato.

Ecco perché diciamo apparenza tanta ma sostanza poca, se ci fosse stata nel governo una strategia chiara per la crisi,
anziché suggestionare gli italiani con cifre roboanti per apparire competenti,
si sarebbero già visti i risultati del decreto di marzo che invece stanno al palo.


A oggi, le aziende, le partite iva, i commercianti, i cassintegrati e il mondo produttivo che è stato chiuso non ha ancora avuto un soldo,
mentre l’apparato pubblico è stipendiato regolarmente, a chi tanto e a chi niente, uno Stato serio non divarica la società.

Non crea disparità tra chi è garantito per definizione e chi è costretto a chiudere per il bene della nazione.

Se la cassa pubblica funziona è perché il privato col lavoro e col rischio dell’impresa la sostiene,
non è giusto che a soffrire sia solo quel settore, dove sta scritto nella costituzione?

E soprattutto nel buon senso di chi dovrebbe programmare la ripresa indirizzando bene la capacità di spesa.

Per ripartire evitando il punto di non ritorno, non servono mille opzioni, serve mettere sul tavolo una cifra valutata bene
per compensare due mesi di blocco totale nazionale, parliamo tra il 7 e il 10 percento del Pil,
da reperire con un prestito sì ma al contrario, una emissione sostenuta dai cittadini, non forzosa e vantaggiosa per l’impiego e per la resa.

Serve di dare all’economia reale una parte di soldi a fondo perduto e una di prestito a costo zero sul serio,
stornare una fetta di tasse, utilizzare quell’emissione per pagare i debiti della amministrazione,
serve un contribuito per tutti e per intero all’occupazione, aprire ad ogni semplificazione per l’intrapresa
e una legge che stronchi la burocrazia e favorisca la democrazia economica.

Insomma serve testa, chiarezza, coraggio e rapidità, un progetto di ripresa e ripartenza,
serve altro rispetto a questa maggioranza che chiede collaborazione e se ne buggera dell’opposizione,
si autocelebra e dimentica gli sbagli che rischiano di trasformarsi in pericolosi abbagli, e oggi si discuterà del Mes.
 
Siamo al redde rationem! Oggi l’Eurogruppo approverà il Mes, da domani saremo schiavi di Luterani e Calvinisti per sempre:



Da lunedì scompariranno virus e ogni rischio di contaminazione.

Da lunedì potremo dedicarci alla ricostruzione, ossia riprendere ad acquistare beni tedeschi
perché le soluzioni scelte NON toccano affatto gli SQUILIBRI MACROECONOMICI (cambio reale disallineato da quello nominale).

Per fortuna, il perfezionamento di tale pessimo quadro futuro vi sono degli insormontabili scogli.

Il primo problema è col Mes.



Per i Paesi del Nord un Mes senza condizioni è persino offensivo, in una seconda fase pretendono di poterle imporle.



È chiarissimo Dombro…. Quando il VAIRUS sarà un ricordo dovremo rientrare dai deficit.



Tutti al mondo oramai lo sanno, i barbari d’oltre Reno puntano al nostro oro!



Finirà però che, oltre l’oro, dovremo cedere anche tutti i beni più preziosi che abbiamo: le aziende del nostro perimetro pubblico.

INVECE, DI MUTUALIZZARE IL DEBITO NON SE NE Parla PROPRIO.

Ma ecco che spuntano i geni francesi,

Facciamo 420 miliardi di Coronabond noi paesi dell’Europa del Sud (il 3% del Pil) così facciamo ripartire la ns economia.

Peccato che tale misura faccia felici solo i tedeschi (i quali non avendo più il mercato cinese, americano ed inglese,
non vedono l’ora che le cicale riprendano ad acquistare le loro Volkswagen e le loro Audi) .

Beata ignoranza!

Vabbé, dai, abbiamo la politica che ci meritiamo, fatta solo di tifosi, non poteva finire che così.

Facciamo una cosa, sediamoci sulla riva del fiume e dedichiamo alle cose serie: i segreti dei computer quantistici!

 
Da tempo immersi nel clima quaresimale del contagio, siamo tesi a seguirne l’evoluzione.

Il bollettino serale della Protezione Civile dà conto puntuale delle rilevazioni del giorno e di quelle complessive dall’inizio del conteggio.

Gli aspetti rilevati sono diversi ed è importante comprenderne bene il significato;
invece, a volte mi sono trovato in disagio nel seguire i commenti ufficiali, e probabilmente non sono il solo.

