Secondo l'Istituto di ricerca spaziale brasiliano (Inpe) tra il luglio 2001 e il giugno 2002 sono scomparsi oltre 25mila chilometri quadrati di foresta amazzonica. E' il tasso di deforestazione più alto dopo quello del biennio 1994-1995, che raggiunse l'esorbitante quota di 29mila. Secondo le ricerche dell'Inpe, basate sulle immagini satellitari, tra il 1995 e il 2001 in media sono scomparsi annualmente 18mila chilometri quadrati di foresta amazzonica in Brasile.
Numeri inquietanti. Che tradotti dalle aride cifre in un parametro per noi più comprensibile dicono che fino ad ora è stata deforestata un'area grande quanto la Francia. E il trend di distruzione non sembra proprio accennare a fermarsi: il Wwf teme infatti che nel periodo 2002/2003 il tasso sia stato anche maggiore, per questo l'organizzazione ha chiesto al governo brasiliano di migliorare le politiche mirate a fermare la conversione della foresta in aree che dopo un breve periodo di occupazione e sfruttamento sono abbandonate lasciando dietro di sé disoccupazione, povertà e urbanizzazione carente di servizi di base come quelli igienici.
Una delle cause della deforestazione (oltre alle attività minerarie e allo sfruttamento commerciale del legname) è l'espansione dell'agricoltura e dell'allevamento di animali, che richiede sempre più spazi. Per questo motivo il Wwf chiede l'adozione di un programma per l'agricoltura sostenibile nelle terre già abbandonate. Sono anche necessari: l'incremento del programma che porterà al 12% le aree forestali sotto protezione; incentivi fiscali e riduzioni di tasse per abbattere la deforestazione illegale; l'aumento degli ettari certificati dal Forest stewardship council (Fsc) per lo sfruttamento sostenibile del legname; la pianificazione delle attività economiche, basata su criteri scientifici in modo da poter prendere in considerazione la protezione della biodiversità e delle culture locali.
Roma, Italia — Greenpeace ha denunciato, esponendo uno striscione con scritto "Crimine" in un'area appena deforestata, l'allarmante tasso di deforestazione in Amazzonia, nello stato del Mato Grosso. Ogni minuto scompare, in Amazzonia, un'area di foresta pari a 6 campi da calcio, ovvero solo nello scorso anno sono stati deforestati 26.130 chilometri quadri di foresta.
La metà di questi tagli avviene nella regione del Mato Grosso, dove gli alberi di noce amazzonica, nonostante l'importante valore commerciale vengono sostituiti da monocolture di soia e pascoli. Greenpeace chiede la creazione di un'area protetta di 383.000 ettari di foresta.
Eppure il governatore del Mato Grosso, Blairo Maggi, anziché creare nuove aree protette, le sta riducendo. Il parco di Xingu è stato ridotto nel 2003 di 39.000 ettari, mentre lo scorso anno il governo ha proposto di ridurre il parco Serra de Ricardo Franco di 99.000 ettari.La castanheira [ Bertholletia excelsa ] è un albero endemico dell'Amazzonia: le sue noci sono ricche di grassi e proteine, due noci hanno le stesse proteine di un uovo.
È quindi un'importante risorsa alimentare per le popolazioni indigene e per gli animali, oltre ad essere esportata anche in Europa e in Italia, soprattutto attraverso la rete del commercio equo e solidale. La noce amazzonica produce anche un olio di qualità, usato dalle industrie farmaceutiche e cosmetiche, nonostante il suo sfruttamento sia proibito da un decreto federale del 1994, in quanto specie in via d'estinzione. Greenpeace è in Mato Grosso, anche per denunciare l'impatto sociale e ambientale che avrà la strada BR-163, una volta asfaltata come previsto tra le priorità del governo Lula.
Roma, Italia — Greenpeace ha compiuto un'indagine per svelare come funziona la compravendita di legname illegale in Amazzonia. Tra giugno e novembre 2005 un gruppo di attivisti dell'associazione ha indagato nello stato della Rondônia su questo commercio: alcuni si sono fatti passare per compratori interessati all'acquisto di legno illegale e hanno ottenuto documenti "legali" di vendita e per il trasporto.
Il carico comprato da Greenpeace è di 29 metri cubici di legname tropicale, proveniente da un'area disboscata per far posto all' allevamento di bestiame. Un intermediario del comune di Ariquemes (Rondônia) ha venduto a Greenpeace la ricevuta fiscale ed il permesso di trasporto del legname, i documenti legali necessari alla compravendita.
In questo modo il carico è stato trasportato fino alla capitale, San Paolo del Brasile, per più di 3.000 chilometri di strade federali e statali, attraverso tre Stati diversi e due posti di controllo dell'Ibama, l'agenzia brasiliana per l'ambiente. Lo scopo della denuncia è mostrare come il commercio illegale rifornisca facilmente il mercato di legname grazie a controlli inesistenti o inefficaci.
Lo stesso presidente dell' Ibama, Marcus Barros, ha dichiarato recentemente alla stampa che il 90% del legname amazzonico ha origine illegale. Non solo vengono falsificati i documenti, ma- cosa ancor più grave - si utilizzano spesso, come segnala Greenpeace, documenti ufficiali per "legalizzare" attività illegali.
Per l'ampliamento del museo Reina Sofía, a Madrid, in Spagna, è stato utilizzato- secondo la denuncia di Greenpeace –legname amazzonico proveniente da imprese coinvolte nel traffico illegale nello stato del Parà, multate ripetutamente per la mancanza dei documenti necessari.
Roma, Italia — Una dozzina di attivisti di Greenpeace, tra cui un volontario italiano, Rossano Filippini, hanno fatto irruzione ieri in una cartiera in costruzione in Uruguay, ma sono stati arrestati dalla polizia, che li ha poi rilasciati.
Filippini, quarantenne, romagnolo, è un militante storico dell'associazione ed è solitamente impegnato come cuoco a bordo delle navi di Greenpeace, che in questo momento stanno contrastando le baleniere giapponesi nel mar Antartico.
L'azione di Greenpeace è l'ultima novità di un contenzioso che si trascina da settimane tra i governi di Argentina e Uruguay, poichè 300 chilometri a nord est di Montevideo, la società finlandese Botnia e la spagnola Ence, stanno costruendo due cartiere che utilizzano una tecnologia altamente inquinante, che rischia di alterare irrimediabilmente l'ecosistema locale, soprattutto quello del fiume Uruguay.
Greenpeace chiede l'impiego di tecnologie di sbiancamento senza cloro ed un impegno verso l'impiego di materie prime riciclate o almeno certificate FSC per la buona gestione forestale (Forest Stewardship Council).
Greenpeace chiede ai governi dell'Argentina e dell'Uruguay di fermare la costruzione delle cartiere, fino a quando non sarà varato un piano industriale basato su tecnologie responsabili. Ma il ministro degli esteri uruguaiano Reinaldo Gargano ha invece dichiarato che ''continueranno i lavori'' per la realizzazione delle due cartiere, di rilevante importanza economica per il Paese.
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L'Amazzonia
La foresta amazzonica è un immenso "mare verde" caratterizzato da una inestimabile ricchezza di forme di vita: dai grandi alberi centenari che possono raggiungere i 60 m di altezza, alle minuscole specie animali che vivono nel sottosuolo, spesso sconosciute e non ancora classificate dalla scienza, e tuttavia già in pericolo di estinzione.
Infatti negli anni Sessanta è iniziato un pesante sfruttamento della foresta, per il prelievo di legname tropicale pregiato, per creare nuovi spazi per l'agricoltura, e per soddisfare i bisogni di una popolazione in continuo aumento.
È così che nell'ultimo decennio si è venuta affermando lentamente una sensibilità ai problemi ambientali, che sono di indiscutibile interesse globale, dal momento che la Foresta Amazzonica è la più grande fonte di ossigeno del pianeta.
In questi anni più recenti sono nati progetti internazionali programmati per incrementare le conoscenze di questo complesso "organismo " che è la Foresta Amazzonica, su tutti i livelli: ecologico, biologico, biochimico, climatico.
Dal 1998 anche la ricerca italiana è entrata a far parte di questi progetti di ricerca, grazie alla collaborazione fra il laboratorio di Ecologia Forestale dell'Università della Tuscia di Viterbo in Italia, e l'Istituto Nazionale di Ricerca Amazzonico (INPA) in Brasile.
L'area dove i ricercatori italiani hanno lavorato insie
me a colleghi brasiliani, olandesi e anche tedeschi, si trova nei pressi della città di Manaus, nello stato Amazonas, nel Brasile settentrionale.