Forse, al gran pubblico non sono ben noti i termini del discorso.

Proprio sul versante della chiarezza ho cercato di portare il mio modesto contributo.

Giova intanto ridimensionare i rilievi frequenti circa la significatività delle rilevazioni ufficiali,
a motivo della metodologia seguita nelle rilevazioni stesse.

In breve, si dà poco credito alle statistiche perché il numero dei casi rilevati del contagio sarebbe proporzionale
al numero di test-tampone effettuati e dipenderebbe, quindi, dall’ampiezza dell’indagine epidemiologica, non (solo) dall’entità del contagio.


Non sono di questo parere.

Trattandosi di un fenomeno di massa, errori di vario tipo sono scontati, ma il dato rilevato subisce compensazioni tali che,
pur nella sua grande imperfezione, resta comunque correlato con il fenomeno nelle tendenze espresse.

Se i casi rilevati aumentano/diminuiscono, forte è la probabilità che la realtà aumenti/diminuisca;
perfino se si ritiene che il dato rilevato sia una quota parte piccola rispetto alla consistenza del fenomeno.

La mia convinzione si fonda sulla verosimile stabilità della quota di errore di sottostima.
(Peraltro, risulterebbe che i test nel tempo sono semmai aumentati e che, quindi, le rilevazioni sarebbero, semmai, viziate da un fattore in crescita).

Insomma, ben consci della presenza di un certo margine di errore di rilevazione,
basterà tener presente che le stime vanno trattate con un “largo circa”, e non come il solito “circa”.

** *

Veniamo dunque alle distorsioni cognitive che mi è parso di riscontrare.

Possiamo figurarci che le autorità sanitarie all’inizio del contagio abbiano aperto un registro, intestando una scheda ad ogni aspetto rilevato.

Quindi nell’ascolto dei commenti è importante ogni volta capire a quale scheda si fa riferimento.

Così, se in questi giorni si cerca di capire se si è arrivati al punto di “picco”, un valore massimo che si spera di vedere finalmente superato,
occorre capire bene di quale picco si parli, di quale scheda…

Quando alcune persone manifestano sintomi di malattia e sono sottoposte ad analisi medica,
vengono dichiarate infette, o “positive” in una scheda appunto di “Nuovi Positivi” del giorno.

Dopo vari giorni dall’inizio, di quel primo gruppo di positivi alcuni sono dichiarati guariti, o dimessi,
e si iscrivono in una apposita scheda “Guariti” nel giorno, altri purtroppo muoiono, e sono iscritti nella scheda “Morti” nel giorno.

Inoltre, ogni giorno i dati giornalieri si sommano progressivamente e sono iscritti in apposite schede dei dati cumulativi.

Così, i nuovi positivi affluiscono in una scheda cumulativa chiamata “Casi totali”.

Il dato “Casi totali” non può che crescere, a meno di improbabili momenti di stazionarietà.

Ci sono poi le schede che portano i numeri “Morti totali” e “Guariti totali”: anche questi dati cumulati possono soltanto crescere.

Ma c’è poi un dato un po’ più elaborato, per il quale non basta una somma giorno per giorno.

Per conoscere il numero di positivi e viventi un certo giorno, dal conto dei “Casi totali” dobbiamo escludere i guariti e i deceduti (detti appunto “rimossi”), così:

Positivi superstiti = Casi totali – Guariti totali – Morti totali

visto che:

Casi totali = Positivi superstiti + Guariti totali + Morti totali

Ovviamente i Casi totali fino ad un certo giorno sono in numero maggiore dei Positivi superstiti fino a quel giorno.

Ad evitare confusione, propongo appunto di connotare più precisamente i positivi viventi ad un certo giorno
non semplicemente come “Positivi”, ma come “Positivi superstiti” o “Saldo positivi”, dopo la detrazione dei Rimossi.

Qualcuno li chiama anche “Attivi”, e va altrettanto bene.

Detto questo, il picco del “Saldo positivi” dipende tanto dall’andamento dei “Nuovi positivi”,
che confluiscono come somma nei “Casi totali”, quanto dalla somma dei guariti e dei morti;
ma non mi piace la soluzione di assumere come indicatore dello stato di avanzamento del contagio un dato spurio,
che diminuisce anche per l’aumento del numero dei morti….

Comunque, va detto che il picco del Saldo Positivi si avrà davvero con la riduzione dei nuovi positivi
e l’aumento dei guariti (sperando che il numero di morti si riduca anch’esso, nel frattempo).

Propongo, invece, di prestare maggiore attenzione al numero cumulato dei casi di contagio, ossia ai Casi totali”,
e al numero giornaliero degli stessi, o “Nuovi Positivi”.

Quest’ultimo è l’indicatore più immediato e non spurio della forza dell’epidemia, giorno per giorno.


Il dato giornaliero dei Nuovi positivi può avere un suo picco, come pure il dato Saldo positivi,
mentre quello dei Casi totali dall’inizio del contagio non ha alcun picco: quando l’infezione si estinguerà, non ci saranno più “attivi”:
“Nuovi Positivi” e “Saldo positivi” scenderanno a zero, mentre la triste contabilità si concluderà con un numero totale di Rimossi,
ossia guariti e morti, pari al numero Casi totali.

***

Consideriamo quindi il numero di “Nuovi positivi”, evidenziato nel grafico. Si vede chiaramente che:

  • il numero dei nuovi positivi (traccia rossa continua) ha avuto una tendenza all’aumento rapida fino al 12 marzo,
  • data in cui sono entrate in vigore misure stringenti di riduzione della mobilità;

  • nel periodo successivo (traccia continua arancione), considerando l’intero tratto dal 12 marzo ad oggi
  • la tendenza si è decisamente ridotta, pur rimanendo ancora al rialzo;

  • nella stessa occasione si è interrotta, con un bel risparmio di vite umane,
  • l’adesione alla curva campanulare (linea azzurra a tratto fino punti e trattini).
  • Era stato questo il modello di sviluppo in qualche modo ipotizzabile per il contagio,
  • almeno secondo una tendenza lineare osservata nell’andamento dei nuovi positivi di tipo decrescente, quindi un po’ ottimistica.

  • Sembra che stiamo superando almeno un “picco”, quello dei Nuovi Positivi.

  • Attendiamo ora che il diminuito afflusso di nuovi positivi sia accompagnato da quello crescente dei guariti,
  • per metterci davvero alle spalle anche il picco del Saldo Positivi.
Giovanni Bottazzi 7.3.2020
 
..c'è parecchia gente che adora questa "emergenza" e che la sola eventualità che si esca dal #tutti dentro casa, si sentono venire il virus..
sono quasi tutte persone che svolgono attività da impiegati nel pubblico, opinionisti e non di radio/ tv,
"artisti" derelitti..insomma tutti quelli che "o piove o nevica" non ci rimettono nulla,
ma anzi hanno trovato il modo di, totalmente, non fare una cippa, o ricavare un po di attenzione da chi non se li è mai ca**ti..

Badate quindi a non dare loro "cattive notizie" potrebbero ammalarsi..
 
Lo Stato non ci mette una lira.

E con il trucco di non dare soldi ma garanzie – senza neanche specificare bene i meccanismi di rivalsa
in caso di mancata restituzione dei soldi erogati dagli istituti di credito di fatto ci mette tutti quanti,
grandi e piccoli,
imprenditori e professionisti, nelle mani del sistema bancario.

Che sempre noi tutti abbiamo ampiamente sovvenzionato negli ultimi dieci anni con continui salvataggi a carico della collettività.

Inoltre, anche se nel decreto di ieri notte non è specificato
– anche perché ancora non pubblicato in Gazzetta Ufficiale, infatti tanto per cambiare è “salvo intese” –
Giuseppe Conte e i suoi complici nel Pd e nei Cinque Stelle mettono tutti i beni degli italiani nelle mani dell’Agenzia delle riscossioni.


Che – e vedrete se non va a finire così – in caso di non performing loans, cioè chi non ce la facesse
(ammesso che riuscisse ad accedere al credito) a restituirlo con regolarità o tout court, se la dovrà vedere con l’Agenzia riscossioni.

Cioè la cosiddetta Equitalia reloaded.

Con la non piccola differenza che anche chi avrà debiti sotto i 25mila euro verrà inseguito dai cani del fisco.

Laddove le banche - molto spesso - le piccole sofferenze preferiscono cartolarizzarle.

E farsele in gran parte ripianare dalla fiscalità generale dopo aver creato apposite bad bank.

Si tratterà quindi di una specie di potenziale esproprio proletario di massa:
chi cade nella trappola e chiede i soldi alle banche e un domani non riuscisse a restituirli
– perché tanto qui sta andando tutto in vacca – poi se la vedrà con i mastini delle Entrate.

Una maniera per nazionalizzare tutte le piccole e medie imprese
che neanche la mafia e gli strozzini avrebbero potuto congegnare meglio.