Qui si trova, all'interno della foresta, una Stazione Sperimentale di Selvicoltura Tropicale dove sono state installate due torri di rilevamento dei dati di flusso di anidride carbonica secondo la metodologia "Eddy Covariance" e all'interno della quale sono state condotte numerose altre indagini ecologiche.
Questi studi proseguiranno nei prossimi anni con l'obbiettivo di comprendere meglio il delicato equilibrio che controlla l'ecosistema del bacino amazzonico e quindi suggerire alle autorità governative brasiliane la migliore gestione dell'ambiente nel pieno rispetto delle esigenze della popolazione brasiliana da un lato, e delle risorse della foresta dall'altro.
La Foresta Amazzonica
di Vera Imperatriz Fonseca e Francis Dov Por
La maggior parte dei 7 milioni di km2 di Foresta Amazzonica, è costituita da una foresta di terraferma, vale a dire una foresta che non subisce mai inondazioni e si estende su una vasta pianura che arriva fino a 130-200 metri di altitudine, fino ai piedi delle montagne. Questa grande distesa corrisponde ai sedimenti lasciati dal lago "Belterra", che durante il Miocene e il Pliocene, periodi che risalgono da 25 mila a 1,8 milioni di anni fa, occupava la maggior parte della depressione amazzonica. Il limo e le argille depositate in questo vecchio lago sono stati sottoposti a un leggero movimento epirogenetico di elevazione, mentre le Ande si innalzavano ed i fiumi cominciavano a scavare i loro alvei.
Così, si sono originati i tre tipi di foreste amazzoniche: le foreste montane Andine, le foreste di terraferma e le foreste fluviali inondate, le ultime due nell'Amazzonia brasiliana.
Le fluttuazioni climatiche del Pleistocene si sono manifestate con una successione ripetuta di climi freddo-secco-caldo-umido-caldo-secco. L'ultima fase fredda-secca risale a 18 mila-12 mila anni fa, quando il clima dell'Amazzonia era semiarido, con una temperatura media che scendeva fino a 5ºC. Più tardi, si ebbe il ritorno del clima caldo-umido, che raggiunse il massimo intorno a 7 mila anni fa.
Da allora e con varie oscillazioni di portata minore, viviamo un clima relativamente caldo-secco.
È stato molto importante il fatto che durante le fasi semiaride la grande foresta di terraferma era divisa e frammentata da formazioni vegetali diradate, del tipo "cerrados", caatingas e praterie con gruppi di alberi sparsi, tutte più adatte al clima secco.
La foresta sopravviveva in "rifúgi", situati nelle aree con suoli più alti e con migliore rifornimento idrico. Con il ritorno del clima più umido, la foresta si espanse nuovamente, a scapito della vegetazione dei "cerrados". Oggi, il "cerrado" sopravvive in suoi "rifugi", all'interno dell'immensità dei boschi di terraferma. Questo processo fluttuante senza dubbio tornerà a ripetersi, a meno che l'uomo non interferisca nel processo.
La foresta di terraferma ha la capacità di adattarsi in molti modi alla povertà di nutrienti dei suoi terreni argillosi. Gli alberi che ne fanno parte sono in grado di rifornirsi di nitrati per mezzo di batteri che fissano l'azoto, che si trovano sulle loro radici.
Inoltre, una grande varietà di funghi simbionti delle radici, chiamati micorriza, riciclano rapidamente il materiale organico prima che venga lavato via. Lo strato formato da foglie e altri detriti vegetali che cadono al suolo (la "serrapilheira"), viene riciclato rapidamente dalla fauna ricca di insetti, in particolare, maggiolini, formiche e termiti. Gli insetti costituiscono la specie più numerosa della biomassa animale nella foresta di terraferma.
Questa foresta, particolarmente ricca di aracee epifete, paragonata a quella della Foresta Atlantica, è relativamente povera di bromeliacee e di orchidee. Tra queste piante epifete troviamo le mirmecofile, piante che vivono in stretta simbiosi con le formiche. Nel sottobosco della foresta si distinguono in modo particolare le palme e le liane. Le grandi felci sono rare.
La macrofauna terricola della foresta è relativamente povera. I vari tipi di rospi e "pererecas" si sono dovuti adattare per garantire l'acqua necessaria allo sviluppo dei girini. Ricordiamo alcuni grandi mammiferi, come i tapiri, i pecari, e il cinghiale, nonché i "mutuns" e gli inambu, tra gli uccelli terricoli. Sul terreno della foresta si trovano anche molti uccelli 'mangia formiche', che approfittano delle migrazioni di massa delle formiche.
Sulle cime degli alberi, tra i 30 e i 50 metri di altezza, in un ambiente di difficile accesso per il ricercatore, si trova una grande varietà di animali. Lì la fauna è ricca di uccelli come pappagalli, tucani e picchi. Particolarmente vistosi sono il "pavãozinho do Pará" (Eurypiga helias) e la "cigana". Tra i mammiferi arboricoli predominano i marsupiali, i pipistrelli, i roditori e i macachi. I primati hanno nicchie ben differenziate.
La bertuccia "bugio" è un animale diurno e si nutre di foglie.
Il macaco della notte "Aotus" è l'unico attivo durante la notte. I primati "sauins", insettivori voraci, si suddividono in varie specie e sottospecie che si differenziano per il colore e per la forma della faccia.
Oltre agli impollinatori classici, cioé api, farfalle e uccelli, abbiamo anche i macachi della Foresta Amazzonica che svolgono questo importante ruolo. Gli uccelli, i pipistrelli e i macachi fruttivori della foresta di terraferma svolgono l'importante ruolo di diffondere i frutti e i semi degli alberi.
Le specie e le sottospecie di macachi, di bradipi, di scoiattoli e altre, spesso sono separate dai grandi fiumi affluenti del rio delle Amazzoni.
Le unità biogeografiche formate dai bacini di questi grandi fiumi spiegano in parte la grande bioversità di animali e vegetali amazzonici. Vi sono inoltre importanti aree della foresta che sono servite come riparo a varie distinte popolazioni durante i periodi di clima arido del passato, ai quali si è già accennato, quando grandi aree di "cerrado" frammentavano la Foresta Amazzonica.
Oggi, il disboscamento incontrollato sta frammentando la foresta di terraferma. Se non si adotteranno precauzioni, intere province faunistiche e antichi centri di evoluzione delle specie rischiano di essere cancellate per sempre.
Le foreste inondate si trovano alla portata delle inondazioni annuali del rio delle Amazzoni e dei suoi affluenti più vicini. Le fluttuazioni del livello dell'acqua possono arrivare a 10 metri e oltre. Da marzo a settembre grandi tratti di foresta riparia vengono inondati.
Le piante e gli animali che abitano la foresta inondata amazzonica vivono grazie a speciali diverse strategie di adattamento per sopravvivere nei periodi delle inondazioni.
Le acque amazzoniche possiedono caratteristiche differenti che derivano dalla geologia dei loro bacini fluviali. I fiumi cosiddetti di acqua bianca o torbida, come il Solimões o il Madeira, percorrono terre ricche di minerali e di sospensioni organiche.
I fiumi cosiddetti di acqua nera, come il Rio Negro, provenienti da terre sabbiose povere di minerali, sono trasparenti e colorati di marrone per le sostanze umiche. Vi sono anche fiumi di acque chiare, come il Tapajós, che nascono nelle aree dei vecchi scudi continentali, anch'essi poveri di minerali e di nutrienti.
Le foreste bagnate dalle acque bianche vengono solitamente chiamate foreste de "várzea" e quelli bagnati dalle acque nere e chiare, foreste di "igapós".
La vegetazione della "várzea" è molto più ricca della vegetazione di igapós, per la fertilità delle acque bianche e del terreno alluvionale da esse trasportato. Lo stesso si può osservare riguardo alla fauna dei due tipi di foresta, specialmente con la vita acquatica.
I fiumi di acqua bianca sono ricchi di pesci, mentre i fiumi di acqua nera sono "fiumi da fame". Le aree nelle quali si mischiano i due tipi di acqua, come l'area vicino a Manaus, sono considerate particolarmente ricche.
Gli alberi delle foreste inondate si sono adattati morfologicamente e fisiologicamente in vari modi per riuscire a vivere parzialmente sommersi; sono dotati, infatti, di pneumatofori, o radici respiranti e di radici tubulari di sostegno intorno alla base del tronco, le "sapopembas". Gli alberi non hanno molte piante epifete e il sottobosco è praticamente inesistente, mentre vi è una ricca flora erbacea, come il "capim-mori", la "canarana" e il riso selvatico. Nella stagione delle piene, il "capim" si stacca dal terreno e forma delle autentiche isole galleggianti. Anche altre piante acquatiche, come la victoria regia e la ninfea, seguono il livello delle acque.