Il tutto senza mettere una lira vera.

Quanto alle imposte, verranno solo differite e neanche per tutti:
solo a chi potrà dimostrare di avere avuto perdite di oltre il 25 per cento del proprio fatturato in questo periodo di chiusura sanitaria
.

Con una simile “supercazzola” – venduta come iniezione di liquidità a reti unificate – Conte,
oltre a dimostrare che il suo è un governo nemico degli italiani, perderà per forza di cose anche potere contrattuale in Europa.

Qualcuno potrebbe dirgli: se neanche tu e il tuo governo aiutate concretamente i cittadini italiani,
perché diavolo dovremmo farlo noi che dobbiamo pensare prima ad aiutare i nostri?

Il sovranismo di ritorno, insomma, lo colpirebbe.

Un bel capolavoro di malafede ed incompetenza in sinergia.
 
C'è però un piccolo, piccolissimo problema. L'oro non è più nostro.

Nessuno tocchi l’oro
.

Nelle fasi di crisi economica internazionale, l’Italia ha una linea del Piave a difesa del suo sistema
nelle riserve auree conservate nei caveau di Via Nazionale.

Le oltre 2400 tonnellate d’oro sotto il controllo della Banca d’Italia e conservate tra la sede centrale (44,9%),
gli Stati Uniti (43,3%), la Svizzera (6,1%) e il Regno Unito (5,7%) rappresentano un argine materiale,
economico e simbolico ai rischi di una slavina finanziaria.

Anche nell’era dell’iper-finanziarizzazione, del trading ad alta frequenza,delle competizioni tra sistemi-Paese
e del confronto tra globalizzazione e nazionalismo economico l’oro mantiene l’importanza che ricopre
dai tempi dell’inizio della concezione dell’economia nelle società umane.

Esso è emblema della fiducia e della resistenza dei sistemi, ma anche efficace bene rifugio
che acquisisce valore proprio quando le nubi di tempesta si addensano sulle economie reali e i sistemi finanziari.


Da tempo, scrive Alessandro Plateroti sul Sole 24 Ore, ultimamente “l’oro sovrano è tornato ad occupare un ruolo chiave per Stati e mercati.
Sia come riserva di valore in caso di crisi valutaria o sistemica,
sia come garanzia collaterale per gli investimenti speculativi o per il bilanciamento dei rischi di portafoglio”.

Nelle ultime settimane il prezzo dell’oro sui mercati internazionali ha sfondato quota 1.600 dollari l’oncia
per effetto dello spostamento sul metallo nobile di scommesse, Etf, futures e investimenti orfani della liquidità dell’economia reale
e di altri settori anemici come il mercato del petrolio.

Il trend era già in atto, dato che la crescita cumulata del prezzo dell’oro da dicembre 2018 è pari al 20%.

Ciò ha avuto conseguenze anche sui bilanci della Banca d’Italia, come fa notare Il Tempo:
“Alla fine dello scorso anno l’importo scritto nel patrimonio era pari a 106,742 miliardi di euro con un incremento di 18,378 milioni
rispetto alla fine dell’ esercizio precedente. Non c’è stato nessun nuovo acquisto, però.
La consistenza è rimasta invariata a 79 milioni di once, pari a 2.452 tonnellate,
e la rivalutazione dovuta esclusivamente alla maggiore quotazione del metallo”.

Le riserve sono un baluardo materiale e politico.

Non si parla di vendere l’oro per ottenere liquidità anti-crisi in risposta al coronavirus o, come qualcuno pensa,
di prendere le riserve auree come garanzia contro possibili prestiti internazionali.

In entrambi i casi, la strada sarebbe senza uscita: una vendita d’oro da parte dell’Italia deprimerebbe notevolmente i prezzi sui mercati globali,
mentre nessun investimento o prestito può valere una contropartita materiale in monete e lingotti d’oro.

La contropartita è nel valore intrinseco dell’oro e della certezza che alla sua garanzia corrisponderanno, sempre e comunque,
le garanzie della tenuta dell’Italia come potenza economica.

Sia che si parli del fatto che il Paese potrà sempre avere un controvalore capace di coprire eventuali emissioni di titoli
o, nel worst case scenario, di coprire un naufragio dell’euro sia che si faccia riferimento al potere simbolico dell’oro
i caveau di Banca d’Italia sono un cruciale asset strategico.

Le valute passano, il valore intrinseco dell’oro no: dall’Impero romano al mondo guidato dalle istituzioni economiche di stampo statunitense così è stato.
E anche dopo la fine del gold standard la relazione non si è rotta.