I mammiferi della foresta inondata, come il tapiro, il porcellino acquatico e altri, sono tutti buoni nuotatori. Perfino i bradipi sanno nuotare.
I macachi e gli altri mammiferi arboricoli sono pochi a confronto della fauna della terraferma. Nei fiumi che scorrono nella "várzea", tuttavia, vi sono varie specie di mammiferi acquatici, fra i quali i "botos" (delfini di acqua dolce), il "peixe-boi" (pesce bue), la lontra "ariranha" e altri tipi di lontre.
La fauna di primati è molto ridotta. Il vegetariano pesce-bue e i delfini di acqua dolce, predatori, sono molto rari nelle acque nere e nelle acque chiare delle foreste di "igapós", povere di vegetazione acquatica e poco pescose.
Riguardo all'avifauna, che nelle foreste di "igapó" è relativamente povera, predominano gli uccelli acquatici, come gli aironi, i "biguás" (cormorani), i "jacanãs", i "mucurungos" e le anatre.
Le acque delle foreste allagate sono ricche di rettili acquatici. Le tartarughe sono importanti erbivori della vegetazione acquatica e sono sottoposte ad una caccia intensa. La tartaruga 'vera' (Podocnemis expansa) è a rischio di estinzione; la "cabeçuda" (P. dumeriliana) e la "tracajá" (P.unifilis), sono anch'esse molto apprezzate dai cacciatori.
Le tartarughe Phrynops si incontrano più spesso lungo le rapide. Tra gli alligatori, il "jacaretinga" (Palaeosuchus trigonatus), un genere che conta solamente un'unica specie endemica nell'Amazzonia, è minacciato di estinzione. L'alligatore grigio, "jacaré-açu" (Melanosuchus niger) è il più comune in quest'area. Vari autori attribuiscono agli alligatori predatori un importante ruolo di regolatori nella "várzea". Merita di essere ricordato anche il grande boa "jibóia amazônica".
In Amazzonia vivono circa 10 mila specie di pesci. Ricorderemo qui solamente alcune specie particolarmente legate alle foreste inondate. Vi sono i pesci frugivori, che si sono evoluti in stretta coevoluzione con gli alberi e gli arbusti amazzonici: i frutti cadono nell'acqua, vengono inghiottiti dai pesci e i semi resistenti agli enzimi gastrici vengono trasportati lontano.
Vari pesci, specialmente quelli del vasto ordine dei Characinoidea, presentano una dentatura specializzata per determinati tipi di frutti. Il "tambaqui" (Collosoma macropomum) è un mangiatore specializzato dei frutti dell'Hevea spruceana. I "pacus", del genere Mylossoma, Myleus e Broco, sono anch'essi importanti mangiatori dei frutti di palme, "embaúbas" e altri alberi.
La "piranheira" è una delle piante preferite da alcuni tipi di piranha. La diffusione delle piante mediante i pesci della "várzea" e degli "igapós", ha un'importanza comparabile a quella della tradizionale diffusione dei semi, mediante gli uccelli e i mammiferi nelle foreste di terraferma.
Il "tambaqui" e i "pacus", così come il "pirarucu" (Arapaima gigas), sono i pesci più importanti dell'Amazzonia da un punto di vista commerciale. Questi pesci frugivori svolgono un ruolo ecologico di importanza fondamentale. Il "tambaqui" è molto ricercato dai turisti pescatori.
I pesci frugivori non sono che uno dei tipi di pesci della "várzea", tuttavia il loro ruolo è particolarmente importante nelle acque nere e in quelle chiare.
A causa dell'eccessiva povertà di plancton animale e vegetale in queste acque, sono gli alberi che forniscono il maggior apporto di alimenti. Anche così, i pesci del fiume Negro hanno dimensioni inferiori a quelle dei loro analoghi del fiume Solimões. Anche i banchi di pesci sono più piccoli.
La fauna di insetti è legata soprattutto alla vegetazione acquatica. Le poche specie di termiti e di formiche seguono la salita e la discesa delle acque lungo i tronchi degli alberi. Vari tipi di insetti vivono sulla vegetazione acquatica, mentre nelle acque crescono enormi popolazioni di zanzare e di altri ditteri fastidiosi. I fiumi di acqua nera sono liberi da questa fastidiosa presenza.
Le foreste allagate sono popolate da varie specie di alberi importanti dal punto di vista economico, nonché da alberi che danno legno pregiato. L'albero della gomma (Hevea brasiliensis), la "sorva", l'"andiroba", la "macaranduba", la palma "burití" e il "tiocum", dai quali si ricavano gomma, cibo, olio, resine e fibre di una certa importanza economica.