Vale lo stesso anche per l’euro: e questo basta a ricordare come l’Italia dovrebbe difendere a spada tratta il suo oro.
 
Le ultime manovre annunciate dal governo italiano per aiutare lavoratori e imprese
a fronteggiare la crisi provocata dal nuovo coronavirus sono solo promesse al vento.

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Il motivo principale, al netto dei numerosi ostacoli, tanto tecnici quanto burocratici,
è che la maggior parte dei centinaia di miliardi promessi da Giuseppe Conte non ci sono.

O meglio: esistono solo nominalmente ma difficilmente si trasformeranno i aiuti concreti.

Siamo insomma di fronte a una "pura fuffa" mediatica, come l'ha definita Michele Geraci,
ex sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico del primo governo Conte.


Nel corso di un'intervista rilasciata al Nodo di Gordio, Geraci affronta subito la questione di petto,
sottolineando come l'impatto del coronavirus rappresenti uno di quegli choc esogeni che
"alterano drammaticamente i modelli socioeconomici di un singolo Paese" e "del mondo intero".

Attenzione però, perché più che Cigno nero – come è stato definito da molti il Covid-19 –
secondo Geraci ha più senso parlare di Rinoceronte grigio:

"Cioè quell'animale già presente nella stanza, grande ma ignorato forse per distrazione, forse per scarse capacità analitiche".

Dal momento che la pandemia del virus provocherà danni economici sia nel breve che nel medio periodo,
viene da chiedersi se i provvedimenti pensati dal governo siano strumenti validi per aiutare l'Italia a rialzarsi dalla stangata.

La posizione di Geraci è netta: "La gestione di questa emergenza da parte del nostro governo sta aggravando la situazione".

Vediamo nel dettaglio il perché.

Innanzitutto "non abbiamo moneta" e quindi ogni "politica keynesiana non trova canali".

Dopo di che bisogna considerare che un terzo del nostro pil deriva dall'export, cioè l'unica componente del pil "che è cresciuta negli ultimi 15 anni".

Considerando che "più della metà del nostro export" è diretto "verso l'Europa, anch'essa colpita dalla crisi"
e i nostri consumi interni a picco, "parlare di un -10% di pil per il 2020" non è fantascienza.

Una soluzione potrebbe essere quella di bilanciare il tutto con una politica di investimenti, ma Geraci lo esclude:

"Nessuno sano di mente penserebbe di investire da noi, con una domanda interna a picco, burocrazia, lungaggini legali
e un governo instabile per la mancanza di consenso popolare nato non con l’idea di pianificare il rilancio economico del Paese,
ma soltanto per non fare andare al governo Salvini".



Allargando l'analisi dall'Italia all'Unione europea, il futuro di quest'ultima è a forte rischio.

"Ci tengo a dire – aggiunge Geraci - che bisogna una volta per tutte chiamare le cose per quello che sono.
Una cosa è l’Europa un’altra cosa è l’Unione europea".

La spiegazione non tarda ad arrivare:

"L’Unione europea oggi è un freno all’integrazione. Non un motore di integrazione, perché crea frizioni.
Laddove deve presentare soluzioni, invece crea problemi perché le soluzioni si trovano sempre a livello dei singoli Paesi,
così come stiamo vedendo in questi giorni con la saga del Mes".

Tornando alle misure messe in atto dal governo Conte, Geraci ritiene che siano "completamente inadeguate"
perché invece di "anticipare il problema" lo inseguono:


"Le misure prese in modo incrementale, una dopo l’altra, non sono quello che questa crisi richiede.
Questa crisi richiedeva una misura immediata, e già siamo in ritardo di due mesi…
E non un decreto la settimana, non un’autocertificazione alla settimana,
non un budget che cresce da 3 poi 7 miliardi poi 20 miliardi, poi 50 poi 100".


Infine la stoccata finale all'esecutivo:

"Questo modo di lavorare incrementale tradisce l’incompetenza di chi sta gestendo questo momento che ovviamente,
quando proponeva un pacchetto da 3 miliardi e mezzo ai primi di Marzo chiaramente non aveva contezza della gravità del problema.
Cosa che non mi sorprende perché Gualtieri non ha un solidissimo background di economia".
 
Apparizione davanti ad una commissione ECON europea ristretta del Ministro dell’economia italiano Gualtieri
che, finalmente, ha dovuto rispondere a qualche domanda e non ha potuto comportarsi come un’anguilla.