Le "várzeas" sono particolarmente ricche e produttive. Proprio in questi ambienti si trovano maggiormente concentrati gli indigeni e attualmente sono in corso grandi progetti nel settore agricolo, dell'allevamento di bestiame e dell'industria.
Tra gli alberi specifici degli "igapós", con terreni sabbiosi e acqua nera troviamo la "piranheira" (Piranhea trifoliata), la "oeirana" (Alchornea castaniifolia), varie specie di Inga e di Eugenia, la palma Copaifera martii ("copaíba") e la Leopoldinia. Vi sono alcuni alberi, come la Myrciaria dubia e l'Eugenia inundata ("araçá de igapó") che resistono bene alle piene prolungate e infine il Salix humboldtiana, capace di sopravvivere svariati anni costantemente sommersa.
Molte specie della "várzea" sono minacciate di estinzione a causa del rapido sviluppo delle aree urbane, della costruzione di chiuse, dell'inquinamento da mercurio dei giacimenti, ecc.
Le attività di caccia e di pesca condotte in modo sregolato in queste aree, hanno già messo in una situazione di rischio l'esistenza di vari vertebrati acquatici di notevoli dimensioni. In cima all'elenco delle specie in via di estinzione troviamo i delfini di acqua dolce, il pesce-bue, la lontra "ariranha", la tartaruga 'vera', la "jacaretinga e altri ancora.
Tra i pesci minacciati di estinzione ricordiamo il "piracucu", il più grande pesce di acqua dolce del mondo.
L'elevata produttività della "várzea" ha reso possibile l'esistenza di una densa popolazione indigena all'epoca della scoperta. Le rive del grande fiume hanno ospitato molti villaggi di migliaia di abitanti. La densità della popolazione raggiungeva 14,6 persone per km2. La popolazione riparia coltivava il ricco suolo alluvionale a mais e manioca, raccoglieva riso selvatico e pescava nelle ricche acque. Questi índios erano organizzati per classi sociali e ricorrevano al lavoro degli schiavi.
I fiumi di acqua nera, invece, considerati i "fiumi della fame", sono sempre stati poco abitati. Tuttavia, proprio per la mancanza di fastidiosi ditteri come le zanzare, i "borrachudos" e i "mutucas", i nuovi colonizzatori preferivano abitare lungo le rive dei fiumi di acqua nera.
Per un periodo di tempo breve, la capitale della regione è stata Barcelos, sul corso medio del Rio Negro, che è stata subito sostituita da Manaus, preferita perché vicino alla "várzea" ricca di pesce. Ricordiamo, infatti, che i terreni fertili in Amazzonia sono i terreni della "várzea", ove tendono a localizzarsi i grandi centri urbani, vicini, così, alle basi di rifornimento.
Una stazione ecologica è situata interamente nell'ambiente degli "igapós": la Stazione Ecologica Federale dell'arcipelago di Anavilhanas, nel basso corso del Rio Negro.
Durante le piene, l'arcipelago, formato da centinaia di isole, viene praticamente sommerso. Il laboratorio di ricerca della Stazione si trova su case galleggianti che seguono il livello delle acque.
Vi è anche un'altra stazione nella "várzea" vicino a Tefé, quella di Mamirauá. Il grande centro di ricerca dell'Amazzonia (INPA), a Manaus, e il Museo Goeldi, a Belém, hanno varie riserve e aree di ricerca nelle foreste di terraferma. A Santarém si trova un grande centro di ricerche sui pesci.
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Distruzione ambientale
Amazzonia in Agonia
Gli scienziati americani lanciano l'allarme definitivo: l'Amazzonia distrutta entro 20 anni
SAN PAOLO, 19 GENNAIO - Tra vent'anni l'Amazzonia sarà definitivamente distrutta. Lo afferma il maggiore studio indipendente condotto finora.
Secondo la ricerca dell'Istituto brasiliano di Ricerche Amazzoniche (Inpa) assieme ad alcuni istituti di ricerche ambientali internazionali, entro il 2020, con gli attuali ritmi di sviluppo e di disboscamento, in Amazzonia resterà appena il 5 per cento della vegetazione originaria e il 42 per cento del bacino amazzonico sarà completamente disboscato.
Il programma 'Avanza Brasile', lanciato di recente dal governo di Brasilia, potrebbe incentivare l'insediamento nell'area e la distruzione della foresta e peggiorare le previsioni della ricerca. Lo studio sarà pubblicato il mese prossimo sulla prestigiosa rivista Science.
"Se oggi si distruggono due milioni di ettari di foresta all'anno, la distruzione potrebbe crescere in forma esponenziale con le strade asfaltate previste dai piani di sviluppo, mentre le condizioni di vita della popolazione non farebbero che peggiorare, perchè l'ambiente va verso il tracollo", ha dichiarato William Laurance, ricercatore dello Smithsonian Tropical Research Institute, uno degli enti che hanno collaborato alla ricerca.
Ruspe e allarmi in Amazzonia vanno di pari passo da qualche tempo.
Gli alberi vengono abbattuti a ritmo frenetico, spariscono lembi di foresta, e il riscaldamento della Terra aumenta. La 'civilizzazione'-devastazione-sfruttamento della foresta tropicale si accompagnano agli sos lanciati a più riprese dalla comunità scientifica sui rischi climatici e ambientali che distruggere l'Amazzonia porta con sé.
Non solo per il Brasile, ma per l'intera comunità mondiale.
L'ultima battaglia dei ricercatori e degli scienziati è contro 'Advance Brazil', il piano di sviluppo lanciato un anno e mezzo fa dal governo brasiliano del presidente Cardoso, che con un impegno di 40 miliardi di dollari in sette anni prevede tra l'altro una serie di interventi 'pesanti' proprio nel cuore della foresta: La costruzione di strade, autostrade, oleodotti, la realizzazione di ranch e impianti idroelettrici, lo scavo di nuove miniere, la trivellazione del terreno in cerca di petrolio, con i necessari, massicci spostamenti di lavoratori e popolazione verso e oltre i confini dell'Amazzonia dalle zone più povere del paese: uno scenario 'apocalittico' a giudizio degli ecologisti, che spaventa enormemente anche alcuni scienziati americani:
"Già adesso ogni anno - denuncia il pool di ricercatori formato da William Laurance dello Smithsonian, Mark Cochrane dell'università del Michigan e dai gruppi dell'università dell'Oregon e del Progetto foreste - nell'Amazzonia brasiliana viene distrutta un'area di foresta di circa due milioni di ettari, 5 milioni di acri, grande quanto l'intero stato del Rhode Island".
L'Amazzonia - spiegano allarmati gli scienziati e i biologi del pool - contiene il 40% di quanto rimane delle foreste pluviali del mondo e svolge un ruolo fondamentale nel mantenere la biodiversità, il clima e le risorse d'acqua dell'intero Brasile. Non solo. Le nuove strade in progetto e l'invasione di uomini e impianti industriali al seguito devasteranno le foreste, rendendole più deboli ed esposte agli incendi: questo avrà come conseguenza l'impoverimento della fauna ma anche l'incremento dei gas serra nell'atmosfera di tutta la Terra.
Il team di scienziati sta usando dati rilevati dai satelliti sia per approfondire la conoscenza dell'impatto sulla foresta amazzonica degli interventi di sviluppo già attuati, sia per prevedere cosa accadrà nei prossimi 20 anni.
"Quando le foreste aggredite dalle strade vengono osservate da una certa distanza - afferma Cochrane - sembrano in pena salute. Basta però studiarle dall'interno per accorgersi che sono più rade, che sono cambiate in peggio, come se qualcuno le avesse smangiucchiate qua e là, provocando dei larghi buchi privi di piante che appunto le rendono più vulnerabili al fuoco"
Le strade, che fino a tempi recenti si fermavano ai confini dell'Amazzonia, sempre più spesso adesso penetrano nella foresta pluviale: "I disboscamenti illegali si stanno espandendo a macchia d'olio - commenta preoccupato il dr. Laurence - Il processo di urbanizzazione legato allo sviluppo del sistema di comunicazioni e allo sfruttamento delle terre è praticamente impossibile da bloccare.
L'unico modo di controllare questo fenomeno è controllare la proliferazione e la localizzazione delle nuove strade".
Scott Bergen, uno scienziato forestale dell'università dell'Oregon che ha lavorato con la Nasa per comprendere cosa sta accadendo in Brasile, sostiene che il mondo intero è a rischio se l'attuale trend di sviluppo proseguirà a questo ritmo.