In questo caso è stato il deputato campano Valentino Grant ad avere, unico del gruppo ID, occasione per porgli qualche domanda.

Purtroppo lo strumento tecnico della teleconferenza, con cui avvengono questi meeting in sede europea in questo momento, si è rivelato imperfetto.

Ecco domande e risposte:

Queste sono state le domande poste dall’eurodeputato della Lega Valentino Grant all’on. Roberto Gualtieri
in occasione dell’audizione ristretta odierna della Commissione ECON del Parlamento Europeo:

Domande:
  1. Ritiene che le risposte economiche ricevute fino ad ora da parte dell’Unione Europea siano state sufficienti?
  2. Ritiene possa esistere una formula “Light” del MES? Cioè senza condizionalità, considerando che sono alla base stessa del trattato?
  3. Qualche giorno fa il mio collega, l’On. Rinaldi ha proposto l’idea di coinvolgere la BEI evitando il ricorso al MES, La sua proposta prevedeva di dare MAGGIORI fondi alla BEI, in aggiunta ai propri cosicché avesse la possibilità di avere più bond per finanziare i costi di questa crisi. Cosa ne pensa di questa opzione?
Queste le rispettive risposte dell’on. Roberto Gualtieri:
  1. Alla prima domanda purtroppo non c’è stata una risposta precisa in quanto è saltata la connessione dell’On. Grant a causa di problemi tecnici, la risposta in ogni caso è stata elusiva;
  2. MES presenta il problema della condizionalità, soprattutto in questo caso di crisi sistemica dove gli stati non hanno responsabilità- MES senza condizionalità può essere un’opzione ma comunque non è sufficiente , il governo sostiene altre misure, come per esempio gli eurobond. MES rimane una delle soluzioni solo nel caso non ci fossero condizionalità; l’idea di condizionalità dovrebbe adattarsi comunque alle condizioni attuali;
  3. La proposta è simile ad un’altra, usare la BEI rimane comunque una buona idea ed in parte sta già accadendo ma non è abbastanza. Risorse rimangono comunque limitate perché la BEI avrebbe bisogno di ricapitalizzazione. BEI e MES sono due misure percorribili ma da sole non sarebbero comunque abbastanza.
ATTENZIONE ALLA RISPOSTA 2 Gualtieri non scarta in pieno l’ipotesi di un MES NON CONDIZIONALE,
ma questo non può esistere per le PRECISE previsioni dell’art 136 Terzo Comma del TFUE, la norma fondante dell’Unione.

Quindi APRE AL MES CONDIZIONALE.

Questo è tutto il cuore del problema: il MES è fra le opzioni, nonostante quello che ha detto Conte.
 
Bellissima la travagliata odierna sul CoronaVAIrus da Canottoemezzo:

“Senza l’evasione fiscale non avremmo avuto tutti questi morti oggi”



Piú o meno così…



Che stupido, e io che pensavo che dipendessero dal VAIRUS e dai tagli alla sanità effettuati per rimanere nell’euro!

Che ingenuo!

Nell'era globale non dobbiamo più ovviamente sopportare solo i deliri dei portavoce/cognati di debenedetti
sovvenzionati dallo stato, oggi sulla cresta dell'onda ci sono appunto i portavoce delle dinastie globali
come il club bilderberg e là ce ne sono almeno 130 che pagano.

Credo che al bagascione platificato sia andato troppo silicone in quel cervello mezzo senile.....
ma questi sono veramente convinti che se tutti tutti , ma proprio tutti pagassero le tasse il paese andrebbe meglio ?

Io penso che invece questi fetenti dei governi fantocci che si sono succeduto negli ultimi 20 anni
comprerebbero ancora più armi, F-35 o più sottomarini come i due che stanno comprando oggi in questo momento per miliardi di euro,
mentre non ci sono i soldi per i respiratori e le mascherine, ruberebbero ancora di più, butterebbero ancora più soldi in opere inutili e fantasma,
per appalti degli amici, in stipendi più alti, prebende e vitalizi.

Non pagare le tasse è una forma di auto-difesa oggi, ed è il vero welfare l'economia sommersa
perche quella ricchezza spesa rimane nel circolo dell'economia reale, invece di andarsene per pagare gli interessi di un debito pubblico
fraudolento e immorale verso le banche tedesche e francesi o per portare la democrazia in altri paesi a suon di bombe
che neppure la vogliono o pagare gli stipendi e le pensioni agli amici, amici degli amici, amici amici amici.
 

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