Per gli scienziati americani, la comunità internazionale dovrebbe aiutare concretamente il Brasile a trovare una via alternativa di sviluppo: la scommessa è il destino a breve termine della più vasta estensione verde del pianeta.
Roma, Italia — "Le foreste primarie rappresentano l'habitat di circa i tre quarti della biodiversità vegetale e animale terrestre e la loro distruzione gioca purtroppo un ruolo cruciale nell'attuale catastrofe biologica. La distruzione delle foreste primarie marcia a una velocità superiore ai 10 milioni di ettari l'anno (una superficie pari a oltre un terzo dell’Italia): se non riusciremo a fermare questa distruzione, sarà inutile avviare costosi programmi per la protezione di gorilla, scimpanzé e oranghi" commenta Sergio Baffoni, della campagna foreste di Greenpeace.
Greenpeace chiede al governo italiano di predisporre e attuare misure concrete e urgenti volte a fermare la massiccia importazione di legname abbattuto illegalmente. Il nostro paese è in testa nelle classifiche di esportazione dei mobili e circa l'80% del legname che impiega e' di importazione. "Le strade aperte dalle compagnie del legno sono intensamente utilizzate da organizzate bande di bracconieri dotati di armi da guerra e di protezioni altolocate, che stanno poco a poco vuotando le foreste della fauna selvatica. Gorilla, scimpanzè, elefanti di foresta sono sempre più a rischio, mentre si continuano a organizzare conferenze sulla biodiversità e gli impegni presi non vengono mantenuti” afferma Baffoni.
L'Italia, per esempio, é il primo importatore di legname tropicale del Camerun, paese le cui foreste, assediate dall'industria del legno, sembrano avviate al declino. Il Camerun risulta poi il primo paese nella classifica della corruzione. Greenpeace ha mostrato le prove di numerosi casi di illegalità. Si calcola che circa la metà del legname importato da questo paese possa essere di origine illegale.
In Gabon alla data di aprile risultava che il 60% delle concessioni forestali non avevano pagato le tasse. La Costa d'Avorio è da ormai due anni travolta dalla guerra civile, ed il suo territorio è ormai controllato dalle milizie armate. In questo paese, di cui l'Italia e' il principale importatore di legname, lo sfruttamento forestale rischia di giocare un ruolo nell'alimentare il conflitto armato che imperversa nel paese dal settembre 2002. Nella Repubblica Democratica del Congo la guerra resta una minaccia, mentre la Banca Mondiale progetta di aprire massicciamente il paese allo sfruttamento forestale.
Greenpeace ha recentemente intercettato nel porto di Anversa un carico di legname tropicale destinato alla società di importazione Somex, proveniente dalla compagnia del legno camerunese Ingénierie Forestière (Ing-F). Il legname proviene dal Bacino del Congo, la seconda foresta tropicale dopo l'Amazzonia. In queste aree l'elefante di foresta e i grandi primati come gorilla e scimpanzè rischiano per sempre l'estinzione. La partita di legname proveniva da una delle più discusse compagnie del legno, ripetutamente coinvolta in attività forestali illegali. Nel corso di una delle proprie missioni sul campo in Africa, Greenpeace ha provato, impiegando i sistemi satellitari GPS, come la Ing-F abbia sfruttato illegalmente circa 1.820 ettari al di fuori dell'area assegnata. La Ing-F però gode di appoggi potenti: si ritiene che fino a poco fa appartenesse al figlio del Presidente della Repubblica del Camerun.
"Non a caso, proprio il legname della Ing-F è stato recentemente rinvenuto nei porti italiani contaminato da diossina. Ora è innanzitutto necessario istituire dei controlli più rigorosi, al fine di salvaguardare la sicurezza dei cittadini e il futuro del settore, ma è evidente come sia necessaria maggiore trasparenza nel mercato internazionale del legno, a partire da una legge che fermi le importazione di legname abbattuto illegalmente".
Greenpeace ha denunciato, a marzo scorso, con un esposto alla Magistratura, il pericolo della diffusione del legname di origine africana contaminato con diossina. Il legname segato di ayous proveniente dal Camerun è destinato ad operatori italiani del settore. Il pentaclorofenolo, che molto probabilmente rappresenta la prima causa di contaminazione da diossina, viene impiegato comunemente in molti paesi del Bacino del Congo oltre che in Camerun. Non solo, il trattamento chimico non è di norma limitato all'ayous, ma ad altri legni teneri (fraké, framiré ecc).